Storie originali > Avventura
Segui la storia  |      
Autore: jellyfishprincess    07/09/2014    1 recensioni
La società ti avvolgeva e incatenava a sè, cancellava la tua mente se poco ti distaccavi dalle sue credenze tangibili e razionali. Ed oltre alla società, c'era solo il nulla. La devastazione, il deserto, la foresta.
Quinten è un ragazzo tormentato da delle urla che sente dentro la sua testa, che vive in un futuro in cui la "società" controlla e condiziona gli esseri umani.
"Halfmoon" Gwen è una ragazza forte ma ingenua, perché inconsapevole del mondo che la circonda, che vive in un insediamento creatosi in un bosco al di fuori delle città.
Due vite diverse, che la curiosità di scoprire cosa c'è oltre i confini di ciò che già conoscono farà inevitabilmente scontrare.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Da quel che ricordasse, Quinten le aveva sempre sentite, sin da quando era piccolo, quelle voci soffocate che cercavano di uscire, di uscire ed esprimere tutta la loro rabbia, il loro odio verso qualcosa.

Loro apparivano nei momenti più inaspettati. Non quando era triste, o in collera, o felice, solo nei momenti “normali”, quelli in cui non ti senti nè bene nè male.

Non c'è niente che non vada in me. Ripeteva spesso, da bambino.

Man mano che cresceva, però, si facevano sempre più frequenti e più forti e aspettavano il momento giusto per uscire. Ed insieme alle voci, quella sensazione di solitudine, il vuoto, il pensiero di essere incredibilmente piccolo ed insignificante rispetto all'universo, di essere solo una persona, finita, normale, e che la vita era imprevedibile. Ci pensava sempre più spesso, e queste sensazioni gli si infiltravano nella mente, divorandolo dall'interno come un tarlo.

Da quando la morte della sua gemella lo aveva colpito, la morte gli sembrava più tangibile, vicina e temibile. Lui non credeva nell'esistenza dell'anima - era una persona estremamente scettica e razionale – e si fidava ciecamente della scienza e del progresso. Credeva che il corpo morisse e basta, e che quello che era stato un insieme di idee, emozioni, movimenti e parole diventasse da un momento all'altro un semplice ammasso di carne. Cercava di ignorarle, quelle voci. Non ne aveva mai parlato con nessuno, ma credeva che lei lo sapesse. Chissà, forse le sentiva anche lui. Forse le voci avrebbero ucciso anche lui. Si sentiva ancora molto legato a lei, come da un filo invisibile, e a volte gli pareva persino di sentire qualcosa, ma la sua grande razionalità gli impediva di credere che potesse essere, in qualche modo, lei.

E questo profondo scetticismo l'aveva causato il mondo in cui viveva. La società ti avvolgeva e incatenava a sè, cancellava la tua mente se poco ti distaccavi dalle sue credenze tangibili e razionali. Ed oltre alla società, c'era solo il nulla. La devastazione, il deserto, la foresta.

Sua nonna gli aveva raccontato che, quand'era piccola, la gente diceva che il mondo sarebbe finito nel 2012. Ne erano passati tanti di anni, dal 2012, e nessuno aveva più detto una cosa del genere.

Perché il mondo era già finito – questo lo sapevano già tutti, anche quelli ingenui o che la società aveva ormai inglobato ed alienato – ma nessuno aveva il coraggio di ammetterlo e l'umanità andava avanti in un'unica massa uniforme e terribilmente ignorante di cosa significasse vivere. Proprio per questo, sotto il grande occhio inquisitore della società, era terribilmente difficile trovare qualcuno di cui fidarsi se non se stessi. A chi avrebbe potuto dire delle voci? L'aveva sempre saputo, in cuor suo. che quelle voci significavano qualcosa, ma fino a poco tempo prima non era riuscito a concepire cosa fossero: l'inizio della follia.

 

Raccontarlo a qualcuno sarebbe significato ammettere di essere pazzo, diverso. E alla società non piacevano affatto, i diversi.

Lui aveva imparato a stare in silenzio.

Ragionava in modo diverso, troppo diverso da quello che la sua società gli imponeva, gli scialbi e banali pensieri preconfezionati che tutti quanti avevano nella testa.
Forse era solo uno che pensava troppo.

Sarebbe scappato – gli sarebbe piaciuto scappare, ma c'erano loro. Le voci.
Con la loro presenza sempre più costante e forte, con una voce indistinta che gli sembrava sempre più simile a quella della sua gemella. Erano l'unica cosa che gli impediva di andarsene.

