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Autore: Dearly Beloved    08/09/2014    0 recensioni
E calpestò subito il miracolo d'amore, destinato a svanire come un'illusione, facendo scempio di tutti i sogni e lasciandone i cocci taglienti nelle loro mani. Perché adesso avrebbe fatto meno male che poi.
[Kanon x Jessica]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jessica Ushiromiya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ushiromiya Jessica non disprezzava l'idea di vivere su un'isola in sé, ma non tollerava proprio, entrando nello specifico, quella di vivere su un'isola isolata, per l'appunto, come Rokkenjima: minuscola, lasciata nella sua quasi totalità allo stato selvatico, fatta eccezione solamente per la villa di famiglia.
Per una ragazza di diciassette anni, con tanti amici sulla terra ferma, dotata della volontà di essere indipendente e libera negli spostamenti, del forte desiderio di godere di tutte le comodità della città quali negozi, ristoranti, e di poter raggiungere facilmente tutti i luoghi di ritrovo dei suoi coetanei, il fatto di dover vivere su un'isola con un perimetro di soli dieci chilometri circa, occupata quasi interamente dalla fitta foresta e distante trenta minuti di barca a motore dalla città più vicina, costituiva un impedimento non irrilevante.
In circostanze simili, le era preclusa quasi ogni possibilità di svago.
L'unica conseguenza di quella situazione che - per fortuna e suo gran sollievo - non aveva da temere, era il rischio concreto di non riuscire ad integrarsi con gli altri ragazzi della sua età, che magari avrebbero potuto vedere in lei una ragazza schifosamente ricca destinata a succedere al capo di una famiglia i cui componenti si erano completamente estraniati dalla società civile formata dalle persone comuni – se non dal mondo intero! come il vecchio Padrone della villa, che sì, si vociferava passasse ore ed ore in un cupo studio praticando lugubri riti di magia nera... -. Ma in fin dei conti, i membri del ramo principale della gloriosa e nobile famiglia Ushiromiya vivevano da soli su un'isola dalla singolare bellezza, interamente di loro proprietà esclusiva. E si sa che l'eccessiva solitudine, talvolta...
Guardandola da questa prospettiva, si sarebbe detto che Jessica, destinata ad occupare il posto di capofamiglia al momento opportuno, fosse una persona praticamente inavvicinabile. Il suo non era di certo un bel biglietto da visita.
E di certo, i suoi compagni di scuola non avrebbero potuto nemmeno immaginare lontanamente delle tremende pressioni che questa realtà, sicuramente invidiabile dal loro punto di vista, le metteva addosso.
Jessica in quel momento non era sicuramente la persona adatta a ereditare "la gloria e le ricchezze della famiglia", perché giustamente presa dalle cose della sua adolescenza, alla quale non aveva assolutamente intenzione di rinunciare per farsi gravo delle immense responsabilità previste dalla successione.
Eppure, sebbene sin dalla nascita tutto nella vita sembrava remare contro il suo sincero desiderio di viverla in maniera normale e spensierata – o almeno nella norma -, lei ce l'aveva fatta ugualmente ad inserirsi nell'ambiente scolastico, tra gli altri ragazzi.
A farsi, sì, degli amici.
In fondo glielo si leggeva negli occhi limpidi che era ben lontana dall'essere viziata od arrogante, e se ne aveva conferma
appena apriva bocca.
Jessie – come usavano chiamarla i suoi amici -
, era riuscita nonostante tutto a farsi adorare subito, non appena entrata al liceo. Una ragazza talmente energica, vivace, esuberante – a volte troppo -, sempre sorridente, nonché bella – come la madre, ripetevano tutti -, e talvolta tanto spontanea da risultare non esattamente educata (specie nel linguaggio), difficilmente poteva non ispirare una certa simpatia ai suoi coetanei, e presto aveva acquisito una buona popolarità.
Malgrado i modi poco femminili e di
molto dubbia eleganza che facevano storcere il naso ai suoi genitori, aveva sviluppato un fascino proprio, per merito del quale era sicura che chi si avvicinava a lei non lo faceva perché a conoscenza delle ricchezze possedute dalla sua famiglia.
Ma nonostante avesse ovviato con la sua spontaneità a molti dei problemi che derivavano dalla sua condizione fuori dal comune, ad altri sembrava impossibile trovare una soluzione.
Partendo dal fatto di dover svegliarsi quasi all'alba per poter arrivare in tempo a scuola, proseguendo con i rientri parecchio anticipati il sabato sera e tutti gli inviti declinati per forza di cose, e terminando con il disagio di rischiare di rimaner bloccati da una parte o dall'altra per più giorni di fila quando le imbarcazioni erano ferme per il mal tempo, si poteva dire che gli spostamenti, a Jessica, risultassero tutto meno che comodi.
L'ultimo dei casi citati era sicuramente quello che dava più grane alla giovane.
Era impensabile che perdesse un numero elevato di lezioni, lei che un giorno avrebbe dovuto prendere in mano le redini della nobile famiglia e che, pertanto, necessitava un'istruzione di alto livello; dunque la soluzione era una: studiare sotto la guida di un insegnante privato, da sola, quando rimaneva bloccata su Rokkenjima, cosa frequente nella stagione delle piogge.
Il che non solo era triste, ma le dava anche problemi a livello di apprendimento. In camera sua le risultava difficile concentrarsi sui libri, con il richiamo costante del lettore di nastri, del televisore, dei libri, dei fumetti e delle riviste, che comunque la si guardasse, non sembravano suggerirle esattamente di studiare.
...O almeno, non di studiare materiale scolastico.
Così spendeva una consistente percentuale del tempo che avrebbe dovuto dedicare allo studio, in una lotta interiore per resistere alle mille tentazioni da cui era circondata.
Jessica la viveva quasi con rassegnazione, ormai, e faceva del suo meglio, anche se con risultati molto mediocri che non rendevano per nulla soddisfatti i suoi genitori.
Non che i suoi insuccessi scolastici fossero dovuti solo a quella difficile situazione di semi-isolamento, per carità: Ushiromiya Jessica era una di quelle persone che prima o poi, inevitabilmente, durante lo studio si perdono in pensieri frivoli o comunque di dubbia utilità, che con i libri di scuola non hanno molto a che vedere.
La mente di una giovane della sua età, propensa alle fantasticherie, risultava praticamente impossibile da imbrigliare per più di quarantacinque minuti contati di orologio.
Che erano ovviamente pochi, per una studentessa sotto esami.
Per quanto si rimpoverasse da sé – in aggiunta alle lamentele degli insegnanti e dei suoi vecchi, come usava chiamarli -, e talvolta tentasse quasi di farsi letteralmente il lavaggio del cervello da sola per darsi la determinazione necessaria, la capacità di concentrazione non era proprio una delle sue doti più sviluppate.
Per ottenere risultati soddisfacenti, doveva impiegare il doppio, in tempo ed energie, dei suoi compagni.
E come se tutto questo non fosse difficile da gestire, alla già precaria condizione di equilibrio che aveva trovato negli anni delle medie, una volta giunta al liceo, si era aggiunto lui.
...Il dolce motivo dei frequenti rifiuti ai suoi ammiratori.
La distrazione preferita di Jessica abitava con lei su Rokkenjima, ed era l'unico elemento della sua vita sull'isola per per il quale non era ancora fuggita da quel posto verso cui era tanto insofferente. Una distrazione che richiedeva tempo e che di conseguenza ne toglieva allo studio, anche se in questo caso Jessica non riusciva proprio a provare rammarico.
Kanon era un membro della servitù silenzioso e poco socievole, dall'aspetto delicato, più giovane di lei di un paio d'anni. Si occupava, in particolar modo, del vasto giardino e del meraviglioso roseto che accoglieva i visitatori che si recavano alla residenza di famiglia.
