Andry:
CHAOS A TUTTI!!!
Stella: Vi siamo mancati?
Andry: E' colpa sua!!! Ve lo dico subito!!! E' colpa sua per il
ritardo, io ho
finito la mia parte due mesi fa!!!
Stella: *lo guarda scioccata* E meno male che dovremmo essere una
squadra!
Andry: Infatti lo siamo! Tu ti prendi le lamentele e io la gloria
*sorride*
Stella: *alza gli occhi al cielo* Lasciamo stare... ragazzi, vi
chiediamo scusa
per il ritardo ma tra vacanze, compiti (N.d.Andry: Io non ne avevo XP)
e
quant'altro, il tempo scarseggiava... gomen >.<
Andry: Ma sì dai, vedrai che ci perdonano! Altrimenti i loro
OC faranno una
brutta fine uhuhuhuhuhuhu...
Stella: *lo colpisce in testa* Non puoi minacciarli, è anche
la mia storia!
Ultima cosa e poi vi lasciamo al capitolo: le ossa sono un'idea di
andry, non
mia!
Andry: Vedrai che apprezzeranno uhuhuhuhu...
Stella: Buona lettura!!!
Nuovi
compagni e
drammatiche scoperte
Ashuros
camminava spedito per i corridoi dell'edificio che, per
chissà quanto tempo,
sarebbe stato il loro quartier generale. Gli Shinigami erano ancora
impegnati
nelle loro prove per ottenere le loro zampaktou e non sarebbero usciti
da
quella stanza per chissà quanto tempo.
Minuti? Ore?
Giorni? Nessuno poteva dirlo, nemmeno la vecchia Yachiru, ora impegnata
a
leggere una vecchia pergamena nella sua stanza.
L'albino
bussò un paio di volte sulla sottile porta e da dentro
sentì “Avanti, entra
pure.” e così fece, sedendosi subito su un cuscino
imbottito verde posto a
pochi passi dalla porta.
“Volevi
chiedermi qualcosa, Ashuros?” chiese la vecchia Shinigami
alzando il viso dalla
pergamena “Se vuoi sapere dov'è Aika, sta dormendo
nell'altra stanza. E' stata
una giornata impegnativa per lei e posso dedurre che non dormisse
così da
giorni”.
L'Arrancar
non si curò di quelle parole anche se in fondo ora era
più tranquillo ma era
andato da lei per un'altra questione. Una questione molto
più seria.
“Vorrei
avere il permesso di andare in missione esplorativa nel mondo degli
umani.”
disse l'albino senza battere ciglio suscitando l'attenzione
dell'anziana
spadaccina.
“Per
quale
motivo, se posso sapere?”
“Gli
Shinigami non saranno pronti per chissà quanto tempo e, se
devo essere sincero,
alcuni Arrancar si stanno stufando di quest'attesa perciò
vorrei impiegarli in
una missione esplorativa. Ora nel mondo umano è notte fonda
perciò potremo
muoverci nell'oscurità.” spiegò
l'albino.
“Capisco.
Quindi stai cercando di prevenire una crisi interna... o per meglio
dire, una
rivolta?” chiese Yachiru. L'albino non potè non
ricordarsi delle parole degli
altri Arrancar riguardo il ribellarsi e prendere il possesso della Soul
Society
ma ora doveva pensare ad altro.
“Diciamo
di
sì.” si limitò a rispondere con una
scrollata di spalle.
“D'accordo,
permesso accordato ma... un consiglio, non portare tutti gli Arrancar
con te.
Alcuni di loro non sono esattamente portati per questo genere di
missioni.”
acconsentì Yachiru tornando a leggere la pergamena.
L'Arrancar
si alzò in piedi e, dopo averla salutata, si diresse verso
il Senkaimon dove lo
stavano già aspettando tutti gli altri della sua specie.
“Beh,
che ti
ha detto la vecchia?” chiese Yuuko visibilmente seccata dal
dover aspettare.
“Ci
ha dato
il consenso ma prima di partire devo purtroppo avvisarvi che non
verrete
tutti.” disse l'albino e gli altri lo fissarono con uno
sguardo a metà tra la
sorpresa, nel sapere quella notizia, e la paura, del dover restare
ancora con
le mani in mano.
“Solo
quattro di noi andranno nel mondo umano, ovvero io, Amlach, Kurari e
Jean.
YuuKo, Stun e Izumi resteranno qui ad attenderci.
Probabilmente
non c'era modo migliore di scatenare la furia di Yuuko e Izumi le quali
si
precipitarono davanti ad Ashuros iniziando a tempestarlo di insulti
variopinti
e allegri.
“Che
cazzo
significa che devo restare qui ad aspettare eh?!?”
urlò Yuuko indignata.
“Proprio
ora
che volevo fare a pezzi qualcosa tu mi fermi così a
freddo?!?” aggiunse Izumi.
“Volete
sapere perché ho deciso di non portarvi?” chiese
Ashuros calmo e le due
Arrancar urlarono un secco SI.
“Bene,
ripercorrete quanto successo negli ultimi dieci secondi: avete gridato
come
matte dicendo di voler torturare, massacrare, trucidare, distruggere,
mutilare,
uccidere e tante altre cose. Non proprio l'ideale per una missione di
esplorazione.” spiegò l'albino.
Le due si
fissarono per qualche secondo e, incredibilmente, abbassarono lo
sguardo.
“Prima
o poi
ti servirà la mia rabbia e sappi che questa me la lego al
dito!!!” urlò Yuuko
allontanandosi non senza aver prima tirato giù un muro a
suon di pugni mentre
Stun e Izumi rimasero lì. L'Arrancar corazzato non aveva
neanche bisogno di
chiedere il motivo per cui non era stato scelto.
“Bene,
Jean,
tu verrai con me mentre Amlach e Kurari esploreranno un'altra
zona.” spiegò
l'albino mentre il portale veniva preparato. Gli altri tre annuirono in
silenzio e Jean si affiancò all'albino, dopodichè
saltarono nel portale.
Destinazione: Karakura Nord.
[Karakura
Nord. Ore 02:39]
I due
Arrancar osservavano silenziosi la città dal tetto di un
alto edificio. Date le
luci spente e le tapparelle abbassate in tutte le finestre era
plausibile
pensare che si trattasse di un condominio e che tutti gli umani si
fossero
addormentati da ormai molto tempo.
Un
urlò
agghiacciante ruppe il silenzio della notte e, nel parchetto dall'altra
parte
della strada, i due identificarono la causa di quel grido: un Hollow a
cui era
stato mozzato il braccio destro. Era alto sui quattro metri e aveva le
fattezze
di un Minotauro con la coda lunga e irta di spine. Il braccio, di un
blu
intenso, giaceva a qualche metro di distanza, sopra una siepe.
“Eccoli.”
disse Jean individuando alcune ombre nere che camminavano nell'aria
sopra
all'Hollow. Erano alti tutti sul metro e ottanta e indossavano delle
strane
uniformi nere come la pece e delle strane linee argentate. Sulla
schiena
portavano una spada senza guardia e con l'elsa di acciaio nero percorso
da
delle linee rosse come il sangue che brillavano nel buio rendendo
quelle figure
simili a demoni o a spiriti.
L'Hollow
urlò ancora ma nessuna luce illuminò le finestre.
Era normale. In fondo gli
umani non potevano vederli e anche se sapevano della loro esistenza
restavano
comunque incapaci di vederli.
Le figure
vestite di nero, ce n'erano sette in tutto, scesero in picchiata verso
l'essere
ferito ed estrassero le loro spade dal filo affilato e percorso dalla
stessa
luce rossa. Colpirono tutti insieme. Tre gli conficcarono le spade nel
corpo,
uno gli tagliò una gamba, un altro ancora gli
tagliò l'ultimo braccio
rimastogli mentre gli ultimi due gli recisero la testa di netto.
La carcassa
dell'Hollow crollò al suolo sollevando un sottile strato di
polvere mista a
sabbia. Una delle figure premette un piccolo pulsante posto sulla
clavicola
sinistra e disse “Hollow eliminato. Mandate un
camion”.
Ashuros e
Jean rimasero in attesa fino all'arrivo del camion provvisto di un
enorme
rimorchio dalla quale uscirono tre muletti automatici che, dopo aver
fatto a
pezzi la carcassa con delle grosse lame, caricarono i resti sul
rimorchio e il
camion ripartì. Il tutto si era svolto in pochi minuti e i
sette carnefici
dell'Hollow si erano allontanati insieme all'Hollow correndo a
mezz'aria.
