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Autore: Keyla99    08/09/2014    17 recensioni
Piper va a svegliare Jason per la colazione, ma scopre che il ragazzo sta parlando con qualcun altro nella sua cabina.
E i toni della discussione sono sin troppo palesi alle orecchie incredule della poveretta.
Dal testo:
«Io ho bisogno di lui!» continuò Jason, tentando di nuovo di buttarsi in mare.
Percy lo placcò in tempo.
«Lo sai di cos'hai bisogno, tu?» borbottò. «Di uno psichiatra divino. Di quelli bravi»
[spudoratamente Jattone]
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altro personaggio, I sette della Profezia, Jason Grace
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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«Piper, vai a svegliare Jason per favore?» chiese Annabeth con una gentilezza un po’ distratta, senza alzare gli occhi dalla cartina di Roma - sarà stata la quattordicesima volta che la studiava, oramai doveva conoscerla a memoria.
«È ora di colazione»
«Sì, va’ a svegliare il biondone» le fece eco Leo, in tono lamentoso. «Sto morendo di fame»
Piper roteò gli occhi, sconsolata, poi si diresse verso la porta. Lì ci mancò poco perché si scontrasse con un agitatissimo Frank.
«Non trovo Hazel» si lamentò quest’ultimo non appena mise piede in sala mensa.
«Come non la trovi? Che vuol dire?» Leo scattò subito in piedi, allarmato.
Frank scosse la testa e allargò le braccia, una smorfia d’esasperazione sul suo viso da bambinone.
«Vuol dire che non la trovo! Pensavo fosse con te, ma...»
Piper scappò via dalla mensa prima di doversi sorbire l’ennesima discussione tra i due. Percorse in fretta i corridoi della nave, sperando di incrociare l’amica: un orribile sospetto le stava avvelenando i pensieri, e si augurava con tutto il cuore di sbagliarsi di grosso.
Quando arrivò di fronte alla porta della camera da letto di Jason, esitò prima di bussare. Prese un profondo respiro e alzò il pugno chiuso.
«...non possiamo dirlo agli altri»
Si bloccò, le nocche a meno di un centimetro dal legno. Era la voce del suo ragazzo quella che aveva appena parlato? No, non poteva essere possibile.
«Non capirebbero»
Era definitivamente la voce di Jason. Piper strinse le labbra e serrò entrambi i pugni.
«Ma te lo giuro, io ti amo, ti amerò per sempre. Potremo stare insieme quando loro non ci sono...»
Un istante di pausa.
«Sì, lo so, sarà difficile ma... come dici...?»
Altra pausa, questa volta più lunga. Piper - ormai furiosa - tese le orecchie, ma non riuscì a sentire nulla. Eppure, Jason rise. Immaginò le sue labbra arricciarsi, i suoi occhi brillare. Perché le stavano facendo quello?
«Chi, Piper?» fece, e la ragazza sentì il cuore stringersi. «La mia fidanzata, dici? No, lei non saprà nulla. Non saprà mai nulla. Io amo te...»
A quel punto, Piper non ce la fece più. Il suo calcio si abbatté sulla porta, facendola tremare.
«Jason apri!» strillò. «Apri la dannata porta!»
Sferrò il secondo calcio nell’esatto istante in cui il ragazzo apriva la porta, col risultato di strabaltarlo all’indietro, facendolo finire sul pavimento.
«Dov’è?» Piper entrò nella stanza come una Benevola non così benevola, gli occhi cangianti che saettavano da una parte all’altra alla ricerca di Hazel.
Jason, ancora stordito per la botta, ringraziò mentalmente che la ragazza non fosse figlia di Giove come lui: in quel momento, Piper aveva tutta l’aria di poter lanciare fulmini dagli occhi e incenerire chiunque le si fosse messo tra i piedi.
«Dov’è?!» ripeté Piper, sempre urlando, mettendo sottosopra l’intera stanza. «Jason CON CHI STAVI PARLANDO?!»
All’improvviso il ragazzo fu in preda ad un forte istinto di protezione verso l’oggetto del suo amore: saltò sul letto con un balzo felino, prendendo tra le braccia il qualcosa che stava nascosto sotto al cuscino e stringendoselo al petto come se ne andasse della sua stessa vita.
«Che. Cosa. Hai. In mano?» sibilò Piper avvicinandosi a lui.
Il trambusto aveva nel frattempo attirato il resto dell’equipaggio, che si affollava nello spazio lasciato dalla porta semiaperta, senza riuscire a vedere molto.
«Scusate... cosa sta succedendo?»
Piper si bloccò di colpo, irrigidendosi. Si voltò lentamente, poco alla volta, come se temesse la reazione violenta e improvvisa di un feroce mostro appostato alle sue spalle.
Si sentì girare la testa, e dovette appoggiarsi alla parete per non franare a terra: Hazel era lì, di fronte a lei, e la fissava con un sopracciglio inarcato e un’espressione perplessa.
«Ma allora... ma allora cosa...?» farfugliò, in preda alla confusione. «Cosa...?»
Percy, probabilmente intuendo la situazione, corse in avanti e saltò addosso a Jason. I due lottarono per alcuni istanti, Jason stringendo a sé qualunque cosa avesse tra le braccia e Percy tentando di fargliela mollare. Alla fine fu quest’ultimo ad averla vinta, e l’oggetto interessato rotolò al centro della stanza, ai piedi di una Piper ora ancora più sconvolta, sotto gli occhi di tutti.
Si levò un coro di stupore generale.

