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Autore: Kveykva    08/09/2014    3 recensioni
Eragon è nelle terre oltreconfine, Arya in Alagaesia quando arriva una notizia sconcertante: degli elfi hanno trovato un incantesimo in grado di risanare Vroengard dai suoi gas nocivi, e sarà presto pronta per allenare i nuovi cavalieri e i nuovi draghi. Quindi se Eragon tornerà in Alagaesia come sarà la sua vita con Arya? Cosa nascerà fra loro?
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arya, Eragon, Fìrnen, Saphira | Coppie: Eragon/Arya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Tradimento! Tradimento! - cominciarono a gridare le Guardie.
-Ci ha ingannato parlandoci!- urlarono diversi soldati, ma ormai Eragon non li ascoltava più. 
L'ologramma di Arya scomparve da Firnen, cosa che sconcertó non di poco la RN, e la vera Regina salì sul drago, seguita dall'intero esercito degli Emarginati.
Gridando e incitandosi, i due eserciti si scontrarono.
Numericamente gli Emarginati erano completamente sfavoriti ,e non erano nemmeno meglio addestrati della RN.
-Fuoco!- gridó Eragon.
 "meglio non dirlo nell'Antica Lingua, o mi va a fuoco la spada" pensó.
Saphira evocó una fiammata gigantesca, blu e azzurra e la indirizzó verso l'esercito nemico, polverizzandone una quantità gigantesca.
Ovviamente, la fiammata era stata indirizzata verso le ultime file dell'esercito, se no Saphira avrebbe potuto abbrustolire anche parte degli Emarginati.
-Com'è che anche se ne ho bruciacchiati un po' ce ne sono tanti lo stesso?- chiede Saphira.
Arya, raggiungendo in volo Eragon, rispose:
-Ne sono arrivati tanti, anche oltre agli elfi di Ellésmera. I traditori c'erano anche nelle altre città.- 
Eragon scorse un lampo di furia sul viso dell'elfa, e non fu difficile comprenderla: il tuo paese, il tuo orgoglio, tutta la tua vita ti si rivoltano contro, come traditori.
Arya stava probabilmente pensando la stessa cosa perchè aggiunse:
-Piccoli sacchi di spazzatura.- 
-Comunque, io vado a creare la bolla: mi raccomando, sarà dietro la radura di Tryele, la più grande di Ellésmera. Suppongo che sarà abbastanza grande.- 
Eragon annuì.
-Andrà bene.- confermó, e Arya, velocissima, scomparve verso nord.
"Forza, mettiamo in atto la seconda parte del piano." trasmise Eragon a Saphira.
"Ambrea, Faelis, Krashta!" li chiamó mentalmente.
Notó con piacere che i draghi dei ragazzi erano arrivati, compreso quello di Dorien.
Gli alunni lo raggiunsero in men che non si dica.
-Seconda parte?- chiese Ambrea, un'aria feroce in viso.
Eragon ne fu impressionato.
-Seconda parte.- confermó.
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I due eserciti si stavano scontrando ancora, ma il conflitto era esteso ancora solo alle prime file dell'esercito. 
In quelle centrali, e nelle ultime, rimanevano ancora tanti tanti soldati.
Cinque erano i Cavalieri e i Draghi, e cinque erano le fazioni suddivise per ciascuno per il piano, ovviamente nella parte nord dove c'era l'esercito nemico.
Ambrea e Dorien scesero verso ovest, Krashta e Faelis verso est,  e Eragon e Arya (tornata dalla radura di Tryele) verso nord, dove ancora c'erano moltissimi combattenti.
Si posizionarono davanti e fecero fuoco, non tanto per ucciderli ma per metterli in guardia e per farli raggruppare strettamente.
I soldati agitavano le lance, cercavano di colpire i draghi ma la verità era semplice: nessuno era tanto coraggioso per farlo.
"O tanto devoto alla causa" pensó Eragon.
