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Autore: Najade    06/09/2014    3 recensioni
Primo esperimento in questo fandom con lo scopo di ripescare alcuni momenti salienti del telefilm - non necessariamente in ordine cronologico - ma prendendomi alcune "libertà" come l'introduzione di un nuovo personaggio femminile che seguirà i Winchester nelle loro avventure.
Progetto ancora in evoluzione, sono ben accetti consigli e critiche costruttive C:
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Terza stagione, Quarta stagione
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Dunque, ci siamo. Sono un po' emozionata dato che questa è la prima fanfiction che scrivo su Supernatural e ho sempre il terrore di andare un poco OOC. Questa one-shot nasce dalla voglia di dare sfogo alla mia immaginazione che da quando ho iniziato a seguire il telefilm non mi dà tregua; dal niente è nato un nuovo personaggio che di prepotenza si è fatto spazio all'interno delle vicende dei Winchester costringendomi a chiedere cosa sarebbe successo qualora questa new entry avesse seriamente scombussolato i piani divini ed infernali.
Ripensandoci è un po' banale la questione, ma spero di divertirmi e divertirvi con quella che vuole essere una raccolta di one-shot tutte incentrate su questa mia piccola creaturina che si spartirà la scena con i già stra noti e stra amati Dean e Sam.
Inutile dire che mi farebbe immensamente piacere leggere le vostre recensioni (apprezzo un sacco anche quelle brevissime!) specie se contengono qualche consiglio utile e critiche costruttive.
Per questo primo pezzo non dovrebbero esserci avvertimenti di alcun tipo, è molto easy; per i prossimi non garantisco, ma eventualmente vi avviserò e cambierò rating.
Quella in fondo è una breve citazione di Carry on my wayward son dei Kansas.
Contesto: terza stagione.




Poggiò con violenza il vetro sul bancone - ridotto ormai a mero contenitore - allungando a velocità allarmante la sfilza di bottiglie scolate con altrettanto preoccupante avidità; il calore bruciante dominava la bocca, la gola, il petto, stritolandolo in una morsa di fuoco.
Semplicemente aspettava, aspettava il momento in cui l’incendio che lo pervadeva avrebbe intaccato anche la sua mente, carbonizzando tutti i problemi all’istante; a quel punto, corroso dalle fiamme, Dean Winchester si sarebbe finalmente sentito vivo.
O morto? In fondo era alla pace dei sensi che aspirava, si accontentava di molto poco: lasciarsi cullare dolcemente fino a sprofondare nell’oblio e non sentire più nulla.
E invece, nessun oblio lo attendeva, solo il rosso guizzante della paura del pericolo, un rogo eterno e senza possibilità di redenzione che niente aveva a che vedere col calore alcolico che lo stava consumando.
Al diavolo.
Peccato che di lì a poco più di un mese, ci sarebbe finito lui al diavolo; non una delle battute più felici nella sua situazione, in effetti.
Alzò ostentando noncuranza il braccio per far segno al barista di servirgli un altro giro, ma subito avvertì una presa ferrea al polso che lo costrinse a bloccare il movimento a metà: non abbastanza evidente da attirare l'attenzione del barman.
Con un moto di irritazione che gli percorse le membra, Dean si dovette trattenere dall'istinto di sottrarsi alla stretta e saltare al collo del tizio che aveva appena deciso di finire la serata con il viso sfregiato; era molto più pericoloso di chiunque altro cliente di norma, figurarsi quando era incazzato nero e con i cani infernali attaccati al culo. Neanche il principio di sbronza avrebbe avvantaggiato a sufficienza l'inconsapevole stolto.
« Apprezzo l'interesse, mammina, ma sinceramente: ho l'aria di uno che ti darà ascolto? » Si preoccupò minimamente dei modi al limite dell’intimidatorio; cristo non ci voleva un genio a capire che fosse meglio stargli lontano.
« Sinceramente? Hai l'aria di uno che ha bisogno di qualcosa di più di una birra. » Diretto, preciso, non ammetteva molte repliche e la scelta di rispondere con le medesime parole non parve troppo casuale; se non altro, dovette concederglielo, l’idiota aveva la lingua lesta. Tuttavia non fu questo ad indurre il cacciatore a voltarsi pigramente, quanto più il timbro che - pur profondo - era inequivocabilmente femminile.
