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Autore: faith84    08/09/2014    11 recensioni
Salve egregi visitatori.
Mi chiedevo cosa sarebbe successo ai nostri se su un certo monte in Cina, le cose fossero andate nel peggiore dei modi. Cosa farebbe Ranma e, soprattutto, fin dove si spingerebbe per riavere con sé la sua Akane? E se le parole "Verrei all'Inferno per te!" non fossero solo parole?...
Vi do il benvenuto nella mia prima folle fanfiction dicendo 'Lasciate ogni speranza (di non ridere), voi che entrate...'
Buona lettura!
Genere: Comico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Altro Personaggio, Ranma Saotome
Note: Lemon, Nonsense, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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B&B: Bagni e bovini

 

 

Little black submarines

Operator, please,

Put me back on the line

Told my girl I'd be back

Operator, please,

This is wrecking my mind

 

Oh can it be,

the voices calling me?

They get lost and out of time.

 

 

Piccoli sottomarini neri

operatore per favore

rimettimi in linea.

Ho detto alla mia ragazza che sarei tornato.

Operatore per favore,

questa cosa mi sta snervando.

 

Può essere che

le voci mi stiano chiamando?

Si sono smarrite e sono fuori tempo.

 

 

(Little black submarines- The black keys)

 

 

 

Akane guardò incredula la meravigliosa vasca che le era comparsa davanti, sbattendo le palpebre una, due ,tre volte.

Lievi sbuffi di vapore si alzavano invitanti dall'acqua profumata e sembravano attrarla come una calamita, quasi potessero risultare un momentaneo palliativo per la sua mente stanca e la sua anima afflitta.

In effetti non poteva certo dire che un bagno le avrebbe rilassato le membra, neanche sapeva se lo aveva o no un corpo nel vero senso del termine.

Eppure tutte le sensazioni fisiche, come ad esempio il tocco di quel maledetto demonio, le parevano estremamente reali.

“Ah basta” si impose! La vasca era lì e lei voleva farsi un bagno, corpo o non corpo.

Anche per lavarsi via la sensazione delle labbra del padrone di casa che ancora le sembrava di sentire tiepide sulla mano.

Ranma non avrebbe mai fatto un gesto del genere...

E che cavolo le veniva in mente ora! Si prese il volto tra le mani e si schiaffeggiò leggermente.

Gli Imps la osservavano in silenzio, mentre sul volto le passavano le più svariate espressioni. I piccoli demoni apparivano alquanto perplessi.

Fu Bara a cercare di sbloccare la situazione e fugare le remore della sua dolce signora.

“Padrona non deve preoccuparsi. Questa essere acqua termale spirituale. Lenire dolore di anima e rilassare muscoli! Dannati di Inferno farebbero qualsiasi cosa per averne anche solo un bicchiere! Ma essa scorrere solamente in palazzo di Signore delle Tenebre!”

“Ehm Bara, grazie e scusa se non approfitto subito del vostro splendido dono... mi chiedevo... sì insomma... vorrei un po' di privacy... nel caso tornasse quel cialtrone!”

I piccoli Imps rabbrividirono dai cornini alle alucce, sentendo apostrofare in quel modo poco lusinghiero il loro signore e si guardarono intorno preoccupatissimi, per il terrore di vederlo (o meglio NON vederlo spuntare!) da qualche parte e punirli.

Già perché lui avrebbe sostenuto che il malanimo dimostrato nei suoi confronti dalla giovane che voleva come sposa, fosse colpa della loro incapacità di tenerla di buon umore.

Akane sembrò intuire il disagio dei piccoletti e si affrettò a cambiare registro.

“Mi sembra inappropriato che il vostro signore mi veda nuda!”

Bara tirò un sospiro di sollievo e Uchi divenne così rosso che la bandana di Su al confronto sembrava scolorita.

Un altro dei diavoletti, con una buffa cresta verde tra i cornini, volò sulla specchiera e nuovamente armeggiò con il porta essenze.

Il piccolo, che Akane aveva ribattezzato Kusa per il ciuffo che ricordava il rigoglioso colore di un prato in primavera, stavolta, invece di girare l'oggetto lo premette delicatamente. Era il più pigro dei piccoletti e molto spesso se ne stava mollemente sdraiato sulle lenzuola di seta a ronfare.

Evidentemente però, voleva anche lui rendersi utile alla sua bella Regina, in più temeva che il padrone lo punisse per la sua scarsa solerzia nel servire la ragazza.

Una nuova scossa fece tremare il palazzo e dal nulla apparve un separé di legno e seta, con disegni così meravigliosi che Akane spalancò la bocca per lo stupore.

In quel modo la vasca risultava separata dal resto della stanza e lei, assicurandosi che il signore del luogo fosse realmente assente, iniziò a togliersi le sfarzose vesti che la fasciavano a pennello.

Bara, dal canto suo cacciò a calci con decisione al di là del separé i suoi compagni di sesso maschile uno ad uno e trascinò fuori per un piede Uchi, svenuto per l'imbarazzo.

 

 

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“E quindi come si fa ad uscire da qui!” ci riprovò Ryoga, al terzo tentativo di estrapolare una seppur minima informazione dai due vegliardi.

E CHI HA VOGLIA DI PERCORRERE TUTTA QUELLA STRADA PER USCIRE, recitava un cartello apparso nella zampa di un panda evidentemente sovrappeso che masticava beatamente foglie di bambù.

Il signor Takey, che stava studiando il modo di portarsi via il pregiato tavolino da Go come souvenir, fu interpellato da Ranma riguardo alle parole sibilline dell'insulso genitore.

“Che vuol dire?” era nuovamente ad un piccolo passo dall'esasperazione.

Takey, distratto dalla sua occupazione che evidentemente riteneva di vitale importanza, rispose sbuffando “Oh insomma giovane Saotome! Intende dire che questa caverna è così grande che nessun Accidioso degno di questo nome si darebbe tanto disturbo per lasciarla!”

Ogni tanto in lontananza si udivano imprecazioni degne di scaricatori di porto e tavolini da Go sfasciati. Gli Iracondi odiavano perdere!