-Troppo ottimista- gli invió di rimando Saphira.
-Forse- concesse lui.
Piano piano, tutta l'ala nord, est ed ovest era ridotta a gruppi di soldati della Resistenza Nera assolutamente terrorizzati.
-Via!!- urló Dorien.
Come da piano, i draghi avanzarono, continuando a muovere le ali, e a ringhiare e, esattamente come pensato, le guardie impaurite retrocedevano velocemente, levandosi in poco tempo dal campo di battaglia. 
Ambrea cominció a restringere ai lati ancora di più, e così fecero anche Krashta e Faelis, e in qualche minuto le fazioni diverse erano state ristrette tutte in un solo, enorme, gruppo.
"Continuate a spingere! Devono arrivare dietro quella radura!" raccomandó Saphira mentalmente ai ragazzi.
-Ma quanto sono scemi? Indietreggiano come polli e nemmeno se ne accorgono!- strilló ridendo Ambrea.
Dorien rise con lei, e con lui anche tutti gli altri.
Finchè Ambrea non urló una seconda volta, ma non scherzando.
Eragon si giró, e la vide con una freccia nello stomaco, gli occhi meravigliati e spalancati, di chi non ha ancora capito bene cosa stia succedendo.
-No!- urló Faelis, ma era troppo tardi.
Ambrea era caduta dalla sella, e precipitava verso terra.
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Dorien imprecó ad alta voce e si catapultó verso l'elfa.
-No! Rimanete nelle posizioni! Perderemo il vantaggio!- ordinó Arya, ancora al suo posto.
Krashta e Faelis si costrinsero a non muoversi.
-Stai scherzando?- esclamó Dorien -sta per morire!- disse.
E quando  pronunció quelle parole si accorse di quanto fossero vere, e si trattenne dall'urlare.
Prese  fra le mani i la testa di Ambrea, gli occhi praticamente chiusi.
Il respiro era debole.
Arya aveva l'indecisione negli occhi. Le guardie della RN stavano avanzando e guadagnavano già terreno senza due Cavalieri a bloccarli.
'Bloodgharm!" chiamó mentalmente con tutta la forza che disponeva.
'Vieni qui. Subito. Non mi interessa cosa stai facendo.' ordinó la Regina, inviando all'elfo, ancora frastornato, la loro posizione.
-Dille di tenere duro per qualche minuto.- disse a Dorien.
-Ambrea. Ambrea. Guardami.- la chiamó.
Lei aprì un poco gli occhi.
-Ascoltami: adesso stanno arrivando i rinforzi, hai capito? Stanno arrivando.- 
Lei annuì impercettibilmente.
-Adesso ti esamino la ferita, va bene?- 
-Sono sicuro che si potrà curare, non preoccuparti.- disse con voce strozzata.
Alzó di un poco la maglietta nera dell'elfa e dovette trattenersi dal non gridare.
Emise un verso strozzato.
La ferita della freccia non era rossa, non c'era nemmeno sangue.
Era nera. 
Come le radici di un albero, quella sostanza nera le scorreva nelle vene, si vedevano in evidenzia sotto la sua pelle così pallida e sottile.
-Veleno.- 
Voleva gridarlo a gran voce ma tutto quel che gli era uscito era un sussurro.
-Veleno!- ripetè alzando la voce.
Stavolta gli altri lo sentirono.
In quell'esatto momento arrivó Bloodgharm dalla battaglia: aveva un polpaccio insanguinato, e parecchi lividi sulle braccia ma sembrava star bene abbastanza.
-Mia signora.- esordì.
-Sali su Firnen, prendi il mio posto. Eragon ti spiegherà il piano.- 
Detto questo, scese dal suo drago e si posizionó vicino a Dorien.
Una freccia le passó ad un millimetro dai capelli neri.
Con un'espressione infastidita, alzó il braccio e formuló qualcosa nell'Antica Lingua.
Un secondo dopo era dentro una specie di bolla, di pellicola per proteggerli.
