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Autore: aemis    05/09/2014    0 recensioni
"Dopo la morte di Elisabeth nulla sembrava più toccarlo o importargli.
Non c’era lei, e questo era l’importante.
Tutto doveva necessariamente fare schifo, data la sua mancanza."
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Anche i silenzi parlano.



 
1. Apatici occhi verdi.



Elisabeth era un’esplosione di vita, una vera e propria forza della natura. Posso giurare su qualsiasi cosa a me più cara che non riuscirei mai ad incontrare qualcuno così incredibile come lei. Era come un mare in tempesta, come un fuoco che divampa all’improvviso, come una sbronza di dimensioni colossali. 
Elisabeth era bellissima, non potrei descriverla con altri aggettivi. Non aveva nulla di speciale, forse, ma era bellissima per questo. Quando sorrideva, specialmente, era splendida. Le fossette che le si formavano al lato delle labbra, gli occhi blu come il mare che si riempivano di felicità, i denti che scopriva, le rughe di espressione accanto agli occhi la rendevano perfetta. 
E quando rideva, era anche meglio, riusciva a risollevarti una giornata con una sua risata, poteva farti sentire al settimo cielo e in quei momenti giuravo a me stesso di non aver mai visto qualcuno dotato di una bellezza simile.

Quando poi passavamo le serate nudi sul letto a guardarci negli occhi e a fare l’amore, credo di essere stato l’uomo più felice della terra, a volte mi veniva quasi da piangere perché Elisabeth era di una bellezza accecante, e guardarla troppo faceva male, ma anche maledettamente bene. 
Era veleno e antidoto, era una droga di cui non potevo fare a meno. Era la prima persona che mi veniva in mente appena sveglio e l’ultima a cui pensavo prima di andare a dormire. Era il mio pensiero fisso per tutto il giorno, dipendevo da lei come un burattino dipende dal suo burattinaio.

E anche se la giornata era andata malissimo e avevo litigato con mia madre o preso un brutto voto a scuola, un suo sorriso riusciva a farmi dimenticare tutto e a farmi stare bene.
Era meravigliosa come la primavera, come il tramonto l’ultimo giorno d’estate, come l’aurora boreale, come la prima neve dell’anno.
Era dannatamente viva.
Stare con lei mi rendeva vivo. 
Elisabeth era viva.
Ora Elisabeth è morta, e sono morto anche io.

 
 
