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Autore: Dietrich    07/09/2014    5 recensioni
POV di Sousuke che guarda Rin, da innamorato, e che proprio per amore non gli dice la verità. Se ne sta andando dalla Samezuka, dalla città di Iwatobi, senza dire nulla a Rin per non intralciare il suo futuro. Anche questo, per amore suo. [pre-episodio 2x10; what if]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Rin Matsuoka, Sosuke Yamazaki
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ogni tanto mi accorgo di essere rimasto a fissarlo per così tanto tempo che mi sorprendo più per il fatto che a lui non dia fastidio, non la ritenga una cosa un po’ inquietante, ma che anzi, per lui sia una cosa normalissima, che per il fatto stesso di essere capace di perdermi in lui così facilmente. Tuttavia solo io posso farlo; con gli altri, lui li riprende sempre, a disagio, imbarazzato a volte o con fare di sfida. Eppure io lo guardo tanto, a lungo, lo studio per imparare a memoria ogni sua espressione, ogni suo movimento, ogni suo respiro, la curva delle sue ciglia o delle sue labbra. Persino quando dorme. E anche qui, lui se ne accorge: ma invece di scacciarmi dal suo letto e insultarmi, sorride a mezza bocca e mi dice semplicemente “Buongiorno”.
Anche io mi accorgo quando lui mi guarda e gli sorrido di rimando. Ma non sono sicuro se lui mi guardi pensando ciò che penso io, provando ciò che provo io. Soprattutto, perché sono più le volte in cui lui osserva oltre, che sia fuori dalla finestra, o semplicemente nel nulla. E lui vede qualcosa, i suoi sogni realizzarsi, il suo futuro, la gioia che gli ha ridato tornare a nuotare con i suoi amici. Anche tornare a nuotare con me, dice, e anche io mi diverto a nuotare con e contro di lui. Ma so che non è la stessa cosa.
Io non sono Haruka Nanase. Ma Haruka Nanase non è me. E Rin lo sa benissimo.
 
Quando si porta i capelli dietro un orecchio, o quando li lega in quel codino assurdo, da cui i suoi capelli sfuggono sempre, eppure l’elastico rimane su: ecco, questi sono alcuni dei gesti per cui potrei perdere la testa. Anzi, per cui l’ho già persa, da tempo. Oppure quando abbassa lentamente le palpebre e assume quell’espressione pensierosa: poi certo, magari se ne esce con una delle sue robe esageratissime e assurde, come quando mi disse di aver sempre voluto nuotare in una piscina piena di petali di ciliegio, e che gli altri gliel’avevano anche preparata, tutta per lui. Ma poi aveva iniziato a piovere e non se ne era fatto niente; beh, mi aveva chiesto se, secondo me, potevamo riempire di fiori di ciliegio la piscina della Samezuka. Non ricordo di aver mai riso tanto come allora. E anche lui aveva riso, in quel suo modo spensierato e genuino, in un modo che Aiichiro mi ha informato non ha mai visto fino a quando Rin non ha fatto pace con Nanase.
E se pensarci mi manda una fitta al petto così forte da silenziare qualsiasi altro dolore o rumore fuori e dentro di me, la risata di Rin rimane. E’ perfetta e mi fa tornare a battere il cuore; è tutto un miscuglio di piacere e dolore, mi fa bene e mi fa male. Tuttavia, penso che è per me stavolta, che da piccoli per me lui rideva sempre così. E anche se io poi sono stato quello che, impulsivamente e scioccamente, ha spento il sorriso sul suo viso, sono lo stesso che ora ne gode, che lo suscita insieme anche a quelle espressioni da schiaffi, a quei ghigni maliziosi, ai quei ringhi silenziosi che vogliono persino essere minacciosi nei miei confronti, quando litighiamo. Ma non ci riesce mai, perché sa che io per lui farei qualsiasi cosa.
Se non lo sa, se lo immagina; dopotutto, quanto può essere dovuto al caso che io perda sempre a sasso-carta-forbice con lui?
 