-Per tutti i Cavalieri.- esclamó la Regina.
-L'hanno avvelenata.-
Ambrea emise un gemito roco e poi appoggió la testa a terra.
Arya si piegó sul petto della ragazza.
-Respira ancora. È svenuta.- 
-Cosa facciamo quindi? Puoi curarla?- chiese lui.
Lei lo fissó, senza espressione.
-Ci vorrebbe un dispendio di energia tale che sia io che te verremmo uccisi.- cominció.
-Quindi la vuoi lasciare così?- esclamó lui sbalordito.
-Non ho detto questo. Per curarla servono il nettare della sua arma e anche di quello di Krashta e Faelis.
È stata avvelenata, e per questo serve il nettare contenuto nell'arco di Ambrea. Per la ferita serve il campaniliês di Faelis, e per svegliarla dalla perdita dei sensi quello di Krashta. Ma non possiamo adesso. Dobbiamo prima eliminare la parte di esercito, come da piano. Tu dovresti...-
-Alimentare il suo corpo con parte della mia energia in modo da tenerla viva finchè voi non tornerete.- concluse Dorien.
Arya alzó un sopracciglio.
-Esatto. Ma il massimo che puó aspettare sono cinque, massimo sei minuti.- 
-Dovete fare in fretta.- constató il ragazzo.
-Lo so.- disse lei, e detto questo estrasse con la magia, senza toccarla, la seconda bolrnian dalla tasca di Ambrea.
Arya rivolse un ultimo sguardo al ragazzo.
-Non lasciarla morire.- e sparì, lasciando Ambrea e Dorien nella bolla riparatrice, a lottare contro la morte.
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-Forza! Siamo quasi arrivati!- gridó Arya.
Una lancia le arrivó in parte al viso, schizzó di lato per deviarla ma la lama colpì lo stesso il viso, lasciandole un taglio poco profondo ma lungo sullo zigomo destro.
Strinse i pugni per non urlare.
I soldati della RN stavano cominciando a capire che non era poi così difficile sfidare quei Cavalieri, dato che ben due di essi non c'erano più.
-Ci stanno sfuggendo!- urló Krashta.
Pur cercando di arginare il flusso dei soldati, molti di essi riuscivano ad uscire nella parte ovest, dove Krashta faceva il possibile per non far pesare l'assenza di Dorien e Ambrea.
Ma invano.
Un dardo lo colpì al braccio, e Krashta si piegó in due dal dolore.
'Ancora poco, ancora poco e sarà tutto finito'.
-Dentro!- 
Finalmente erano arrivati nella radura.
Le guardie non avevano ancora capito di essere entrati nella bolla costruita da Arya.
Ora la seconda parte del piano poteva essere messa in atto.
-Sicura che reggerà? Il danno sarà limitato solo a questa zona, giusto?- le chiese Eragon, preoccupato.
-Si, Eragon. La seconda bolrnian li distruggerà, e con loro questa radura ma non oltre. La faremo ricrescere.- 
La sua voce si incrinó un poco nel pronunciare l'ultima frase.
La Regina voleva farla sembrare una cosa da poco, ma per un elfo distruggere la natura era sempre un peccato gravissimo.
Stavolta, la bolrnian non sarebbe stata scagliata. Sarebbe solamente stata posizionata dentro la bolla.
Dopo averlo fatto, tutti i Cavalieri uscirono.
Arya cominció a parlare, e a pronunciare frasi nell' Antica Lingua.
-Verma Böllr, verma böllr, verma böllr.-
A poco a poco, si vedeva la bolrnian surriscaldarsi, da trasparente stava diventando di colore oro, sempre più calda, sempre più calda.
I soldati della RN erano immobili, inorriditi.
Non osavano avvicinarsi.
Si spintonavano, urlavano, cercavano di rintanarsi il più lontano possibile dalla sfera.
-Naina Ládrin Böllr!- gridó con tutte le sue forze alla fine.