Il professor Brown spostò lo sguardo dal foglio di carta stropicciata ai grandi occhi verdi dello studente che si trovava di fronte a lui.
- Allora, che ne pensa? – gli chiese il ragazzo, palesemente a disagio.
- Mi piace, Adams. Sono senza parole. – disse Brown dopo aver scrutato per bene lo studente. Si toccava i baffi neri e riguardava il foglio con attenzione – Credo che tu debba partecipare al concorso distrettuale di scrittura, non mi meraviglierei affatto se fossi uno dei primi.
Il professore porse il foglio a Matthew, che lo guardò con aria stupita.
- Sono serio, hai grandi potenzialità. Ma capisco che questa sia una cosa personale per te, quindi sappi che se non vuoi partecipare sono comunque grato che tu me lo abbia fatto leggere. Tieni comunque la mia proposta in considerazione. – aggiunse, sorridendo al ragazzo che si stava torturando i ricci ribelli con una mano.
- Certo. - lo studente gli rivolse un sorriso tirato ed uscì dall’aula del professor Brown.
Matthew Adams, quello era il suo nome, era un ragazzo misterioso. Quel tipo di ragazzo che faceva impazzire tutte le ragazze, per intenderci. Aveva dei folti capelli castani e ricci, che torturava con le sue dita lunghe e affusolate praticamente sempre, e questo gesto faceva cadere ogni persona di sesso femminile ai suoi piedi. I suoi occhi erano di un verde brillante, e il viso pallido e le labbra rosse gli conferivano un’aria del tutto infantile ed intrigante.
Nonostante potesse permettersi qualsiasi cosa, Matthew non era un tipo che dava nell’occhio, amava stare da solo o con i pochi amici che aveva accanto, quindi vederlo andare in giro per la scuola da solo, con l’unica compagnia di una sigaretta sopra l’orecchio destro, era perfettamente nella norma.
Uscito dall’aula del professore, si ritrovò davanti l’amichevole volto di Ethan, un altro sciupafemmine che, a differenza di Matthew, non poteva fare a meno di stare al centro dell’attenzione.
- Ehi amico, che ci facevi dal prof di letteratura? – gli chiese Ethan, stringendo la mano all’amico.
- Nulla, una cosa per i compiti di domani. 
Ethan sorrise, e Matthew lo imitò. Matthew non diceva nulla a nessuno di quello che scriveva. Era una cosa personale, pensava, e Brown era stato il primo a cui aveva fatto leggere qualcosa. Non sapeva neanche perché lo avesse fatto, a dirla tutta, probabilmente il viso gioviale del professore gli aveva ispirato fiducia. Non avrebbe avuto un’altra risposta, altrimenti.
I due ragazzi camminavano vicini, al centro del corridoio, Matthew guardando fisso a terra mentre Ethan ammiccava ad un gruppo di nuotatrici della squadra della scuola.
- Tutto bene? – chiese a Matthew improvvisamente.
- Diciamo. – fece spallucce ed accelerò il passo.
- Secondo me hai bisogno di una ragazza. O almeno di un impiccio. O al limite di una scopata occasionale. Insomma Matt, non tocchi una ragazza dall’anno scorso, come cazzo fai a non stare in astinenza? – domandò Ethan, raggiungendolo e mettendosi davanti a lui per fermarlo.
- Secondo te come faccio? – Matthew lo guardò con uno sguardo malizioso.
- Non dirmi che ti sei ridotto ad andare a puttane… 
- No, non lo farei mai. Mi fa schifo.
- E allora? 
Harry sorrise scuotendo la testa e superò l’amico, dirigendosi verso l’uscita.
- Aspetta, Matt! – lo chiamò Ethan, strattonandolo e rischiando di farlo cadere, - ho capito che ti ammazzi di seghe, ma… Ho appena visto la ragazza che fa al caso tuo.
Con gli occhi indicò una ragazza dai lunghi capelli castani e occhi azzurri come il cielo, che parlava con il capo delle cheerleader Alison.
- Carina, ma… Non ho bisogno dell’agenzia matrimoniale. Grazie lo stesso, Ethan. – lo liquidò Matthew, uscendo finalmente dall’edificio scolastico. Mancavano solo pochi minuti alla lezione seguente, ovvero arte, e decise di trascorrerli nel cortile retrostante alla scuola, su un muretto isolato dal resto.
Si accese una sigaretta e aspirandone il fumo si guardò intorno. Era pieno di gente, eppure non si era mai sentito così solo. Era oramai da un anno che sentiva dentro di sé sempre più impellente il desiderio di piangere e urlare, ma non lo faceva, non perché non ne avesse voglia, ma semplicemente perché dopo la morte di Elisabeth nulla sembrava più toccarlo o importargli. Non c’era lei, e questo era l’importante. Tutto doveva necessariamente fare schifo, data la sua mancanza. 
Ed era quindi cominciato, da quel 26 novembre, un periodo di apatia che stava continuando e non sembrava cessare più. Niente emozioni, niente. Niente di niente.
Matthew aveva un vuoto esasperante dentro di sé.
Spostò lo sguardo da un gruppetto di secchioni a uno di ragazze carine. Non gli suscitavano nulla. In fondo, sulla destra, scorse Logan insieme ad altri ragazzi, intenti a ripassare qualche materia. Accanto a loro una coppia e una ragazza concentrata sul suo telefono. Solo qualche momento dopo si accorse che a pochi metri da lui, per terra, si fosse seduta una ragazza, che leggeva concentrata il libro che teneva sulle ginocchia.
- Ciao. - la salutò quando lei alzò lo sguardo vedendo che il ragazzo la stava fissando.
- Ehi. - rispose. Aveva dei lunghi capelli biondo cenere e la pelle di un bianco candido. Gli occhi, leggermente a mandorla, erano dello stesso colore del miele e le labbra sottili erano tirate in un debole sorriso. Era bella, pensò Matthew.
- Cosa leggi?
- Madame Bovary. Conosci? 
Matthew si limitò a rispondere annuendo, e lei gli rivolse un sorriso molto più caldo del precedente, per poi interessarsi nuovamente alla lettura. Riprese a guardarla meglio: indossava un anonimo paio di jeans sbiaditi e una maglietta di tessuto leggero bianca che le era scesa su una spalla lasciando intravedere la spallina nera del reggiseno. 
- Ti sta piacendo? – le domandò con interesse, sporgendosi verso di lei. Sentiva il bisogno di parlarle. Non capiva bene il perché, ma assecondò il suo istinto.
- Si, è davvero un bel libro. 
Questa volta si guardarono degli occhi qualche secondo, prima che lei riabbassasse lo sguardo sul romanzo. Un contatto visivo breve ma carico di emozioni. Matthew sentì una leggera scossa percorrergli il corpo: non capiva cosa gli stesse succedendo. Era la prima volta che gli capitava. Fece per chiederle un’altra domanda quando venne interrotto dall’acuto suono della campanella che indicava l’inizio dell’ultima ora di lezione. 
Lei si alzò e guardò in direzione del ragazzo.
- Beh, io vado. – disse semplicemente, alzando le spalle e girandosi in direzione della porta sul retro.
- Aspetta! – gridò Matthew raggiungendola, - Come ti chiami?
- Emma. - sussurrò incatenando i suoi occhi color miele a quelli verdi del ragazzo, - Tu invece?
- Matthew, - e dopo una breve pausa, - ma chiamami pure Matt.
- Beh, Matt, è stato un piacere conoscerti. - detto questo scomparve leggera tra la folla di ragazzi che si accingeva a ritornare a lezione. 
- Il piacere è stato mio. - mormorò il ragazzo a sè stesso, con un leggero sorriso stampato sulle labbra rosse.
  
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