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Autore: Becky_99    08/09/2014    2 recensioni
Barton e Romanoff sono a Budapest e Clint decide di fare una sorpresa alla partner.
Peccato che decida di portarla nel posto sbagliato...
[Completamente dedicata a Erika, perché oggi è 8 settembre...]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Once Upon A December...


Le luci della città illuminano a festa qualsiasi angolo.
Le macchine sfrecciano per le strade.
I passanti scherzano e ridono.
Una sera come tante altre.
Ma non nella base dello SHIELD.
Phil Coulson, vestito nel suo solito completo bussa alla porta nera ed entra senza attendere una risposta. Maria gli avrà detto milioni di volte di non farlo, ma Phil non è uno di quelli che segue i consigli. Soprattutto se sono della Hill.
-Quante cazzo di volte ti ho detto che devi aspettare che ti permetta di entrare, prima di piombare nel mio ufficio?- domanda Fury, visibilmente irritato, seduto dietro alla sua scrivania. Phil non si scompone e rimane in piedi avvicinandosi al tavolo.
-Ho una domanda da farle, signore- afferma deciso.
-E allora cosa aspetti?!- esclama il direttore infastidito.
-Che fine hanno fatto Barton e Romanoff?- chiede, curioso.
-Sono a Budapest, ho concesso loro tre giorni di vacanza. Hanno portato a termine la missione in modo eccellente, il rapporto è stato redatto in modo impeccabile -anche se penso che Barton ci abbia messo solo la firma- quindi un paio di giorni di tranquillità li meritavano- lo informa.
-Grazie dell'informazione- gli dice Coulson, avviandosi verso la porta. Quando però sta per posare la mano sulla maniglia, Fury lo ferma.
-Coulson, dato che già conoscevi la posizione dei nostri migliori agenti -non fare quella faccia, era ovvio che la tua domanda era solo per conferma- sapresti dirmi perché Barton ha richiesto tre mesi di stipendio in anticipo?- domanda l'uomo.
Phil non si volta, e prima di sparire dall'ufficio risponde: -Non ne sono convinto, ma credo ci sia di mezzo una certa persona dai capelli rossi e una sorpresa- poi lascia che la porta si richiuda alle sue spalle, ma non prima di aver sentito il capo dire qualcosa.
-Spero solo che non ci siano di mezzo risse o ospedali, come l'ultima volta...- borbotta
Intanto dall'altra parte del globo, o comunque dall'altra parte dell'oceano, due persone molto speciali sono in hotel...
Clint Barton è chiuso nella sua camera d'albergo da ore, ha indossato l'elegante completo che riposava nell'armadio da giorni, e ora si ammira nello specchio dalla cornice dorata della sua stanza sfasciando il papillon per l'ennesima volta. 
Non gliel'ha mai insegnato nessuno ad allacciarsi una "striscia di stoffa intorno al collo" come chiama il farfallino, ed è un miracolo che Phil sia riuscito a spiegargli le basi del nodo della cravatta per le feste di Natale dello SHIELD.
Sente qualcuno bussare e sa perfettamente chi è.
Con un movimento fluido lascia scivolare l'orologio dalla manica, per controllare l'ora.
È in ritardo. Dannazione.
Nei pochi passi che lo dividono dalla porta pensa a qualche scusa abbastanza credibile per giustificare la sua imperdonabile mancanza di puntualità.
Quando però apre la porta, in sincronia con la bocca, decidendo di ripiegare sul solito "l'orologio si è fermato", rimane senza fiato dalla persona di fronte a lui.
Natasha ha i capelli rosso fuoco raccolti sulla nuca. Da quando li ha lasciati crescere, durante le missioni o gli allenamenti li tiene sempre legati in code o in chignon. Stavolta invece sono raccolti in una semplice acconciatura tenuta in ordine da poche mollette argentate. Solo due ciocche sono sfuggite alle forcine e le incorniciano il viso.
Il vestito blu elettrico la fascia perfettamente, evidenziando le sue curve, le scende fino ai piedi, che calzano due scarpe argento, con poco tacco, che le fanno guadagnare quei pochi centimetri di differenza con Clint. 