« Ehi Tim. » Fu lei a chiamare il ragazzo dietro al bancone. « Un Soffio d’inferno per la signorina.  »
Soffio d’inferno, eh? Se non altro suonava appropriato, quell’ironia perversa lo attanagliò al ventre liberando una risata mesta, cattiva e decisamente raggelante; ciò nonostante la ragazza non parve curarsene troppo: o era davvero stupida oppure era davvero sicura di sé.
« Beh vedi di godertelo perché te ne offro uno solo. »
In fondo, si disse, ostinarsi in quel suo silenzio e l’aria da dannato non avrebbe giovato a nessuno e checché se ne dica alla lunga è sfiancante; se quella pira interiore niente poteva contro il puro terrore, tanto valeva cercare altre distrazioni.
Un'ombra del "vecchio Dean" si scrollò di dosso la polvere e le tonnellate di pessimismo guadagnando una porzione di superficie, e solo allora il cacciatore si concesse il lusso di esaminare con maggiore attenzione la figuretta accanto a sé e quasi gli venne da ridere: dubitava che quel mucchietto di ossa da uccellino avrebbe potuto permettersi una tale disinvoltura, ma gli occhi cerulei dal taglio elegante attraversati in quell’esatto momento da un baleno di sfida tradirono l’apparenza inoffensiva e lasciarono ben intendere il magnetismo che quel chiodo poteva esercitare; tuttavia, per una volta tanto, le lingue cremisi che lambivano i suoi pensieri non avevano niente a che fare con la passione.
« Allora… chi devo ringraziare? » Il silenzio che si era creato venne interrotto pochi minuti dopo, quando due bicchieri vennero fatti scivolare sul legno del bancone verso di loro; afferrato il suo, il Winchester lo alzò per scontrarlo senza troppa forza con quello gemello di lei.
« Il mio cuore d’oro, ovviamente. » La giovane gli indirizzò rapido un occhiolino. « Ma credo che anche il tuo bel faccino abbia contribuito... » Portò le labbra al vetro e bevve un lungo sorso. « In minima parte, s’intende, dato che sembri fatto. »
Era ormai chiaro che quella ragazza non avesse peli sulla lingua e prima o poi sarebbe finita sicuramente nei guai a causa di quell’assoluta assenza di filtri tra ciò che pensava e ciò che diceva; in un certo senso, però, questo tratto lo stuzzicò non poco, era raro trovare qualcuno che gli dicesse le cose in faccia oltre a Sam, ma evitava di pensarci dato che ancora non lo aveva perdonato per quel dettaglio sul patto con Lilith.
Ad esser sinceri era proprio difficile riuscire a fare quattro chiacchiere con chiunque, il business di famiglia esigeva una vita piuttosto nomade e l'unica occasione che aveva di scambiare due parole era in quelle bettole in cui amava tanto rintanarsi. 
Imitò la compagna di bevuta ed immediatamente un'ondata lavica lo sommerse da cima a fondo, divampando e fiammeggiando per poi lasciargli una serie di brividi lungo la schiena; un soffio leggero alitó, dapprima fomentando quella combustione ed in seguito accarezzando ogni muscolo in tensione, ogni nervo irrequieto, rilassando, sciogliendo, acquietando qualunque cosa. 
Grazie al cielo.
« Esattamente quello che mi serviva. »
« Immaginavo. » 
Un'altra risata sommessa, simile ad un latrato confinato in quella gola ardente. 
« Credimi, potrei stare peggio. » Dura spiegare la vita del cacciatore, eppure era la verità; la gente non riusciva mai a capire i sacrifici di chi era come lui, la vita che erano costretti a condurre. La solitudine a cui erano relegati. 
« Certo che potresti stare peggio, potresti essere morto. » 
E ovviamente, le prospettive di vita non troppo rosee. 
