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Autore: Inu_Ran    05/09/2014    5 recensioni
L’organizzazione è stata finalmente sconfitta ma Shinichi non può tornare grande, inoltre Ran sta male e nasconde un segreto che cambierà la vita di tutti.
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“Ran sono io, da quanto tempo?”
“Un mese.” Rispose fredda.
I libri,i romanzi, le penne e tutto quello che era sopra la scrivania cadde rovinosamente a terra producendo un enorme tonfo. Ma Ran non si fermò, ormai piena di rabbia, prese il portafoto che ritraeva due giovani sorridenti, lei e Shinichi, e la scaraventò a terra frantumando il vetro. I cocci del vetro volarono per tutta la stanza mentre la foto non aveva subito nessun danno. La osservò e voleva che quel sorriso che mostravano entrambi scomparisse, soprattutto quello di lui. Voleva sapere che per una volta lei non era l’unica a soffrire.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 5: Life.
“Ran…” Lui si girò verso la ragazza e lei notò una velo di malinconia nei suoi occhi.
“Shinichi non...” Riuscì solamente a dire e tremò perché dentro di sé, da un semplice suo sguardo, aveva compreso la sua risposta.
“Mi dispiace, mi dispiace davvero tanto ma io… io non posso farlo.”
 Il silenzio calò per alcuni minuti nella stanza. Nessuno osava fiatare. I coniugi Mori cercavano di assimilare meglio le parole dette dal detective. Forse avevano capito male? Analizzarono la frase, più e più volte, per trovare un diverso significato a quelle parole ma la conclusione era sempre la stessa: l’unica possibilità di salvezza per la loro figlia era stato spezzata da una semplice frase. Eri rimase immobile, non si scompose, attese che qualcosa cambiasse. Chiuse ed aprì gli occhi ma lo scenario era sempre lo stesso. Si girò in direzione di Yukiko. Aspettava che lei la rassicurasse, che le dicesse che era tutto un scherzo ma non un suono uscì dalle sue labbra. Kogoro non aveva lo stesso autocontrollo della moglie. Era impulsivo, non ragionava quando si trattava della sua splendida figlia, la stessa figlia che rischiava di morire perché un moccioso, come lo chiamava lui, troppo viziato ed egocentrico non voleva aiutarla. Lo prese per il colletto e lo portò vicino la sua faccia.
“Cosa vuol dire questo? Mi stai prendendo in giro.” Shinichi non riuscì a sopportare lo sguardo iroso di Kogoro e abbassò lo sguardo.
“Non vi sto prendendo in giro. Non ho intenzione di donare il midollo, il corpo è mio e decido io.” Kogoro strinse di più la presa e lo costrinse ad alzare gli occhi.
“Stai forse scherzando? Per quanto sia dura d’ammettere, tu sei l’unico che può salvarla, restituirle la sua normale vita. E invece ti diverti a farla soffrire e non mi riferisco solo alla donazione. Giochi con i suoi sentimenti e le fai male. Ti atteggi a grande detective che ha compreso tutto dalla vita ma non sei nessuno. Sarebbe stato meglio per mia figlia se…”
“Papà. Adesso basta.” Lo richiamò Ran  prima che potesse dire cose di cui si sarebbe pentito e che avrebbero potuto ferire Shinichi. Il detective dormiente lasciò il ragazzo e comprese di aver esagerato. Prese due profondi respiri per calmarsi: era troppo agitato.
“Kudo non avvicinarti mai più a mia figlia. Non ti voglio vedere.” Il giovane detective non disse niente ed insieme alla sua famiglia uscì dalla stanza, ma prima di chiudere definitivamente la porta, Shinichi guardò per un’ultima volta Ran.
 