Due orecchini di diamanti e una collana con un solo brillante emanano una luce quasi accecante, ma che non è niente comparata al timido sorriso che fa quando nota l'espressione sul viso di Clint.
-Ero nell'atrio e tu non arrivavi, ho pensato che ti servisse qualcosa, e sono salita...- lo informa.
Lui sembra ridestarsi dallo strano sogno in cui era piombato quando l'aveva vista. Si scosta per farla entrare.
-Insomma Clint, venti minuti di ritardo non si perdonano neanche al più perfetto dei gentiluomini!- esclama sorridendo.
-Immagino che loro non abbiano problemi ad annodarsi questo coso!- esclama esasperato.
-Lascia fare a me- dice lei con un gesto della mano. Posa la pochette e il cappotto bianco che le pendeva da un braccio sulla poltrona e si avvicina a lui.
Con pochi, semplici gesti, aggiusta il famigerato papillon all'amico e lo guarda con aria trionfante.
-Un altra vittoria per me, Barton- lo informa ridendo
-Solo perché non me l'ha mai insegnato nessuno- borbotta tra se, recuperando il cappotto.
-Posso usufruire del tuo specchio?- chiede Natasha, sventolando il rossetto e, al gesto noncurante dell'amico si avvicina alla superficie riflettente.
-Vedo se la macchina è arrivata- annuncia, uscendo e maledicendosi per la sua stramaledetta inclinazione al ritardo.

***

Natasha sposta il peso da una gamba all'altra cercando di riscaldarsi e affonda ancora di più nella giacca bianca con i bottoni grandi e neri che le piace tanto.
Sente il bisogno di uccidere qualcuno in questo preciso istante, per il freddo che le si insinua sotto al cappotto, per Barton in ritardo come sempre, e ringrazia il cielo che non ci sia nessuno intorno a lei. Non le va di tornare in America con altri omicidi innocenti sulla coscienza. Non dopo tutti quelli che ha già compiuto durante la missione del giorno precedente. Scaccia il pensiero con un movimento impercettibile della testa, e cerca di concentrarsi su qualcos altro.
Per esempio il loro hotel.
4 stelle superiore? Neanche nei suoi più remoti avrebbe immaginato un simile albergo. E tutto pagato dallo SHIELD...
Ammira l'imponente edificio con le finestre illuminate, le porte di vetro tenute aperte dal portiere in livrea verde smeraldo, i cornicioni larghi, le decorazioni semplici e raffinate intorno alle finestre e si ripromette di chiedere il motivo di tanta eleganza a Maria, appena torna alla base. 
Qualcuno la distrae dai suoi pensieri posandole una mano sulla spalla e la russa, abituata a difendersi si volta, afferrando l'avambraccio della persona dietro di lei e bloccandolo.
-Okay, ho ritardato di parecchio, ma non è il caso di uccidermi...- scherza Clint. Natasha abbassa le mani e si ricompone, infilandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio -e poi avresti combattuto con quelle scarpe?!- esclama Barton, tenendole aperta la portiera.
-Se fosse stato per salvarmi avrei combattuto in ciabatte!- commenta la rossa, mentre l'amico scivola sul sedile accanto a lei.
Natasha si volta verso il finestrino mentre Clint dà l'indirizzo all'autista, che mette in moto e li porta verso la loro meta. 
Gli edifici di Budapest si susseguono diversi gli uni dagli altri, le luci delle case si confondono quasi con le migliaia di stelle che brillano in cielo e vegliano sulla città.
Le strade brulicano di passanti di tutte le età, una mamma spinge un passeggino dove è seduta una bimba apparentemente infastidita dalla passeggiata, un anziano signore ricorre all'aiuto di un bastone per camminare e due ragazzi corrono facendosi largo tra la gente a spintoni, non curandosi dei continui richiami della madre.
Quando la macchina si ferma ad un semaforo la spia nota un bar con tanti tavolini sulla strada e due ragazzi attirano la sua attenzione. 
Lei gli sta parlando, gesticolando nervosamente, le lacrime le rigano le guance, ma non sembra arrabbiata, sembra... Triste.
Lui la ascolta attento, le mani gli tremano leggermente e Nat sa che sta facendo appello a tutto il suo autocontrollo per non piangere.
