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Autore: fay90    05/09/2014    2 recensioni
E se di ritorno dalla foresta incantata Emma rincontrasse di nuovo Jefferson (Cappellaio Matto) e stringesse con lui una solida amicizia?
E se da questa amicizia venisse fuori una scommessa che porterebbe Emma a confrontarsi con le sue origini e sopratutto sentimenti?
E se questa scommessa la portasse a viaggiare per le terre delle fiabe alla ricerca di qualche oggetto magico?
Ho provato ad immaginare cosa sarebbe successo se Emma avesse svolto per due settimane il lavoro del Cappellaio Matto e le sue relative conseguenze.
Spero vi piaccia :)
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Jefferson/Cappellaio Matto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

 

Dopo l’episodio “fuga di Mary Margaret e prigionia nella casa di un pazzo”, Emma stabilì di non voler avere più a che fare con Jefferson, alias il Cappellaio Matto; ma la salvatrice non sapeva che il destino li avrebbe fatti riavvicinare molto presto.

Lo rincontrò una mattina, di ritorno dalla foresta incantata con Mary Margaret.

Stava accompagnando Henry a scuola, e lo vide alla fermata dello scuola bus mentre salutava la figlia.

Anche lui la notò.

I due si squadrarono diffidenti, memori delle loro esperienze precedenti. “Ciao” salutò insicura Emma.

Non sapeva come sentirsi; si erano scontrati e per questo si sentiva in difficoltà con il Cappellaio, che ora sembrava una persona comune. “Emma” disse Jefferson. “ Ehilà, Henry! Non so se conosci mia figlia” presentò lui, la ragazza notò come il tono con cui si rivolse a suo figlio fosse totalmente differente dal tono che aveva usato con lei, che avessero avuto dei trascorsi anche loro due?, si ritrovo a pensare piuttosto confusa. La ragazzina si avvicinò a Henry e gli strinse la mano con un caldo sorriso;
“mi chiamo Grace” disse lei, solare, “Henry” rispose il ragazzo con lo stesso sorriso, “ti ho vista a scuola” aggiunse.
Aveva appena fatto in tempo a pronunciare quelle parole che lo scuola bus arrivò alla fermata. “Tempo di andare ragazzino! Ci vediamo qui alle quattro!” salutò Emma, mentre Henry si allontanava con Grace. “D’accordo! Ciao mamma!”
Jefferson alzò un braccio e lo agitò come un tergicristallo salutando la figlia.
Il tempo del bus di girare la curva e scomparire che Emma fu davvero sola con Jefferson. 
I due cominciarono a tornare indietro in silenzio, la via era improvvisamente diventata troppo lunga e totalmente deserta, la tensione tra i due era molto alta, entrambi erano in imbarazzo e non sapevano cosa dire per rompere il ghiaccio.

Quando Emma finalmente, si decise a dire qualcosa, Jefferson l’anticipò:  “Hai da fare, adesso?” 
la ragazza si voltò verso di lui, sorpresa.

Non si aspettava minimamente una domanda del genere.
“Beh, credo che dovrò tornare al mio ruolo di sceriffo” rispose lei,
“è così urgente?” domandò lui, con lo sguardo fermo su Emma, “come mai lo chiedi?” disse lei. 
Jefferson tirò un sospiro, poi spostò lo sguardo verso il locale accanto a loro. Emma non si era accorta di essere arrivata all’altezza di Granny’s. 
“Perché … ti va un caffè?” e indicò il pub.
Emma, dopo un tentennamento, accettò.

 

Da quel momento tra i due nacque una sincera e stretta amicizia, resa forte anche dal fatto che i due si ero sentiti sempre fuori posto nel mondo per via delle loro personalità.
Ogni giovedì sera si incontravano da Granny’s; parlavano di tutto, della loro settimana, delle loro difficoltà e presto presero l’abitudine di scommettere sugli avvenimenti di Storybrooke, anche se all’inizio solo per gioco.

Si vociferava che la loro amicizia si basasse in gran parte su quello, ma loro due sapevano che le cose erano differenti.

Fu proprio durante uno dei loro appuntamenti del giovedì che Emma accettò la scommessa che l’avrebbe portata a fare i conti con le sue origini e sentimenti.

I due come sempre si trovavano al loro solito tavolo.

Emma sorseggiava un buon whiskey mentre Jefferson, come sua abitudine, beveva tè.

Emma proprio non riusciva a spiegarsi l’ossessione del suo amico per quella strana bevanda, che a lei tra l’altro non piaceva per nulla; quando glielo chiese, intavolarono una discussione che durò ben due settimane (ma questa è un'altra storia N.D.R); e infine si ritrovarono a parlare dei loro lavori attuali e passati e ben presto nacque la questione di quale fosse il più difficile.
Jefferson sosteneva che andare alla ricerca di strane cianfrusaglie in giro per i regni era proprio un lavoraccio, soprattutto se si aveva a che fare con persone bizzarre quali Tremotino o la Regina cattiva.

Emma invece era di un altro avviso: secondo lei essere la Salvatrice era il lavoro più duro, poiché si trovava sempre a dover proteggere i cittadini dai pericoli.
Fu proprio questo dibattito a ispirare la scommessa.
Jefferson non riusciva proprio a convincere l’amica e quindi, dopo aver soppesato l’idea, decise di farle cambiare opinione. “Scommettiamo Swan!” esclamò quel giovedì fatidico, in modo plateale così da attirare l’attenzione di tutto il locale.

Emma si guardò intorno: il pub era pieno come al solito.

Tutti gli sguardi erano puntati su Jefferson.

L’intera città sembra essersi data appuntamento qui, pensò Emma imbarazzata. “Sono tutta orecchi ” disse risoluta, a voce abbastanza alta in modo che la sentissero, pregustava già una bella vittoria. 

Jefferson sogghignò divertito. “Ti sfido a provare il mio lavoro per ben due settimane: dovrai accettare le richieste di ogni abitante di Storybrooke che ti chiederà di cercare qualcosa nei regni incantati … Così vedrai quanto è difficile il mio mestiere! Accetti?” disse, tendendogli la mano per l’accordo.

Attorno a loro era improvvisamente calato il silenzio, tutta la clientela era in attesa della risposta, molti stavano già pensando a cosa poter chiedere alla biondina; nessuno dubitava di Emma, sapevano che avrebbe accettato la scommessa, in città era famosa anche per essere estremamente orgogliosa, tratto che aveva ripreso da entrambi i genitori.
Emma fissò lo sguardo di Jefferson pensando intensamente a quella proposta, ma in cuor suo sapeva già la risposta, non avrebbe mai rifiutato una sfida.

“Accetto” dichiarò infine stringendogli la mano; non vedeva l’ora di iniziare questa nuova avventura.

  
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