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Autore: la luna nera    05/09/2014    3 recensioni
E' trascorso quasi un anno dal ritorno definitivo di Edward Harringhton nella nostra epoca e tutto fra lui e Daisy va per il meglio. Ma all'orizzonte si stanno addensando le nubi minacciose di un temporale. Che non è come tutti gli altri....
Cosa potrebbe accadere se qualcuno nel passato avesse bisogno di lui? Per caso c'è chi lo sta chiamando perché torni indietro nel tempo? E Daisy se ne starà con le mani in mano o farà di tutto per tenerlo accanto a sé?
Genere: Mistero, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Dai, non è difficile. Ricordati quello che ti ho detto e tutto andrà bene.”
Edward prese le chiavi dell’auto e le infilò nella fessura. “Ok Ed, hai imparato ad usare il cellulare, puoi imparare a guidare un’auto… Cambio in folle, frizione premuta….”
“Gira la chiave e dai gas.”
Il ragazzo seguì i suggerimenti di Daisy e il motore si avviò, sul suo volto comparve un’espressione soddisfatta.
“Bene, adesso tieni sempre la frizione premuta e metti la prima…. Ok, ora togli il freno a mano e parti.”
“Devo rilasciare la frizione mentre do gas… lentamente…” Il motore aumentò di giri, l’auto iniziò a muoversi sobbalzando e come Edward lasciò il pedale a sinistra, il motore si spense. “Porc…” Sbatté con leggera rabbia un pugno sul volante e quel gesto alla ragazza proprio non piacque.
Gli sfiorò l’avambraccio con un sorriso  quasi forzato sulle labbra. “Ehi ehi! Calma! Devi prendere confidenza con la sensibilità dei pedali, dai! Riprova, vedrai che questa volta andrà meglio.”
Non era per niente di quell’avviso, Daisy tuttavia gli sfiorò le labbra con un dolce bacio sfoderando gli occhi da cucciolo. “Ce la farai, ne sono certa.”
A tutto quello non resisteva: mise di nuovo in moto l’auto e, nonostante l’aumento vertiginoso dei giri del motore, riuscì a fare i primi metri senza problemi.
Il giardino di Swanlake Palace era perfetto per la scuola guida. Prima di sostenere gli esami per conseguire la patente, preferiva prendere qualche lezione dalla sua ragazza per non fare la figura del pivellino fra tutti gli aspiranti automobilisti. Edward moriva dalla voglia di acquisire la sua indipendenza senza dover dipendere dalla ragazza o dai mezzi pubblici per spostarsi e fare quello che desiderava; quando la sua parte sovrannaturale ancora era attiva, tutto si risolveva rapidamente con un gesto; ora non più.
La patente per lui era il primo passo verso la tanto sognata meta.
“Bene! Te lo dicevo che c’avresti preso la mano!” Daisy era molto soddisfatta.
Edward invece era concentratissimo: da quando non aveva più alcun potere soprannaturale, doveva contare solo sulle sue forze e sulla sua volontà per apprendere tutto quello che nel 1866 non c’era. Non era uno stupido e man mano che i minuti passavano, l’auto aveva sempre meno segreti per lui.
“Uff! Per oggi getto la spugna, basta, non ce la faccio più.”
“Hai guidato per più di mezz’ora, può bastare.  Devo ammettere che stai facendo passi da gigante!”
Il ragazzo lasciò il pedale della frizione con la marcia ingranata, la macchina fece due sobbalzi e il motore si spense. “Nooo! Bastardo di un aggeggio a benzina!”
Daisy si mise a ridere. “Dai, la prossima volta non accadrà, ne sono certa.” Prese il posto di guida. “Non sei ancora al livello di Lewis Hamilton, ma col tempo….”
Lasciarono Swanlake Palace e presero la strada di casa.
“Lewis Hamilton?”
“Quello che corre in Formula1, ricordi? Abbiamo guardato il GranPremio domenica in tv.”
“Ah già…. Il quadro che si muove… Sai, è una delle invenzioni più strabilianti che abbia mai visto.”
“Ed è uno dei modi migliori di trascorrere le serate quando sei costretto a stare solo. Che facevate ai tuoi tempi senza tv?”
“Potevamo leggere o conversare per ore intere, c’era che preferiva andare a letto presto con o senza compagnia e chi come me...”