Dopo essere stato cresciuto e istruito alla Fukuin House, l'orfanotrofio a cui gli Ushiromiya versavano ormai da decenni ingenti somme di denaro in beneficienza e che Kinzo Ushiromiya in persona dirigeva, aveva iniziato a lavorare presso la ricca famiglia, come molti altri dei ragazzi in uscita dalla Fukuin House. Questa prima esperienza lavorativa su Rokkenjima era parte della loro educazione, nonché il primo passo per inserirli nella società, dal momento che per quanto si trattasse di un lavoro impegnativo, la paga era più che ottima. Probabilmente non appena Kanon avesse racimolato la somma necessaria per andare avanti nel mondo del lavoro con le sue forze, anche lui si sarebbe dimesso e avrebbe lasciato l'isola.
Sarà stato il fatto che fosse l'unico suo coetaneo di sesso opposto sull'isola, o il suo modo di fare scontroso e totalmente apatico ma in qualche modo affascinante, o ancora, i lineamenti raffinati e non ancora del tutto virili, il tono di voce lieve e pacato, i liscissimi capelli corvini e i profondi occhi blu...
Fatto sta che anche una persona solare come Jessica aveva letteralmente
perso la testa per il giardiniere introverso.
Non sarebbe stata una storia d'amore incantevole, quella tra una lady e il suo misterioso nonché
bellissimo domestico, in fondo?
Persino Jessica che, per quanto romantica e sognatrice come tutte le giovani di quell'età, prima di allora non aveva mai pensato sul serio all'amore, e che di certo non aveva mai provato qualcosa di neanche lontanamente simile, si ritrovava ad arrossire facendo considerazioni simili.
...si può anche pensare che dopo aver tanto vagheggiato il sentimento amoroso, a diciassette anni compiuti, anche lei avesse forte curiosità di viverlo.
Anche Jessica, insomma, voleva innamorarsi.
Vedendo poi le sue coetanee alle prese con le loro prime, dolci relazioni, aveva avuto come la sensazione di essere rimasta in qualche modo... indietro.
Non era banale invidia, quella nel cuore di Jessica, nei loro confronti.
E di certo non le importava che un ragazzo
qualsiasi notasse le sue qualità; non avrebbe mai commesso l'errore di alimentare le speranze di chi non aveva fatto sbocciare in lei il sentimento dell'amore pur di avere il fidanzato adorante di cui vantarsi in ogni fantastica occasione mondana. Non le importava davvero di cosa la gente pensasse di lei, finché il pensiero altrui riguardava la sua persona e non il suo denaro, dunque non avrebbe mai potuto nemmeno concepire l'idea di trovarsi un ragazzo solo per essere meglio vista dalle sue amiche ed avere qualcosa in più di cui parlare con loro.
Ma se non fosse stata lei stessa fortemente innamorata di qualcuno, guardando le altre ragazze insieme ai loro fidanzati, non avrebbe sentito quella strana, nuova necessità...
...e quella dolce e dolorosa fitta al cuore, al pensiero di voler il più presto ricevere le stesse attenzioni da...
Da un ragazzo di quindici anni, bello, mite e affascinante come il mare di notte, di cui portava il colore negli occhi.
Kanon-kun – aveva da subito iniziato a chiamarlo con quel suffisso confidenziale -, era... gentile con lei. Ma non come una ragazza innamorata vorrebbe. Forse la parola giusta per definire il suo atteggiamento nei confronti di Jessica era "garbato".
Alla giovane, Kanon-kun sembrava così triste a volte, come se non solo non fosse in grado di realizzare i propri sogni, ma nemmeno di dar loro voce...!
Jessica, in quei due anni in cui Kanon aveva lavorato per la sua famiglia, si era fatta moltissime domande su di lui.
Aveva qualche amico? Magari dai tempi in cui frequentava la Fukuin House?
Non sembrava aver legato con gli altri domestici, eccetto che con la vecchia Kumasawa baa-chan, che doveva essere come una mamma chioccia per lui e Shannon-chan, che considerava sua sorella; mentre a Genji-san portava molto rispetto, ed era ben visibile dagli sguardi di ammirazione che Kanon gli rivolgeva ed il tono più morbido e quasi docile con cui gli parlava.
Per il resto...
Sembrava molto solo.
Jessica aveva dato per scontato che non gli piacesse poi così tanto stare sulle sue – a chi mai potrebbe piacere, in fondo? -, così aveva provato più volte a colmare quella solitudine, con affetto sincero, e continuava ostinatamente a tentare, sebbene alle volte i risultati... non fossero quelli sperati.
Quindi aveva provato a condividere con lui la sua passione segreta per la musica, prestandogli numerosi CD e cercando di commentarli con lui al momento della restituzione, salutandolo ogni mattina e recandosi spesso a trovarlo durante il lavoro, pensando che una chiacchierata piacevole avrebbe potuto almeno mentalmente farlo riposare. E trovava sempre un modo per passare da lui, la mattina appena sveglia, al ritorno da scuola, dopo pranzo, nel pomeriggio, la sera, dopo cena, anche nel periodo degli esami, con molta discrezione perché la cosa non saltasse all'occhio, facendole sembrare delle coincidenze. Anche perché sua madre e suo padre sarebbero sicuramente rimasti contrariati dal vederla tanto spesso in compagnia di un domestico.
In tutto scambiavano poche parole ma Jessica le accompagnava con caldi sorrisi e gesti amichevoli. La formalità da parte sua non era mai esistita, e trattava ogni domestico come suo pari senza farsi troppi problemi. Sperava che quel suo atteggiamento avrebbe prima o poi fatto sentire Kanon... a suo agio. Che avrebbe distrutto la scorza dura che sembrava nascondere al mondo un cuore buono.
Non le importava che i suoi sentimenti lo raggiungessero o meno, voleva solo... conoscere il vero Kanon - a partire dal suo nome, magari, visto che quello che usava era solo lo pseudonimo lavorativo da domestico affibbiatogli appena uscito dall'orfanotrofio.
Forse poi un giorno... il suo amore sarebbe stato ricambiato. Non... non c'era niente di sbagliato in un sogno simile, giusto? Se fosse stato necessario per piacergli di più, Jessica aveva anche pensato di poter rendersi più, sì, femminile. Per lui.
Quel giorno sembrava tanto lontano, ma un cuore innamorato sa aspettare.
Kanon non aveva mai abbandonato i modi formali, non aveva tolto il suffisso d'onore dopo il nome di Jessica, nonostante lei gliel'avesse ripetutamente chiesto, come a voler mettere in risalto la differenza di rango tra loro. Non era di molto più loquace con lei che con altri, ma malgrado sembrasse determinato nel voler mantenere le distanze, appariva qualcosa di vagamente dolce nel suo sguardo quando le parlava. Qualcosa di talmente piccolo che nessuno al mondo avrebbe mai potuto notare e che Kanon con tutte le proprie forze cercava di nascondere, con successo.
Jessica aveva avuto una buona intuizione: Kanon non era sincero con i suoi sentimenti, e non dava voce ai propri sogni. Li ignorava entrambi aspettando che svanissero, semplicemente.
Un domestico non avrebbe mai potuto ambire alla
radiosa – come il domestico spesso la definiva nei suoi più segreti pensieri - figlia dei suoi padroni, ma finché si parla di cuori giovani, non esiste la posizione sociale.
Esisteva qualcos'altro, però, di più profondo: una differenza di classe ancor più marcata nella mente di Kanon, che Jessica non riusciva a comprendere.
Era come se Kanon svalutasse sé stesso definendosi "
mobile", cosa che usava tra i domestici, ma che Kanon intendeva in una maniera assolutamente particolare.