La ragazza finisce il suo discorso e si stringe le mani in grembo, a quel punto la russa nota che è su una sedia a rotelle.
Il giovane le dice qualcosa facendola sorridere, poi si alza, aggira il tavolo e la abbraccia, stringendola forte, volendola proteggere da tutto.
Perfino il volto di ghiaccio della Vedova Nera si addolcisce in un sorriso alla vista della scena, finché non nota un guizzo nel riflesso del finestrino.
-Stai cercando di uccidermi?- domanda a Clint, che ha infilato una mano nell'interno della giacca
-Anche se volessi, con i tuoi riflessi non ci riuscirei mai...- sospira, tirando fuori un fazzoletto che arrotola velocemente.
-Allora a cosa ti serve?- chiede la rossa, con un cenno della mano.
-È una sorpresa, quindi devo bendarti- la informa.
Natasha ci pensa due volte, poi si gira e lascia che Barton le annodi il pezzo di stoffa coprendole gli occhi. I seguenti minuti passano lentissimi, quando si è ciechi è tutto più lento.
Si ritrova in un vortice di voci, suoni, profumi che si sovrappongono, si amalgamano e cozzano. 
Natasha muore dalla curiosità di sapere dove sia, ma si trattiene dal chiederlo all'amico.
Poi si ferma, lo sente avvicinarsi a lei, piegarsi leggermente, anche con i tacchi la supera di un paio di centimetri, sente la sua barba leggermente ispida sfiorarle la guancia.
-Ora dobbiamo sederci, stai molto attenta- le sussurra nell'orecchio e la russa sente una sensazione calda e strana invaderla, ma prima che possa capire cosa sia, Clint si è già allontanato e la guida in una fila di poltroncine.
"Quindi è un teatro!" pensa trionfante.
Si siede con l'aiuto dell'amico e attende trepidante, immaginando cosa mettano in scena di così importante.
La platea inizia ad applaudire, si ode un leggero cigolio e Clint con un veloce movimento le scioglie il nodo dietro alla testa.
Quando torna a vedere, la giovane batte un paio di volte le palpebre, poi mette a fuoco.
Il cigolio era ovviamente il sipario rosso con le nappe dorate che celava un palco con una scenografia che Natasha conosce bene.
Giselle.
Segue i primi attimi dello spettacolo, poi si alza, chiedendo permesso e perdono alle altre persone della sua fila e si dirige verso la porta contrassegnata dalla luce.
Clint ovviamente la segue, leggermente spiazzato dal comportamento della ragazza.
Perde le sue tracce nell'enorme atrio del teatro e tira a indovinare sul luogo in cui si trova l'amica. 
Si dirige verso i bagni e esita di fronte alla porta della toilette femminile, poi si copre gli occhi con una mano ed entra.
Qualcuno gli lancia un calcio su uno stinco, un pugno nello stomaco e gli pianta qualcosa di appuntito nel piede.
Abbassa la mano dal viso per massaggiarsi l'addome e vede il suo aggressore.
Un'anziana signora con un bastone e una borsa che secondo Clint è piena di mattoni.
-Screanzato!- esclama uscendo e non dandogli il tempo di ribattere.
Appena riesce a rimettersi in posizione eretta e a non sentire una fitta lancinante alla gamba ogni volta che la muove, Clint rimane completamente sconvolto dal luogo in cui si trova.
È un bagno così elegante ed enorme che si sente quasi preoccupato che qualcuno lo faccia uscire dato che non è abbastanza ricco. Un lampadario di cristallo pende dal soffitto, gli specchi enormi sopra ai lavandini di porcellana finissima sono immacolati ed è grande più o meno il triplo degli appartamenti di Clint e Natasha messi insieme.
Forse se mettesse da parte lo stipendio mensile per una vita riuscirebbe a comprarsi le mattonelle decorate del pavimento...
Si riscuote da inutili pensieri quando sente qualcuno singhiozzare sommessamente. I suoi sensi da spia lo guidano senza esitazione verso la seconda porta bianca sulla destra, e spera con tutto il cuore che non ci sia un'altra vecchina con passato nel KGB.
Apre la porta e dallo spiraglio che si è creato capisce di aver scelto la toilette giusta.