La risposta arrivò laconica sulla stessa falsa riga dello scambio precedente di battute, perché nonostante il gesto di gentilezza dimostrato, il tono di lei non aveva proprio nulla di premuroso, né tanto meno di scherzoso: assertiva semplicemente, un velo di ironia pizzicante e una base leggera di cinismo. A Dean dette l'impressione che non volesse in qualche maniera consolarlo, quanto più concedergli un'opportunità di sfogo; come se ascoltare le disgrazie altrui fosse un buon passatempo per dimenticare le proprie. 
« Da morto non avrei tanti problemi. »
« Da morto non avresti proprio niente in realtà. »
Anche quello era vero, il giovane uomo storse la bocca in una smorfia per poi inclinare la testa in modo da annuire brevemente, dimostrando così di essere d’accordo; ma a ben pensarci, sarebbe stata una così brutta condizione?
La morettina dovette captare cosa gli passava per la testa perché gli indicò il drink che stava bevendo con una piega sardonica sulle labbra.
« Niente alcolici, per esempio. » Ecco, quella era una delle cose a cui avrebbe rinunciato più malvolentieri, ma anche lì si trattava sempre di un circolo vizioso: caccia, mostruosità, alcol. Il trittico sacro.
Che poteva mai saperne lei di quel che stava passando? Era solo una ragazzetta fin troppo acerba per un posto del genere, fin troppo acerba per i suoi modi di fare, fin troppo acerba per le cose che diceva; “prima di giudicare il cammino di una persona, indossa le sue scarpe”, non diceva così un antico detto?
Avrebbe tanto voluto dirle quanto fosse stanco, stanco di essere forte, stanco di non sottrarsi mai al suo dovere, stanco di quel peso enorme che portava sulle spalle, stanco di dover sempre agire come il fratello maggiore, stanco di stare appresso a Sam ed alle sue cazzate, stanco di tentare di assomigliare al padre; semplicemente stanco.
E fu ciò che le disse. Non era quella la sua intenzione, no di certo, ma quel soffio l’aveva sfiorato con tale dolcezza da sbrogliare ogni groviglio interno, ogni ostacolo frapposto tra il dicibile e l’ineffabile, sfumando i confini, indebolendo i divieti.
Si accorse di aver parlato solo quando si ritrovò le labbra secche e la gola riarsa mentre una nuova sensazione di benessere cresceva dentro di lui; il tempo si era fermato, lei era rimasta immobile tutto il tempo: seduta storta sullo sgabello, un gomito appoggiato al bancone, le gambe fasciate nei jeans stretti ed accavallate, gli occhi fissi su Dean.
Non riuscì a decifrare la sua espressione, ciò nonostante era sicuro che non ci fosse alcun segno di pietà né commiserazione sul suo volto… solo una sfumatura di… durezza? Era possibile?
In ogni caso non avrebbe saputo cosa aggiungere, non si aspettava di capitolare così all’improvviso e certamente non era da lui; si rifiutò di farsi dominare dal disagio tipico di chi si sente scoperto e ne approfittò per placare la sete.
Inarcò incuriosito le sopracciglia quando la fanciulla si sporse verso di lui con l’aria di chi ti confida un gran segreto.
« A me sembra che tu abbia ancora troppe cose da fare per desiderare di essere morto. » Desiderava essere morto? Paradossalmente sì. Aveva una paura assurda dell’inferno, benché si costringesse a nasconderlo, e ciò al contrario gli faceva nascere il desiderio più ardente che mai di continuare a vivere ma quell’idea - l’idea di replicare all’infinito quell’esistenza solitaria - aveva iniziato a terrorizzarlo quasi di più.
Ancora una volta, sceglieva l’oblio.
Non ebbe il modo di trovare una risposta, dare voce ai pensieri, perché con un gesto fluido lei scese dallo sgabello e si allontanò dopo aver poggiato sul bancone le banconote per saldare il conto; la guardò andarsene senza una parola e in un certo senso trovava che fosse giusto così: quella era stata solo una parentesi di debolezza, aveva avuto necessità di toccare il fondo per trovare la forza di risalire in superficie. E l’unico testimone di quell’attimo di cedimento gli aveva appena assicurato che l’intima digressione sarebbe stata affidata ad un soffio; leggero per esaurirsi nel silenzio.

❝ Carry on my wayward son,
there’ll be peace when your are done.
  
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