Una goccia s’infranse contro il vetro iniziando la discesa verso il basso e poi si unì ad altre sue simili. Ran continuava ad ammirare la pioggia scendere e non poté fare a meno di domandarsi se anche lei, quando sarebbe morta, sarebbe rimasta unica e indimenticabile ,come quella goccia, nella mente di qualcuno, oppure sarebbe stata solo un’altra vittima del cancro. Ma ciò che le premeva sapere era se sarebbe rimasta unica per lui. Lui si sarebbe rifatto una nuova vita? L’avrebbe dimenticata? Non voleva di certo che soffrisse ricordandola ma le sarebbe piaciuto pensare che una parte di sé l’avrebbe ricordata come la solare, allegra e dolce Ran e non come la malata. Shinichi non aveva voluto donare il midollo e lei stanca di urlare, arrabbiarsi ed anche di lottare non aveva insisto, né cercato di convincerlo. Quando Shinichi si era voltato, per guardarla un’ultima volta, vide nei suoi occhi una profonda malinconia. Non vi era quella sicurezza che con le parole aveva mostrato. La sua bocca diceva una cosa, i suoi occhi un’altra. Le diede l’impressione che dentro di lui si stesse combattendo una battaglia tra la ragione e i sentimenti. Pensò anche che lui avesse intenzione di far l’intervento ma che qualcuno glielo avesse impedito. Appoggiò la fronte sul  vetro freddo della finestra. Rise. Stava proprio diventando pazza. Come poteva solo pensare di capire tutto da un semplice sguardo?
“Sei ancora qui? Quante volte ti dovrò dire di non venire?” Ran si girò in direzione della porta attirata dalle urla fuori dalla stanza.
“Non voglio che una persona inutile come te giri intorno a mia figlia.” La ragazza sbuffò. Suo padre già da diversi giorni, da quando il medico aveva parlato del trapianto, ogni volta che incontrava Shinichi non faceva altro che insultarlo anche davanti ad altri pazienti e medici. Lui non rispondeva, stava zitto ed ascoltava tutto. Shinichi non odiava Kogoro per le sue scenate, sapeva che era un modo per sfogare tutta quella rabbia e quell’impotenza che aveva in corpo. Perché lui avrebbe voluto fare di più per sua figlia. Non si capacitava che anche se consanguinei non poteva donare il midollo alla sua stessa figlia. Ran decise di uscire per salvare il suo amico d’infanzia dalle grinfie di suo padre. Camminò piano e appoggiando sempre una mano sul muro per avere un po’ di stabilità. Quando spalancò la porta suo padre tacque mentre Shinichi alzò lo sguardo.
“Adesso basta papà. Non è colpa sua e neanche tua. Urlare, arrabbiarsi, prendersela con lui non cambierà la situazione. Perché non torni a casa e ti rilassi? Non dormi da giorni. Vedrai che troveremo una soluzione. E soprattutto scusati con lui.” Kogoro si fece convinto ,non se la sentì di dirle di no, e se ne andò non prima di aver detto un’ultima cosa al “bambino”.
“Scusa moccioso, ho esagerato.” Ran sorrise, era riuscita nel suo intento. Shinichi stava per andarsene quando lei bloccò il suo piccolo braccio.
“Ehi Shinichi, perché non vieni nella mia stanza per parlare un po’?” Il detective era rimasto senza parole. Non si aspettava una richiesta del genere, soprattutto da lei. Accettò volentieri e la seguì nella stanza. Ran però dovette sedersi subito perché si era affaticata mentre Shinichi preferì rimanere in piedi.
“Sai…” interrupe il silenzio il mini detective.”…in questi giorni ho pensato a mille discorsi per raccontarti quello che mi è successo in questi mesi eppure solo ora mi accorgo di una cosa. Una cosa importante che dovevo dirti fin dall’inizio. Non importa se non vorrai ascoltare la mia storia, se non vorrai parlarmi ma devi sapere che mi dispiace. Scusa per le bugie, per averti fatto soffrire, al di là del motivo, è giusto che mi scusi con te.” Ran rimase spiazzata da quel discorso non si aspettava delle scuse.
“Shinichi, ti va di raccontarmi la storia di Conan Edogawa?”Il ragazzo sorrise e incominciò a narrare. Shinichi le raccontò tutto: dai gadget creati dal professore per combattere i criminali, della vera identità si Ai, fino alle missioni più importanti che avevano implicato il coinvolgimento dell’organizzazione. La Karateka non l’aveva interrotto neanche una volta, rapita dalla storia ed adesso ogni azione, frase di Conan Edogawa le apparivano più chiare. E tutto ciò che aveva fatto, per sconfiggere l’organizzazione, era incredibile e duro per un ragazzo di soli 17 anni
“… ed è così che l’organizzazione degli uomini in nero è stata sconfitta. Domande?”
“Non deve essere facile vivere nel corpo di un bambino?” Continuò Ran sempre più vogliosa di sapere.
‘’E’ terribile.E’ stressante quando per prendere qualcosa troppo alta mi tocca trovare una sedia o un appoggiò altrimenti devo aspettare che qualcuno mi aiuti. Per non parlare di tutte le volte che cercavo di scoprire chi era il colpevole e la polizia appena mi vedeva vicino la scena del crimine mi buttava sempre fuori. Non hai idea di quanti pugni da parte di tuo padre io abbia preso.”
“Ma non mi sembra che questo ti abbia mai fermato.”
“Mi conosci, sai che non mi arrendo facilmente.”
“E perché proprio adesso hai deciso di farlo?” Domandò malinconicamente.
 