“Quindi
è
così che agiscono gli Atarashī
kami...” disse Ashuros
osservando il camion mentre si allontanava.
“Sì
ma non sanno pulire bene.” commentò Jean
lanciandosi di sotto fermandosi poi a
pochi metri dal suolo. Ashuros lo raggiunse subito e gli chiese cosa
stesse
facendo. La risposta lo incuriosì molto “Hanno
lasciato qualcosa.” e, dopo
essersi avvicinato ad una piccola siepe, ne estrasse un frammento
bianco grosso
quanto la sua mano.
“Un
frammento di maschera.” commentò Ashuros
osservandolo per poi sgranare gli
occhi di colpo voltandosi nel contempo in direzione del camion ormai
scomparso.
“Quell'Hollow...
non è scomparso.”
“Esatto.
Non so come ma sono riusciti a far sì che il suo corpo
restasse in questo mondo
come un qualsiasi cadavere.” ipotizzò Jean
osservando il frammento di maschera.
“Cosa
diavolo stanno architettando...” chiese Ashuros anche se
sapeva benissimo che
Jean non poteva avere alcuna risposta. I due tornarono in cima
all'edificio, in
attesa che il portale si aprisse.
Presto
avrebbe trovato una risposta a quel quesito ma quello che non sapeva
era che la
risposta sarebbe stata un durissimo colpo per gli Shinigami.
[Karakura
Sud. Ore 02:47]
“Non
male
come azione.” disse Kurari pulendo le lame della sua arma con
un panno, ora
sporco di sangue.
“Già
questi
idioti non hanno avuto scampo... mi chiedo come abbiano fatto a
metterci
pressione a tal punto da doverci alleare con gli Shinigami.”
commentò Amlach
fissando la luna. Mancava poco per vederla piena.
“Beh
ti
ricordo che sono un corpo militare presente in tutto il
mondo.” aggiunse Kurari
“E questi erano probabilmente dei novellini.”
concluse indicando poi i cinque
cadaveri disseminati per il tetto della scuola dove erano morti. Tre
dei copri
erano stati tagliati a metà all'altezza della vita mentre
gli altri due avevano
dei grossi tagli sul torace.
L'azione si
era svolta in completo silenzio. Non appena i due Arrancar li avevano
individuati, intenti a volare a una ventina di metri d'altezza, Kurari
aveva
subito scagliato la sua lama sul gruppo , tagliando ed uccidendone tre
in un
solo colpo mentre gli ultimi due, che non avevano neanche capito cosa
fosse
successo, si erano ritrovati di fronte Amlach il quale li aveva uccisi
con due
fendenti fulminei e ben piazzati.
“L'unica
cosa che mi rogna è averli dovuti uccidere in fretta...non
ho neanche potuto
torturarli un po'...” commentò Kurari passeggiando
in mezzo ai corpi ormai
privi di vita. Avevano delle uniformi davvero curiose e particolari.
L'intero
corpo era coperto da un tessuto nero e non era visibile neanche un
lembo di
pelle. Alla vita portavano una piccola cintura rigida nera con
attaccati dei
piccoli scompartimenti di acciaio nero ma la cosa che più
catturava
l'attenzione era lo strano esoscheletro nero argentato che li copriva.
Partendo
dalla testa, l'esoscheletro prendeva la forma di un teschio con due
buchi per
gli occhi, nascosti comunque da un sottile vetro nero, e quelli che
sembravano
denti posti all'altezza della bocca. Dalla nuca scendeva uno spesso
segmento
che percorreva tutta la spina dorsale fino al bacino. All'altezza delle
clavicole partiva due segmenti argentei che andavano a ricongiungersi
alla base
della gola a mo di collare e da lì scendeva un segmento
più spesso che copriva
lo sterno e dalla quale si diramavano tanti piccoli segmenti, uno per
per
costola, i quali si ricongiungevano con il segmento sulla schiena. Da
quel
collare argentato, però, si diramavano anche due segmenti
più sottili che
percorrevano le braccia, diramandosi poi in altri cinque segmenti
più piccoli,
uno per dito.
All'altezza
del bacino, il segmento che percorreva tutta la schiena, si divideva in
tre
segmenti, due dei quali andavano a formare una specie di cintura sotto
l'altra
cintura mentre il terzo passava in mezzo alle gambe, a mo di protezione
per
l'inguine e si fondeva con gli altri due poco sotto l'ombelico. Dai
fianchi
della cintura, fuoriuscivano altri due segmenti argentati, uno per
fianco, che
a metà delle cosce, si spostavano di fronte e percorrevano
le gambe fino al
fondo dove si diramano i cinque piccoli segmenti, uno per ogni dito dei
piedi.
Non
c'è che
dire, una divisa molto particolare e soprattutto complicata.
“Non
so se
lo hai notato ma... in queste strane protezioni argentate percepisco
del
reiatsu.” disse Kurari accarezzandone una.
“Sì
l'ho
notato ed è strano. Gli umani non dovrebbero possedere del
reiatsu e non credo
sappiano gestirlo a tal punto da metterlo nelle loro divise.”
disse Amlach ora
parecchio annoiato quando ad un certo punto sentì una debole
suoneria, una
canzone metallara, provenire dalla tasca dei suoi pantaloni.
Estrasse
subito il localizzatore che gli era stato consegnato da Yachiru: un
cellulare
con schermo touch nero sul cui retro era presente un lupo tribale.
Fissò per
qualche secondo lo schermo e capì che Ashuros lo stava
chiamando. A quanto pare
gli Arrancar non erano molto ferrati con quella roba...
“Che
succede
Ashuros?” chiese il moro.
“Dobbiamo
rientrare. Abbiamo scoperto qualcosa di interessante.” gli
disse l'albino.
“Anche
noi
Ashuros, anche noi...” commentò Amlach prima di
chiudere la chiamata e
caricarsi un cadavere, uno dei due uccisi da lui, in spalla e dirigersi
verso
il punto dove si sarebbe aperto il portale.
“Perchè
lo
porti con noi?” chiese Kurari.
“Non
lo so,
me lo dice l'istinto.” rispose Amlach ghignando per pooi
entrare nel portale
seguito a ruota dall'arrancar.
* * *
Meiko
alle parole di Yachiru strinse i pugni e iniziò a
incamminarsi
verso Shiroken; doveva ammetterlo, quel mondo la faceva sentire strana:
da una
parte percepiva chiaramente il sentore di morte, il vento di
distruzione che
spirava in quella desolazione…dall’altra non aveva
paura, era emozionata, con
l’adrenalina che le scorreva al posto del sangue.
Istintivamente sorrise
sadica. Hiro e Ka-chan, vedendola avanzare, non poterono fare a meno di
scambiarsi un’occhiata e un sorrisino: quella ragazza era
forte, non si sarebbe
fermata; e stando leggermente a distanza la seguirono.
Meiko
si fermò ad alcuni metri dalla donna, ostentando sicurezza e
fermezza.
“Allora,
cosa devo fare per renderti la mia zampaktou?” le chiese
assottigliando gli occhi; la giovane continuò a fissarla con
i suoi occhi
cristallini e si alzò in piedi, facendo frusciare le vesti
nere.
“Sconfiggermi.”
Rispose calma, ma con uno scintillio minaccioso negli
occhi che fu d’avviso a Meiko: non sottovalutarla.
“A
mani nude?” chiese lei altrettanto tranquilla; di solito non
picchiava le ragazze, ma quello era un caso particolare e, inoltre,
nella
guerra che stavano per combattere non c’era spazio per i
sentimentalismi.
La
donna annuì e rimase ferma in attesa.
“Se
sei all’altezza ti basteranno quelle.”
Hiro
e Ka-chan indietreggiarono, e il ragazzo le augurò buona
fortuna.
“Farò
del mio meglio Hiro-sama!” trillò lei perdendo per
un attimo la
sua aria assassina e guardandolo adorante, gli occhi che le brillavano.
“Allora?”
la incalzò la donna, senza però mostrare segni di
impazienza;
Meiko la guardò stranita: cosa ci faceva una creatura
così calma ed eterea nel
mezzo di quella miseria?