E la bolrian esplose.
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Il flusso di energia che Dorien stava passando ad Ambrea era agli sgoccioli.
Si sentiva strano, debole, pronto a cadere e a svenire in pochi secondi.
Ma ogni volta che sentiva di stare per cadere guardava il volto di Ambrea e aveva un buon motivo per continuare a donarle tutto ció che aveva.
Un minuto prima aveva sentito un tonfo sordo, come dopo un grandissima esplosione e aveva tirato un sospiro di sollievo. Ce l'avevano fatta. La bolrian aveva compiuto il suo dovere ed era esplosa eliminando la maggior parte dell'esercito nemico.
-Come sta? È viva? Respira?- sentì la voce ansiosa di Faelis dietro di lui.
-Ora puoi recidere il flusso Dorien.- gli disse Arya, con voce calma.
Piano tiró su la maglietta.
Faelis inorridì e Krashta spalancó gli occhi.
-Non è possibile.- disse.
-È lo stesso veleno. Hanno usato lo stesso veleno.- balbettó Faelis.
-Lo stesso veleno?- ripetè Eragon.
-Quello che ha ucciso Lēila. La madre di Ambrea.- spiegó con voce tombale Krashta.
Ci fu un secondo di silenzio.
Poi, sia Krashta che Faelis, estrassero le loro armi e misero la mano di Ambrea sulla pietra.
Allo sguardo interrogativo di Dorien, Faelis rispose:
-Si puó accedere al potere delle pietre solo se si è il possessore. In teoria servirebbe anche la sua voce. Spero che il tocco basterà.-
Dorien annuì.
Faelis e Krashra fecero un profondo respiro.
-Böllr Campaniliēs Ládrin.-
-Böllr Margaritas Ládrin.- 
Sotto gli occhi incantati di tutti i presenti, uscirono dei globi lucenti da ogni pietra, quella di Ambrea compresa.
Come spinti dal vento, quello grigio di Krashta andó verso la bocca dell'elfa, mentre gli altri due si posizionarono sulla ferita.
-Ládrin.- ripeterono i Cavalieri.
I due nettari si riversarono dentro la ferita, e Dorien aiutó Ambrea, ancora incosciente, a bere l'altro nettare.
Passó un minuto. Sessanta secondi di agonia, dove il respiro dei Cavalieri era lo scandire del tempo.
La ferita si stava curando: il veleno nero cominció a ritirarsi fino a sparire completamente, e il buco lasciato dalla freccia si rimarginó, lasciando solamente una brutta cicatrice rossa.
E gli occhi di Ambrea si aprirono.
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-Grazie ai Cavalieri!- urló Faelis.
Dorien si abbassó sul viso dell'elfa, e la bació come non aveva mai fatto in tutta la sua vita, la bació a lungo, non importava il fatto di avere persone vicine.
Non importava.
Eragon ed Arya ridevano.
-Be'..direi che...-
La frase di Eragon fu interrotta.
Un rombo, come quello di un tuono, il più fragoroso e potente tuono mai sentito, squarció l'aria.
-Ei, ma cosa succede?- chiese Ambrea.
Eragon scosse il capo.
Non lo sapeva, e all'orizzonte non si vedeva nulla finchè...
-Oh Dei.- esclamó Krashta.
-E quello cos'è?- indicó Faelis, terrorizzato.
Una figura enorme completamente fatta di fumo scuro, grigio e denso era appena spuntata da una nuvola, giù a sud-ovest.
E aveva la forma di un drago.
Aveva il corpo basso e largo, le ali così lunghe da non riuscire nemmeno a misurarle, gli occhi neri famelici e bramosi di morte.
A Dorien sembrava di starsi perdendo qualcosa ma non riusciva a capire. Come se sapesse ma non riuscisse a ricordare.
-C'è qualcuno la' sopra.- disse Ambrea, a denti stretti.
-E scommetto che non è difficile immaginare chi.- ammise Eragon.