“E’ la mia vita. Mettiti in testa che non puoi decidere per me. Voglio quelle pillole, ne ho di bisogno.” Urlò fuori di sé Shinichi.
“Sei un idiota Kudo se speri che ti aiuterò in questa missione suicida. Ho già sbagliato quando ieri mi sono fatta convincere dalle tue belle parole e ti ho dato l’antidoto. Non commetterò lo stesso errore. Non sarò la tua carnefice.” A quel punto il piccolo detective se ne andò via più infuriato di prima. Preferiva allontanarsi per paura di parlare troppo e dire qualcosa che avrebbe potuto ferire la scienziata. Lei non c’entrava niente, sapeva che la colpa non era sua e che aveva perfettamente ragione. Ran, poco distante dai due bambini, ascoltò la fine della discussione ma quello che la colpì furono le parole di Haibara. Aspettò che Conan fosse lontano per poter scambiare quattro chiacchiere con quella bambina che aveva sempre trovato misteriosa. Al contrario quest’ultima non si era neanche accorta della presenza della ragazza.
“Ai. Ai.” Urlò per attirare la sua attenzione ed evitare che se ne andasse.
“Ran.” Disse un po’ incredula. “ Che ci fai qui? Hai bisogno di qualc…”
“Chi sei tu?” La domanda di Ran lasciò senza parole la ‘piccola’.
“Ai Haibara.” Rispose con il suo solito tono freddo e distaccato.
“Prima non l’hai chiamato Conan ma Kudo. Tu sai chi è. Quindi te lo chiederò un’altra volta: chi sei tu, veramente?” La ragazza era decisa a scoprirne di più perché di menzogne ne era stanca.
“Mi chiamo Shiho Miyano. Sono una scienziata e per quanto le apparenze possono ingannare sono più grande di te. Ma non è questo che ti interessa. Se hai ascoltato la conversazione vorrai sapere qualcosa riguardante quest’ultima.”
“ Cosa sono queste pillole e perché Shinichi era così arrabiato?” Ran si maledì. Aveva detto basta a tutto ciò che riguardava il detective liceale eppure non riusciva a smettere di preoccuparsi. Perché ,nonostante le bugie, lei l’amava ed non aveva più voglia di stargli lontano. Ma quando era pronta a fare un passo verso di lui nella mente apparivano tutte le sue bugie. Era una continua lotta tra la Ran innamorata, che pian piano prendeva il sopravvento, e la Ran razionale.
“Le pillole sono degli antidoti provvisori che riportano il suo corpo alla normalità ed era arrabbiato perché non ho intenzione di dargliene altre.” Shiho rispose in maniera sintetica poiché se c’era qualcuno che doveva raccontargli tutta la storia quello era solo Kudo.
“ Tu sai dirmi perché non vuole donarmi il midollo osseo? Perché solo qualche giorno prima del nostro litigio mi aveva giurato che l’avrebbe donato se ne avesse avuto l’opportunità.”
“Chiedilo a lui.” Rispose secca.
“Non mi vuole rispondere. Gliel’hanno chiesto tutti ma lui non ha detto una parola.”
“ Se lui non vuole perché dovrei io?” Ran rimase senza parole. Quella ragazza aveva sempre la risposta pronta, difficilmente si riusciva ad incastrarla.
“ Hai ragione scusa il disturbo.” Haibara poté scorgere la tristezza nei suoi occhi.
“Per colpa mia.” Disse Shiho.
 