Natasha ha la schiena poggiata contro il muro, in una mano stringe un fazzoletto appallottolato mentre con l'altra si asciuga le lacrime che le scendono copiose sul viso. Inutilmente, dato che vengono immediatamente rimpiazzate da altre.
Clint apre la porta e le si mette davanti. Non dice nulla, è un maschio, per di più una spia, e non ha idea di cosa dire ad una ragazza, di cui tra l'altro è perdutamente innamorato, in lacrime.
Le posa una mano sulla guancia, facendole alzare lo sguardo. Gli occhi le brillano e rendono perfetta la sfumatura delle sue iridi.
-Aspettami nell'atrio, prendo le giacche e ti porto fuori di qui- le sussurra, poi esce dal bagno e si dirige verso il guardaroba.

***

Il cielo non è ingombrato neanche da una nuvola, le stelle brillano luminose, facendo compagnia ad uno spicchio di luna che timido se ne sta in mezzo al velo di velluto nero pece che sembra il cielo di notte.
Nat e Clint camminano vicini, con le mani affondate nelle tasche dei cappotti abbottonati. Sfrecciano per le strade, finché Barton non si accosta ad un adorabile bar con la tenda colorata e le vetrine pulite.
Le tiene la porta aperta mentre la giovane spia scivola dentro, accompagnata da uno scampanellio che annuncia la sua presenza. Una cameriera dal sorriso radioso e il nome appuntato sul taschino della camicia bianca li accoglie e Clint le parla in inglese, rivelando una perfetta padronanza della lingua dalla ragazza.
Natasha è troppo concentrata sui suoi pensieri per distinguere le parole che si stanno scambiando l'amico e la giovane, sa solo che dopo pochi minuti si ritrova seduta ad un tavolino vicino al vetro, con le mani fredde strette intorno ad una tazza piena di qualche liquido bollente, a guardare la strada illuminata dai lampioni attraverso vetrina. 
Clint la fissa attentamente per qualche minuto, prendendo piccoli sorsi dalla sua ordinazione e si rende conto di quanto avesse ragione suo fratello quando diceva che le donne più dure sono quelle che ti spezzano il cuore più facilmente, ma quando piangono il mondo intero sembra fermarsi e trattenere il respiro, perché una donna di ghiaccio che piange è la cosa più triste e straziante che chiunque abbia udito nella propria esistenza. Clint l'ha provato sulla propria pelle, quando ha sentito i singhiozzi spezzati di Natasha ha provato un bisogno quasi fisico di abbracciarla, cullarla e fermare il tempo e il mondo intorno a loro per proteggerla da qualsiasi cosa.
-Sarebbe troppo audace chiederti cosa ti è successo?- domanda titubante il ragazzo.
La giovane lo guarda dall'altro lato del tavolo e forza un sorriso.
-Hai ragione, ti devo una spiegazione, ma devi sapere che quello che ti sto per dire appartiene al mio passato e non l'ho mai raccontato a nessuno- lo informa, l'amico annuisce e la guarda negli occhi, intenzionato a non perdersi una parola del suo discorso e uno sguardo.
-Quando vivevo in Russia ero prima ballerina al teatro Bolshoi. Prima che la mafia decidesse che ero adatta ai loro scopi, ballavo quasi tutte le sere sul palco del santuario della danza.
"Era una giornata di metà febbraio quando vennero. Stavamo facendo l'ultima prova, sai, la sera prima della prima, e indossavo il tutù bianco con i fiori che adoravo. Non ho sempre sognato di fare la spia internazionale e quello per cui mi stavo preparando era il balletto che aspettavo da una vita. Eravamo alla penultima scena del secondo atto quando arrivarono. Chiesero di parlarmi, io scesi dal palco e mi portarono via. Uscii da quel teatro con l'immagine del palco ancora pieno di ballerini impressa a fuoco nella mente. La musica dolce che i violini suonavano in quel momento ancora risuona di notte nella mia testa quando fisso il soffitto. È stato l'emblema di quello che ho perso, di quello che sognavo, quello che ho perso. Il balletto che non ho mai portato in scena.
Gli occhi di Clint sono attraversati da un lampo di comprensione.
-Giselle- sussurra e Natasha annuisce, passandosi una mano sulla guancia con un gesto non curante per cancellare la traccia dell'unica lacrima scappata al suo controllo.