“Chi come te?”
“Beh, a me piaceva soprattutto andare in giro con i miei amici per locande.”
“E spassartela con le belle donne!”
“Perché non ti conoscevo ancora, c’era solo Louise che mi ronzava intorno.”
“Non toccare quel tasto, lo sai che sono gelosa.”
“Ehi.” Le spostò una ciocca di capelli e si avvicinò all’orecchio. “Lo sai di non averne motivo. Che amo solo te più della mia vita lo sai bene…” Le impresse un dolcissimo bacio che le provocò una tale scarica di brividi da farla sbandare.
“Idiota! Quasi finivo fuori strada!” Quanto lo adorava…
“Su di me hai questo effetto, non so resistere.” Si mise di nuovo seduto correttamente con quel sorriso innamorato stampato in faccia ed abbassò il finestrino dell’auto poggiando fuori il gomito. L’aria fresca entrava nell’abitacolo dell’auto che sfrecciava per immergersi nel caos della capitale britannica. L’aria scompigliava i capelli ad entrambi, per il ragazzo era sinonimo di libertà e spensieratezza, presto anche lui avrebbe fatto parte della schiera degli automobilisti. Il mondo dei motori e della velocità lo aveva conquistato fin dal primo momento in cui aveva messo piede nella nostra epoca e moriva dalla voglia di imparare a pilotare quelle carrozze senza cavalli.
Era passato quasi un anno dal ritorno definitivo di Edward e non aveva avuto vita facile nel doversi abituare alle diavolerie moderne. Era rimasto senza parole davanti al televisore, affascinato da quel quadro che cambiava soggetto solo premendo un numero su di una scatoletta; si era quasi impressionato nel vedere un inverno perenne chiuso in un mobile della cucina di Daisy! Ma la cosa in assoluto che lo aveva destabilizzato e conquistato all’istante erano le carrozze senza cavalli, cioè le automobili: potenti, scattanti, futuristiche, anche se rumorose. Sfrecciavano come fulmini solo usando quel liquido puzzolente e piuttosto costoso che ogni tanto Daisy acquistava da quel tipo che, tramite una strana pistola, lo metteva direttamente dentro l’auto.
Giunsero sotto casa dopo aver fatto la spesa al supermercato, quella sera infatti Mel e Soren sarebbero venuti a cena a casa loro. Scaricarono tutte le buste e la ragazza si mise a preparare una di quelle insalate miste che tanto piacevano all’amica. Poi mise in forno l’arrosto di maiale e solo allora si accorse che Edward era fermo, in piedi, davanti alla finestra con lo sguardo perso nel vuoto.
“Ehi, va tutto bene?” Gli sfiorò la schiena.
Il ragazzo deglutì. “Spero di si.”
Daisy guardò fuori, notò che all’orizzonte si stava preparando un temporale. Le nubi erano scure e minacciose, il vento si faceva attimo dopo attimo sempre più forte e le cime degli alberi ondeggiavano lasciando ogni tanto qualche foglia volare via. “Mica avrai paura di due lampi?”
“Certo che no, ho solo paura che quello non sia un semplice temporale.”
“Che vuoi dire?”
“Non lo so… E’ come se qualcosa stesse per accadere. Forse è solo suggestione, ma…. Non lo so, non mi sento tranquillo.” Fece una breve pausa. “C’è una cosa che non ti ho mai detto…. Vedi, anche se adesso la mia parte soprannaturale è praticamente scomparsa, c’è qualcosa che ancora mi lega al passato.”
“Nostalgia?”
“No, è un qualcosa che sinceramente non so spiegarti bene…” Si passò una mano fra i capelli. “Ho l’impressione di percepire gli spiriti, ma non come accade a Mel. Io li sento in ogni momento come si vivessero in simbiosi con me. Riesci a capire?”
“Forse.” Rifletté un attimo. “Quindi secondo te sta per succedere qualcosa?”
“Qualcuno ha bisogno di aiuto.” Sospirò. “Spero di sbagliarmi, ma potremmo riceve visite molto presto.”
Un profumino invitante riempì la stanza e fece destare Daisy dal torpore nel quale era caduta. “Accidenti, l’arrosto!” Schioccò un bacio al suo amore prima di tornare in cucina per ultimare le pietanze prima dell’arrivo degli ospiti, lasciando Edward con lo sguardo perso nel vuoto.
 