Meiko
scrocchiò le nocche e scattò verso di lei;
caricò il pugno destro
con l’intenzione di colpirla in volto, ma la donna si
limitò a spostarsi di
lato all’ultimo secondo. Meiko perse l’equilibrio e
Shiroken la colpì sulla
schiena con un calcio, mandandola a terra.
La
shinigami ringhiò mentre si rialzava, guardando la donna che
aveva di
nuovo assunto una posa calma e rilassata; i suoi occhi non tradivano
nessuna
emozione. Meiko si scagliò di nuovo contro di lei, questa
volta cercando di
farle perdere l’equilibrio con un calcio alle caviglie, ma
lei con agilità
insospettata balzò indietro per poi avanzare e colpirla con
un calcio in
pancia. Le mani ancora strette a pugni lasciate inerti lungo i fianchi.
Meiko
provò a colpirla di nuovo con un pugno al torace ma questa
la
bloccò e rispose mozzandole il fiato con un pugno, poi la
scagliò lontano
apparentemente senza sforzo; Meiko rotolò nella terra
bruciata, coprendosi di
fuliggine, il respiro ansimante e gli occhi che brillavano feroci.
“Non
ho ancora finito…” mormorò rialzandosi
e andando di nuovo
all’attacco; le sembrava che tutti i suoi attacchi fossero
inutili, più si
sforzava di sorprenderla più quella l’anticipava e
rispondeva con una forza
inaspettata. Si stava innervosendo sempre di più.
All’ennesimo
attacco concluso con Meiko a terra ansante, la donna la
osservò freddamente e poi le diede le spalle.
“Torna
quando sarai più forte.” Le disse gelida e
incamminandosi verso
il suo albero, senza girarsi.
Meiko
sbarrò gli occhi incredula: cosa?! Tutto lì?!
Là liquidava così?!
Chi si credeva di essere?!
“Non
ti arrendere!” gli urlò Ka-chan emozionata e Hiro
le sorrise.
Meiko
sentì un calore nascerle nel corpo, mentre una rabbia
crescente si
impossessava di lei.
“Ehi
tu!” le urlò rialzandosi a fatica, le mani
appoggiate alle
ginocchia per sostenersi, “Non mi sembra di averti dato il
permesso di
andartene!” le ringhiò contro, un aura rossastra
intorno a lei. Nel cielo rosso
iniziarono ad avanzare nuvole nere come il sole.
Sul
volto di Shiroken nacque un sorrisino, ma lo cancellò prima
di
voltarsi verso di lei.
“Ti
sei decisa a fare sul serio?” le chiese con un leggero tono
di
sprezzo.
Meiko
inclinò la testa e sorrise; non sapeva da dove arrivava
quella
forza ma si sentiva come uno tsunami, un tornado distruttivo. Voleva
colpirla,
voleva dimostrarle che era alla sua altezza. Strinse i pugni e si
concentrò
attingendo a tutta la forza che trovava.
Senza
perderla di vista si accucciò per scattare e neanche si
accorse
delle crepe nel terreno che si formarono ai suoi piedi e che invece
stupirono i
suoi accompagnatori; poi si scagliò con una potenza almeno
raddoppiata e la
donna per evitarla stavolta dovette muoversi in anticipo rispetto a
prima, ma
Meiko ruotò facendo perno sul piede che aveva appoggiato a
terra, creando una
conca, e la colpì con un calcio in pancia. Shiroken lo
parò con le braccia ma
la forza del colpo la scaraventò via, eppure rimase in
piedi. Un sorriso simile
a quello di Meiko a illuminarle il volto; poi attaccò lei.
Sembra
un corvo che si gettava sul topolino, solo che in questo caso il
topolino era una belva assetata di sangue che non esitò a
slanciarsi anche lei
al contrattacco. Le due si scontrarono con uno schianto impressionante
e l’onda
d’urto fece arretrare Hiro e Ka-chan; entrambe mano contro
mano cercavano di
spingere l’altra, di schiacciarla.
Il
cielo ormai nero iniziò a riempirsi di lampi brillanti e
tuoni assordanti.
Shiroken
ha un certo punto la tirò verso di se e si spostò
nella
speranza che cadesse sbilanciata dall’improvvisa mancanza di
resistenza, ma Meiko
aveva già visto quel trucco: con una capriola si
rialzò subito e si voltò con
un calcio laterale che colpì Shiroken, presa alla
sprovvista, e la scagliò a
terra. Senza perdere tempo e con il respiro pesante, Meiko le fu subito
addosso
e prima che potesse alzarsi si piantò a cavalcioni sopra di
lei, per poi
stringerle la mano alla gola e schiacciarla a terra.
“Ho
vinto.” Ringhiò mentre il suo furore iniziava a
scomparire e le
forze a venirgli meno.
Shiroken
sorrise e annuì.
“Sarò
la tua zampaktou, Meiko La Distruttrice.” Le disse seria con
gli
occhi azzurri che si specchiavano nel cielo rosso; poi Meiko svenne
senza forze
su di lei. La donna la sollevò senza sforzo e la porse a
Hiro che era accorso
insieme alla sua zampaktou. Poi li congedò con un cenno del
capo e,
spolverandosi il kimono, tornò a sedersi sotto
l’albero raggrinzito, mentre il
mondo intorno a loro diventava sfocato.
***
Ryoko
guardò stupita quella ragazzina vestita da sacerdotessa e
che si
era appena dichiarata la sua zampaktou; cosa doveva fare ora con quella
bambina?
“Ehm…piacere
di conoscerti!” le disse indecisa accennando un sorriso e
agitando
la mano nella sua direzione, mentre Kei la guardava stranito: cosa
aveva in
mente?
La
ragazzina la guardò altrettanto incuriosita e poi,
sogghignando,
saltò sulla stessa loro piattaforma, nonostante fosse
piuttosto lontana, come
trasportata dal vento.
“Il
piacere è tutto tuo.” Le disse gelida inclinando
la testa e
sorridendo angelica, come se le avesse appena fatto un complimento,
cosa che
lasciò scioccati sia Kei che Ryoko.
“Che
c’è?” continuò lei
saltellandole intorno con aria infantile, “Non
penserai che solo perché sei arrivata fin qui io accetti di
obbedirti vero?” le
chiese con una risatina coprendosi la bocca con la mano.
“E
cosa dovrei fare?” le chiese la ragazza piccata poggiando una
mano
sul fianco: altro che dolce ragazzina, quella era una mocciosa viziata!
Kei
doveva pensarla allo stesso modo, perché la
guardò irritato e scosse
la testa: mai che gli toccasse un bel combattimento…
“Dovrai
prendermi!” rispose Kazenomiko sogghignando e indietreggiando
di
qualche passo, le mani incrociate innocentemente dietro la schiena.
Appunto.
“Prenderti?”
chiese invece Ryoko stupita, ma quando l’avversaria
annuì,
sorrise con sguardo di sfida. “Ci sto!” e si
lanciò contro di lei. Era sicura
di prenderla, era piuttosto agile, ma all’ultimo momento la
ragazza balzò…nel
vuoto. Ryoko sbarrò gli occhi incredula e stava
già per chiamare Kei per
aiutarla, quando un’altra piattaforma rocciosa sfreccio verso
l’alto, con sopra
la ragazzina che faceva ‘ciao-ciao’ con la manina.
Un
grossa vena iniziò a pulsare sulla sua testa:
mocciosa…
“Ma
che bambina adorabile…” commentò Kei
scompigliandosi i capelli
indeciso sul da farsi; dopo alcuni attimi di riflessione decise che
avrebbe
lasciato tutto sotto il comando di Ryoko, salvo in casi estremi.
Pessima
scelta.
Infatti,
dopo alcuni minuti in cui Ryoko aveva analizzato la ragazzina
che saltava allegra sogghignando da una piattaforma all’altra
mentre queste si
muovevano intorno a loro sospinte dal vento, la ragazza
accennò un sorriso
demoniaco verso Kei; poi si avvicinò a lui e assumendo
l’aria più innocente del
mondo, con tanto di labbro tremante, pronunciò le parole
fatali.
“Mi
puoi lanciare?” chiese sbattendo le ciglia.
“Eh?”
sbottò il ragazzo preso in contropiede allontanandosi di
qualche
passo, non sicuro di aver assimilato bene le parole.
