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Autore: I Smile    07/09/2014    1 recensioni
Aubree Johnson, diciannovenne che cerca di affrontare la sua vita con il sorriso sempre stampato sulle labbra.
Zayn Malik, ventenne che cerca di affrontare la sua vita con una sigaretta fra le labbra e con in mano delle carte da poker.
Azzardo. Passione. Gioia. Dolore. Amicizia. Fratellanza. Fiducia. Tradimenti.
I due ragazzi si ritroveranno davanti a un bivio: unire le loro vite o proseguire per le loro strade.
Cosa sceglieranno?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dirty Road. 
L'unico rumore che si sentiva in quel luogo era quello delle suole dei miei scarponi contro l'asfalto. 
Camminavo con passo svelto, ma all'improvviso sentii qualcuno sussurrare il mio nome. 
"Aubree!
Il richiamo si ripeté per ben due volte.
Agitata tastai la tasca destra dei miei pantaloni mimetici, felice nel sentire la consistenza della boccetta di spray al peperoncino che, da due mesi a questa parte, portavo sempre con me. 
"Dio Bono, Aubree girati!
Mi girai verso il vicolo da cui proveniva la voce. Non ebbi molta difficoltà nel constatare che apparteneva a qualche ragazza.
Percorsi quel piccolo e stretto viottolo finché non trovai le figure di due ragazze a me familiari. 
"Meredith cos'è successo?" chiesi avvicinandomi sempre di più. 
"Alex si è ubriacata e credo che si sia anche piscita addosso" concluse la mia migliore amica rivolgendo un'occhiata disgustata alla mia amica Alex, seduta per terra con la testa penzoloni. 
"Okay Mer,aiutami ad alzarla" ordinai prendendo il braccio sinistro di Alex e dopo averlo fatto girare intorno al mio collo, provai a sorreggerla meglio agguantandole la vita sottile con la mia mano destra.
Quando anche Meredith imitò le mie precedenti mosse, ripresi il passo spedito e insieme portammo la nostra amica a casa. 

Io e le mie migliori amiche ci eravamo trasferite a Londra circa dieci mesi fa, dicemmo ai nostri genitori che avremmo voluto terminare gli studi in un'altra città, ma in realtà il nostro intento era quello di cambiare aria per allontanarci dai problemi che New York ci creava.
Quando i genitori di Meredith vennero a sapere tutta la storia, quella vera, decisero di contattare anche i miei e quelli di Alex per tagliarci i fondi. 
Toccò a Meredith portare,per i primi mesi, i soldi a casa.
Sempre in quell'arco di tempo trovammo due coinquiline:Lily e Savannah. 
Grazie a loro riuscimmo a pagare le spese della casa.
Ma due mesi dopo il trasferimento a Londra, i soldi non bastavano più per coprire l'affitto e per poter comprare gli alimenti, così fu compito mio cercarmi un lavoro.
Da piccola, mio padre mi faceva assistere alle sue giocate serali di poker in compagnia dei suoi amici imprenditori.
Mi spiegava tutte le mosse necessarie per vincere, tutti i trucchi e talvolta anche delle piccole mosse per barare. 
In un primo tempo mentii alle ragazze, dissi loro che avevo trovato un lavoro come commessa in un supermercato non molto distante dalla nostra abitazione, ma non ero mai stata brava a mentire e una settimana dopo scoprirono il mio segreto. 
Nonostante loro non siano favorevoli a questa pecca della nostra 'famiglia', sanno che è l'unico modo per poter continuare a vivere senza chiedere l'aiuto ai nostri parenti. 

"Alexandra Wilson puzzi come non so cosa" borbottò Meredith mentre provava a farle indossare il pigiama. 
"Ragazze" qualcuno alle nostre spalle interruppe i nostri movimenti. 
Era Lily. 
"Lily" dissi io sorridendole timidamente. 
"C'entrate qualcosa con quello che è successo stasera ad Alex?" ci chiese la rossa guardandoci dritte negli occhi.
Lily aveva sempre avuto il potere di intimorire chiunque, anche con un semplice sguardo. 
Ecco perché per noi era diventata come un padre, lei ci sgridava quando combinavamo dei guai o quando Alex, essendo la più piccola, era in pericolo. 
Savannah invece era tutto l'opposto, comprensiva e sempre allegra. 
Meredith era quel tipo di ragazza che preferiva stare in disparte e meditare suoi problemi per poi agire.
Io sono sempre stata quella impulsiva che non ascoltava nessuno. Tutto si doveva fare come dicevo io, altrimenti era un capitolo chiuso. 
E poi c'era Alexandra. Alex è...Alex. 
"Io stavo tornando da casa di Madelyn quando vidi uscire Alex da un pub qui vicino. Era ubriaca e puzzava, più o meno come...adesso. La presi di peso e la feci accasciare sul muro di una casa. Nel frattempo Bree stava passando da quelle parti per tornare a casa e cercai di farmi sentire. Quando riuscii a chiamarla, arrivò e mi aiutò a prendere Alex" concluse Meredith. 
Lily annuì distrattamente dirigendosi verso la ragazza stordita che provava a riposare sul letto dalla trapunta viola e le sistemò il pigiama.
"Va bene ragazze, andate a dormire. Pensero io ad Alex" ci informò. 
Io e Meredith ci guardammo negli occhi per pochi secondi e uscimmo dalla stanza bianca. 