“Ma allora a noi che importa?” intervenne Ryoga “Possiamo passare tranquillamente...” concluse con uno sbadiglio e l'improvvisa tentazione di mettersi a sedere per un tè.

Ranma fulminò la reazione poco vitale dell'amico, preda dell'improvviso impulso di strangolarlo.

Takey si fece improvvisamente serio “Vi informo che più ci tratteniamo in questo luogo, più esso avrà effetto sul vostro comportamento. Avevo già notato che sembravate risentire di questi terribili influssi!”

Ranma trattene un fremito di rabbia. La sua voglia di aprirsi un varco spaccando tutto stava divenendo soverchiante, ma doveva procedere con prudenza.

Il pensiero di farsi manovrare come un burattino da quel luogo e di conseguenza dal suo disgustoso padrone, riusciva a fargli mantenere quel poco di lucidità necessario per non cadere completamente vittima della malia.

“E tu vec... ehm signor Takey? Come fai a non risentire di questo incantesimo?”

“Oh oh oh oh... una persona dalla personalità spumeggiante e poliedrica come la mia... non soccomberà di certo all'atmosfera di questo girone di debosciati! Ora che ne dite di sederci per una partita a Go e una tazza di thè?”

Ryoga, recuperando a fatica la padronanza di sé, resistette all'impulso e gli piantò l'ennesimo pugno in testa. Il pensiero che però visitò la mente del girovago fu che la loro guida non risentisse del luogo, ma fosse irrimediabilmente cretina.

 

 

“AKANEEEEE!”

Ah giusto.. e si erano dimenticati del signor Tendo, o meglio della sua proiezione, che con il suo solito grido di battaglia carico di ansia e lacrime, aveva svegliato Genma, il quale aveva estratto un cartello con scritto “È ORA DI PRANZO? HA CUCINATO AKANE … EHM IO SONO A DIETA!” e si rimise a russare.

“ALLORA RANMA, HAI PER CASO INTENZIONE DI NON PROVVEDERE ALLA MIA BAMBINA E ALLA SUA FELICITÀ !” un enorme Oni dall'aspetto spaventoso e dal baffo a manubrio comparve dove prima c'era il signor Tendo.

“Ma no...” fece Ranma, che come al solito davanti a queste manifestazioni del suocero non sapeva bene che pesci pigliare.

Takey intanto stava cercando di convincere Ryoga a trasportare via il tavolino da Go “Dai Arrostoga! Non è mica pesante! E poi guarda che bello! Guarda gli intarsi, la qualità del legno!”

“Oh vecchio, trasportatelo da solo... Io non ne ho voglia!” disse il ragazzo con la bandana, la voce impastata e gli occhi a tapparella.

In Ranma suonò un campanello d'allarme.

Forse dopotutto ci voleva un po' di polso per sbloccare la situazione!

“SIGNOR TENDO! MI ASCOLTI ATTENTAMENTE, PERCHÈ LO DIRÒ UNA VOLTA SOLA PER TUTTE! SONO QUI ALL'INFERNO PER RIPRENDERMI AKANE E NON IMPORTA COSA DOVRÒ AFFRONTARE, LA RIPORTERÒ A CASA, PUÒ SCOMMETTERCI CIÒ CHE VUOLE! E UNA VOLTA TORNATI, FARLA FELICE SARA' L'UNICO PENSIERO PER IL RESTO DELLA MIA VITA! SONO STATO CHIARO?!”

Nel dire queste cose il codinato si tinse di una bella sfumatura di amaranto e prese ad ansimare, tanto per l'imbarazzo quanto per aver dato sfogo a tutta l'aria contenuta nei suoi polmoni.

La bizzarra dichiarazione di intenti ebbe due effetti: spandersi in un'eco devastante che fece rimbombare la caverna e far scoppiare a piangere il signor Tendo, che tornò a normali fattezze umane “Oh bambina mia! Che bravo marito ho trovato per te!!”

Anche il signor Takey aveva estratto dal pastrano un fazzoletto rosa con dei ricami e il logo d Star Trek e si stava detergendo gli occhi umidi.

Ryoga, scuotendosi dal torpore che lo aveva assalito, era balzato in piedi all'istante, aveva fatto un sorriso dolce-amaro e aveva detto definitivamente addio al pensiero di Akane.

Forse dopotutto ciò che voleva davvero l'eterno disperso era riportare i suoi amici a casa e sedersi ad un certo bancone di un certo ristorante, mangiando l'okonomiyaki più buona del Giappone.

Magari afferrando una mano delicata, fissando dei magnifici occhi innocenti e puliti, avrebbe trovato il coraggio di essere davvero felice.

E si ripromise di non portarle né rose né stupidi souvenirs. Basta con il romanticismo alla Kuno.

Le avrebbe semplicemente detto che si era innamorato di lei.

 

 

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Akane non credeva alle sensazioni che stava provando. Sembrava davvero che quell'acqua prodigiosa percorresse le ferite della sua anima e placasse placidamente la sua mente.

La vasca era così ampia che avrebbe quasi potuto nuotarci e il profumo dell'essenza di vaniglia così inebriante che le pareva di trovarsi nella migliore pasticceria di Tokyo.

Bara si era offerta di lavarle la schiena e farle un massaggio al collo.

Akane era stata tentata di rifiutare. Non era proprio nel suo carattere farsi servire e riverire in quel modo, ma quando aveva incontrato gli occhi azzurri della demonietta rosa, così pieni di volontà di aiutarla a sentirsi meglio, la giovane Tendo non aveva potuto fare altro che sorriderle dolcemente e accettare l'offerta.

Bara stava in equilibrio sulla statua di un satiro e massaggiava la cute ad Akane, cospargendo il corto caschetto con un'essenza profumata.

Risciacquò con perizia e poi le massaggiò il collo con un panno bello caldo.

Per spostarsi la piccoletta svolazzava graziosamente da un lato all'altro della vasca, ora in equilibrio su un delfino, ora su di una meravigliosa aquila. Tale era la magnificenza della vasca che sembrava quasi scolpita da Michelangelo in persona.

Akane si sentiva decisamente meglio, per cui pensò di lasciarsi andare e chiudere gli occhi per qualche minuto, pensando che in quel breve riposo non ci sarebbe stato spazio per sogni orribili.