 
 
La cena fu un successo, accompagnato da risate e ottima birra danese. Negli occhi di Edward però c’era una luce strana, non era del tutto tranquillo. Fuori il temporale si era scatenato a dovere, illuminando a giorno il cielo di Londra con lampi e fulmini a non finire. Il vento aveva spazzato senza sosta ogni angolo della città, provocando danni alle piante e ad alcuni edifici.
“Il caffé è pronto!” Daisy richiamò l’attenzione di tutti. “Ecco qua, direttamente dall’Italia un bell’espresso per concludere la serata nel migliore dei modi.” Terminò di servire le tazzine posizionandole davanti ad ognuno dei commensali giusto in tempo: l’elettricità se ne andò dal suo appartamento.
“Ehi, che succede?” Soren sentì la mano di Mel sulla sua. “Perché siamo al buio?”
La sensitiva iniziò a respirare affannosamente. “Abbiamo visite. Svelti, formiamo una catena energetica.”
Barcollando nel buio, i quattro si presero per mano. Edward sudava freddo: aveva riconosciuto suo nonno nello spirito che aveva fatto saltare la luce.
Le sue sensazioni dunque erano fondate, non si aspettava però una visita così ravvicinata.
Che cosa voleva? Perché era tornato da lui?
“Edward… Tu lo percepisci come me, vero? O forse di più…” Mel aveva riconosciuto lo spirito e si era resa conto della spiccata sensibilità del ragazzo.
Questi invece restava in silenzio, nella sua testa parole inquietanti si susseguivano attimo dopo attimo. Non sapeva se anche Mel poteva udirle, sarebbe stato di grande aiuto per lui avere un altro parere: le parole del nonno contenevano un messaggio ben preciso.
Fuori l’aria fu squarciata da un fulmine schiantatosi su di un albero del parco a poche decine di metri dall’abitazione di Dasiy che fece sobbalzare tutti quanti. Terminato il fragore assordante, tornò la luce e tutto fu di nuovo normale.
Mel fece un profondo respiro, si voltò verso Soren il quale aveva un’aria lievemente preoccupata. “Lille Havfruhe, tutto bene? Cos’è successo?”
“Un’improvvisa visita dall’al di là.” Piantò gli occhi in quelli di Edward: vi lesse spavento e preoccupazione.
La sua mano non aveva ancora lasciato quella di Daisy. “Hai sentito anche tu quello che ha detto?” Chiese con un filo di voce.
“Credo di si. “
“Che succede? Cosa avete sentito?” Daisy era preoccupata, guardava Edward e l’amica in attesa che qualcuno si degnasse di illuminarla.
Il ragazzo invece si alzò da tavola chiudendosi in camera.
“Ma che gli è preso?” Soren non capiva, non conosceva la verità su Edward, lo trovava un tipo un po’ strano, a tratti con qualche rotella fuori posto, ma non aveva la minima idea di quello che si celava dietro di lui. Questi preferiva tenergli ancora nascoste le sue origini ed attendere il momento opportuno per svelargli il suo segreto, passaggio delicato e certamente non facile da affrontare. Mel e Daisy si guardarono in faccia: sentivano che forse era giunto il tempo di dargli una spiegazione, se effettivamente qualcuno lo aveva cercato dall’al di là, presto Soren avrebbe scoperto tutto e il rapporto di amicizia fra i due poteva compromettersi.