"Tigrotte mie!" ci urlò Savannah dalla cucina vedendoci scendere le scale.
"Anny dovresti smetterla di chiamarci così, siamo cresciute adesso" dissi alzando le sopracciglia e accennando un saluto. 
Lei scosse la testa e si morse il labbro inferiore. 
"Rimarrete per sempre le mie tigrotte" borbottò esasperata tornando a lavare i piatti. 
Con la coda dell'occhio vidi Meredith fare finta di sbattere la testa sul tavolo e involontariamente sorrisi. I miei occhi si soffermarono sull'orario che l'orologio appeso alla parete, mostrava: 23:55. 
Mi alzai dalla sedia come una molla e salì in camera mia. 
Presi tutto ciò che mi serviva, vale a dire una felpa e le chiavi di casa e scesi nuovamente giù. 
"Tigrotta dove stai andando?" mi ammonì Savannah asciugandosi le mani con il panno da cucina arancione.
"Anny stanno finendo i soldi..." non riuscii a terminare la frase perché la vidi pararsi di fronte a me.
"Tu non andrai in quel posto" mi ordinò. 
"Anny oggi Lily è riuscita a comprare solo una confezione di uova, Meredith non ha più le pillole per dormire e il tuo capo non ti paga da una settimana. Ti giuro che quando finirà la partira, tornerò immediatamente qui" la rassicurai scoccandole un bacio sulla guancia. 
Salutai allo stesso modo anche Meredith che, prima di lasciarmi andare mi mimò qualcosa di incomprensibile. 




"Aubree ma non ti stanchi mai?!" mi domandò Brooke, la barista, urlando per sovrastare il chiasso delle urla e delle voci che non rendevano possibile iniziare una conversazione.
"Ho una famiglia da portare avanti, ricordi?" risposi di rimando. 
Lei sorrise e scosse la testa ripetendo la frase che ormai era di rito per quasi tutti i dipendenti di quel locale:'ecco a lei'. 


La scopo del poker è quello di ottenere la combinazione migliore. Chi vince ottiene l'intero montepremi nel "piatto", ossia l'intero ammontare delle puntate che possono essere puntate in denaro o in fiche. Vince chi ottiene la combinazione di maggiore valore o induce tutti gli altri giocatori ad abbandonare la partita. 



"DANNAZIONE!" urlò l'uomo sulla cinquantina davanti a me mentre io, con un sorrisetto sghembo stampato sulle labbra, sistemavo accuratamente il denaro nella tasca interna della giacca. 
"Grazie per il bottino Willy, è sempre un piacere giocare contro di te" risi e gli mandai un bacio volante con la mano. 
Prima di uscire definitivamente dalla porta rossa da cui, un'ora e quarantacinque minuti prima entrai, salutai con un cenno della testa Brooke. 


