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Autore: cloudon    06/09/2014    1 recensioni
Questa è la mia prima storia, per favore, siate gentili! Accetto anche le critiche, basta che siano costruttive! Vi auguro una buona lettura!
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il lavoro attendeva Max. Correva velocemente perché stava già facendo tardi e non voleva accumulare altri minuti di ritardo. Riuscì a prendere giusto in tempo il bus delle otto di mattina che lo portava nel centro della città. Max era molto emozionato. Era la prima volta che portava il suo primo romanzo alla casa editrice fra le più famose del paese per pubblicare lo stesso. Ed è proprio per questo motivo che non voleva assolutamente fare tardi (o almeno troppo tardi, visto che il danno era ormai stato fatto...). Sperava che il bus andasse veloce e che non dovesse attendere infiniti minuti nel traffico. L'uomo, di 35 anni, lanciò prima un'occhiata all'orologio , poi si guardò nel riflesso del vetro del bus per vedere se aveva ancora un aspetto presentabile. I suoi capelli marroni erano leggermente arruffati, ma tutto sommato ok. Anzi, davano l'idea di quel tipico scrittore con la testa tra le nuvole. I suoi occhiali con la montatura blu erano a posto. Mac si era fatto la barba due giorni prima e qualche peletto cominciava a spuntare. Sotto i suoi occhi azzurri erano ben visibili delle occhiaie, segno del suo lavoro che spesso si dilungava fino a notte fonda. Il suo cappotto grigio non era sgualcito, la cintura era ben allacciata così che i pantaloni fossero anch'essi a posto. Appunto, poteva andare peggio. Poco prima di giungere alla sua fermata, Max si accorse che stava iniziando a piovere.
"Cavolo!" Pensò. "Non ho nemmeno l'ombrello e non posso certo presentarmi fradicio dagli editori! Come faccio?"
Nulla da fare: doveva scendere, quella era la sua fermata. Non voleva ripararsi sotto alla sua valigetta gialla perché temeva che il suo libro all'interno si sarebbe potuto rovinare. A questo punto con lui c'era solo la speranza di non infradiciarsi troppo. I primi negozi del centro iniziavano ad aprire, lavoratori stanchi e studenti svogliati si recavano lentamente a lavoro e a scuola, ben riparati dai loro ombrelli. L'unico a correre era proprio max. Siccome però si accorse che si stava bagnando davvero tanto decise di fare una piccola sosta sotto l'architrave del portone di un condominio. Sperava che il tempo migliorasse in breve tempo, ma le cose andavano decisamente in modo diverso. Ad un certo punto si avvicinò un vecchio. Era alto poco più di un metro e sessanta, si vedeva che era magro nonostante indossasse un giubbotto nero molto grande e dei pantaloni neri. Ai piedi portava scarpe di cuoio marroni, bagnate dalla pioggia. L'anziano era pelato tranne che per una striscia di capelli che partiva da dietro un orecchio per finire dal lato opposto. Il suo volto era rugoso e scarno, le guance incavate e il naso aquilino e a punta, proprio come il becco di un rapace. L'espressione che produceva con le sue sopracciglia lo faceva sembrare arrabbiato. In realtà l'uomo stava cercando di osservare Max. Probabilmente ci vedeva poco. Anche lui aveva un ombrello, verde per l'esattezza. Si avvicino ancor di più a Max e gli chiese :"che ci fai qui, giovanotto? Non vedi che temporale?"
Il "giovanotto" all'inizio non si curava molto della presenza dell'anziano signore e rispose in modo frettoloso:" lo so, ho scordato l'ombrello "
"Dove devi andare?" Chiese ancora il vecchietto.
"Alla casa editrice in fondo alla via." Fu la risposta.
"Ti accompagno io, vieni sotto l'ombrello." Disse allora lo sconosciuto.
"Signore, è molto gentile, ma non vorrei farle perdere tempo... Vedrà che in qualche modo ci arrivo laggiù. Grazie comunque." Rispose Max.
"Giovanotto, che vuoi che perda tempo?! Ho 89 anni io, non ho da fare molte cose se non una passeggiata la mattina presto. Gnamo! Muoviti e vieni sotto l'ombrello." Rispose agitato il vecchio.
"Se proprio insiste, la ringrazio" si arrese Max.
I due iniziarono così a camminare, entrambi sotto il grande ombrello del vecchio.
Quest'ultimo chiese:" perché vai alla libreria,figliolo?"
Max allora gli spiegò di essere uno scrittore e di aver avuto l'ok da questa casa editrice per la pubblicazione del suo primo libro. Max si sarebbe dovuto presentare quel giorno per firmare gli ultimi documenti.
"Ah! Ma senti, interessante! Lo sai, anche a me da giovane piaceva scrivere, ma poi non ho potuto coltivare questa passione a causa della guerra. Ricordo che iniziai anche a scrivere un racconto di un uomo all'avventura nella giungla che doveva ritrovare un aereo militare che era precipitato lì e doveva vedere se c'erano dei sopravvissuti. Poi scopre però che gli unici sopravvissuti erano stati uccisi dal pilota cannibale..."
Max era sorpreso, o forse dubbioso? Il racconto del vecchio sembrava un po' inventato ma il protagonista vedeva negli occhi del suo compagno di camminata una forte luce mentre raccontava del suo racconto.
Ben presto i due si misero a parlare dei loro generi letterali preferiti, discussero degli autori che in quel periodo erano diventati famosi, parlavano dei libri letti... Purtroppo la conversazione finì quando arrivarono davanti alla casa editrice. Prima di entrare Max ringraziò l'uomo che era stato così gentile con lui.
"Posso ripagarla in qualche modo?" Chiese Max .
Il vecchio si girò dall'altra parte e rispose:" non importa, tanto mi rivedrai spesso, forse."
Max non capì molto la risposta ma entrò comunque perché aveva fatto ben venti minuti di ritardo. Mentre percorreva le stanze piene di libri per giungere nell'ufficio del direttore ripensò al soggetto che aveva incontrato quel giorno. Ritenne che più di ogni altro quell'uomo avesse molti segreti...
   
 
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