“ Cosa?” Chiese credendo di aver sentito male.
“Perché hai deciso di arrenderti?”
“E tu perché hai deciso di arrenderti?”Domandò di rimando il ragazzo. Entrambi si guardarono negli occhi e fu lui il primo a prendere la parola.
“Io non mi sono mai arreso. Non so perché pensi una cosa del genere.”
“Smettila di mentire. Hai deciso di morire.” Disse seria Ran.
 
“ Che vuol dire che è colpa tua?” Ran non poteva credere alle sue parole.
“Deve tornare il liceale Kudo per poter affrontare l’intervento ed ha bisogno delle pillole ed io non ho intenzione di dargliele. Non lo faccio per una sorta di risentimento o odio nei tuoi confronti. L’ho visto fare tante idiozie in questi mesi. Ne ha prese troppe e sapeva a cosa andava incontro. La febbre, il rimpicciolimento prima del previsto di fronte a te, tutti sintomi che l’avvertivano del pericolo. Ma lui è testardo ed ha continuato ad ignorare i sintomi. So di essere colpevole. Gliel’ho date e non so spiegarne il motivo ma alle volte sa essere molto persuasivo.” Fece una piccola pausa e poi continuò. “ Ma quando l’ho visto vomitare sangue, ho compreso che dovevo dare un taglio alla faccenda inoltre potrebbe tornare piccolo durante l’intervento. So che per colpa mia non avrai un trapianto, so che era una buona occasione per eliminare la tua malattia ma io non ho intenzione di essere la sua carnefice.”
“ Hai preso la migliore decisione.” La rassicurò Ran.
 “ Perché invece di prendere quelle pillole non pensi ad altri modi per aiutarmi, se è questo quello che vuoi?”
“Come ? Dimmi come. Cosa credi che io sia contento di distruggere il mio corpo con quella sostanza? Ma non posso fare niente come Conan Edogawa.” La discussione si stava scaldando e nessuno dei due aveva intenzione di staccare gli occhi dall’’altro.
“ E se dovessi morire? Pensi che la tua morte mi aiuterebbe a vivere una vita felice. Una vita con il senso di colpa per averti portato alla morte. Hai smesso di lottare. Lo Shinichi che conoscevo un tempo avrebbe vagliato diverse possibilità e poi avrebbe scelto quella giusta. Tu ti sei arreso.”
“ Non è così facile. E poi anche tu hai smesso di lottare. Quando ti ho detto che non avrei fatto l’intervento non hai chiesto il perché, non hai cercato di chiedere al medico se c’ erano altri donatori, non hai fatto niente. Sei rimasta impassibile, come se tutto non ti riguardasse. Ti sei lasciata andare. “
“Hai ragione.” Disse Ran.” Ma io non voglio che tu muoia.” Una piccola lacrima le solco il viso e si posò su un dito del mini detective.
“Neanche io voglio che tu muoia.”
“Allora lottiamo insieme. Torniamo i ragazzi di un tempo. Quelli che andavano controvento, contro il mondo pur di dimostrare ciò che siamo.” Shinichi sorrise.
“Va bene. Ma prima voglio sapere una cosa: hai deciso di parlarmi solo per quello che ti ha detto Haibara?”
“No, avevo voglia di parlarti già una settimana dopo aver scoperto la tua identità ma non riuscivo a dimenticare le bugie. ”
 