Bara, quando vide che la sua signora stava chiudendo gli occhi, iniziò a canticchiare piano una nenia che le conciliasse il sonno, sperando che la bella mora trovasse un attimo di pace.

 

 

Akane, completamente abbandonata alla carezza dell'acqua bollente, si lasciò andare ai ricordi, ai primissimi ricordi suoi e di Ranma.

Eh già... il loro approccio iniziale, con Ranma nella sua forma maschile, era accaduto proprio in un bagno!

Arrossì violentemente al pensiero. Vedere un uomo nudo... e che uomo! Ammise per la prima volta con se stessa, arrossendo ancora di più, immergendo il viso bollente fino alle orecchie.

Il corpo del ragazzo era ancora marchiato a fuoco nella sua mente.

Occhi blu spalancati, di un colore così bello da sembrare impossibile, indescrivibili a parole. Ci si poteva solo tuffare dentro e lasciarsi travolgere dalla tempesta che celavano dentro.

Capelli umidi e lucidi come ebano che spargevano gocce d'acqua su un viso troppo perfetto per appartenere ad un comune mortale.

L'espressione timida ed imbarazzata, eppure... in qualche modo eccitata dalla situazione.

Il collo su cui si rincorrevano come piccoli baci, tanti piccoli rivoli umidi.

E le spalle, oh Kami, le spalle... larghe, perfette, marmoree, che si congiungevano a braccia altrettanto scultoree... chissà come sarebbe stato farsi stringere con passione da quelle braccia... Ancora non lo aveva scoperto, purtroppo.

Aveva sperimentato solo brevi, fugaci e maldestri momenti stretta ad esse... accidenti a chiunque si fosse intromesso, accidenti pure alla sua natura orgogliosa!

La piccola Tendo riafferrò il filo dei ricordi. Voleva pensare solo a Ranma e quell'incontro, mentre era immersa in quella vasca principesca... chissà come sarebbe stato condividerla con lui...

Mise il naso fuori dall'acqua e prese un lungo respiro, sempre ad occhi chiusi.

Quel pensiero le aveva mandato il cuore in tilt.

Espirò e tornò di nuovo a quel giorno.

Il petto dell'allora sconosciuto ragazzo era il sogno di ogni donna, l'aveva capito proprio nel momento in cui l'aveva visto, lei che aveva sempre schifato gli uomini. C'era da ridere!

E l'addome così muscoloso e tonico da far andare una statua greca in mille pezzi dall'invidia.

Il sedere (inutile negare! Glielo aveva guardato eccome! Basta mentire!)... semplicemente un'opera d'arte.

Si era sentita prendere da uno strano languore alla pancia, già quella volta.

Un calore le aveva pervaso le membra, facendole quasi svenire dall'emozione.

Ma poi era successo qualcosa. La sua testardaggine, il suo orgoglio, quella parte di lei che odiava gli uomini e si credeva infantilmente invaghita di un uomo che la considerava una sorellina minore... sì... quella sfumatura di Akane ebbe il sopravvento e le fece provare il desiderio di far scontare a quello sconosciuto nudo la tempesta di emozioni che le aveva scatenato dentro. E così aveva fatto.

Se quel giorno non avesse dato libero sfogo a quel lato di lei, ma avesse invece ascoltato il suo profondo istinto, avrebbe capito che quello non era altro che un colpo di fulmine, il primo, l'unico, il definitivo. Per entrambi.

E forse le cose tra loro sarebbero state molto diverse.

 

 

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Il signor Takey era ancora intento ad asciugarsi le lacrime, pensando a quanto fosse romantica tutta la storia (ma anche a come portarsi via il bel tavolino da Go!), quando ripose il fazzoletto e fece cenno agli altri di tacere.

Udirono dei rumori che sembravano passi, ma strani e pesanti.

ORA Sì CHE SIAMO NEI GUAI! Apparì dal nulla un cartello e un vigilissimo signor Saotome formato panda con una certa grazia, si diede alla fuga.

“Ma che diavolo...?” disse Ranma “Signor Tendo?!”

“Ra... Ra... Ra... È il Gua...Gua... Gua....” Soun era color cenere per la paura.

“Per favore, cerchi di essere più chiaro!” lo esortò Ryoga.

Soun deglutì e in qualche modo riuscì a sillabare la parola GUARDIANO.

Dopo di che ad una invidiabile velocità si lanciò nella stessa direzione di Genma urlando “Ragazzi, lascio tutto nelle vostre mani... GEEENMAAAA ASPETTAMI, CODARDO!”

“Quei dueeeee!” si arrabbiò Ranma.

 

Takey aveva iniziato a preoccuparsi, ma era comunque rimasto al suo posto senza nemmeno svenire, osservò Ryoga.

“Che ti prende vecchio! Cosa dobbiamo aspettarci?” gli chiese serio il ragazzo con la bandana.

“Mmmm... non ne sono sicuro... immagino che però se la lunghissima strada per l'uscita sia un deterrente per gli Accidiosi, lo stesso non si possa dire per gli Iracondi... quindi probabilmente c'è un guardiano che impedisce a questi ultimi di fuggire... e questo ci porta ad un quesito fondamentale!” la guida si fece ancora più seria.

“Già... come sconfiggerlo e uscire di qui...” disse Ryoga in soffio, quasi parlando tra sé e sé.

“No... intendevo... Come fare a portarci via il tavolino da Go!” concluse l'attore mantenendo l'espressione delle occasioni più drammatiche.

“MAIOTISPACCOTUTTO...NONTILASCIOUNOSSOSANO!” ruggì Ryoga.

“Ryoga...sta arrivando!” disse Ranma, pronto al combattimento.

 

 

Se lo trovarono davanti all'improvviso e quasi non fu una sorpresa vederlo lì.

Aveva le fattezze che calzavano come un guanto ad un possibile Guardiano Infernale.

E li odiava abbastanza da dar loro filo da torcere.

 

 

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Akane era ancora deliziata dal momento dei ricordi.

Si lasciò scappare un sorriso ripensando a quando era corsa in giardino per afferrare un masso da legare al collo di quello che sarebbe diventato il suo stupido, impacciato, adorato fidanzato.