"Ragazzina!" mi sentii chiamata in causa quando una figura giovane, alta e muscolosa mi si presentò davanti. 
Era un ragazzo bellissimo. 
Aveva la pelle olivastra, gli occhi di un marrone scuro e i capelli perfettamente tirati all'insù andando a formare un ciuffo. Osservai le sue labbra e sbattei gli occhi per diversi secondi cercando di non apparire una stupida ragazzina che iniziava a sudare freddo nel vedere un ragazzo stupendo parlare con lei.
"Cosa vuoi Rampa da Skate?" chiesi alludendo alla forma dei suoi capelli.
Mi complimentai con me stessa per aver ripreso la mia solita sicurezza. 
I suoi amici, così dedussi il gruppo di persone fermo alle sue spalle, iniziarono a ridere. 
"Calma principessa, io vengo in pace" mi sfotté alzando le braccia in segno di resa.
"Sì, certo" sbuffai e provai ad andarmene. 
"Aspetta" mi richiamò sempre quella voce. 
"Cosa vuoi, si può sapere?" domandai brusca passandomi una mano tra i capelli mossi. 
"Cosa ci fai qui?
"Sono venuta a comprare le caramelle" dissi sorridendo falsamente e iniziando a far finta di intrecciare una ciocca dei miei capelli. 
Il suo gruppetto, appoggiato a un muretto,scoppiò nuovamente a ridere. 
"Simpatica, a cosa giochi esattamente?
"Poker" aggiunsi soltanto. Distolsi lo sguardo dalla sua maglietta bianca che fasciava delicatamente il suo corpo muscoloso. 
Lui in risposta si girò verso i quattro ragazzi e gli fece un occhiolino,era sexy anche di spalle. 
"Io e i miei amici ti proponiamo una cosa. Adesso rientri con noi e giocherai un'altra partita. Se vinci,i soldi sono tuoi, se perdi invece ci dovrai dare ciò che hai guadagnato prima e ovviamente noi terremo quello che abbiamo puntato" concluse inumidendosi le labbra e uscendo la sua mano sinistra dalla tasca dei jeans chiari per tenderla verso di me. 
Socchiusi per un attimo gli occhi e poi gliela strinsi con decisione. 


"NON E' POSSIBILE!" gridò l'ultimo dei suoi amici, un ricciolino, mentre mi avvicinava le banconote che, con la stessa attenzione di prima misi insieme alle altre. 
"Dicevi Rampa da Skate?" lo schernii chiudendo la cerniera della mia felpa. 
"Io non mi arrendo così facilmente, principessa" mi sorride ponendo la lingua fra i suoi denti bianchi. 
Dio che sorriso...
Sbuffai probabilmente infastidita da quel soprannome e poi alzai gli occhi al cielo vedendo che il ricciolino si era appena accasciato su un altro ragazzo con una maglia a righe. 
"Pensala come vuoi, intanto io ho i vostri soldi" conclusi osservando i ragazzi a uno ad uno.
Oltre a lui, ce n'erano altri quattro di uguale bellezza. 
Uno aveva i capelli corti e marroni, in alcune parti più chiaro. I suoi occhi erano castani e profondi. Non prestava molta attenzione a ciò che stava succedendo perché era completamente assorto nei problemi che il suo cellulare gli stava creando.
Poi vi era un biondino, era l'unico che ispirava simpatia, i suoi occhi furono quelli che mi fecero soffermare a guardarlo un po' di più. Erano azzurrissimi. 
Quando si accorse che lo stavo scrutando mi sorrise amorevolmente e rimasi incantata anche del suo sorriso. 
E infine vi erano quei due che sembravano culo e camicia.
Il più alto era quello che indossava la maglietta con la stampa a righe. Anche i suoi capelli erano corti e marroni però molto più scuri. I suoi occhi erano simili a quelli del biondino,ma sotto la luce di quella sala enorme apparivano blu! 
Al suo fianco, o meglio con la testa appoggiata sulla sua spalla, c'era il ricciolino.
Si distringueva dal resto perché era l'unico ad averceli verdi e quando il moro al suo fianco lo fece sorridere, sulle sue guance si fecero spazio delle fossette. 
Scossi la testa per tornare a discutere e ripresi a guardare con astio il ragazzo che per tutta la serata o forse sarebbe meglio dire nottata, non fece altro che importurnarmi. 
"Principessa i soldi non fanno la felicità" mi richiamò lui girandomi intorno. 
"Non la faranno per te, ma per me sì" lo liquidai e mi indirizzai verso la famosa porta rossa. 
Appena uscii ringraziai quella strada sporca, per avermi portato un po' di fortuna e con un sorriso stampato sul viso ripensando ai soldi che guadagnai,tornai a casa. 



 



I'm Here!
Ciao bellezze, vi ricordate ancora di me? 
Sono tornata con una nuova ff! 
Ringrazio già in anticipo chi leggerà questa storia dall'inizio, chi recensirà, chi la inserira fra le preferiteseguitericordate e poi...non ricordo. 
Vi pregherei di farmi sapere cosa ne pensate, so che già presto per dirlo però mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate del primo capitolo. 
Volevo chiedervi anche una cosa...
Io non ho molta domestichezza con questi aggeggi infernali che comunemente chiamiamo computer, ma mi piacerebbe fare un banner per questa storia. 
Ripeto, non so come si fanno e semmai qualcuna o qualcuno di voi sapesse farli, vi chiedo di contattarmi così da poterne discutere insieme.
Vi lascio e vi ringrazio ancora.

Martina 
 




 
  
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