-La Grande Ala! Ecco il progetto di Manuelì! Un soldato me l'aveva accennato.-
-Vado io.- cominció Ambrea.
Tutti si girarono verso di lei.
-Sei impazzita?-
-No. Manuelì ha ucciso mia madre. Voglio andare io. È quello che avrei dovuto fare già tempo fa.- disse lei, annuendo con forza.
-Non ce la farai mai, Ambrea, avanti. Verremo tutti.- propose Faelis.
-No. La battaglia la' dietro non è finita. Aiutate gli Emarginati a finire la RN.- 
Ci fu un silenzio duraturo dopo l'affermazione.
-Non puoi andare, ti farai ammazzare io..- cominció Dorien, ma la mano di Arya si strinse attorno al braccio del ragazzo.
-È la sua battaglia.- gli sussurró.
Lui la fissó ancora, gli occhi che non riuscivano a stare fermi, ma a poco a poco di calmó. Aveva capito.
-Sappi che conosco Manuelì. A volte ci siamo addirittura allenati. Lui è più un elfo da corpo a corpo. Quando cercherà di arrivare a quello, dovrai fermarlo. Non riusciresti a vincerlo altrimenti.- le ricordó Arya.
Lei annuì.
Dorien la guardó con quasi le lacrime agli occhi, e non le era difficile capirne il perchè.
L'aveva appena persa, non voleva farlo una seconda.
-Mi dispiace.- gli sussurró.
Lui si giró di scatto dalla parte opposta. Ambrea capì che non l'avrebbe perdonara facilmente per stare andando incontro alla morte, a ne' Eragon ne' Arya si erano opposti. Lui non poteva farlo.
-Miliar, andiamo.-
Salì sulla sua dragonessa, rivolse un ultimo sguardo ai suoi compagni e maestri.
E partì.
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-Ma chi si vede! La piccola Ambrea...- disse Manuelì.
L'elfa storse la bocca in una smorfia di disgusto.
Manuelì aveva lo stesso viso e la stessa espressione di cattiveria dipinta sul volto, ma c'era qualcosa i cambiato in lui.
La pelle del viso era quasi trasparente, pallida, gli occhi acquosi, folli.
Sentì Miliar agitarsi sotto di lei.
-Sei un pazzo se pensi di poter fermare tutto questo. Hai perso il tuo esercito.- lo sfidó lei.
Il sorriso beffardo sulla bocca di Manuelì sparì.
-Non ancora.- disse a denti stretti.
Ambrea non riuscì a trattenere una risata di scherno.
-E per te, dieci uomini sopravvissuti vuol dire che il tuo esercito non è stato sconfitto?- 
-Dovresti imparare a tenere chiusa la bocca, ragazzina. Non te l'ha insegnato la mamma?- le chiese lui insolente.
Ambrea si irrigidì di colpo, gli occhi così duri da trafiggere chiunque.
-Non parlare di mia madre, vigliacco.-
Il sorriso crudele di Manuelì ricomparve.
-Oh, hai ragione, piccola Ambrea. È morta prima di poterlo fare!!-
Con un grido Ambrea si slanció in avanti cercando di pugnalare il tiranno, ma quello si spostó a velocità disumana di lato.
"La distanza, Ambrea. Ricordati." le gridó mentalmente Miliar.
Vero, da vicino non poteva tirare con l'arco.
Ma vista la velocità del nemico come pensava di poterlo abbattere da distanza? 
Impossibile.
"Azzannalo al collo. È la zona dove non è corazzato al massimo" consiglió a Miliar, riguardante il drago di nebbia.
-Cosa succede, piccolina? Paura della mia bestiolina?- la sfottè gridando Manuelì.
-Mai.- e incoccó una freccia.
Prese la mira, ma aveva una possibilità su mille di colpirlo: tiró.
Manuelì scartó così velocemenre che la freccia lo passó di lato senza nememno sfiorarlo.