Era quelle le cose a cui voleva pensare. Le belle immagini scolpite nella sua mente che le regalavano la speranza che quel ragazzo che a modo suo le volesse bene.

Il bagno, doveva riconoscerlo, aveva fatto miracoli e le aveva restituito fiducia in se stessa e nel SUO fidanzato.

Aspettò ancora un secondo che Bara finisse di sistemarle i capelli con l'edera, che si era dimenticata di togliere prima del bagno.

Toccò le foglie pensando che le avrebbe sentite sfaldarsi al solo tocco, calde e umidicce, invece quelle erano fresche e rigogliose.

Alzò le spalle. Non c'era nulla di cui stupirsi.

“Ecco, padrona! Bara avere finito. Lei essere semplicemente bellissima!” disse la demonietta mentre la ragazza si alzava dalla vasca coprendosi il seno con le braccia.

L'acqua le arrivava appena al ventre e Bara si stava adoperando per recuperare asciugamani dalla magica specchiera dalle mille risorse, in modo che Akane non prendesse freddo.

Akane aveva riso a questa ultima preoccupazione della piccola. Prendere freddo? All'Inferno? E da morti poi...

Si voltò verso il separé e ad un tratto si rese conto di non essere più sola.

Il separé era spostato... Lui era tornato!

Si rituffò in acqua urlando come un'ossessa.

Persino Bara ebbe un moto di stizza verso il padrone che, deduceva, se ne stesse imbambolato ad ammirare la scena.

“Lurido... MANIACO!!!!!” riuscì a ritrovare le parole Akane. “Bara!”

La demonietta annuì e le passò una lunga vestaglia di seta rossa.

Akane si vestì furibonda, scese la scaletta di marmo della vasca e si avvicinò a dove credeva fosse il maledetto spione, poteva dire di sentire il calore che emanava; aveva capito che era il segnale che lui si trovava nella stanza, un vento caldo: grazie a questo riusciva ora a localizzarlo con un margine di errore abbastanza basso.

Con un nuovo spettacolare kata lo lanciò da una delle vetrate del palazzo, mentre il povero Lucifero, ancora stordito dalla celestiale visione (e all'Inferno non era cosa di tutti i giorni!) urlava “SCUUUSAAAA!” mentre partiva in esplorazione dei cieli del suo oscuro regno.

La ragazza sbuffò come un toro inferocito e Bara aggiunse “Quando ci volere, ci volere! Ben fatto padrona Akane!”

La ragazza guardò poi pensierosa la vetrata in frantumi. E le venne un'idea.

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“Guarda guarda chi c'è!” iniziò sarcastico Ranma.

“Una brutta mucca sovrappeso con un pessimo carattere!” rincarò la dose Ryoga, affiancandosi all'amico

“Gnhuuu!!” muggì di rabbia il Guardiano.

“Bentrovato... COLLANT TARO!” lo schernì Ranma con un sorriso, sapendo quanto detestasse quel nome.

La creatura (che ricordiamo era il bizzarro risultato di una mucca, uno yeti e una gru...ah...e... giusto un polpo! Ah, le meraviglie di Jusenkyo!) estrasse da chissà dove un bollitore di acqua calda e se lo versò addosso.

“Ma che diavolo ci fanno il suino e il finocchio qui all'Inferno?” rispose prontamente alle provocazioni. Era proprio un Iracondo fatto e finito.

“Oh aspetta...” continuò “Sarai mica venuto a salvare la ragazzina mora?! Mi pare di aver sentito vociferare della cosa...”

“Esatto! Quindi, se non vuoi che ti riduca a macinato di bovino, fatti da parte!” gli intimò Ranma, cancellando ogni parvenza di cordialità e di atteggiamento scherzoso.

“Ma cosa avrà mai di speciale quella per farsi rapire in continuazione?” si chiese Collant Taro incrociando le braccia.

A Ranma pulsò una vena in fronte.

“Che noia... mi tocca anche la scocciatura di prendervi a sberle...”

“Prego?!” ringhiò Ryoga.

“Di qui non si passa suino. Né oggi né tra cent'anni!” sorrise bieco, estraendo una boccetta che si vuotò addosso.

“Stupefacente!” riuscì a dire Takey “Ha anche le ali! Potrebbe aiutarci a trasportare il tavolino da Go! Ehi ragazzi, dite che ce la darà una mano?”

 

 

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Akane chiese a Bara se poteva avere altri vestiti più comodi.

La demonietta rosa la guardò con fare interrogativo, poi felicissima di rendersi utile,

trafficò con la specchiera e dal nulla apparve un armadio.

I piccoli Imps intanto avevano assistito alla scena di Akane che sparava in orbita il padrone commentando “Avere visto che bella evoluzione in aria avere fatto nostro Re? Essere proprio signore di Demoni!”

I commenti dei piccoli fecero sorridere la bella Tendo, che aveva elaborato un nuovo piano di fuga che reputava infallibile.

Lei non aveva potuto rompere le finestre del palazzo per chissà quale incantesimo, ma evidentemente il corpo del padrone di casa aveva avuto la funzione di ariete. Ora c'era un varco.

E lei avrebbe sfruttato quel piccolo vantaggio per fuggire e cercare Ranma.

Indossò dei bellissimi pantaloni da odalisca e il corpetto coordinato, sempre scarlatti e di stoffa pregiatissima.

Le sembrava di non averli addosso, tanto erano morbidi e leggeri. Erano adattissimi a calarsi dalla finestra.

Chiese a Bara di darle tutte le lenzuola che poteva. La demonietta era piuttosto basita, ma obbedì senza discutere.

Akane aveva dato uno sguardo dalla vetrata rotta allo strapiombo. Alto, altissimo e rocce aguzze. Si era fatta forza.

“Ehm piccoli... cosa succederebbe se qualcuno cadesse da qui?”

Su la fissò torvo “Smetterebbe di esistere anche sua anima... nemmeno padrone probabilmente riuscirebbe a fare nulla!”

Akane, mentre ascoltava la risposta, annodava tra loro quante più lenzuola possibili.

Avrebbe tentato il tutto e per tutto! Non importava. In ogni caso, meglio smettere di esistere che stare in compagnia di quel maledetto (nel vero senso della parola tra l'altro!) demone!