Loro, con quella convinzione che la follia fosse insita dentro di lui e che forse avrebbe fatto crollare la sua razionalità. Lui aveva paura. E la paura era l'unica cosa che lo teneva nella società.

Forse l'intera società era basata sulla paura.
Forse quelle persone tutte uguali un tempo erano state degli individui che la pensavano come lui (voci a parte, ovviamente), ma che erano state bloccate dalla paura.
Era come un muro, altissimo, che non gli permetteva di vedere cosa ci fosse oltre: da una parte, la tanto disprezzata e omologata società, dall'altra, solo un grande interrogativo.
Poteva esserci un mondo migliore o peggiore, o il nulla.
Non poteva saperlo.

Poteva aspettare che la follia lo divorasse e lo trasformasse in un prodotto difettato, poteva prendere coraggio, superare il muro, e buttarsi verso il vuoto.
Oppure poteva rimanere fermo lì, sforzarsi di abbandonare i suoi dubbi e vivere passivamente aspettando l'alienazione.


 


 

//

Degli Stati Uniti, erano rimasti soltanto pochi stati come la California, il Texas, il Michigan, lo stato di Washington e l'intera East Coast, diventata un unico grande Stato di New York. Gli altri stati erano stati inglobati o rasi al suolo, e molti non sapevano neanche come si chiamassero prima, o che fossero esistiti. Gli anni tra il 2030 ed il 2040, definiti il Decennio di Smeraldo, avevano definito il periodo durante il quale la società si era affermata e aveva trasformato gli Stati Uniti; alcune delle città nordamericane distrutte dai conflitti degli anni precedenti erano state trasformate in grandi foreste e boschi, altre si erano ridotte in deserti. Gli Stati Uniti d'America non esistevano più.
La maggior parte degli abitanti delle città viveva sotto controllo, e venivano loro insegnate le cose che potevano sapere, mentre gli altri, coloro che vivevano fuori, ignoravano molto degli eventi del passato.

Fuori, in una fitta foresta, c'erano una serie di insediamenti, una specie di piccola città divisa in quartieri. Gli abitanti di fuori, oltre al proprio nome, avevano un “soprannome”, ognuno diverso dagli altri, che li identificava. In uno dei quartieri, in cui tutti avevano nomi di pesci o flora marina, c'era una giovane ragazza alta e slanciata, dai lineamenti marcati. Non era particolarmente bella, a parte gli occhi grandi e verdi; il naso era pronunciato e le labbra sottili, i capelli erano cortissimi, di un castano chiaro caldo, le sopracciglia scure e spesse. Quel giorno indossava una maglietta viola ed una felpa bianca, con un motivo dello stesso colore della maglia.
Quella ragazza era Gwen, meglio conosciuta come Halfmoon. In pochi la chiamavano con il suo vero nome.
Era stata una bambina allegra e spumeggiante; crescendo aveva conservato ben poco di quel carattere ed era diventata una persona più seria e severa con se stessa e con gli altri.
Gwen “Halfmoon” viveva con una ragazzina più piccola – aveva circa 12 anni, ma nessuno sapeva con esattezza quando fosse nata, quindi avevano scelto per il suo compleanno il giorno in cui era arrivata da loro – che veniva da chissà dove. Un giorno di primavera era arrivata nel villaggio camminando a passi lenti e piccoli, con l'aria estremamente stanca e affamata. Affermava di chiamarsi Val, e Gwen la trattava come una sorella. A Val era stato dato il soprannome di Angelfish.

La casa presso la quale vivevano era del padre di Gwen, un bizzarro uomo sui cinquant'anni con i capelli brizzolati in un inusuale taglio con un lungo ciuffo e occhiali grandi dalla montatura bianca. Era un uomo attivo, che amava scherzare e si preoccupava molto della figlia. Conosciuto da tutti come Jack Dempsey, cercava di mantenere tranquilli e pacifici i rapporti nel quartiere e riusciva abbastanza bene nel suo intento.

Halfmoon sapeva pochissimo riguardo cosa ci fosse oltre il suo piccolo quartiere – conosceva l'esistenza del Nord America, ma oltre a ciò non sapeva che esistessero, nel mondo, altri continenti completamente diversi da quello in cui viveva. Non aveva che una vaga idea della società, ma nonostante fosse tanto poco consapevole di ciò che la circondava, era molto forte ed aveva un gran coraggio. E, pur vivendo in un luogo tanto pacifico, aveva imparato qualcosa che veniva dalla “civiltà”.

Sapeva come usare - solo in casi estremi, come le avevano detto – una pistola.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Avventura / Vai alla pagina dell'autore: jellyfishprincess