A Jessica sembrava abbastanza brutto da dire dal momento che sicuramente lui era un essere umano e ovviamente, come persona, non aveva niente in meno rispetto a lei. Che poi era quello che contava davvero, a differenza dell'estrazione sociale.
Ma Kanon parlava sempre di sé come
umanamente inferiore, come se a lui fosse preclusa la possibilità di scegliere da sé e realizzare un futuro che gli piacesse, e questo faceva arrabbiare Jessica, che invece sapeva che le possibilità di Kanon di avere successo nella vita non erano inferiori a quelle di nessuno. Che avesse subito qualche trauma in passato, al riguardo, che non era ancora riuscito a superare? Nessuna delle spiegazioni che era riuscita a darsi la convinceva del tutto. Ma del resto, sapeva talmente poco di lui...
Avrebbe voluto così tanto conoscere il giovane che si celava dietro quel servo dimesso.
Kanon non viveva la sua età, anzi, non viveva e basta, e nonostante gli sforzi, lei non riusciva a trascinarlo con sé attraverso il suo entusiasmo.
Perché quella parete di vetro infrangibile che Kanon aveva costruito intorno a sé lo rendeva eternamente distante. Era un modo per proteggersi...?
Jessica non capiva, non capiva perché, né da cosa...
Ma non si arrendeva, ed era sicura che un giorno in quel cuore che sembrava di ghiaccio sarebbe riuscita a smuovere qualcosa. La tenacia di Jessica era forse il suo più grande pregio ma, era risaputo, quando diventava
ostinazione iniziavano i problemi per lei e chi le stava attorno.
E poi era successo quello.
La dolce Shannon aveva capito i sentimenti di
Milady, e senza nessuna malizia ne aveva messo al corrente il fratello minore.
Solo Shannon sapeva quel che Kanon coltivava nel cuore, quando nemmeno lo stesso ragazzo arrivava a comprenderlo. Shannon aveva pensato di renderlo felice dandogli una simile notizia, ed in fondo andò così. Del resto, lei stessa aveva rifiutato la sua condizione di
mobile per amore di un uomo, commettendo un azzardo che ancora non sapeva dove avrebbe potuto condurla.
Tuttavia...
Kanon, a differenza della sciocca e avventata sorella, non avrebbe mai creduto di poter amare ed essere amato a sua volta, ma per via dell'insistenza di Shannon, aveva accettato quell'invito al Festival scolastico di Milady Jessica. Aveva accettato di passare l'intera giornata insieme a lei. Aveva accettato di camminare stringendole la mano. Si era sentito felice di fronte a quella richiesta. Non lo era mai stato tanto in tutta la sua vita.
Non avrebbe mai neppure potuto - o
dovuto - sognare di avere intrecciate alle proprie quelle sottili, lisce e morbide dita, dal punto più basso del mondo dal quale guardava la vita scorrere senza mai prendervi parte. Era stata una splendida, dolorosa eccezione, quella di quel giorno.
Ma quando dall'imbarcazione, di ritorno da Nijima, a fine giornata, aveva scorto in lontananza il profilo di Rokkenjima, Kanon aveva ricordato.
Aveva ricordato quale fosse il suo posto, la sua funzione.
La sua misera funzione.
Non poteva parlarne a Jessica, lei... non avrebbe capito. E se avesse capito, la verità le avrebbe solamente fatto del male.
La cosa migliore che potesse fare per entrambi era mentire ancora una volta a se stesso, e a lei.
E calpestò subito il miracolo d'amore, destinato a svanire come un'illusione, facendo scempio di tutti i sogni e lasciandone i cocci taglienti nelle loro mani. Perché
adesso avrebbe fatto meno male che poi.
"
Un mobile ed un umano non possono stare insieme
"Tra un mobile ed un umano non può esservi amore
"Anche se un umano può provare amore per un mobile... un mobile non può provare amore per un umano
"Non dire mai più cose talmente crudeli
"Mi dispiace, Milady
"Grazie. Grazie per aver pensato a me come ad un umano. Era più di quanto chiedessi, più di quanto meritassi

"Kanon-kun non è un mobile...!" aveva continuato a singhiozzare quella notte Jessica stringendo a sé il cuscino.
Agli occhi di chiunque altro sarebbe risultato chiaro: semplicemente, quei sentimenti non erano ricambiati, ed evidentemente, non lo sarebbero mai stati.
...Non che agli occhi di Jessica non lo fosse. Kanon aveva parlato in modo da non poter essere frainteso.
Ma aveva dato come la colpa di ciò ad una differenza di fondo tra loro che Jessica non comprendeva. Se avesse parlato un po' più chiaramente a quel proposito... non avrebbe fatto meno male, ma almeno le avrebbe dato la certezza, la certezza di cui adesso aveva bisogno per placare prima e successivamente estinguere definitivamente la sua prima, dolce fiamma, che ancor più di prima le stava ardendo nel petto. Per mettere il cuore in pace.
La certezza che non ci fosse un odioso impedimento proveniente dall'esterno a proibire l'amore tra di loro mentre Kanon ricambiava i suoi sentimenti. Jessica si rendeva conto di quanto fosse improbabile ma si sarebbe aggrappata a qualsiasi speranza...
La notte non confortò quei cuori infranti.
Quello di lui non aveva speranza di essere consolato. Sapeva di aver fatto la cosa più giusta, che anche tornando indietro non avebbe potuto agire altrimenti, e che tutto ciò che poteva fare era reprimere quel dolore dentro di sé, insieme a
tutto il resto, continuando la sua vita in funzione di altri. Non aveva per natura neanche il diritto di rimpiangere.
(Eppure c'era qualcosa... qualcosa che avrebbe potuto fare. In un futuro non molto vicino. Una piccola remota - dorata - possibilità di felicità per loro a cui non avrebbe nemmeno dovuto pensare...)
Senza saperlo, si ritrovarono a guardare la stessa pallida luna, come se lei avesse potuto dare loro sollievo o risposte, e con quella lieve e candida luce negli occhi filtrata da un velo di lacrime, lentamente, si addormentarono.
La notte passò troppo in fretta. Poi il mattino arrivò inclemente, costringendoli ad iniziare una nuova giornata e a fare davvero i conti con quanto avvenuto il giorno prima, che entrambi avrebbero invece voluto dimenticare per sempre. Persino lo stesso Kanon aveva espresso quel desiderio. Persino lui, che se avesse davvero agito con coerenza e convinzione, non avrebbe dovuto dare importanza a niente di quello che era successo fra loro.
Anche il cielo sembrava non aver voglia di collaborare a rendere quella giornata almeno sotto qualche aspetto lievemente più gradevole, ricoperto com'era di grigi nuvoloni.
Fortunatamente Jessica non aveva lezione, ma doveva aiutare a smontare le decorazioni del Festival del giorno prima. Con quali energie, non lo sapeva ancora.
Si presentò a colazione bianca in volto come un lenzuolo, con gli occhi gonfi, di un azzurro spento, la divisa scolastica invernale già addosso, e i lunghi boccoli biondi
perfettamente in ordine, cosa preoccupante vista la sua eterna passione per le acconciature originali e pratiche.
A servire la colazione era Shannon.
Kanon doveva essere di già ad innaffiare il roseto - "per fortuna", pensò Jessica mentre le tornava una di quelle fitte al petto della notte prima.
"Sei pallida", notò sua madre Natsuhi mentre Shannon le serviva un infuso che avrebbe dovuto lievemente attenuare la tremenda emicrania cronica della donna.
"Sto bene. Ho sentito il telefono squillare stamattina, era papà?" domandò Jessica prendendo posto a tavola dopo averla liquidata in fretta. Natsuhi non era una madre particolarmente affettuosa, o meglio, non lo era affatto, ma quando la vedeva stare male, almeno, sembrava ricordarsi di averla ospitata nell'utero nove mesi e diventava di un apprensivo terribile.