Rabbrividì mentre questo pensiero si faceva spazio nella sua testa, ma cacciò ogni dubbio e strinse con più decisione il nodo che stava facendo.

Bara e gli altri piccoletti la guardavano preoccupatissimi, perché ormai era chiaro cosa la padrona intendesse fare. E a loro non piaceva per niente!

Al di là delle ire del padrone, al di là del fatto che probabilmente li avrebbe mandati a spalare sale nelle miniere fino alla fine dei tempi, gli Imps erano ancora più terrorizzati dall'idea che alla loro adorata signora potesse capitare il peggio.

Loro non potevano uscire dal palazzo se non era Lucifero ad ordinarlo espressamente e comunque non sarebbero stati abbastanza forti, nemmeno tutti e sei, per afferrarla e condurla al sicuro con la forza delle loro alucce.

Akane li stava implorando di scappare con lei per sottrarsi a quel signore crudele, ma loro le avevano spiegato la loro impossibilità di uscire.

La ragazza promise ai suoi piccoli amici che sarebbe tornata con Ranma e avrebbe dato una sonora lezione a quel buffone evanescente che li trattava come schiavi, per poi portarli via con sé, dicendo che Kasumi li avrebbe adorati come li adorava lei e che suo padre non le avrebbe mai negato la possibilità di poterli tenere a casa Tendo.

Persino quella calcolatrice di suo sorella Nabiki avrebbe lasciato sciogliere un po' il suo cuore di ghiaccio, una volta che li avesse visti.

Bara commossa l'abbracciò, subito imitata dagli altri quattro. Anche Uchi, nonostante l'imbarazzo riuscì a stringersi alla bella padrona. Il sesto si teneva in disparte, cupo.

Dango, un demonietto grasso che più che volare rotolava, chiamato così da Akane per la sua mania di portarsi appresso un sacchetto degli omonimi dolcetti, che sembrava non finire mai, (e che la ragazza sospettò essere magico!) si fece avanti e timidamente allungò verso la ragazza il suo prezioso tesoro.

La piccola Tendo si commosse e in cuor suo si ripromise di tornare a prenderli quanto prima... se fosse sopravvissuta alla discesa, naturalmente.

 

 

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“Brutto bastardo! Non cambi di una virgola eh!” urlò Ranma schivando un poderoso pugno di Collant Taro nelle sue fattezze belluine.

“Muhhhh!” gli rispose quello. Non era traducibile ma non doveva trattarsi di un complimento.

Ryoga riuscì a portarsi alle spalle del poco collaborativo maledetto di Jusenkyo, grazie ad una spettacolare evoluzione.

Provò a sbilanciarlo colpendo le gambe, o zampe a dir si voglia.

La furba creatura riuscì a levarsi in volo e contemporaneamente ad allungare una poderosa manata in direzione del codinato, che fu in grado comunque a limitare i danni riparandosi con entrambe le braccia.

I due giovani atterrarono a poca distanza l'uno dall'altro.

Ranma aveva le maniche della casacca a brandelli, segno che il colpo di quel maledetto Collant era stato devastante.

“Ryoga... stanchiamolo!” sibilò il ragazzo all'amico.

I due artisti marziali iniziarono una snervante danza attorno all'avversario, senza cercare veramente di colpirlo, ma provando a sfiancarlo a forza di finte.

Takey appurò che vedere quei due combattere insieme era un vero spettacolo. Si intendevano alla perfezione e la tecnica sembrava avere un buon margine di successo.

Non fosse che i due avevano dimenticato una cosa.

Quello che avevano di fronte era un guardiano dell'Inferno, le possibilità che si stancasse erano praticamente pari a zero! Dopotutto doveva vigilare, instancabile, che gli “ospiti” del girone non si dessero alla macchia.

Mentre loro due avrebbero esaurito le energie... e allora sarebbe stata la fine! Chi avrebbe portato il tavolino allora? Pensò terrorizzato Takey.

Bisognava correre ai ripari! Anche perché Suinoga aveva appena ricevuto un getto di inchiostro dritto negli occhi.

Il signor Takey si guardò intorno e vide due signori che giocavano a Go, discutendo amabilmente, mentre su un fornelletto da campeggio bolliva l'acqua per il thè.

Se non aveva inteso male, il guardiano aveva lo stesso bizzarro problema del suino e di Ranma.

L'attore pensò che nelle sue sembianze umane sarebbe stato meno temibile.

Ranma intanto era riuscito a recuperare dai vestiti del dannato, un paio di collant che il ragazzo usava come cintura e con perizia era riuscito ad immobilizzare le ali.

“Ranma... è una mia impressione o questo non si stanca?” avanzò l'ipotesi Ryoga.

Il codinato riuscì nel suo intento di far combattere il mostruoso essere ben ancorato a terra, ma quello era comunque dotato di una forza non umana.

Si distrasse un secondo e il bovino gigante partì alla carica riuscendo a sbatterlo violentemente per terra, dove picchiò la testa.

“Non... devo.. svenire...!” recitò a se stesso cercando di liberarsi dalla stretta mortale.

Era evidente che Collant Taro volesse schiacciarlo utilizzando la pressione della sua immensa mano sul terreno.

 

 

 

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“Noi pregare Lady Akane... non scendere... troppo pericoloso!” provò di nuovo Bara.

“Devo andare Bara! Vado a cercare il mio fidanzato!” disse risoluta la piccola Tendo

“Non posso semplicemente starmene qui ad aspettarlo e basta! E se fosse in pericolo e avesse bisogno di me? Non potrei mai perdonarmi se gli succedesse qualcosa mentre cerca di salvarmi!”

Cinque diavoletti abbassarono mestamente la testa. La ragazza non sarebbe tornata sulle sue decisioni per nessuna ragione al mondo.

Assicurò l'estremità di un lenzuolo ad un solido pezzo di metallo nero dell'intelaiatura della finestra e ne saggiò la tenuta. Si legò il piccolo sacchetto magico di dolci alla cintura.

Si fece avanti il sesto dei demonietti, rimasto in disparte fino a quel momento.