-Sembra strano, ma non sono sempre stata una spia, sono stata una bambina prima di tutto questo. Sognavo ad occhi aperti castelli incantati e fate dalle ali colorate. Sono stata come te, come tutti gli altri. Sono stata umana- continua la russa.
-Non dirlo!- esclama lui -lo sei ancora, sei umana! E lo sai- le dice, prendendole le mani tra le sue.
-Clint, diciamoci la verità. Ho le mani di un'assassina, sporche di sangue più di quanto tu possa immaginare- gli ricorda
-Hai le mani così delicate che potresti essere una principessa! E poi, pensi che non lo sappia?!- esclama -anche io ho ucciso... Persone. A volte innocenti. Ci siamo fatti strada in un mondo che non ci voleva, che ci si era rivoltato contro, che non ci ha dato nulla e ci ha tolto quel poco che avevamo- le dice -Eppure sono così grato a questo mondo. Perché sai, credo che alla fine alle persone sfortunate qualcosa il destino dia. A quelle cattive prima o poi presenterà il conto. A quelle buone donerà qualcosa. E lo so che sono una spia e non posso pensarla così, ma mi sono ritrovato senza niente per le mani più di una volta in questa vita, e ho avuto bisogno di pensarla così. Altrimenti non sarei mai andato avanti. E non avrei trovato te- Natasha ha gli occhi persi in quelli dell'amico, e alle ultime parole un sorriso timido e quasi timoroso fa capolino.
-Si, perché sei stata tu il premio per l'inferno che mi aveva fatto passare il destino. Perché sei più di una partner, un'amica, una persona fidata. Sei umana, ecco perché hai ucciso, perché sei stata un'assassina. Perché sei umana e hai fatto sbagli. E potresti essere una principessa se volessi- conclude, facendola sorridere
-Ti ci vedo come Anastasia, sai? Hai già i capelli rossi, dopotutto!- esclama, causandole un attacco di risa.
Quando riesce a ricomporsi, Natasha si rende conto che le loro mani sono ancora intrecciate sulla tovaglia a fiorellini lilla e capisce che forse è giusto così.
-Se io potrei essere una principessa, allora grazie- gli dice.
-Di cosa?- domanda curioso Clint
-Di essere stato il mio cavaliere in scintillante armatura fino ad ora- gli sussurra.



-Hey!
-Cosa c'è?
-Ho fatto ricerche, chiamato l'albergo e chiesto informazioni. Barton ha portato Romanoff a teatro. A vedere un balletto per la precisione.
-Davvero?!
-Mi devi venti dollari
-Va bene...
-Buonanotte! Anzi aspetta!
-Cosa c'è?
- Un consiglio: dovresti smetterla di scommettere con me. Non li guarda nessuno gli agenti di livello alto che perdono le scommesse.
-Sai che non seguo i consigli. E men che meno i tuoi!
-Dovresti se vuoi trovarti una fidanzata!
Un insulto leggermente colorito echeggia per i corridoi vuoti dei piani alti della base dello SHIELD, dove Maria Hill infila in borsa una banconota e Phil Coulson si avvia sconsolato verso l'uscita con il portafoglio più leggero.




Angolinoinoino dell'autrice:
Chiedo venia per questa cosa assurda che ho tirato fuori. Chiedo scusa per tutte le incongruenze temporali che ci sono sul passato di Natasha e per le cose che mi sono probabilmente inventata. Tutte le mie conoscenze derivano dalla Santa Wikipedia, non ho letto i fumetti.
Questa è la mia interpretazione di Budapest, o meglio, di quello che è successo dopo la fatidica missione che ognuno si è immaginato. 
Oltretutto è anche la prima cosa che scrivo esclusivamente su loro due, ma l'ho fatto solo per te, cara Erika.
È tutta tua, mi hai perseguitato per troppo tempo... La dedica è più che meritata, se vi capita leggete le sue storie, vi è forse più familiare il suo "altro" nome, Thiare. Fidatevi, ne valgono tutte la pena, soprattutto le ultime. Molto strappalacrime.
Scusate il papiro, se lasciaste una recensione vi sarei grata,
A presto, Becks :*
  
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