 “Sei il solito stupido.”
“Stai zitta.”
I due ragazzi furono attirati da un battibecco tra un uomo e una donna che corrispondevano ai coniugi Mori. Ran venne presa dal panico. Se suo padre avesse visto Shinichi si sarebbe sicuramente arrabbiato e  lei non aveva la forza di litigare, urlare e convincere quel testardo di suo padre. Prese in braccio Shinichi e lo buttò sotto il letto. Il “bambino” sbatté la testa e si massaggio la parte dolorante. Stava per dire qualcosa quando la voce di Eri lo trattene da fare qualsiasi movimento.
“Ciao Ran. Tutto bene? Hai bisogno di qualcosa?” Chiese premurosamente sua madre.
“Sì, avrei voglia di muffin ma non questi dell’ospedale. La pasticceria vicino casa di mamma li fa buonissimi.” Mentì nella speranza che se ne andarono. I suoi genitori non ebbero la forza di dirle di no, anche se non volevano lasciarla sola di nuovo, e salutata Ran si avviarono verso la pasticceria ignari che il tutto sarebbe stato tempo e forze sprecate.
“Ora puoi uscire Shinichi.”
“La prossima volta invece di buttarmi sotto il letto: dimmelo.” Si lamentò il piccolo continuando a massaggiarsi la testa.
“E’ meglio che tu ora vada via.” Disse Ran donando un piccolo bacio sulla guancia a Shinichi che diventò rosso. Lui la saluto imbarazzato e se ne andò con un sorriso enorme, uno di quelli che non compariva sulla sua faccia da giorni.
 
Ran saltellò per tutta la stanza, canticchiando. Era un giorno stupendo. Il suo rapporto con Shinichi stava riprendendo e ,qualche giorno dopo la loro riappacificazione, aveva detto ai suoi genitori ciò che le era successo. Kogoro era svenuto alla notizia ma pian piano accettava di vedere quel moccioso gironzolare intorno a sua figlia. Inoltre il medico le aveva detto che avevano trovato un donatore. Era rimasto anonimo. Aveva insisto per conoscere il suo nome per ringraziarlo ma tutto era stato inutile. 
“Ciao Ran.” Disse Shinichi entrando.
“Ciao, lo sai che giorno è oggi?” Gli domandò.
“Sì, il giorno del tuo intervento. Lo sa praticamente tutto l’ospedale.” Lei non smise di sorridere ,lo sollevò da terra e l’abbracciò.
“Ran lasciami.” Disse imbarazzato.
“Eppure questo a Conan è sempre piaciuto.”
“Non è vero. E adesso lasciami.” Disse imbarazzatissimo mentre lei ridacchiò.
“Quanto sei esagerato.” Lo fece accomodare nel letto e poi lo baciò. Improvvisamente divenne seria.
“Questo potrebbe essere il nostro ultimo bacio, potrebbe essere il nostro ultimo giorno perché potrei non risvegliarmi, potrei morire. Sappi che ti am…”
“Non lo dire.” Il ragazzo le poggiò un dito sulle labbra per fermare quell’assurdo discorso.” Non lo dire. Tu ti risveglierai e mi dirai quelle due parole ed io farò lo stesso. Ma non lo fare ora. E’ una promessa.” Ran sorrise e tornò a baciarlo. Quello poteva farlo, non doveva aspettare altro.
 