Era il più alto e dotato di una testardaggine fuori dal comune. Akane l'aveva chiamato Ganko e spesso lo aveva visto battibeccare con i compagni in una strana lingua che lei non comprendeva. La pelle era blu notte e aveva ciuffi di capelli azzurri.

Il piccoletto aveva faticato a instaurare un rapporto con la giovane, ma come gli altri alla fine ne era rimasto conquistato. Era preoccupato per i propositi della loro signora.

Si mise tra Akane e la sua via di fuga a braccia incrociate “ Bella Lady non deve andare! Essere troppo pericoloso! Ganko non spostarsi da qui!”

Mise su un'espressione crucciata.

La giovane Tendo si intenerì e lo afferrò mentre lui si dimenava per sottrarsi all'abbraccio.

“Ganko dire sul serio! Padrona non dovere lasciare palazzo! Deve rimanere al sicuro, con piccoli Imps!”

“Piccolo DEVO andare! Devo trovarlo!” disse Akane stringendolo forte.

“Ma padrone in fondo non essere così male! E amare moltissimo giovane signora!

Tu essere perfetta regina per piccoli Imps!” esclamò Ganko, rassegnato (e neanche troppo dispiaciuto) di farsi un po' coccolare.

“Amare? Quel perfido rapitore? E vuole conquistarlo così il cuore di una donna? Strappandola all'affetto dei suoi cari?! E comunque non è affar mio! Non ricambierò mai i suoi sentimenti perché io...” Akane era rossa di rabbia e di imbarazzo.

Com'era difficile finire quella frase ad alta voce, maledetto orgoglio!

Posò il piccolo a terra che sospirò rassegnato. Lui aveva capito benissimo.

Zampettò fino alla finestra distrutta e toccando la stoffa delle lenzuola appese come una corda, fece modo, con un semplice incantesimo, di saldarla al pezzo di metallo affinché che non si sciogliesse mentre sosteneva il peso della ragazza.

Akane abbracciò ancora una volta con lo sguardo i suoi piccoli amici e ringraziò Ganko per quella premura.

Fissò con determinazione l'abisso in cui si preparava a scendere, strinse i pugni e fece un cenno di assenso rivolto a se stessa. Era pronta.

 

Si aggrappò con decisione e iniziò la discesa, mentre sei testoline guardavano dal bordo preoccupatissime. Fece loro un sorriso rassicurante.

Continuò a lavorare di gambe e braccia, lasciandosi scorrere prudentemente lungo la sua corda di fortuna.

Le sembrava di stare andando abbastanza bene, mentre si ripeteva mentalmente di non guardare in basso.

Ma l'abisso ha uno strano lugubre fascino e la mora non poté non dare un fugace occhiata all'orrido spettacolo sotto di lei.

Bastò un attimo e un'improvvisa folata di vento a far oscillare pericolosamente la corda.

La giovane Tendo a causa dello scossone perse la presa sulle lisce lenzuola.

Dall'alto la piccola Bara lanciò un urlo disperato tentando di volare in aiuto della sua padroncina che stava per precipitare nel vuoto, ma una crudele barriera invisibile la ricacciò indietro.

La ragazza vide cadere nel vuoto un sacchetto di dolcetti che sparse tutt'attorno migliaia di dango. E, annaspando con le braccia nel vuoto, si concentrò con tutte le sue forze sull'immagine di Ranma, pregando che il suo ultimo pensiero volasse in qualche modo al suo amato Baka.

 

 

 

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Ryoga sentì scricchiolare le ossa dell'amico in maniera poco rassicurante, mentre Ranma si mordeva tenacemente le labbra per non urlare di dolore.

Ad un tratto gli si oscurò parzialmente la vista e fu come se una nube nera si fosse appoggiata sul suo capo.

Sentì come un grido silenzioso squarciargli con violenza il petto e poi brandelli di pensieri sconvolgergli la mente.

Collant Taro lo fissava attraverso le dita, pronto a dargli il colpo fatale.

Ma poi lo udì fremere e sghignazzare. Una risata malevola, totalmente priva di allegria.

“Anche tu...”

Ryoga tese l'orecchio. Era rimasto paralizzato dall'orrore, pensando che non avrebbe fatto in tempo a salvare il suo amico.

“Gnhuuu?” muggì la creatura con fare interrogativo.

“ANCHE TU LA VOLEVI PER TE!! ANCHE TU L'HAI PORTATA VIA DA ME COME GLI ALTRI!”

La voce di Ranma riempì la caverna, facendone vibrare le pareti.

“E ANCHE TU COME GLI ALTRI VERRAI SCONFITTO... ANCORA UNA VOLTA. E TI ASSICURO CHE NON SARÒ COSÌ MAGNANIMO... DA LASCIARTI ANCORA IN VITA!” non furono parole, furono il verso di una bestia ferita ed inferocita che stava per spargere sangue, quelle che uscirono dalla bocca di Ranma.

Si udì uno schiocco secco e Collant Taro sottrasse l'enorme mano con un profondo lamento di dolore. Con un colpo devastante il codinato aveva gli aveva spezzato le ossa.

Ranma era ora in piedi davanti a lui, circondato da una terribile aura rossa e nera.

Ryoga lo scrutò in volto e rabbrividì. Gli occhi, quegli occhi che conosceva così bene e che una volta avevano il colore del mare in tempesta, ora erano rossi.

Rossi come le fiamme dell'Inferno.

“E ORA...MORIRAI!” sibilò con un ghigno diabolico, quasi irriconoscibile.

Ryoga si chiese perché l'altra creatura non facesse nessuna mossa.

Voltandosi a guardarlo, si rese conto che Collant Taro era semplicemente, inesorabilmente paralizzato dalla paura!

Quell'enorme ammasso di peli e arroganza era scosso da brividi di un terrore cieco, mentre Ranma, o ciò che di lui era rimasto in quel corpo, si avvicinava lentamente, quasi fosse un gatto che giocava col topo.

Il codinato, ad un tratto, fece un balzo così fulmineo che l'eterno disperso nemmeno lo vide muoversi. Prima era a terra e subito dopo al collo della mucca gigante, che poi aveva iniziato pian piano a stritolare, con crudele perizia!