“Lanciami!”
ripeté lei con più convinzione, per poi, davanti
allo
sguardo perplesso del compagno in attesa di spiegazioni, indicare le
piattaforme che avevano iniziato a roteare a spirale intorno a loro,
“Per
prenderla devo saltare sulle piattaforme, ma non sono sicura di
arrivarci da
sola; ho bisogno che mi aiuti.” Gli spiegò
infiammata: non gli piaceva perdere
una sfida.
“Ti
sei arresa?” urlava intanto la ragazzina saltellando di qua e
di là
in punta di piedi.
“Non
mi sembra una grande idea, anzi sono abbastanza convinto che la
mancherai e ti spiaccicherai al suolo come una frittella.”
Commentò invece Kei
acido sollevando un sopracciglio, ma lei lo ignorò
completamente e, dopo averlo
afferrato per un polso, lo porto vicino al bordo.
“Sei
forte, giusto? Non avrai problemi” lo ignorò
mentre calcolava dove
posizionarlo per avere la massima spinta.
Una
vena iniziò a pulsare sulla fronte del ragazzo che
afferrò la
ragazza per il colletto e la alzò alla sua altezza.
“E
sentiamo cosa avresti in mente di fare una volta sulla piattaforma,
sempre che tu la centri…” le chiese perforandola
con lo sguardo, ma lei sorrise
convinta.
“La
prendo!” ghignò con il fuoco negli occhi verdi,
poi approfittò del
momento per liberarsi dalla sua presa e lo mise con le spalle al vuoto.
“Lanciami
più forte che puoi!” gli urlò
allontanandosi per prendere la
rincorsa; il ragazzo sbuffò scocciato e intrecciò
le mani per poi mettersi in
posizione accucciata. Sperava solo di riuscire poi a prenderla prima
che si
schiantasse. Perché si sarebbe schiantata.
Passarono
alcuni secondi in cui Kei osservò Ryoko: cosa stava facendo?
Si accorse che non staccava gli occhi dalle piattaforme e che le sue
labbra
carnose si muovevano come se stesse…contando?
“Arrivo!”
urlò all’improvviso e scattò verso di
lui con una velocità
inaspettata, in pochi secondi lo raggiunse e lo usò come
trampolino; mentre
volava per un attimo pensò che non ce l’avrebbe
fatta, ma poi le sue mani si
strinsero intorno al bordo marmoreo e un sorriso vittorioso: aveva
contato
giusto! Per fortuna si era accorta che le piattaforme passavano con la
stessa
intermittenza!
Kazenomiko,
seduta coi piedi a penzoloni qualche piattaforma più sopra,
aprì leggermente gli occhi colpita: non era
stupida…
Ryoko
si issò velocemente sopra la pietra e, dopo essersi
sgranchita
mani e braccia, puntò gli occhi sulla zampaktou.
“Arrivo!”
le urlò con un sorriso sfacciato prima di prendere la
rincorsa
e saltare su una piattaforma che saliva verso l’alto.
Kei,
a braccia incrociate, la guardò atterrare in piedi e dovette
ammettere che l’aveva sottovalutata, adesso c’era
solo da vedere se ce
l’avrebbe fatta a prenderla.
Iniziò
così un’assurda partita ad acchiapparello sospesa
su piattaforme
volanti.
Ryoko
era in netto svantaggio dato che Kazenomiko sembrava poter
cambiare a suo piacimento le traiettorie delle piattaforme, oltre che
essere
leggera come una piuma, ma l’aspirante shinigami non si
arrendeva e la
tallonava salto dopo salto.
“Non
sei stanca?” le chiese dopo circa mezz’ora la
ragazzina,
sfrecciandole a fianco sulla pietra bianca, con una risata divertita.
Era
migliore di quel che pensava.
Sì,
Ryoko era stanca, ma non avrebbe mollato per nulla al mondo. Eppure
c’era qualcosa che non andava…che
mancava…
Scuotendo
la testa per scacciare pensieri distraenti, si preparò
all’ennesimo saltò ma proprio mentre stava per
atterrare la piattaforma scartò
all’indietro a tradimento e lei si ritrovò a
cadere.
“Ryoko!”
sentì la voce di Kei come se venisse da un altro mondo e
mentre
osservava il cielo sopra di lei, sentì sgorgare in lei la
voglia di vivere, la
determinazione a continuare e un’energia inspiegabile come un
improvvisa
ventata fresca.
Sotto
gli occhi stupiti di Kei, già in volo per prenderla, una
piattaforma bianca uscì dalla formazione e salvò
Ryoko, che atterrò
dolorosamente sulla schiena; la vide alzarsi e guardarsi intorno
perplessa,
accorgendosi della stranezza, per un attimo guardò
Kazenomiko, come chiedendosi
se fosse stata lei ma lo sguardo deluso della zampaktou la convinse del
contrario.
Un
grosso sorriso le sbocciò in viso.
“Ho
capito…” mormorò prima di scoppiare a
ridere, poi batté un piede
sulla superfice liscia della sua piattaforma e questa con uno strattone
si
innalzò veloce nel cielo verticalmente, per poi arrestarsi
davanti a quella di
Kazenomiko.
“Sei
mia!” le urlò mentre si accucciava e la sua nave
del cielo scattava
all’inseguimento di quella di Kazenomiko, infrangendo ogni
precedente
prevedibilità.
La
ragazzina piccata batté anche lei il piede sulla roccia e
questa accelerò,
ma Ryoko non perdette terreno, anzi ne guadagnò.
E
poi accadde: Ryoko arrivò tanto vicino da poter balzare
sulla ragazza
e, come sospinta da un soffio di vento, le cadde sopra senza che
potesse
scappare.
“PRESA!”
urlò al cielo tenendola ferma sotto di sé,
soddisfatta e felice
del suo risultato.
Kazenomiko
sbuffò.
“Ho
capito, ho capito: hai vinto. Sono la tua zampaktou e togliti quel
sorrisino dal volto!” le rispose scocciata guardandola male
coi suoi occhi
rubino; poi parve illuminarsi.
“Un’altra
partita!” la sfidò malandrina e Ryoko avrebbe
anche accettato
se una mano non l’avesse nuovamente afferrata per il colletto
e sollevata in
piedi.
“Spiacente,
per oggi abbiamo finito.” La salutò Kei con uno
sbuffo,
prima che per entrambi il mondo iniziasse a diventare sfocato e a
oscurarsi.
***
Iri
era leggermente perplessa dal comportamento della sua zampaktou;
dopo aver visto Mitsuki e Taiga si aspettava di doveresi cimentare in,
come
minimo, un combattimento brutale; invece era tranquillamente seduta,
sotto suo
stesso invito, davanti a Osiris con J. accucciato a fianco, in allerta.
E le
stava tornando sonno…ma Jin le aveva detto di non
addormentarsi…eppure…
“Immagino
ti stia chiedendo quale sarà la mia prossima
mossa.” Proruppe
con voce soffice come la neve Osiris, risvegliando la ragazza che stava
già
abbassando le palpebre.
Iri
annuì timida.
“Ti
conosco e non vedo il motivo di provarti inutilmente con un
combattimento, nonostante ce ne saranno, e di grandi e sanguinosi,
nella strada
che ti aspetta; ora come ora non avresti una sola
speranza…” L’avvisò
inclinando leggermente la testa, mentre la ragazza la ascoltava in
silenzio. Lo
sapeva cosa l’aspettava, sperava solo di farcela.
“Ti
propongo quindi una semplice prova per riconoscerti come la mia
Shinigami, ma ti avviso: dovrai essere sincera con te
stessa.” L’avvisò per poi
tacere, in attesa.
“Accetto.”
Rispose flebile e titubante la ragazza, sotto lo sguardo
vigile del leone nero.
“Devi
trovare la vera Osiris.” Le spiegò alzandosi in
piedi con un
fruscio e le mani congiunte in grembo, poi, all’improvviso,
si alzò un
venticello freddo e la figura della zampaktou esplose in tante piccole
foglioline di salice che dopo aver turbinato nel vento per alcuni
istanti si
sparpagliarono in tutta la radura intorno a loro.
Iri
e J. Seguirono increduli quella trasformazione e sotto i loro occhi
increduli le foglioline iniziarono a radunarsi in centinaia di piccoli
mucchietti, che con un leggero turbinare si andarono a rimodellare in
Osiris. O
meglio, in tante e tante Osiris. Tutte in posizioni e atteggiamenti
diversi.