Ogni genitore è fatto a modo suo, pensava in questi casi Jessica. Ma avrebbe preferito che i suoi due insopportabili vecchi fossero tipi un po' più alla mano, detto francamente.
Krauss le piaceva ancora meno di Natsuhi, possibilmente. Dopo cena, la sera prima, era partito da solo per Hokkaido. Questioni di affari. Sembrava che vivesse in funzione di quei maledetti soldi.
"Dovresti misurare la pressione prima di uscire, fare una colazione più abbondante se serve, e... Sì, era tuo padre" fece a bassa voce la donna, passandosi una mano sulla fronte, con espressione sofferente. "Dice di essere arrivato in albergo solo stamattina, era molto stanco."
"Immagino..." commentò Jessica distratta, rigirando inutilmente il cucchiaino nella sua tisana, con lo sguardo rivolto alla finestra, in direzione del roseto. Non aveva fame. E neanche intenzione di stare ferma a pensare, terrorizzata di cadere moralmente più in basso di quanto già non fosse; inoltre, doveva sbrigarsi: voleva correre lontano da Rokkenjima, il più possibile, incontrare persone, parlare con loro, pensare ad altro (ne aveva maledettamente bisogno oggi più che mai), e sapeva che se la pioggia l'avesse bloccata lì la conversazione più interessante della giornata sarebbe stata con la vecchia Kumasawa a proposito di sgombri.
"Il tempo lo vedo malissimo. Corro per non... arrivare tardi a scuola."
"M-milady...!" intervenne timidamente Shannon, prima che Natsuhi l'ammonisse con un gesto deciso, "L-la sua colazione..."
La giovane non rispose. Semplicemente, si alzò, prese la cartella che aveva appoggiato a terra e uscì dalla stanza, assente.
Natsuhi, per quanto il comportamento della figlia l'avesse impensierita non poco, notando l'espressione dispiaciuta sul volto della domestica, cercò di sminuire la cosa, con evidente irritazione e gelosia. "È l'età. Non preoccupartene. Piuttosto, vai in cucina e chiedi a Gohda-san di prepararmi un altro infuso. Più forte, magari. Il tempo è pessimo e quest'emicrania non sembra voler darmi tregua.", la congedò quasi con tono perentorio, come a volerle intimare di non impicciarsi nella vita privata dei membri della famiglia.
Lei ubbidì docilmente, non avendo colto l'astio rivoltole nelle parole di Natsuhi, portando con sé il carrello.
Una volta sola, la donna sospirò e si sentì finalmente libera di assumere un'espressione preoccupata, prima che l'ennesima fitta alla testa la distorcesse in una smorfia di dolore.
...Shannon aveva parlato poco a Kanon la sera prima, ma da quel poco aveva capito come fossero andate le cose, e il comportamento di quella mattina di Jessica ne era la conferma.
Povera, povera Milady...!, la ragazza non trattenne un singhiozzo una volta uscita dal salotto, sicura che non sarebbe arrivato alle orecchie di Madame.
Forse passarono diversi minuti, mentre lei, appoggiata con la schiena contro il muro e lo sguardo vacuo, rifletteva sulla situazione che si era venuta a creare. E un dubbio terribile s'insinuò per un solo secondo nel suo cuore, il dubbio che quella di Kanon, per quanto dolorosa, fosse la scelta più saggia per un mobile.
Ma lei in fondo...
Grazie a George-sama...no. Grazie a George-san, lei non lo era. Non più. Lei riusciva a vedere il colore blu del mare anche sotto un cielo ricoperto di nubi.
Asciugò in fretta le lacrime dal suo viso con il dorso della mano.
Se si fosse voltata, avrebbe potuto vedere due sagome dal vetro delle finestre nel corridoio punteggiate dalle prime gocce di pioggia, in piedi al centro del roseto, immobili per qualche secondo, indecise se augurarsi o meno il buongiorno o perse in chissà quale altro pensiero, prima una delle due corresse via in direzione del molo.

~

"Quindi quello era il tuo ragazzo? Aw, era così carino Jessie, sono quasi gelosa!"
Volente o nolente, la conversazione non poteva che cadere su quell'argomento che il giorno prima aveva tanto catturato l'interesse di tutti. I ragazzi aspettavano trepidanti una qualsiasi risposta di Jessica, mentre lei si limitava a sorridere in maniera quasi innaturale e a sospirare di tanto in tanto. Le forze per mentire le erano venute a mancare ma di vuotare il sacco dopo la recita del Festival non se ne parlava neppure.
"Passami lo striscione, Yuu-san, e ricordati di mettere tutti gli altri nello scatolone rosso. I palloncini non c'è bisogno di conservarli."
La presidentessa del consiglio studentesco per una volta dava istruzioni con una serietà che gli altri faticavano a riconoscere. Diverse ragazze ridacchiavano in disparte, guardandola al lavoro, alcune intenerite ed altre con malizia. Che quello fosse l'effetto dell'amore su Jessie? O forse era così giù di tono perché avevano... dormito poco? O chissà invece se non avessero litigato!
E Jessica faceva finta di non sentire.
In che guaio si era cacciata? Avrebbe dovuto sospettare che le cose sarebbero andate a finire così, e adesso che non chiedeva che di non pensare a Kanon-kun giusto per qualche ora, sembrava che quella storia la perseguitasse ancora di più.
La pioggerellina della mattina si era fatta più fitta, ed ovviamente tutte le imbarcazioni che conducevano alle altre isole dell'arcipelago si erano bloccate.
Ironicamente, il tempo sembrava peggiorare man mano che il malumore e lo sconforto di Jessica aumentavano.
Di lavoro da fare ce n'era, ce n'era così tanto che non avrebbe fatto male a pensare che sarebbe stata assorbita completamente da quell'attività per tutta la giornata, se non fosse stato per quei tremendi mormorii nei corridoi che inevitabilmente la distraevano e allargavano la ferita nel suo animo.
Non era da lei abbattersi in quel modo, ma allo stesso tempo, sapendo quanto facilmente sapesse lasciarsi travolgere dall'intensità impetuosa dei sentimenti, si potrebbe dire che la sua reazione non fosse proprio insospettabile.
Quel giorno, le nuvole nel cielo di Jessica non sembravano volersi diradare in fretta come al solito.
Le persone parlavano, parlavano tanto, continuamente, e volevano sapere altro per poter parlare ancora di più, per nulla sensibili di fronte al turbamento nel cuore di Jessica.
Durante la pausa, spinta dalla voglia di allontanarsi da quegli esseri umani che proprio non volevano capire il suo stato d'animo, la giovane uscì a prendere una boccata d'aria, rimanendo sotto la tettoia davanti al cortile. Dentro di sé giurava di non poterne più.
"Stupido, stupido Kanon-kun".
...no. Era stata lei la stupida. Fin dall'inizio...
Con il pranzo sulle ginocchia e uno strano tappo alla bocca dello stomaco che le impediva anche di ingoiare, si mise a giocherellare con le bacchette facendo dei disegnini con i chicchi di riso. Era talmente raro vederla da sola, e così tranquilla.
Non si rendeva neanche conto di quanto tutto ciò sembrasse strano ai suoi compagni, alcuni dei quali iniziavano sinceramente a preoccuparsi per lei, anche se tardi.
Un gruppetto la guardava dall'interno dell'edificio, e brulicava interdetto.