“AH AH AH! SOFFRI VERO? BEH È NULLA AL DOLORE CHE HO PROVATO IO TUTTE LE VOLTE CHE GENTE COME TE HA PORTATO VIA LA MIA AKANE!”

 

“Santa pazienza!” sospirò il saggio Takey. Era riuscito dopo qualche chiacchiera sul tempo e un'abile contrattazione a farsi dare dai due galantuomini il bollitore con l'acqua calda, che però al momento era divenuto inutile, essendosi ribaltata inaspettatamente la situazione. Riportare la mucca a sembianze umane avrebbe voluto dire accelerarne la fine.

Senza pensarci su, sfiorò la prima cosa pesante e contundente a portata di mano, ovvero l'ormai mitico tavolino da Go.

L'oggetto immediatamente si materializzò sul cranio di Ranma con un tonfo sordo, sfasciandosi in mille pezzi. Il teletrasporto fortunatamente non aveva fatto cilecca.

Il codinato gli rivolse uno sguardo tra il furibondo e l'interrogativo, poi mollò la presa e cadde svenuto. Anche Collant Tarò si accasciò a poca distanza dall'avversario, piombando al suolo inerte come una bambola di pezza.

Takey appena si accorse di cosa si era abbattuto sulla testa (dura) del codinato, si mise a piangere in maniera inconsolabile.

Ryoga si avvicinò con circospezione. L'aura che aveva visto poco prima sprigionarsi dal corpo di Ranma era scomparsa.

Si mise in ginocchio accanto all'amico che sanguinava copiosamente dalla ferita alla testa. Gli toccò il petto per verificare che non fosse accaduta una catastrofe.

Il cuore batteva e l'eterno disperso tirò un sospiro di sollievo e si sedette.

Guardò anche in direzione di Collant Taro e vide che respirava. Fortunatamente era solo svenuto anche lui.

Fece poi un cenno a Takey che ululava come un animale a cui avessero prestato la coda. Vedendo che non lo degnava di uno sguardo e seguitava a piangere, Ryoga fece qualcosa di inaspettato “Ahem... Sommo Takey!” disse abbastanza forte da farsi sentire.

Il vecchio attore cambiò atteggiamento così repentinamente che il giovane Hibiki pensò di aver sognato le lacrime di poco prima.

“Sono qui per spiegarvi l'arcano, giovane Mortadelloga!” sussurrò avvicinandosi con voce profonda.

Ryoga ignorò l'appellativo poco lusinghiero e continuò “Maestro”... blandire il vecchio Takey sembrava l'unica cosa in grado di farlo diventare una persona seria. Per almeno dieci secondi. Infatti quello si impettì ulteriormente, pronto a rispondere a qualsiasi domanda. Proprio come una guida!

“Cosa è successo?” chiese Ryoga cupo.

“Non lo so bene nemmeno io. Credo che risenta degli influssi del luogo e stia sviluppando un'aura spiritica.”

“Ovvero?” lo incalzò Hibiki. Quell'uomo aveva una vera e propria passione per le pause ad effetto.

“È raro che dei vivi riescano a passare di qui. Se poi questi vivi sono forti come il ragazzo qui presente c'è la possibilità che incrementino le loro capacità a dismisura, assorbendo potere spiritico dai luoghi che attraversano e gli avversari che affrontano. Però è molto pericoloso! Se davvero uccidesse qualcuno qui all'Inferno perderebbe se stesso!”

“Ma avevi detto che con i nostri colpi non eravamo in grado di uccidere qualcuno in questo regno!” protestò Ryoga scosso dai brividi.

“Ora è diverso! Assorbendo aura spiritica state entrambi sviluppando il potere di nuocere anche alle creature che popolano l'Inferno! E questo ci porta a due problemi!”

il ragazzo sgranò gli occhi. A giudicare dalla faccia di Takey erano in arrivo pessime notizie.

“Tutto ciò è una vostra proiezione, ma se uccideste l'immagine di qualcuno in vita, il mondo dei vivi sprofonderebbe nel caos. I cancelli infernali si spalancherebbero sulla terra! E inoltre il tuo amico ha rischiato grosso! Se avesse ucciso il guardiano sarebbe stato condannato a prendere il suo posto!”

Ryoga ebbe una vertigine. Erano in guai enormi!

Cosa avrebbe fatto se una volta ripresosi, Ranma fosse stato ancora violento e furibondo, incapace di ragionare?

Quasi in risposta al suo pensiero, il codinato mugolò debolmente.

L'amico trattenne il fiato, aspettando che riprendesse conoscenza.

Ranma si agitò per qualche minuto, in preda a chissà quale incubo.

E poi spalancò gli occhi.

 

 

 

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Morire due volte nell'arco di... non sapeva nemmeno lei quanto tempo.

Che assurda beffa!

Percepì un calore tranquillizzante in tutto il corpo.

Ma che cavolo le stava succedendo? Che fosse finita in Paradiso? Che si fossero accorti dell'errore? Oppure era solo un sogno?

Spalancò gli occhi e si trovò di fronte uno sguardo blu molto arrabbiato.

Sorrise e cominciò a piangere di gioia! Ranma l'aveva salvata, presa al volo come tante altre volte. Era finita, sarebbe tornata a casa!

“Possibile che tu debba sempre essere così imbranata!” sibilò lui con disprezzo.

“Ma io...” balbettò la ragazza guardandosi intorno. Sembrava... ma sì... sembrava che si trovassero alle pendici del monte Hoo.

“Chi ti ha detto di seguirmi in Cina?!”

Akane era confusa e lo fissava inebetita, mentre lui, dopo averla appoggiata a terra con poco garbo, continuava la sua sfuriata.

“Ma non lo capisci che sei una palla al piede? Immagino tu mi sia venuta dietro perché sono partito con Shampoo... beh sai che c'è? Ne ho abbastanza della tua infantile gelosia! Ho deciso di rimanere in Cina con lei! Tu tornatene in Giappone, non voglio vederti mai più!” continuò Ranma, carico di veleno.

Può esplodere un cuore, lasciando nel petto solo un buco nero senza più sogni né speranze? Akane in quel momento ne era assolutamente certa e senza nessun ritegno iniziò a singhiozzare come una bambina.