Iri
si guardò intorno leggermente spaesata, capendo pian piano
cosa le
avesse chiesto la zampaktou, e iniziò a muovere timidi passi
tra quelle statue
così terribilmente realistiche. J. La seguiva rendendosi
conto che il supporto
che poteva darle era ben poco, doveva solo tenersi in allerta in caso
di
attacchi a sorpresa.
Iri
sorpassò un Osiris che giocava con una palla di stracci
degnandola
di una sola occhiata, passò tra una che cucinava con un
vecchio grembiule e una
che suonava un rozzo flauto, rivolgendo loro la sua attenzione solo per
qualche
attimo; cosa stava cercando? Non lo sapeva, ma sentiva che non era
quella, non
era quella che cuciva, quella che sembrava cantare…
Si
fermò per alcuni istanti davanti a una accucciata in
posizione fetale
con le braccia a coprirle il viso, ma ancora non era lei; sentiva il
cuore
accelerare e un sentimento di inquietudine crescere, ma non era lei.
Sobbalzò
alla vista di un Osiris prostrata a terra e affrettò il
passo tra quelle statue
che perdevano sempre più giovialità, cominciando
a capire.
Sorpassò
tremante un Osiris vestita da sposa e…la vide.
Inciampò cadendo
in ginocchio e i suoi occhi si colmarono di fredde e silenziose lacrime
che le
rigarono il volto niveo, aveva trovato la sua zampaktou, ne era
disperatamente
sicura.
In
mezzo alle neve e tra statue sofferenti, c’era Osiris
inginocchiata e
ripiegata su se stessa; le sue mani lattee che tenevano saldamente una
wakizashi che le trapassava il petto. La maschera era rigata di lacrime.
“Sei
tu…” mormorò con voce flebile, Osiris
si girò a guardarla e annuì;
poi tutte le statue esplosero in migliaia di foglioline di salice che
in un
turbinio si andarono a ricomporre in una sola persona.
“Hai
superato la prova.” Le disse senza muovere un passo mentre J.
Cercava di aiutarla a rialzarsi, cercando di raccapezzarsi su quello
che aveva
visto.
“Cosa
sceglierai stavolta?” le chiese inclinando la testa prima che
la
vista dei due si oscurasse.
***
La
pantera non ne poteva davvero più: era dieci minuti che
cercava di
presentarsi e iniziare la prova, ma quella dannata gattofila non faceva
altro
che inseguirla ovunque con sguardo assatanato facendo versetti per
gatti. Era
al suo limite.
Con
uno scatto evitò per un pelo l’abbraccio di Norie
e guardò male
l’altra Shinigami e il suo spirito, che sembravano trovare il
tutto molto
divertente.
“Vieni
qui micio micio…” chiamò ancora Norie
gettandosi a braccia
spalancate sulla pantera.
Ora
basta.
La
pantera con uno scatto saltò nell’inquietante lago
di sangue attorno
a loro, ma inaspettatamente invece di sprofondare atterò
agilmente sulla
superfice e le increspature si diramarono tutto intorno a loro.
All’istante il
sangue si innalzò verso l’alto in grandi colonne
che subito scrosciando si
abbatterono su Norie. Kyoko e Gareki, tornando seri
all’istante si lanciarono
per salvarla, ma il sangue si ritirò nel lago senza lasciare
niente, la pantera
era sparita.
“Dov’è
finita quella dannata ragazzina?” sbuffò Gareki
muovendosi
inquieto lungo i bordi rocciosi.
“Deve
averla presa con sé per la prova…”
osservò Kyoko dopo essersi
guardata attorno attentamente, la mano alla katana.
Gareki
ruggì infastidito.
“E
io che volevo godermi un bello scontro…quella mocciosa me la
paga
quando torna!” ringhiò per poi rivolgere un
sorriso felino alla sua shinigami,
“Beh? Ci divertiamo un po’ anche noi?” le
chiese sgranchendosi le nocche.
Kyoko
accennò un sorriso e per un attimo fu davvero tentata di
accettare, ma poi si ricordò che era in missione e doveva
essere pronta a
tutto.
“Quando
non saremo in missione…” sospirò
leggermente delusa sedendosi a
gambe incrociate, mentre Gareki si accascia a al suo fianco scocciato.
Maledetta zampaktou e mocciosa…
Norie
riaprì gli occhi a fatica e cercò di mettersi a
sedere, sentiva il
battito accelerato…cos’era successo? In un flash
rivide tutto: il sangue che la
sommergeva, la sensazione di annegamento e poi…il buio.
Cercando
di calmarsi si guardò attorno: a prima vista avrebbe potuto
essere esattamente dov’era prima, sulla croce di roccia
ma…era sola. Non vedeva
né Kyoko né Gareki…non che avesse
bisogno di loro, comunque. Il suo sguardo fu
calamitato da una lunga katana nera e rossa a pochi metri da lei.
Perplessa
si alzò in piedi e, sempre guardandosi intorno circospetta,
la
raggiunse; la prese in mano: era leggere e affilata, di una bellezza
che trovò
incredibile. Stava giusto ammirandone la lama quando nel riflesso vede
la
pantera.
“Micio!”
urlò voltandosi con gli occhi che le brillavano: la pantera
era
là, nel lago di sangue, tranquillamente seduta sulla
superfice immobile. In
attesa.
“Vieni
qui mic-..” i suoi richiami coccolosi furono interrotti da
alcuni
passi.
“Norie!”
girandosi di scatto vide Kyoko che le correva incontro con
sguardo allarmato e stava già per correrle incontro, quando
il suo sguardo
registrò un particolare: la mano che Kyoko aveva immerso nel
sangue era pulita…
“Stai
bene?” le chiese la shinigami, ormai a pochi metri; a Norie
bastò
un luccichio rossastro negli occhi per scattare e con un colpo solo di
katana
tagliò in due la shinigami, che si dissolse in una pozza
sangue.
La
pantera inclinò il muso di lato assottigliando gli occhi.
Un
piccolo sorriso soddisfatto si dipinse sul volto di Norie: lo sapeva
che era una copia!
Dal
lago iniziarono a sorgere tante e tante copie di Kyoko e Gareki che
le correvano incontro per aiutarla, ma lei si lanciò in una
danza mortale; con
un agilità sorprendente e con movimenti sempre
più naturali Norie fendeva le
copie, roteava nel sangue, liquefaceva i suoi amici…eppure
la prova non finiva.
Più il tempo passava più si rendeva conto che
c’era qualcosa che non andava:
qual era l’obiettivo di quella prova? Le sembrava di aver
già dimostrato di
saper combattere…
Mentre
staccava la testa di netto a un altro Gareki scorse con la coda
dell’occhio la pantera: era delusa. I suoi occhi esprimevano
solo
disapprovazione. Perché? Con uno scatto irritato Norie
falciò due Kyoko che si
avvicinavano. Iniziò a riflettere senza smettere di
muoversi: una prova doveva
metterla in difficoltà e quello che stava facendo non le
dava nessun problema;
cosa ci voleva con una katana in mano a falciare i suoi compagni.
Ecco.
La
lama della katana si fermò a mezz’aria mentre
Norie sorrideva amara e
altre copie le si facevano incontro a braccia tese. Era quella la
prova, era
quella la sua difficoltà da superare: fidarsi dei suoi
compagni. Perché li
stava colpendo? Quelle copie sembravano solo volerla aiutare, come
quelli veri,
ma lei li aveva colpiti senza esitazione. Sentiva tutto il suo corpo
che la
pregava di non fermarsi, la sua inadeguatezza nel trattare con le altre
persone
che la spingeva a continuare, ma lei con uno sforzo
disumano…si placò. Abbassò
la spada a terra con il corpo che fremeva e chiuse gli occhi.
Niente.
Quando
riaprì gli occhi le copie intorno a lei si erano tutte
fermate e
la pantera avanzava sinuosa verso di lei.
“Brava,”
si complimentò, “Cominciavo a credere che non
avresti mai
capito…” le disse con tono di rimprovero.
“Io…”
iniziò Norie non sapendo cosa dire riguardo ai suoi limiti.
“Sarò
la tua zampaktou.” La interruppe la pantera e Norie
spalancò gli
occhi per la felicità, prima di gettarsi con scatto felino
su quella e
stritolarla in un abbraccio.
“Ehi,
lasciami!” iniziò a protestare cercando di
scrollarsela di dosso,
ma quella perseverava e aveva ripreso a trattarla come un gatto.