"Vacci tu." "No, vai tu." "E se preferisce stare così?" "È Jessie, ovvio che non preferisce stare così!" "Ma può sentire il bisogno per una volta di..." "Di cosa?" "...silenzio?" "Non farmi ridere!" "...E se invece avesse bisogno di conforto?" "Dio, ma stiamo proprio parlando di Jessie...? Che angoscia." "Sarà grave?" "Qualcuno ci va per favore?" "Hey ma sta piangendo?" "No che non sta piangendo, idiota!" "Non dirlo neanche per scherzo!" "Ahio!"  "Spostatevi, voglio vedere anch'io!"
Una studentessa che sembrava essere più giovane si era allontanata dal gruppo, mentre i ragazzi erano così impegnati a discutere tra loro, per andare in direzione di Jessica, con una certa sicurezza.
Con estrema naturalezza, poi, senza dire nulla, le prese posto accanto, gesto che sorprese gli altri e mise fine al loro brusio.
"
Finalmente" pensò la bionda sollevata dal fatto che quel chiacchiericcio su di lei fosse stato interrotto, nonostante Jessica per prima si fosse meravigliata di quel comportamento inaspettato da parte di...
La ragazza era una matricola delle scuole medie che più volte aveva ricevuto aiuto da Jessica per integrarsi, all'inizio, timida com'era. Jessica la ricordava bene. Come dimenticare quel simpaticissimo spazio fra i due incisivi che la moretta sfoggiava ad ogni sorriso?
"Ren-san...?~" salutò incerta con sguardo affettuoso, per rispondere a quello dolcissimo che le aveva rivolto la più piccola.
"Jessica-senpai è preoccupata per la pioggia?" chiese con finta ma credibile ingenuità l'altra.
Finalmente, finalmente qualcuno con cui potersi distrarre...! ...forse.
"Beh, sai..." iniziò lei cercando di riacquistare un po' della sua reattività e sorridendo lievemente con più convinzione "Io vivo su quell'isola, ricordi? Rokkenjima. E se non smette di piovere devo iniziare a pensare a come sistemarmi negli alloggi qui."
Le parole, in realtà, erano uscite inizialmente con molta, molta fatica.
"Anche io vivo in un'isola dell'arcipelago!" batté le mani Ren, contenta "Jessica-senpai ha sempre tante persone che le fanno compagnia, ma magari potrò anch'io stare con lei oggi?"
Jessica sbatté le palpebre, piacevolmente sorpresa da quell'entusiasmo, e incrociò le gambe per sedersi in una posizione meno composta ma più spontanea e comoda per poter parlare meglio con la kouhai, sistemandosi la gonna. "Ma certo che potrai! Sai, stare agli alloggi spesso è noioso ma se non smette di piovere faremo quello che potremo per rendere tutto più divertente!" Jessica le fece l'occhiolino e abbassò il tono di voce "...l'importante è che non ci facciamo beccare, o ci rimprovereranno!"

"Come un pigiama-party?" sgranò gli occhi la più piccola, al che l'altra ridacchiò e annuì. "Esattamente come un pigiama-party!"
Poi, Ren, furbamente, tirò fuori il proprio pranzo e fece come per iniziare a mangiare, quando poi con un sorriso indicò il bento di Jessica e chiese "...è ora di pranzo, non mangi niente? Ti senti... poco bene?"
Jessica, come ripresasi da un lungo sonno, guardò il suo pranzo e, senza pensarci due volte batté le mani e gli si scagliò addosso con fare quasi bellico "Scherfi! Non ho nemmeno faffo colaffione ffftamaffina! Mh. Oh, cielo, quell'uomo è dio.", esclamò a bocca piena, sputacchiando involontariamente chicchi di riso, riferendosi a Gohda-san, l'abilissimo cuoco che lavorava alla villa sotto la supervisione di Natsuhi, l'autore di quell'ennesimo capolavoro culinario.
Qualcuno tirò un sospiro di sollievo, guardando la scena da lontano. Certo che bastava davvero poco a risollevare il morale di Jessie, ma era certamente meglio così. Anche chi fino a poco prima aveva fatto ipotesi maligne sulle cause del suo malessere, smise e tornò alla propria mansione come rincuorato.
Alla ragazzina, però, non sfuggirono le due lacrime che avevano rigato il volto di una Jessica tanto affamata quanto afflitta, e mentre il cortiletto si svuotava, Ren si sporse in avanti ed impacciatamente la strinse in un abbraccio.
Jessica le scacciò in fretta con il dorso della mano, e ridacchiò visibilmente in imbarazzo: non le piaceva che le persone vedessero questo lato di lei, ma quel gesto le aveva comunicato un affetto sincero che non poteva non farla sorridere. Probabilmente, da quella mattina il suo cuore non chiedeva altro, ma né sua madre con la sua freddezza, né Shannon con la sua ingenuità, né Kumasawa e la sua parlantina vuota o Gohda e la sua gentilezza impeccabile e formale avevano saputo darle un po' di semplice calore umano.
Sarà che più si è grandi, più difficilmente si capiscono i bisogni più semplici. E quello di Jessica era il più semplice in assoluto.
I suoi occhi adesso avevano parzialmente recuperato la loro luminosità, ma Ren percepì quanto fosse doloroso e profondo il motivo della sua tristezza, e temendo che quella luce si spegnesse ancora si ripromise di continuare ad alimentarla almeno per tutto il giorno e quello successivo. Senza permetterle di pensare a niente di diverso dalle cose più sciocche e piacevoli della loro età.
...lo stesso fecero in seguito le altre compagne, senza chiedere alcuna spiegazione, avendo forse compreso anche loro cosa avrebbero dovuto fare sin dall'inizio per rincuorare l'amica – d'altronde Jessica, quando loro ne avevano avuto la necessità, aveva
sempre fatto qualcosa per aiutarle a sentirsi meglio -, e finalmente nel suo cielo comparve una macchia azzurra, nonostante fuori continuasse a piovere come prima.
Nessuno parlò più del ragazzo di Jessie, o del Festival.
Da lì in poi, fino a fine giornata, tutto ebbe un ritmo frenetico e incalzante. Il lavoro non finiva mai, così come neppure le risate delle ragazze, le battute e gli scherzi.
...Il cuore di Jessica non aveva scordato l'origine del suo dolore o la presenza del dolore stesso, ma tutti quegli sforzi da parte degli altri per farla stare bene erano talmente commoventi che proprio non ce la faceva a non essere un po' sinceramente felice. Stava provando una gratitudine immensa nei confronti di tutti loro, loro che stavano trasformando quel giorno grigio in uno dei più divertenti in assoluto da quando era entrata al liceo.
"Non piove mica per sempre, Jessica-senpai~" cinguettò la matricola felice tenendole la mano, mentre con un braccio soltanto, forse per dimostrare quanto fosse fisicamente forte, Jessica sosteneva a fatica uno degli scatoloni per andarlo a riportare nel magazzino in palestra.
"Ah, perché, piove ancora fuori~?" chiese Jessica distrattamente, fischiettando.
La più giovane emise una risata cristallina. "Beh, non per molto ancora secondo me..."
L'importante, pensava Ren, era che il sole fosse presente all'interno dell'edificio scolastico, da quando Jessica era di nuovo sorridente.
-
Lo stesso sole che un servo codardo non poteva fare a meno di amare, e della cui luce un po' tutti avevano bisogno. -
Ma proprio quella preziosa luce negli occhi della sua dolce senpai, Ren la vide tremare, divampare e spegnersi all'improvviso, e tutto questo nel momento in cui...
Lo scatolone finì a terra, per fortuna sigillato, e il sorriso sulle sue labbra si spense, per lasciare il posto ad uno tesissimo.
"Kanon-kun..." sussurrò. "Cosa ci fai qui...?"
Alle spalle del giovane, delle ragazze bisbigliavano tra di loro. Ancora.
"
è persino venuto fin qui, con questo tempo, per vederla! Jessie è proprio fortunata!"