Daisy raggiunse Edward: era seduto sul letto, con lo sguardo rivolto verso la finestra, muto ed immobile. Si avvicinò a lui, gli sfiorò la spalla destra e gli si sedette accanto.
Lui si voltò e lesse nei suoi occhi preoccupazione. Appoggiò la fronte su quella della ragazza. “Perdonami…”
Lo baciò dolcemente. “Va tutto bene?”
“Devo tornare nel passato.”
“Cosa?”
“Mio nonno… Lo spirito che si presentato poco fa era mio nonno. Mi ha detto che hanno bisogno di me…”
“Perché? E’ successo qualcosa?”
“Non mi ha dato grandi spiegazioni.” Ingoiò un nodo in gola. “L’unica certezza che ho è che presto dovrò tornare nel passato, accidenti.”
“Ma perché? Insomma, cosa diavolo c’è che non va?”
“Non lo so.” Si alzò. “Non lo so…. Spero solo che Mel abbia sentito qualcosa in più di me e che mi possa aiutare a capire qualcosa.” Afferrò la maniglia della porta.
Tornò in sala da pranzo dove Mel stava amoreggiando con il suo ragazzo. Si ricomposero subito non appena videro di non essere più soli.
“Mel, devo parlarti.”
“E’ per via di quella voce, vero?”
“Già.” Si sedette a tavola e bevve un goccetto di limoncello. “Spero che tu non abbia sentito quello che ho sentito io.”
Mel non rispose ed abbassò lo sguardo.
“Ho capito.” Sospirò. “Devo fare i bagagli.”
“Aspetta. Domani notte potremmo tentare un contatto spiritico per avere maggiori spiegazioni. Se veramente deve accadere quello che abbiamo percepito, credo sia opportuno vederci chiaro.” Rifletté un istante. “Alle una di notte, nella Lilith Room io e te da soli contatteremo quello spirito. E vediamo cos’ha da dirci.”
Piombò il silenzio.
Daisy si sentiva morire al solo pensiero di doversi separare da Edward. Forse sarebbe stato solo per pochi giorni, forse era qualcosa di veramente urgente e preoccuparsi non sarebbe servito a niente…
Era inutile che tentasse di autoconvincersi: doverlo lasciar andare via la faceva impazzire.
Soren non ci stava capendo nulla: guardava uno ad uno i commensali nella speranza che qualcuno lo degnasse di una spiegazione, ma attorno a sé vedeva solo musi lunghi e sguardi preoccupati. Qualcosa però lo faceva innervosire: cosa c’era fra Edward e la sua ragazza? Cosa significavano quelle parole? Perché volevano incontrarsi di notte loro due da soli nella Lilith Room di Spirithon? Lo guardò con aria di sfida, poi fissò Mel in attesa di una risposta che non voleva arrivare.
 
 
*      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *
 
 
Ben ritrovati a tutti! :D
Confesso che è la prima volta in cui mi lancio nella scrittura del seguito di una mia storia e spero nel vostro sostegno per questa nuova avventura.
Non esitate a farvi avanti, ogni commento positivo e negativo è il benvenuto.
 
Dunque qualcosa è accaduto nel passato e sembra che Edward debba tornare nel suo tempo… Cosa sarà accaduto di così importante da richiamarlo?
E Soren si è fatto un’idea particolare sul ragazzo e Mel… Lui ancora non sa niente delle reali origini dell’amico.
 
Grazie a chiunque spenda il suo tempo nel leggere la storia. Tenterò di aggiornare ogni venerdì come per l’altra storia.
Un abbraccio
La Luna Nera
 
PS. L’espressione Lille Havfruhe significa Sirenetta in lingua danese.  : )

 
  
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