 

«Non posso credere che mi abbia tradita per... per quello!»
«È stato davvero vile da parte sua. Su Piper, calmati adesso»
Annabeth diede un lieve colpetto sulla spalla dell’amica, nel tentativo di consolarla. Piper le singhiozzava sulla spalla da circa tredici minuti e quarantasette secondi, e non c’era modo di farla smettere. Il trauma era stato troppo grande, troppo... be’, sì, troppo traumatico.
«Sei stato un grande idiota, amico, un idiota colossale!» esclamò Leo per la ventiduesima volta.
«No, no!» Jason tentò di divincolarsi dalla presa di Frank e Leo, che lo tenevano saldamente per le braccia, impedendogli di fare pazzie - come se non ne avesse già fatte abbastanza. 
«No ti prego Percy non farlo!» gridò ancora.
Percy inarcò le sopracciglia, poi osservò per l’ennesima volta quello che reggeva tra le mani, indeciso se buttarlo in mare - era quello il piano - oppure no.
Alla fine sospirò e lo gettò fuori bordo.
«Nooo!!!» L’ululato straziante di Jason costrinse gli altri tre ragazzi a tapparsi le orecchie. Il figlio di Giove corse verso il parapetto, iniziando ad issarsi. Percy lo intercettò prontamente e lo ributtò sul ponte.
«No! Cos’hai fatto?» Jason si mise in ginocchio e tese la mano verso le onde. «Ti amo! Ti ritroverò, lo giuro! Ti aaamooo!!!»
Percy si schiaffò una mano sulla faccia, indeciso se ridere o piangere. In sottofondo si sentivano chiaramente i singhiozzi di Piper e gli aggettivi poco amorevoli che attribuiva al suo carissimo fidanzato - ex-fidanzato, ormai.
«Andiamo, amico!» esclamò Leo poggiando una mano sulla spalla di Jason. «Non prendertela così»
«Tu non capisci!» strillò quest’ultimo. «Voi tutti non potete capire! Noi ci amiamo!»
«Insomma, avrei capito se fosse stata una cintura per gli attrezzi magicamente magica - come la mia, tanto per fare un esempio» continuò Leo, picchiettando l’indice sulla sua inseparabile compagna. «Ma un mattone? Andiamo amico, ci stai serio?»
«Ci amiamo!» insistette Jason.
I singhiozzi di Piper ebbero un picco improvviso.
«Sei solo un grandissimo stro...!»
Annabeth le tappò la bocca appena prima che potesse concludere l’ingiuria.
«Andiamo Piper, torniamo dentro» le disse prendendole la mano e trascinandola sottocoperta, seguita da un’attonita Hazel.
«Io ho bisogno di lui!» continuò Jason, tentando di nuovo di buttarsi in mare.
Percy lo placcò in tempo.
«Lo sai di cos’hai bisogno, tu?» borbottò. «Di uno psichiatra divino. Di quelli bravi. Su, Frank, dammi una mano con questo idiota»
E insieme lo portarono dentro, per poi legarlo stretto e rinchiuderlo nella sua cabina, lasciando il coach Hedge di guardia.
«Nella speranza che gli passi prima di arrivare in Italia» commentò Percy mettendosi in tasca la chiave. «Un mattone, ma per favore!» 

   
 
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