"Scusami, Jessica-sama," si sforzò di usare la seconda persona, il giovane avvolto nel pesante cappotto nero, a qualche metro di distanza da loro nel corridoio "ma Madame stamattina una volta visto il tempo ha voluto che ti raggiungessi qui per darti una mano all'alloggio. Infatti poco dopo è peggiorato. Ho preso l'ultima imbarcazione dopo la tua, ma adesso sono ferme da almeno un paio d'ore."
Kanon - la voce bassa e appena incerta, un nodo alla gola, ma lo sguardo fermo come sempre- nascose lievemente il proprio viso dietro la spessa sciarpa di lana.
"...Perché non Shannon?" rise lei nervosamente, con voce debole e quello che sembrava essere un principio di mal di testa.
"Ha detto che preferiva restare alla villa per aiutare con le pulizie." rispose lui seccamente. Quella di Shannon era ovviamente una pessima scusa per dar loro un'altra occasione per parlare, Kanon l'aveva capito subito così come anche Jessica, venendolo a sapere. A questo pensiero sospirarono all'unisono, cosa che accrebbe l'imbarazzo fra di loro.
"...le altre domestiche di turno...?" osò chiedere ancora, ma quando il ragazzo scrollò le spalle, Jessica si rese conto di essere stata forse scortese - no che non era carino palesare tanto di non voler trascorrere del tempo con lui dopo che Kanon era venuto fin lì, con quel tempaccio, e per lavoro - quindi gonfiò le guance e alzando timidamente lo sguardo, mormorò un "...Immagino di doverti ringraziare molto, Kanon-kun".
Il ragazzo si limitò a scrollare nuovamente le spalle, e solo allora, cercando un punto dove andarsi a rifugiare con lo sguardo, Jessica si rese conto del pesante borsone posato sul pavimento che il ragazzo evidentemente aveva dovuto trascinare con sé lungo il tragitto, pieno dei suoi effetti personali. Kanon era ancora abbastanza esile, e non si era certamente trattato di una passeggiata per lui. Sul suo volto si fece strada un'espressione vagamente preoccupata, mentre contemporaneamente, per qualcosa di diverso, anche lo stesso Kanon venne assalito dal rimorso.
Lui... l'aveva vista, prima, ridere con le altre ragazze. Notando questo cambiamento d'umore si sentì per l'ennesima volta responsabile della sua infelicità. E anche la matricola di fianco a Jessica non poté che in cuor suo attribuirgliene la colpa.
Ren le strinse la mano come per richiamare la sua attenzione, una stretta che in realtà voleva infonderle forza, mentre sperava che almeno un po' avrebbe potuto recuperare il suo buon umore ricordandole di quanto bene era stata fino a poco prima.
"Senpai...? Se c'è questo signore agli alloggi non potremo fare il nostro pigiama-party...?" le sussurrò all'orecchio fingendo di non percepire la tensione della situazione.
"...O...vvio che lo faremo, Ren-chan!" rispose Jessica con i residui della vivacità di poco prima. "E... E Kanon-kun ci aiuterà a non farci scoprire, no?" si voltò poi verso di lui, rivolgendogli un lieve ma sincero sorriso. È che nonostante tutto i suoi occhi non potevano fare a meno di brillare, quando era con Kanon.
E Kanon ignorò il fremito del suo cuore di fronte a quel sorriso che aveva temuto non gli sarebbe stato mai più rivolto. Le guardò senza capire, ma annuì meccanicamente, ricambiando con aria mite lo sguardo di Jessica.

~

...se solo l'avesse saputo prima, di certo non avrebbe acconsentito a quella follia.
"Pigiama-party" sapeva tanto di uno di quegli svaghi sedentari per ragazze, ma a quanto pareva la sedentarietà e Jessica non andavano per nulla d'accordo.
Kanon non seppe neppure nascondere un lieve balbettio, seguendo la ragazza giù dalla finestra, "M-milady, con questa pioggia ti prenderai un malanno, e poi qui ci sono degli orari, non potete entrare ed uscire sen-", provò a farla ragionare, ma venne zittito da Ren.
"Se è la tua ragazza perché la chiami Milady, Kanon-chan?" fece la matricola già dall'altra parte, avvolta nel suo impermeabile, a braccia conserte e tono pedante.
Ormai era ovvio agli occhi della più giovane che quei due non stessero affatto insieme, com'era altrettanto ovvio che ci fosse ugualmente una luce speciale negli sguardi che si scambiavano.
"Kanon-kun scherza sempre, vero Kanon-kun?" ansimò Jessica dopo aver fatto quel salto di due metri circa, lanciando un'occhiata ironica a Kanon. Pessima, senpai, pensò Ren. Quantomeno l'imbarazzo di poco prima sembrava essere svanito, nonostante né lui né lei sembrassero esattamente di buon umore o a proprio agio.
"...certamente, Jessica-sama." sospirò il ragazzo, abbassando lo sguardo come vergognandosi.
La ragazza invece si voltò verso Ren, e scrollò le spalle, mentre Kanon saltava agilmente giù – rassegnato -, per unirsi a loro.
"Hai capito, immagino, che noi non...", iniziò la bionda mentre le gote, sia per il freddo che per l'imbarazzante argomento, si tingevano di rosso.
"Non vi siete tenuti per mano. Al Festival lo facevate. E siete stati lontani tutto il tempo. E sembra che abbiate paura di guardarvi in faccia. E ti chiama "-sama". Non serve un genio a capire che non siete una coppia." attaccò la piccola Kanon con aria di rimprovero. Il ragazzo rimase impassibile, ma deglutì non del tutto silenziosamente.
Jessica rise, con una punta di amarezza di fondo, e aprì l'ampio ombrello, permettendo a tutti di ripararvisi sotto.
La senpai era evidentemente innamorata di Kanon-san, e Kanon-san doveva esserlo per forza di lei, siccome la senpai era la senpai, pensava Ren.
"...
forse è solo un po' ritardato" si ritrovò a ipotizzare. E sembrava proprio essere così ai suoi occhi, a giudicare da come si comportava.
Beh, in quel caso, chissà se lei non potesse dare una mano.
"Ren-chan, potresti tenere il segreto con gli altri a scuola, per favore...?" chiese Jessica congiungendo le mani come a pregarla, ignara dei pensieri della più giovane.
"Bocca cucita", e mimò di chiuderla con una cerniera invisibile.
Jessica sorrise sollevata.
"Bene, allora~ abbiamo tutta la notte per fare follie e dato che domani con l'allerta-meteo salta la scuola possiamo permetterci anche di fare le ore piccole... Andiamo nella capanna abbandonata sulla spiaggia sabbiosa, vi va? Potremo sentire il rumore delle onde, vedere i lampi e sentire i tuoni da vicino e poi..." iniziò a proporre eccitata, mentre Kanon la guardava con una certa preoccupazione e Ren batteva le mani entusiasta.
Al giovane sembrò assurdo. Con quel tempo, avvicinarsi al mare era stupido, insensato e pericoloso, così per una volta espresse completamente il suo dissenso, e si rivolse a Jessica interrompendola.
"È ridicolo. Non posso lasciarvi correre un rischio simile. Madame mi ha mandato qui appositamente per questo."
"Di male in peggio", lo interruppe ancora Ren, borbottando. "Le dà anche del voi."
La bionda si schiaffò una mano sulla guancia e, non senza arrossire, sbottò nervosamente contro il domestico "...anche se io gli ho detto e ripetuto di non farlo."
"Parlavo con entrambe", replicò impassibile e perfettamente composto Kanon, per poi farsi pensieroso "...anche se sarebbe più giusto se, anche fuori dalla villa, usassi..."
"NO." scattò Jessica allarmata. "No, almeno qui, va bene così..."
Kanon abbassò lo sguardo, serio e rigido come un burattino.