-Smettiamola di giocare. Non ho tutto il tempo.- e Manuelì le si scaglió contro.
La forza dell'impatto quasi la sbalzó di sella, ma si resse forte con le braccia e riuscì a recuperare l'equilibrio un attimo prima che l'elfo cercasse di mozzarle la testa con un colpo netto orizzontale.
Lei si abbassó di scatto, ma riuscì comunque a notare un particolare della lama: la gemma incastonata sull'elsa.
Quella era una spada dei Cavalieri.
-Chi te l'ha data quella spada? Non è tua!- gli urló contro.
Lui fece un affondo, ma lei lo schivó torcendo il busto.
Piegó il collo, ed evitó un pugno, e riuscìad assestargli un calcio sullo stomaco.
Miliar sotto cercava di mordere il collo del drago avversario, ma era come tentare di mangiare il fumo. Nel momento in cui peró la bestia doveva colpire, pesava come una montagna.
-È mia, invece! L'ho presa da una famiglia elfica...i discendenti di uno dei Cavalieri, e l'ho riadattata..- le rispose lui.
-Tu non sei un Cavaliere. Sei un pazzo.- disse lei quasi in un sussurro, la voce piena di disgusto.
Miliar diede una testata fortissima al drago di fumo, il quale cominció a perdere l'assetto di volo, cercando di raddrizzarsi sbattendo le poderose ali.
Ambrea molló un pugno a Manuelì, che roteó la spada e la colpì ad un fianco. 
Il dolore era martellante. Il sangue cominció ad uscire, denso, scuro.
Lei trattenne un gemito, ma non si fermó, non aveva ancora finito.
Duelló per qualche secondo con Manuelì, poi torse il polso, e fece volare via la spada del nemico, ma lui le strinse l'avambraccio con le mani, così forte che lei dovette per forza lasciar cadere il pugnale.
Con un altro calcio, lo spinse via. 
Si ritrovó disarmata, come Manuelì.
Lo fissó negli occhi, senza sbatterli.
-Meriti di morire. Per tutto quello che hai fatto. Per mia madre. E per me. Adesso!-
Lui saltó dal suo drago verso di lei. Ecco il momento che aspettava. Il momento in cui lui avrebbe cercato il corpo a corpo. Ma lei era pronta.
Estrasse una freccia e la posizonó davanti al suo stomaco, ferma.
Non la tiró.
Manuelì fu colpito alla gola. Era andato lui direttamente incontro alla propria morte.
La guardó con occhi vacillanti, e poi cadde.
Il suo drago di nebbia si dissolse, come se non fosse mai esistito. Era stata solamente magia nera, oscura.
Ma ora era tutto finito.
Guardó in basso e vide che gli Emarginati esultavano. La stavano guardando, e la aspettavano giù.
Poi una fitta dolorosissima le partì dal fianco e le si irradió lungo tutto il corpo.
"Sei ferita, piccola mia. Andiamo."
Scesero, planando dolcemente verso terra. 
"Dorien" pensó solamente.
Lei corse verso di lui, si riuscì quasi a dimenticare della ferita al fianco. 
Lui la attiró verso di se', e le prese il viso fra le mani.
Lei lo guardó con i suoi occhioni ambrati. Era così bello, così perfetto.
Si baciarono.
Arya ed Erago si baciarono.
Faelis e Krashta si abbracciarono, un abbraccio quasi tra fratelli.
La guerra era finita. E loro avevano vinto.
________________________________________



Angolo:
Ciao a tuttiii, abbiamo finitoo, hanno vintoo, sii.
Allora, questo non è l'ultimo capitolo, ma penso ce ne saranno ancora uno o forse due.
Comunque, scusate il ritardo ma è stato piuttosto complicato da scrivere. Non volevo farlo diventare così lungo, ma ciao ciao bei propositi.
Ditemi cosa ne pensate, un bacione a tutti!
Kveykva.
  
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