I medici entrarono non appena il paziente si cambiò.
“I suoi genitori sono d’accordo?” Domandò il medico controllando alcuni risultati delle analisi del paziente.
“Sì, hanno firmato il consenso.” Il paziente gli passò il modulo. Quando i suoi l’avrebbero scoperto si sarebbero arrabbiati tantissimo.
 
“I moduli che vi abbiamo portato li avete firmati?” Eri passò immediatamente i fogli al medico mentre un allegro Kogoro teneva la mano della figlia. Ran si sentiva agitata, era pur sempre un intervento.
“Tra un po’ ti porteremo in sala operatoria.” Tutti i membri della famiglia ringraziarono l’infermiera.
 
“ Prima di entrare in sala, vuole aspettare che qualcuno venga a salutarla?” Domandò dolcemente l’infermiera.
“No, nessuno verrà.”
 
“Piccola mia stai tranquilla vedrai che andrà tutto bene.” Disse Kogoro.
“Noi ti aspetteremo qui.” Eri le baciò la fronte.
“Ma dov’è quel moccioso?” Chiese il detective, sorpreso da quella mancanza.
“Ha detto che non poteva venire ma ci siamo salutati prima.”
 
“Bene, signor Shinichi Kudo noi siamo pronti per l’intervento.” Lo informò il medico.
“Iniziamo.”
 
L’intervento era riuscito con successo e Ran iniziava a riprendersi. Il medico le aveva raccomandato di continuare a fare dei controlli e di rimanere ancora altri giorni in ospedale per essere sicuri che niente andasse storto e che il male fosse scomparso definitivamente. La ragazza al suo risveglio era stata accolta da parenti e amici in un clima di allegria mentre Shinichi era stato sgridato da sua madre in lacrime e da un Haibara fuori di sé dalla rabbia. Ma alla fine tutto si era risolto per il meglio e solo quando il medico gli diede il permesso il ragazzo corse da lei. Eppure, per quanto potesse sembrare strano, i due ragazzi quando si incontrarono non dissero una parola, né si abbracciarono ma si guardarono negli occhi. Dopo qualche secondo la stanza si riempi delle loro risate e alcune lacrime, di gioia, uscirono dagli splendenti occhi viola di Ran.
“Shinichi, ma non sei piccolo?” Chiese incredula Ran.
“Qualche ora dopo l’intervento sono tornato Conan, non sai com’è stato difficile con i medici nascondere la mia doppia identità. Ma ieri Haibara, grazie alla formula trovata dall’F.B.I., ha creato l’antidoto ed oggi l’ho preso. Non sarò mai più Conan Edogawa.” Nella sua faccia si allargò un enorme sorriso. Essere di nuovo sé stesso era stata una notizia stupenda insieme alla guarigione di Ran, in quel momento si sentiva l’uomo più felice del mondo.
“Comunque Shinichi sei stato un irresponsabile e un idiota ma grazie di tutto.” Disse Ran donandogli un bacio e successivamente abbracciandolo.
“Adesso te lo posso dire: Ti amavo, ti amo e ti amerò Shinichi.”
“Anche io ti amo.”Rimasero abbracciati per molti minuti finché all’improvviso la presa decisa di Shinichi si fece sempre più debole e il suo corpo scivolo tra le braccia della ragazza. Ran si spaventò tantissimo notando il volto pallido e le mani fredde del ragazzo. Non aspettò neanche un minuto e chiamò aiuto. Le infermiere e il dottore entrarono per controllare il ragazzo e notarono che il cuore stava lentamente smettendo di battere. Ran non poté fare a meno di guardare e piangere mentre tentavano di salvarlo con il defibrillatore. E non poteva credere che potesse morire. Perché loro avevano superato tutto. Loro avevano combattuto i loro mali. Loro avevano mantenuto la promessa: si erano detti ti amo. Loro erano Ran e Shinichi.
“Shinichi, ti prego.” Sussurrò. Chiuse gli occhi mentre il suono di un cuore che smetteva di battere inondava la stanza.
 