"...ad ogni modo, permettimi di rifiutare la proposta di andare sulla spiaggia adesso."
"D'accordo allora, perché non proponi qualcosa tu? Qualcosa di più sicuro e che ti piaccia." sorrise titubante Jessica, dopo aver parlato con tono gentile.
A Kanon venne da rispondere di tornare su e dormire come tutti, ma le parole gli morirono in gola di fronte a quell'ennesimo sorriso.
"Non posso scegliere per voi, un posto interessante per me potrebbe non essere nulla di speciale per te. Anzi, sicuramente non lo sarebbe..."
Non poteva scegliere, eh? A Jessica tremò l'angolo della bocca per l'irritazione, per via del ricordo della sera prima. Quel copione lo conosceva a memoria.
"E immagino di conoscere il motivo di questo", borbottò lei a bassa voce. "Stai per dire che una papera domestica" iniziò a scimmiottarlo riprendendo le parole che lui stesso aveva utilizzato il giorno prima nel suo monologo autodistruttivo "potrebbe solo portarmi a fare un bagnetto nella fontanella pubblica?".
Una reazione simile non era molto da Jessica, e se da un lato Kanon riusciva comunque a gustificarla, dall'altro lato le sue parole sarcastiche ebbero il potere di farlo alterare.
"Come fai a non capire che si tratta di qualcosa di davvero importante?", scattò quindi immediatamente, serrando le mani in due pugni.
"Come fai a non capire che di qualsiasi cosa si tratti sei più importante tu?"
Jessica lo congelò con uno sguardo che non ammetteva repliche di alcun tipo – mentre il suo animo ancora una volta veniva sovrastato dalla tristezza - ma questo non bastò a fermare Kanon o a distoglierlo dalle sue idee. Egli ricambiò lo sguardo della ragazza con altrettanta severità, ed una punta di afflizione che per una volta non riuscì a nasconderle.
"Non è così." la condraddisse il domestico ancora una volta.
"...è davvero più importante di te?" chiese ancora. Sapeva che la risposta sarebbe stata certamente "sì", ma non l'avrebbe ugualmente fatta rassegnare.
Jessica prese un respiro profondo, abbassando le spalle e coprendo il viso con una mano, mentre con un filo di voce sussurrava ancora, con dolcezza, senza in realtà pensare di farsi sentire da lui "...è più importante di noi...?"
Kanon, di fronte a qualcosa di talmente inaspettato, sussultò, e quella punta di amore nel suo sguardo sempre presente e sempre nascosta mentre era in compagnia di Jessica, per un istante emerse completamente da sotto gli strati di apatia con i quali Kanon si proteggeva da se stesso e dai suoi sentimenti.
Jessica gli piaceva, gli piaceva da sempre.
Gli piaceva la sua luce, così bella e intensa. Gli piaceva il dolce tepore che gli regalava. Perché la vita era stata talmente crudele con lui da fargli provare qualcosa di simile, pur sapendo che avrebbe dovuto rinunciarvi...?
"Se le cose stessero davvero nel modo in cui sostieni che stiano, credimi Jessica-sama, quando dico che oggi io...".
Oggi lui...
Jessica trattenne il respiro.
Kanon si fermò di botto. Non aveva prestato attenzione e qualcosa di pericoloso stava rischiando di sfuggirgli poco prima dalle labbra. Per non parlare del fatto che avesse usato una forma assolutamente irriverente.
Le lanciò un'occhiata truce, interdetto, giusto per evitare per qualche secondo che gli chiedesse di continuare la frase – perché l'avrebbe fatto di certo, leggeva la sorpresa e la curiosità nei suoi occhi. Si guardò intorno cercando qualche via di fuga e si accorse subito di qualcosa.
Fino a poco prima, non erano in tre...?
"...La tua kouhai", cambiò repentinamente discorso.
Jessica, che stava per dire qualcosa, si bloccò di colpo, inarcò le sopracciglia e lo guardò con aria interrogativa, senza capire.
"La tua kouhai", ripeté Kanon, per poi continuare la frase "L'avremmo annoiata. Non è più qui."
Insomma, la scappatoia gli era stata servita su un piatto d'argento, ma era la pura verità. Ren non era lì.
"...impossibile", rise Jessica nervosamente compiendo un giro su se stessa per controllare con i suoi stessi occhi e scattando subito dopo verso il viale principale. Non c'era nessun posto in cui si sarebbe potuta nascondere alla loro vista, in quel punto dello spiazzo. Sembrava davvero scomparsa nel nulla, ma si sa che una cosa del genere era del tutto impossibile. Dove poteva essere andata con quelle gambine corte?
E con quella pioggia...
La chiamarono per una decina di minuti all'esterno dell'edificio, persino nei bagni all'aperto, ma non ricevettero alcuna risposta. Era tutto statico, silenzioso. Non vi erano tracce del passaggio di qualcuno. Jessica non poté fare a meno di allarmarsi.
Pensarono di risalire a controllare se per caso non avesse fatto ritorno agli alloggi. Sarebbe stato abbastanza sensato, visto il tempo.
Inutile dire che anche lì, di lei, neanche l'ombra. Era talmente... ridicolo.
Non li aveva avvisati del fatto che si stesse allontanando, ma vista la conversazione che stavano tenendo prima, in quel momento anche se l'avesse fatto probabilmente non avrebbero prestato orecchio.
Jessica non avrebbe saputo dire se i brividi che le salivano per la schiena fossero dovuti più al freddo o all'inquietudine. Eppure si erano distratti e l'avevano persa di vista solo per poche decine di secondi! Erano rimasti tutti e tre sotto lo stesso ombrello fino a poco prima...
Fuori, da sola, con quel tempo, poteva persino esserle capitato qualcosa di spiacevole...! La bionda si sforzò di non pensarci, o sarebbe entrata nel panico.
Malgrado Kanon l'avesse continuamente rincorsa con l'ombrello tentando di non farla bagnare troppo mentre correva di qua e di là in preda all'agitazione, Jessica non aveva badato alle gocce di pioggia che avevano incessantemente continuato a colpirla, e adesso era zuppa d'acqua fino ai calzini. Presto fu costretta a fermarsi e ad accasciarsi sul marciapiede, il respiro affannato, qualche secco colpo di tosse. Jessica era sull'orlo della crisi respiratoria, ormai Kanon era in grado di riconoscerne una dopo tre anni al suo fianco.
Il ragazzo la raggiunse qualche secondo dopo.
L'espressione della ragazza avrebbe fatto preoccupare chiunque: era affaticata, infreddolita, tremante e bagnata come un pulcino, e i colpi di tosse sembravano procurarle un forte dolore fisico, eppure i suoi occhi apprensivamente continuavano a guardarsi intorno alla ricerca della ragazzina. Kanon, senza pensarci due volte, sbottonò il suo cappotto e se lo sfilò velocemente. Posò l'indumento dolcemente sulle spalle di Jessica e raccolse l'ombrello cercando poi di usarlo per coprirla e di non farla bagnare ulteriormente.
Sebbene Jessica si fosse dimenata per scrollarsi il cappotto del ragazzo di dosso, preoccupata che lui potesse prendere freddo al suo posto, i colpi di tosse progressivamente avevano perso di intensità e frequenza, da quando il braccio di Kanon aveva avvolto le sue spalle, silenziosamente ma con vigore, come per intimarle di restare ferma lasciando che il pesante tessuto del cappotto la coprisse per bene.
Ma Jessica lo percepì.
...c'era molto più di questo in quell'abbraccio, e sarebbe stato inutile tentare di nasconderlo. C'era premura, estrema dolcezza e preoccupazione. C'era un calore diverso da quello fisico, il calore che avevano a lungo desiderato di scambiarsi, senza mai dirlo.