“Bravo
il mio micione!” gli cinguettava con gli occhi che brillavano.
“Non
di nuovo!” ringhiò la pantera prima che
un’onda di sangue li
travolgesse, con grande terrore di Norie che per poco non
soffocò la zampaktou,
rafforzando la presa. Quando riaprì gli occhi, si
trovò davanti a Kyoko e
Gareki che la guardavano perplessi.
“Va
e viene con la marea?” chiese il ragazzo leonino alzando un
sopracciglio, prima di ghignare e cercare di raggiungerla,
“Per colpa tua siamo
dovuti rimanere qui a…”
“Zitto
Gareki!” gli intimò Kyoko stampandolo a terra con
un pugno in
testa.
“Dannata…”
mugolò quello, ma lei andò da Norie e
l’aiutò a rialzarsi.
“Vedo
che ce l’hai fatta, complimenti!” le disse con un
sorriso e Norie
le rispose con uno di rimando.
“Cosa
ti aspettavi?” chiese con la sua solita arroganza, ma dentro
di sé
era orgogliosa.
“Che
morissi, fallissi, ti disintegrassi, ti perdessi, affogassi, fossi
mangiata dalla zampaktou…” elencò
Gareki con sarcasmo mettendosi a sedere, “…che,
a proposito, sta
scappando” l’avvisò con
un ghigno.
“Cosa?!”
urlò Norie accorgendosi nella distrazione di averla lasciata
andare e girandosi la vide correre sul sangue.
“Portate
via quella gattofila!” urlò loro scatenando le
risate dei due
accompagnatori e le proteste della nuova shinigami, mentre il mondo si
oscurava.
***
Shi
dovette ammettere che domare una maledetta fenice che si rigenerava
era più difficile di quel che pensava; dopo aver
esplicitamente proibito a Jin,
desideroso di combattere, di intervenire si era lanciato
all’attacco della sua
zampaktou senza esitazione, colpendola a mani nude ogni volta che si
avvicinava, ma quella non faceva che svolazzare sopra di lui per poi
precipitargli addosso ferendolo con il becco e gli artigli.
Evitando
l’ennesimo attacco si spostò all’ultimo
secondo e dopo aver
fatto perno sul piede cercò di saltarle sopra, ma quella
scartò e lui rotolò
nella terra; la fenice ne approfittò e stridendo
aprì le ali per poi richiuderla
di colpo scagliando così un’ondata di fuoco contro
Shi, che solo grazie ai
riflessi pronti evitò di venir ridotto a un mucchietto di
cenere.
Ecco,
era come se fossero passati al livello due: ora lo inseguiva
lanciandogli fiammate.
Rialzandosi col fiatone
guardò la
fenice che si alzava di nuovo in aria e si asciugò il sangue
che gli scendeva
da un taglio sulla guancia, poi sogghignò: non era ancora
finita. Approfittando
della lontananza della zampaktou si arrampicò agilmente su
un albero frondoso
lì vicino; arrivato il più in alto consentitogli
dai rami, aspettò che la
fenice calasse per controllare dove fosse e saltò contro di
lei colpendola con
un pugno così forte da mandarla a schiantare a terra. Non
che il suo impatto
con il terreno fu dolce, ma non riusciva a non ghignare al pensiero di
averla
messo k.o.
Peccato
che mentre si rialzava dolorante, la fenice esplose in una
fiammata viola e si alzò in volo perfettamente rigenerata.
Shi
si mise a ghignare apertamente: la sua zampaktou, era un osso duro,
un combattimento degno di essere affrontato. Doveva essere sua.
Jin,
al riparo da fiammate e beccate, inclinò la testa osservando
il suo
compagno: nonostante fosse parecchio malconcio sembrava divertito dallo
scontro…quanto presto si sarebbe ricordato che era una prova?
“Vuoi
rinunciare, Shi?” gli chiese la fenice, scrutandolo coi suoi
occhi
dorati in volo sopra di lui.
“Vuoi
scherzare?” le rispose inclinando la testa, “Il
divertimento è
appena cominciato…” continuò mentre il
suo reiatsu sembrava amplificarsi e il
vulcano intorno a lui eruttava; eppure la zampaktou non era
impressionata,
conosceva quel ragazzo meglio di chiunque altro.
Shi
iniziò a scrutarla attentamente, non sembrava impressionata
né
spaventata…il che significava che ai suoi occhi era ben
lontano dal superare la
prova; la cosa non lo infastidiva minimamente, si stava davvero
divertendo a
combattere con lei, ma forse era il caso di mostrarle che faceva sul
serio. Era
evidente che la prova non ruotava più sulle sue
capacità fisiche, doveva per
forza essersi spostata sul piano strategico…il suo punto
debole.
Mentre
evitava una fiammata e cercava di colpirla con un calcio ad un
ala, ebbe un’illuminazione: la fenice aveva detto
domare…quindi non per forza
sconfiggerla e mandarla al tappeto.
Con
il ghigno che si ampliava la costrinse di nuovo a una picchiata,
cosciente così che avrebbe dovuto risalire nuovamente in
quota e ne approfittò
nuovamente per arrampicarsi sull’albero. La fenice, che lo
aveva osservato, si
avvicinò e lanciò dal becco una sfera di fuoco
che diede fiamme all’albero. Per
un secondo non successe niente e la fenice, perplessa si
avvicinò; era a poco
meno di un metro quando dalle fiamma si lanciò su di lei
Shi. Lei si scostò
sorpresa ma il ragazzo si aggrappò in fiamme alla sua ala e
con una spinta le
si issò in groppa.
“Presa!”
esultò aggrappandosi al collo della zampaktou, con le carni
che
fumavano e un luccichio soddisfatto negli occhi, ma la fenice dovette
pensarla diversamente
perché con uno scatto si innalzò nel cielo, per
poi ricadere a peso morto in
un’avvitata.
Shi
non mollò neanche per un secondo la presa, nonostante il
volo folle
nel cielo non lo entusiasmasse.
“Vai
così!” gli urlò Jin da lontano
facendolo sogghignare, mentre la
fenice si lanciava in un volo a bassa quota tra le fronde degli alberi
a zig
zag, così che le fronde scorticassero il suo passeggero, ma
quello non mollava
la presa e continuava a ghignare.
Allora
si alzò nuovamente nel cielo e si diresse verso il suo nido,
il
vulcano; accelerando si diresse all’interno tra volute di
fumo incandescente
che avrebbero ucciso chiunque, ma Shi continuava, anche se a fatica, a
tenersi
aggrappato.
“Lasciami
e arrenditi o mi precipiterò con te nel magma!”
gli disse ma
il ragazzo ghignò e si strinse intorno al suo collo.
“Allora
andiamo giù insieme.” Le sibilò prima
che la fenice si lanciasse
verso il basso con lui dietro. Per un attimo pensò che
sarebbe morto, ma
all’ultimo secondo la fenice si rialzò in volo
sfiorando con le ali il magma e
lo portò fuori dal nido, per posarlo poi sull’erba
di fianco a Jin.
“Sarò
la tua zampaktou.” Disse al ragazzo più morto che
vivo, fumante e
coi vestiti in fiamme.
“Lo
so.” Le rispose con un ghigno prima che il mondo si oscurasse.
***
Mitsuki
si era seduta all’entrata del tempio e aveva tracciato una
linea
di ghiaccio intorno a se, finché non l’avessero
sorpassata lei non sarebbe
intervenuta, mentre Taiga si muoveva davanti a lei irrequieta ed
eccitata;
Edward invece guardava la dua zampaktou impassabile, perfino dopo la
minaccia
di morte.
“Allora?”
chiese apatico a braccia incrociate. Non fece in tempo a
finire di parlare che il demone con uno solo balzo a
velocità inumana
attraversò la sala fino a dov’era Edward e lo
colpì dritto in faccia con un
pugno scagliandolo contro la parete dov’era Mitsuki.
“Ed!”
lo chiamò lei facendo per corrergli incontro ma Taiga la
rimise
seduta con una zampata e le fece cenno col muso di aspettare.
Un
grosso reiatsu si alzò dalle macerie del muro ed insieme a
lui si
rialzò Edward, il sangue che gli colava dalla fronte,
l’espressione impassabile
se non per un luccichio assassino negli occhi; poi scattò
contro il suo
avversario e cercò di colpirlo alla stessa maniera, ma
quello parò il colpo
incrociando le braccia davanti al viso per poi colpirlo con un calcio
in
pancia, scagliandolo nuovamente contro il muro.