Io lo amo. E quando lo guardo, in qualsiasi momento della giornata, il tutto rischia di sopraffarmi così tanto da impedirmi di muovere, di parlare, di fare qualsiasi altra cosa se non prostrarmi ai suoi piedi e supplicarlo di guardarmi, di accorgersi di me nel modo in cui io mi accorgo di lui sempre, anche quando la stanza è piena, anche quando la piscina è gremita, anche in mezzo ai grossi giardini del cortile della scuola. Quando c’è Rin, la sua presenza per me è così totalizzante da farmi voltare, sempre, nella sua direzione. E’ la proverbiale luce per me che sono una falena, qualcosa di grosso, ingombrante e a volte pauroso che vola verso quella sorgente così brillante, così calda, ma anche così letale.
Rin mi spinge a fare del mio meglio, Rin mi spinge ad incazzarmi quando la pensiamo diversamente perché, in realtà, la pensiamo fin troppo uguale. Rin mi spinge a dare di me l’immagine di ragazzo taciturno perché ogni volta che lui parla voglio che non voli neanche una mosca, voglio ascoltare solo il suono della sua voce e che le ore, i minuti si dilatino per sempre, che la sua voce mi entri dentro e vi rimanga tanto da non farmela dimenticare mai. Rin mi spinge a fare cose che non farei mai, come minacciare Nanase di non mettersi più tra Rin e il suo futuro, come a non dirgli l’unica cosa di me che probabilmente lo spingerebbe a lasciare tutto e tutti e curarsi solo di me. Ma non sono egoista abbastanza per dirglielo. Oppure, proprio perché sono così egoista che sto zitto e mi tengo tutto dentro, faccio finta che non ci siano problemi.
Rin mi spinge a mentire, o meglio, ad omettere. Perché non ho cuore di vedere il suo sorriso morire e la sua espressione farsi mortalmente preoccupata per me. Dirgli che non è niente di grave non servirebbe a niente; a quel punto, lui non crederebbe più a nessuna bugia, o a nessuna verità. Rin avrebbe perfino paura di toccarmi.
 
Se Rin smettesse di toccarmi, in quel modo casuale e involontario che è così da lui. Se Rin smettesse di sorridermi, di chiedermi di aiutarlo a preparare l’allenamento per la squadra, di domandarmi se sono ancora sveglio e se voglio scendere e dormire vicino a lui. Anche se siamo stretti. Anche se poi abbiamo tutte le membra acciaccate. Anche se sentiamo caldo. Se Rin smettesse di guardarmi in quel modo, quando stiamo per addormentarci insieme, quello che mi fa scordare come si respira e come si pensa, quello che fa diventare il suo viso l’unica cosa presente nel mio campo visivo, e non perché io stia allucinando, ma semplicemente perché lui si sta avvicinando per baciarmi. Se Rin smettesse di fare tutte queste cose, se per paura di farmi male o per rabbia nei miei confronti per non averglielo detto prima, o anche per la tristezza di non poter più nuotare insieme in futuro, quel futuro che lui tanto ama e agogna. Quello in cui c’è anche Nanase, quello in cui non ci sarò io.
Se Rin smettesse per causa mia, ne morirei. Nessun dolore sarebbe comparabile. Neanche quando mi spingo a nuotare al meglio e la spalla brucia, duole e minaccia di strappare tutto, tutto quanto, persino l’immagine di Rin che è sempre in fondo al buio delle mie palpebre quando le chiudo.
 
Per questo è meglio che io me ne vada. Prima che io mi rompa definitivamente. E non parlo della spalla.
Parlo di quel misero briciolo di amor proprio che mi è rimasto, di quell’infinitesima speranza che mi è rimasta di poter avere una vita lontana da Rin. Senza Rin. Dopotutto, è già successo.
Certo, ero piccolo, ingenuo per molte cose, ma ha fatto male lo stesso. Sapevo tuttavia che lui sarebbe tornato, prima o poi, o che comunque io sarei andato a cercarlo. E’ così che, dopotutto, ci siamo rincontrati.
E ora? Ora non lo so più. Non so più niente. Senza Rin, la mia vita è niente, ma dovrò pur farla andare avanti, in qualche modo. Il mondo di certo non si fermerà ad aspettare me, e desidero che anche Rin non lo faccia. La sua strada è quel futuro luminoso come lui, quel desiderio di vittoria che lo fa sorridere contento come non mai, che gli dona quella luce negli occhi che mi ha fatto innamorare di lui per la prima volta e ogni volta.
Rin è probabilmente il mio tutto, ma io non gliel’ho mai detto. Da quando io non posso essere nel suo futuro e lui nel mio, ho capito che sono io, non Haruka Nanase, a dover farmi da parte e non intralciare ciò che aspetta Rin una volta usciti da questa scuola. Siamo troppo giovani per immaginarsi chissà cosa, o magari già ci immaginiamo tutto e anche di più. Di sicuro Rin lo fa, e deve continuare a farlo. Perché è così bello quando lo fa.
 
Sto osservando le rotaie, in stazione, in attesa che il treno arrivi e mi porti via da qui, e tanto per cambiare, penso a lui. Ripensandoci, ho sempre pensato a lui. Mi sembra di non aver fatto mai altro, di aver fatto sempre agito in sua funzione, e invece di spingermi a compatire il povero, debole, me stesso, la cosa mi fa sentire orgoglioso. Perché magari, in quel suo futuro in cui io non potrò esserci, Rin penserà a me poiché parte del merito del suo arrivo lì è anche mio.
Come il suo cuore e, egoista fino all’ultimo, prego che lo rimarrà per sempre.
   
 
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