Jessica, tremante, si abbandonò con la testa sul suo petto. Era tiepido, e si alzava e abbassava regolarmente. Inutile dire che proprio nulla avrebbe mai potuto turbare Kanon al punto da farlo ansimare o a quello di fargli trattenere il respiro.
Ma se solo Jessica avesse spostato il capo giusto un po' più verso la sinistra del ragazzo, avrebbe potuto sentire il battito alterato del cuore pulsare insieme al suo. Il battito che non mentiva, perché Kanon non l'avrebbe mai potuto nascondere o camuffare.
"...continuerò io a cercarla. Per favore Milady, non protestare adesso. Ti riaccompagnerò nella struttura, sarebbe un bene se... dormissi, adesso."
Jessica non se lo fece ripetere due volte. Ipnotizzata dai movimenti del petto di Kanon, riscaldata dal suo calore corporeo e in parte dal fiato del giovane che le arrivava sulla nuca, rilassò i muscoli e chiuse gli occhi, cadendo in un sonno profondissimo.
Kanon adesso osò accarezzare la testolina della figlia dei suoi padroni, un gesto che lei non avrebbe di certo potuto percepire e il cui ricordo lui avrebbe custodito segretamente insieme agli altri suoi peccati.
Perché l'amore era un peccato, per quelli come Kanon.
Raccolse il corpo privo di sensi di Milady Jessica e con un certo sforzo fisico, vista la sua statura non proprio possente, che tuttavia non gli impedì di essere estremamente delicato in ogni movimento in modo da non turbare il sonno della ragazza, la riportò nella sua stanza all'interno dell'edificio. Avrebbe dovuto svegliarla per dirle di cambiarsi prima di andare a dormire, o con quei vestiti bagnati avrebbe preso un malanno, ma lei in viso aveva un'espressione tanto serena adesso...
Erano stati due giorni impegnativi sotto ogni punto di vista. Lei aveva sicuramente bisogno di riposare.
Kanon la coprì con diverse coperte meglio che poté.
"Milady..." mimò con le labbra, pensieroso, senza distogliere lo sguardo da Jessica, per poi continuare sussurrando appena percettibilmente "Sapete, io... non sono abituato alla luce del sole, ma la trovo bella comunque. Forse non vedrò mai il blu di cui mia sorella parla rivolgendo il mio sguardo verso il mare, tuttavia lo sto ammirando in questo preciso effimero istante. E, sapete, aveva ragione. È un colore unico. Ma anche io avevo ragione, poiché nelle mie condizioni attuali è uno spettacolo proibito per me
"Ma se voi... Ma se tu aspettassi il giorno in cui io sarò pronto a combattere per modificare il mio destino, esiste una possibilità che...
"Potrei anche perdere, perdermi e perderti, ma se questa fragile pianta crescesse e divenisse una possente quercia, resisterebbe al vento
"Ma io non posso chiedervelo, e non posso farvi promesse
"Quindi resisterò da solo, fino al giorno in cui mobili e umani saranno uguali, e mi sarà concesso passare l'eternità insieme a voi"
Kanon sentì qualcosa opprimerlo all'altezza del petto e si allontanò dal letto sul quale Jessica continuava a dormire serenamente. Calde lacrime lottavano per uscire, ma Kanon non poteva concedersi il lusso di piangere. Distolse lo sguardo da quella figura che tanto amava, perché la sua vista faceva crescere in lui il desiderio ed esso iniziava a procurargli dolore. Si accovacciò sul pavimento, sotto la finestra, prendendo respiri profondi.
La stanchezza iniziava proprio a farsi sentire, sentiva gli occhi pesanti e le palpebre chiudersi, ma aveva promesso a Milady che avrebbe ritrovato la ragazzina.
Solo un attimo, solo un attimo per svuotare la mente e sarebbe ripartito.
Però avrebbe dovuto svegliarla, non è vero? Non poteva lasciarla dormire così, avrebbe preso un... Oh, adesso non riusciva a capire l'importanza di pensieri come quello, tuttavia andava bene qualsiasi cosa purché non pensasse a tutto il resto. E poi la salute di Jessica era un problema in primo piano.
Comprese ancora una volta come dovesse sentirsi Natsuhi nei giorni in cui l'emicrania non voleva abbandonarla.
Che casino.
Kanon si passò una mano sulla fronte, gli occhi lucidi dopo un piccolo sbadiglio, quando...
"Tu non mi sei piaciuto dall'inizio."
La porta della stanza era stata aperta e da una fessura entrava uno spicchio di luce calda insieme alla voce di quella pestifera mocciosa.
Kanon si strofinò gli occhi e scosse la testa sconfortato. Da dove sbucava? Doveva proprio mentre stava cercando di mettere insieme poche forze per arrivare alla fine della giornata?
Balzò in piedi prontamente e la tirò in corridoio richiudendo la porta.
"Dov'era finita? Jessica-sama sta dormendo profondamente adesso."
"Non mi piaci." sentenziò seccamente, con tono durissimo.
"Non mi interessa." rispose lui altrettanto duramente.
La ragazzina ammorbidì la sua espressione leggermente, continuando "Spero che tu abbia avuto sufficiente tempo. Non lo spero per te, ma per lei."
"Non si immischi in faccende che non la riguardano."
"Non lo farò, ma se non stai attento ti ritroverai ad andare in giro con una dentiera damerino."
...di fronte ad una minaccia talmente ridicola Kanon non seppe se ridere, schiaffarsi una mano in viso o sbuffare ed andarsene.
Lei continuò.
"...La sua luce non riscalda solo te. Dunque la prossima volta non maneggiarla con tanta noncuranza, o finirai per farla spegnere di nuovo. Dire ad una persona con il tuo sguardo di non essere egoista sarebbe come sprecare ossigeno, me ne rendo conto, dunque formulo la richiesta in modo diverso: se non vuoi aprirle il tuo cuore, evita di far chiudere il suo."
Dopodiché la ragazzina si avvicinò alla porta e fece per entrare nella stanza dove lei e l'amica avrebbero pernottato, mentre Kanon rimase fermo nel corridoio. Le sue parole pacate fecero appena in tempo a raggiungere le orecchie e l'anima della più giovane, la quale tuttavia non si voltò, ma sorrise tristemente richiudendosi la porta alle spalle.

"
...è troppo abbagliante per me".


Spazio inutile a fine pagina.

*SPARA CORIANDOLI*
È FINITA. CONGRATULAZIONI, SIETE SOPRAVVISSUTI A XX PAGINE DI PURA INUTILITA'.
Siete bimbi coraggiosi.
Meritate un pat sulla testa e una granita con brioche -si muore di caldo.
Sono tornata a pubblicare qui -purtroppo-. Ma dovevo. Troppa poca roba su questi due. ...ho parlato troppo di loro, mi sa. Che cavolo, potevo dividerla in due capitoli.
Io... spero che non sia sgradevolissima. Ma... non sono sicura che potrò leggere un vostro parere. Uno ci spera lo stesso, però, anche perché ho capito che da sola non sarà per nulla facile migliorare. Quindi ho bisogno di pareri, critiche e consigli.
Ringrazio tuuuutti coloro che hanno letto e che sono arrivati coraggiosamente a fine pagina♥ davvero, nella scorsa shot ogni visualizzazione mi ha resa... felice. Ma felice felice. Siete fantastici. E se commenterete mi renderete ancora più felice.
Come ho già detto una volta nonmiricordodove: 1 visualizzazione = 1 testa pensante che ha letto quello che ho scritto = 1 persona che ha una certa opinione di quello che ho scritto.
Fatemele conoscere queste benedette opinioni, siamo qui per questo. ...Per quei pochi visitatori del fandom... Beh...
...Grazie sul serio~ *blush
-D.B.

   
 
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