 
Si sistemo invano i capelli poiché il vento si divertiva a scombinarli. Le erano cresciuti tanto in 6 anni e non aveva più voluto tagliarli perché le ricordavano che aveva sconfitto la malattia. Erano il suo promemoria. Quando aveva un po’ di tempo libero le piaceva andare in ospedale e rendere felice tutti quei bambini che soffrivano di cancro. Perché anche un minuto in compagnia può dare la speranza e la felicità.  Era cresciuta, maturata e non poteva e non voleva dimenticare quell’esperienza perché , bella o brutta, l’aveva aiutata a crescere ed andare avanti. Avrebbe, invece, voluto cancellare con piacere il dolore e il ricordo di Shinichi disteso a terra mentre il suo cuore cessava di battere.
“Mamma, ciao.” Una bambina di 3 anni la salutò muovendo da destra a sinistra la sua manina per poi tornare a giocare con gli altri bambini del parco. Sua figlia riuscì a portar via tutti quei ricordi e la inondò di gioia. Era la cosa più bella che avesse mai avuto ed essere madre l’aveva resa felicissima. La bambina iniziò a correre ma inciampò e cadde a terra. Ran si alzò immediatamente  per aiutarla ma fu superata sul tempo da un ragazzo che la prese in braccio.
“Ti sei fatta tanto male?”Chiese l’uomo.
“No, lo sai che sono forte come la mamma e come te, papà.” Rispose la bambina.
“Stai più attenta la prossima volta.” Disse Ran che nel frattempo era arrivata. Il ragazzo lasciò andare la bambina che tornò a giocare.
“Somiglia tutta a te è: testarda, orgogliosa e stupenda.” Ran arrossì a quei complimenti.
“Però da te ha preso la voglia di lottare e di non arrendersi mai.” Il ragazzo sorrise e comprese a cosa si riferiva.
“Ti amo Shinichi.” Le loro bocche si unirono in un lungo bacio. Quel giorno di sei anni fa il cuore di Shinichi aveva ripreso a battere sorprendendo i medici. Il suo corpo non aveva retto bene l’antidoto ed era un po’ debilitato a causa delle compresse prese precedentemente e dall’intervento. Aveva avuto una ripresa lenta caratterizzata da febbre altissima. Eppure era vivo come lo era anche lei.
“Ti amo anche io Ran.” La vita era un enorme paradosso e loro ne erano la prova. Avevano sconfitto tutto ed adesso avevano una vita felice con una bella bambina.
Loro erano vincitori.
Loro erano unici.
Loro erano Ran e Shinichi.
 
Angolo dell’autrice:
Buongiorno a tutti =), non sono morta ma mi sono presa delle vacanze ed inoltre non sapevo come farla finire, e diciamo che non mi convince molto. Ci sono alcune cose di cui vorrei parlarvi: ho deciso di far credere che Shinichi fosse quello morto e che stesse male perché mi sono un po’ ispirata al libro( la custode di mia sorella). – Se volete leggerlo non leggete questo- Perché nel libro alla fine muore la sorella che non aveva la leucemia-quindi la scelta di far credere che stesse per morire Shinichi era per fare un colpo di scena e per dimostrare che la vita è imprevedibile. Per questo motivo non bisogna perdere le speranze e continuare a lottare poiché prima o poi qualcosa andrà per il verso giusto. Inoltre ho voluto descrivere come hanno vissuto i due ragazzi l’intervento.  Ma chiusa questa parentesi direi che siamo alla fine. Mi mancherà questa storia perché mi ero impegnata tanto ed avevo messo tutta me stessa per la realizzazione. Io vi ringrazio dal più profondo del cuore per avermi seguito, recensito e letto perché se esiste questa storia ed anche per merito vostro. Inizio con il ringraziare:
-coloro che l’anno messa tra le:
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Coloro che hanno recensito:
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elie takami
Shinichi3Ran_love
nniga
Grazie a tutti, vi voglio bene. Un bacione enorme Inu_Ran <3
  
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