Ancora
una volta Ed si rialzò, il reiatsu che sembrava farsi sempre
più
pesante nella sala. Taiga soffiò.
“Non
male.” Commentò Ed prima di partire nuovamente
all’attacco e questa
volta, quando lo colpì con un pugno la sua difesa fu Ashura
ad indietreggiare,
poi ricambiò con un pugno sullo zigomo e contemporaneamente
uno in pancia ma Ed
sputando sangue rispose afferrandolo e tirandoselo in contro
così da tirargli
una testata contro quella centrale che lo stordì abbastanza
a lungo da poterlo
calciare nello sterno e scaraventare contro la parate.
Senza
attendere lo incalzò cercando di colpirlo nuovamente con un
calcio, ma quello gli afferrò con una mano il piede e si
rialzò in piedi
tenendolo a testa in giù; a questo punto iniziò a
colpirlo contemporaneamente
con le altre cinque braccia come un sacco da boxe mentre il ragazzo
cercava ci
pararli, ma se ne teneva ferme due con sforzo disumano, le altre due lo
tempestavano di pugni e infine il demone lo sollevò per il
piede e lo sbattè
violentemente contro il terreno.
“Devo
intervenire!” mugulò Mitsuki con la mano
appoggiata sull’elsa,
fremente di fermare quella che le sembrava un massacro.
“Sta
ferma Yuki!” le ringhiò invece Taiga prima di
schiacciarla a terra con
il suo peso e immobilizzarla mentre imprecava, “Il moccioso
è tosto.” Le disse
come unica spiegazione con delle fusa d’approvazione.
“Sei
morto.” Pronunciò Ashura.
Il
demone guardò il corpo di Ed supino a terra, svenuto, e lo
afferrò
per il collo per alzarlo alla sua altezza, ma non appena lo ebbe fatto
il
ragazzo spalancò gli occhi e gli tirò un'altra
testata, e un’altra, e un’altra
ancora, una per testa, per poi iniziare a tempestarlo di pugni
approfittando
della sorpresa; il demone ruggì e lo colpì con un
pugno allo zigomo ma Ed non
si fermò e iniziò a prenderlo a ginocchiate nello
sterno e nel basso ventre.
Ashura
lo scagliò voi nuovamente e Ed rotolò lungo il
pavimento, ma non
fece in tempo a fermarsi che si era già tornato in piedi e
si stava nuovamente
lanciando all’attacco in un groviglio di pugni, gomitate,
ginocchiate, calci,
testate…Ed assomigliava sempre più ad una
maschera di sangue ma anche il demone
cominciava a mostrare ferite e lividi.
Adesso
sia Taiga che Mitsuki assistevano mute a quello scontro brutale e
inimmaginabile.
Poi
quando Ed corse ancora incontro alla sua zampaktou con furia
animale, quella lo colpì con un triplice pugno in volgo
schiacciandolo a terra.
“Basta.”
Pronunciò vedendo ancora Ed usare tutta la sua forza per
spostare i pugni che lo tenevano ancorato a terra e sentendo i calci
alle gambe
che scagliava inarrestabile, negli occhi il furore di chi non si
sarebbe mai
arreso, “Il tuo coraggio e la tua sete di combattimento ti
rendono un degno
compagno.” Gli disse mentre quello si immobilizzava prima di
lasciarlo e
tornare dove l’avevano trovato.
Dia
Mitsuki che Taiga scattarono all’istante al suo fianco.
“Ed?!
Sei ancora vivo?” gli chiese la ragazza cercando di capire se
la
riconosceva e i danni che aveva riportato: come minimo aveva la
metà delle
costole incrinate, un quarto rotte, le ossa del volto tumefatte, la
schiena
escoriata e le ginocchia ammaccate.
“Sto
bene.” Biascicò con il suo solito tono, ricevendo
un’occhiata
scioccata da Mitsuki mentre Taiga decise di benedirlo leccandogli tutta
la
faccia, incurante del sangue.
“Mi
piaci moccioso!” commentò divertita.
“Sei
malato…” sospirò invece la shinigami
mentre tutto si oscurava.
* * *
Mitsuki,
insieme a tutti gli altri Shinigami festanti, bendati e che non
riuscivano a
fare a meno di chiacchierare tra loro, aprì la porta di una
grossa sala dove
erano radunati Yachiru, Aika e i vari Arrancar. La prima cosa che
videro tutti
fu il cadavere di un uomo con indosso una strana divisa nera sdraiato
su un
tavolo di ferro.
La seconda
cosa che notarono e che era altrettanto, se non di più,
preoccupante era che
Yachiru aveva lo sguardo basso e sembrava molto stanca.
Terza cosa
assolutamente strana: nessun Arrancar ghignava, sorrideva o faceva
altro.
Sembravano tutti...stanchi? Delusi? Non potevano esserne certi.
“Ehi
vecchia
Yachiru grandi notizie! Tutti hanno superato la prova!” disse
Mitsuki cercando
di portare un minimo di allegria in quella situazione così
pesante. L'anziana
spadaccina sembrò risvegliarsi da un sogno e, guardando la
giovane Shinigami e
tutti gli altri, gli sorrise dicendo “Bene, ottimo lavoro!
Ora potete andare a
riposare.”
Mitsuki
rimase sorpresa. Di solito Yachiru era più allegra o per lo
meno attiva... ora
sembrava un'altra persona.
“Vecchia
Yachiru...va tutto bene?” chiese Mitsuki il cui cuore aveva
leggermente
aumentato la velocità dei battiti.
“E?
successo
qualcosa?” chiese invece Kei facendo un passo in avanti.
“In
effetti
sì.” disse Ashuros voltandosi verso di loro
“Abbiamo scoperto alcune cose sugli
Atarashī kami.”
“Cosa?
Davvero?” chiese Shi. Forse con quelle informazioni sarebbero
potuti entrare
subito in battaglia e lui non chiedeva di meglio.
“Sì.”
disse Ashuros per poi mostrare loro il frammento della maschera
recuperato
“Questo è il frammento di una maschera di un
Hollow abbattuto dai nostri
avversari. Io e Jean abbiamo avuto modo di vederli combattere e a
quanto pare,
come potete vedere, benchè l'Hollow sia morto, la maschera
non si dissolve in
polvere come di solito accade... e lo stesso vale per il resto del
corpo che è
stato portato via dagli Atarashī kami”.
“Cosa?
Il cadavere dell'Hollow non è scomparso? Com'è
possibile?” chiese Hiroyuki
esponendo il dubbio che tutti si stavano ponendo.
“Non
lo sappiamo ancora ma probabilmente è a causa delle loro
armi.” ipotizzò Jean.
“Oh
questa sì che è una cosa interessante.”
disse Mitsuki avvicinandosi al tavolo,
imitata dagli altri dei della morte. Il senso di inquietudine
però non si
decideva ad abbandonarla “Perchè avete portato qui
quel cadavere?”
“Per
studiare il loro equipaggiamento.” rispose seccamente Yachiru.
“E
cosa avete scoperto?” chiese nuovamente Mitsuki. Non lo
capiva il perché ma lei
voleva sapere. Voleva sapere cos'era quel senso di inquietudine e
sapeva che la
risposta era legata a quel cadavere.
“Niente
che possa interessarvi.” sentenziò Ashuros
fissandola dritta negli occhi. In
lui, stranamente, non vide alcun cambiamento, aveva lo stesso sguardo
di
sempre.
“Ehi
stupida lumaca guarda che non abbindoli nessuno! Si può
sapere cosa state
nascondendo?” chiese Mitsuki ora leggermente irritata.
“Ossa.”
disse l'albino in un sussurro confondendo gli Shinigami.
“State
nascondendo delle ossa?” chiese Kyoko confusa.
L'Arrancar
si limitò ad indicare l'esoscheletro argentato dell'umano.
“Quelle
protezioni argentate... sono ossa di Shinigami.”
Il
tempo parve fermarsi e la sala precipitò in un silenzio
tombale. Gli Shinigami
erano allibiti e fissavano ad occhi sgranati l'Arrancar il quale non
aveva
battuto ciglio nel dargli quella scioccante notizia.
“C...cosa
hai detto...?” biascicò Norie.
“Non
hai sentito?” chiese Kurari “quelle sono ossa
lavorate di Shinigami. A quanto
pare i nostri cari umani hanno a pezzi
i cadaveri dei vostri compagni per crearsi delle armature. Non
è un'idea
geniale?”
“Inoltre
sono piene di reiatsu e Yachiru ha già confermato che si
tratta del reiatsu di
uno shinigami eliminato tre anni fa.” aggiunse Amlach.
“Ma
non è possibile...come...” iniziò Meiko
leggermente spaventata da quella
notizia. Gli umani erano davvero così brutali?
“Come
già detto da Jean, è probabile che sia grazie
alle loro armi che riescono ad
impedire ai cadaveri di dissolversi così possono farci
ciò che vogliono.”
spiegò Ashuros per poi aggiungere “Io non so come
funziona qua nella Soul
Society ma se dei vostri parenti erano degli shinigami e sono stati
uccisi è
probabile che abbiano ricevuto lo stesso trattamento”.
I
vari Shinigami sussultarono. Edward e Shi si fissarono per qualche
secondo
leggermente turbati. Hiroyuki strinse forte i pugni mentre gli altri
cercavano
di resistere all'impulso di andare subito nel mondo degli umani per
fare una
strage.
Una
shinigami però non resistette al colpo e crollò
in ginocchio davanti a tutti.
“Mitsuki!”
urlò Ryoko precipitandosi di fianco all'azzurra ora
visibilmente spaventata e
con delle grosse difficoltà nel respirare.
“Ehi
nanerottola che ti succede?” chiese Ashuros abbassandosi
davanti a lei, per poi ricordarsi di una cosa “Oh...
dimenticavo che i tuoi
genitori, così come tua sorella, erano degli
shinigami.”
Mitsuki
sgranò di colpo gli occhi per poi alzarsi e correre via a
perdifiato, svanendo
in pochi secondi lungo il corridoio. Ryoko e Meiko non ci pensarono due
volte e
si gettarono al suo inseguimento. Non potevano lasciarla in quello
stato.
“Oh
oh mi sa che qualcuno non ha dei bei ricordi.”
commentò Yuuko dopo aver
finalmente ritrovato il suo ghigno sadico.
“Le
passerà, ce l'ha già fatta una volta
no?” disse Ashuros alzandosi in piedi come
se nulla fosse.
Secco.
Preciso. Brutale. Veloce. Il pugno che lo colpì sulla
guancia sinistra lo fece
volare oltre il tavolo, contro una parete che si crepò
pesantemente. Ashuros
cadde a terra di faccia mentre i vari Arrancar portavano il loro
sguardo
sull'artefice di quel gesto.
Jin.
Lo Shinigami aveva ancora il pugno proteso in avanti e uno sguardo di
puro odio
rivolto in direzione di Ashuros, il quale si stava rialzando lentamente.
Senza
esitare, il ragazzo si lanciò in avanti, evitando al pelo un
braccio teso di
Stun, per poi saltare oltre il tavolo, sollevare Ashuros di forza per
il
colletto della giacca e rifilargli un altro pugno in faccia.
“Rimangiati
subito quello che hai detto!!!” urlò adirato il
moro tirandogli poi un terzo
pugno sempre diretto al volto ma questa volta doveva fare i conti con
qualcun
altro. Stun lo afferrò per il braccio e lo
sollevò senza alcun problema per poi
lanciarlo verso gli altri shinigami.
Jin
atterrò in piedi e mise subito mano sulla sua zampaktou
facendo spaventare ed
indietreggiare Iri. Allo stesso tempo, Stun si parò tra lui
e Ashuros. Voleva
colpirlo di nuovo? Sarebbe dovuto passare sul suo cadavere.
“Levati
di mezzo bestione!!!” ruggì Jin lanciandosi in
avanti, stavolta affiancato da
Edward e Shi.
“Smettetela!!!
ORA!!!” la voce di Yachiru tuonò nella sala
paralizzando tutti i presenti
“Tornate immediatamente nelle vostre stanze.”
“Ma
Yachiru, lui ha...!” protestò Jin ma Yachiru lo
gelò con un'occhiataccia e non
era un'occhiataccia qualunque: era piena di istinto omicida.
“Ho.
Detto. ORA!” ripetè la donna e tutti se ne
andarono pian piano. Tutti tranne
Ashuros che si stava leccando il grosso livido sulla guancia e Aika che
si era
rifugiata dietro all'albino, spaventata da Yachiru.
“L'hai
fatta davvero grossa, Ashuros.” sibilò l'anziana
voltandosi verso di lui “Ora
andrò da lei a vedere come sta. Tu vattene da qui e ritorna
fra qualche ora per
scusarti con lei. Spero che questo possa bastare.”
“Ashuros...”
disse Aika che sembrava avere quasi paura di parlare.
“Non
ti preoccupare Aika, ora andiamo a fare una passeggiata.” le
disse Ashuros
prendendola poi in braccio e facendola sedere sulla sua spalla.
In
silenzio l'Arrancar si diresse fuori dal Gotei 13, diretto verso il
boschetto
dove l'aveva trovata quello stesso giorno.
*
* *
Yachiru
entrò silenziosamente nella camera di Mitsuki e la vide.
Tremante. Le ginocchia
portate al petto e le braccia incrociate a nasconderle il viso. Davanti
a lei
Ryoko e Meiko fissarono il comandante scuotendo la testa.
“Non
riusciamo a calmarla...” disse Ryoko e Yachiru con un segno
della testa, gli
disse di uscire dalla stanza. Le due se ne andarono in silenzio e
chiusero la
porta appena uscite.
“Mitsuki...”
iniziò la vecchia sedendosi di fronte a se ma non ebbe
motivo di proferire
nessun'altra parola. La giovane Shinigami le si era fiondata addosso
abbracciandola per poi iniziare a piangere. Non si vergognava
minimamente. Non
poteva trattenerle ancora quelle lacrime e sapeva che Yachiru l'avrebbe
capita.
“Ti
prego! Ti prego dimmi che non è successo lo stesso a
loro!” disse Mitsuki tra i
singhiozzi.
“Tranquilla
piccola mia. Li ho sepolti io e ho atteso che diventassero anime. Non
hai di
che temere...non gli è stato fatto nulla.” disse
Yachiru accarezzandole i
capelli. Mitsuki parve calmarsi un poco ma non smise di piangere. Ormai
era
tardi per fermare le lacrime.
“Perchè...
perchè lo fanno? Perchè farci questo!”
“Non
lo so... gli umani sono strani ed è probabile che sia
l'oscurità dietro agli
Atarashī kami la causa di questo comportamento.” disse
Yachiru. Dopo qualche
minuto Mitsuki si calmò completamente.
“Quella
maledetta lumaca... me la pagherà cara!”
“Ecco
la Mitsuki che conosco.” disse Yachiru sorridendole
“Dovrebbe tornare tra poco.
Pensaci con calma alla tua vendetta” e detto questo
uscì dalla camera
lasciandola alla prese con i suoi piani crudeli.
*
* *
“Ashuros...
sono stanca...” disse Aika sbadigliando.
L'Arrancar
si fermò ma prima di metterla giù
controllò per bene il sentiero avanti a sé.
“Non
siamo molto lontani. Riesci a tornare da sola?” le chiese e
Aika annuì
sorridendo per poi tornare sulla strada di casa.
“Hai
davvero una grossa faccia tosta.” proferì una voce
maschile da dietro un
albero.
“Lo
considero un complimento, Jin.” disse Ashuros ghignando per
poi voltarsi verso
lo Shinigami uscito dal suo nascondiglio.
“Te
lo dirò un'ultima volta. Rimangiati ciò che hai
detto.” ringhiò Jin estraendo
la sua zampaktou “E se non lo farai di tua spontanea
volontà, ti aiuterò io.”
“Ci
tieni molto a lei eh?” chiese l'albino ghignando e anche lui
estrasse la sua
spada.
“Non
è come credi ma non posso permettere che soffra
così e che tu la passi liscia.
Ti avevo giudicato male Ashuros ma ora so che sei uguale a tutti gli
altri. Un
maledetto Arrancar senza scrupoli.” sibilò Jin
avvicinandosi all'albino.
“Beh,
vediamo di cosa sei capace Shinigami!” disse Ashuros poi,
all'unisono,
scattarono uno verso l'altro.