 

 

Si svegliò di soprassalto nel lussuoso letto del palazzo.

Aveva solo sognato di fuggire o...

Il cuore le martellava nel petto così furiosamente che pensava le sarebbe schizzato fuori. Per fortuna anche quello era stato un incubo.

Poi sentì su di sé degli occhi indagatori: per la precsione sei molto commossi e un altro paio arrabbiatissimi.

“Lady Akane... signora! Tu essere viva!” scoppiò in lacrime Bara saltando sul letto e stringendola forte “Io pensare a peggio!”

“Già...” risuonò un coro di voci, in un misto tra l'imbestialito e il risollevato

“Ti rendi conto del pericolo che hai corso, di ciò che avrebbe potuto succederti eh?”

L'aria intorno era rovente.

“E a te che importa?!” lo aggredì Akane incrociando le braccia e facendo il broncio

“Io qui non ci voglio stare!”

Una folata di vento la raggiunse sul letto e gli Imps filarono istantaneamente via.

“Cosa mi importa? COSA MI IMPORTA? Io ti amo Akane!” disse Lucifero a una impietrita piccola Tendo.

Sentì indugiare un dito su una lacrima che ancora le vagava sulla gota e rimase immobile.

“Finché rimarrai qui non ti accadrà nulla, amore mio! Ti sto donando l'eternità, non lo capisci? E non amerei nessuna all'infuori di te! Per sempre Akane! E quel mollusco per cui ti tormenti invece che ti offre? Dubbi, sofferenza, gelosia, altre donne con cui competere e per finire insulti e incomprensione!” il tono era quasi supplichevole nella prima parte del discorso per poi farsi tagliente e rabbioso nella sua conclusione.

“Ma io...” protestò la bella mora.

“Io rinuncerei a tutto per te, sappilo. E lui? Credi che rinuncerebbe ad una briciola del suo orgoglio? Lo ha mai fatto? Rispondimi Akane!”

Due braccia roventi ed invisibili le stringevano le spalle e nonostante la foga, il loro tocco era deciso ma delicato.

Non ricevendo risposta, Lucifero si alzò di scatto. Akane sentì la presa allentarsi e la pressione sul letto scomparire.

“Pensa bene a ciò che ho detto, amore mio!” concluse con tono più dolce il Signore degli Inferi.

“In quanto a voi che l'avete messa in pericolo lasciandole attuare un piano così folle....” la voce, o meglio il coro di voci, divenne di ghiaccio.

Gli Imps spuntarono da ogni angolo della sala con i musetti rassegnati. Sarebbe stata una punizione esemplare e loro si sentivano così in colpa che pensavano pure di meritarsela.

“Nooo! Ti scongiuro! Non punirli! Ti prego! Ti prometto che non tenterò più di fuggire, ma non fare loro del male!” si mise ad implorare Akane, nuovamente in lacrime.

Si era resa conto che con il suo gesto sconsiderato aveva messo in pericolo anche quei piccoli, meravigliosi amici.

Lucifero sospirò.

“Farei di tutto per non vederti piangere, mia regina! E sia... potrai tenerli con te, a patto che, come hai promesso, tu non faccia altre sciocchezze che possano nuocerti!”

E Lucifero lasciò nuovamente la stanza.

La piccola Tendo si lasciò cadere senza peso sui cuscini.

Il Signore dei Demoni le aveva salvato la vita. L'aveva afferrata al volo, evitandole una fine orribile.

Sfinita, risprofondò in un sonno agitato e carico di paure e dubbi.

 

 

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“Grazie ai Kami!” sospirò Ryoga vedendo le iridi blu notte di Ranma fissarlo spaesato.

“Che diavolo è successo? Ah... la mia povera testa!” disse il codinato massaggiandosi con una mano. La ritrasse sporca di sangue.

Poi vide Collant taro a terra che stava rinvenendo lentamente.

“Ehm... doppio KO!” disse Hibiki ridendo. Fece un impercettibile segnale a Takey di non dire nulla della loro conversazione di poco prima.

“Ah sì? E perché non ricordo un accidente?!” chiese Ranma poco convinto.

“Ehm... la botta in testa! Ah ah ah!” venne in aiuto l'attore.

“Ma...macché botta in testa, finocchio! Tu eri...” Collant Taro si era ripreso trascinandosi verso il bollitore dell'acqua che Takey non era riuscito ad usare e tornando in sembianze umane.

Sdeng! Ryoga lo rispedì nel mondo dei sogni per evitare che rivelasse verità scomode, tirandogli in testa la medesima teiera di metallo. Ranma lo guardava senza capirci nulla.

Però vide che sia lui che il maledetto bovino erano feriti in maniera abbastanza seria.

Si appellò allora ad un ricordo, sperando che avvenisse un nuovo miracolo.

 

Una rupe. Dell'acqua. Lui che stringeva Akane dopo che entrambi erano precipitati in seguito ad un attacco di Collant Taro...

Stai bene, Akane? Non ti sei fatta male, vero?”

Un sorriso dolcissimo. Il sorriso di chi non dubita mai che, qualsiasi cosa succeda, sarai sempre lì per correre in suo aiuto. Sempre.

No... grazie...”

la sua Akane...

 

Una colonna di luce lambì sia il codinato che il maledetto Collant ed entrambi sentirono risanarsi le proprie ferite. Ancora una volta il ricordo di Akane aveva compiuto un miracolo.

Ranma riuscì a rialzarsi agilmente, scavalcando il bovino nemico ancora parzialmente privo di sensi e passando oltre l'eterno disperso.

“Vogliamo andare?!” disse semplicemente. Il comportamento di Collant Taro e quello di Ryoga lo avevano insospettito, ma avrebbe indagato strada facendo.

 

 

“Signori... abbiamo un grosso problema!” intervenne con estrema gravità l'allegro Takey, battendo nervosamente un piede a terra.

Ryoga lo fissò senza capire. Sperò vivamente che non avesse intenzione di rivelare a Ranma tutta la storia. L'eterno disperso temeva che il codinato, signore incontrastato dell'impulsività, una volta scoperto il suo nuovo potere, l'avrebbe usato senza pensarci troppo per correre da Akane, rischiando di combinare un colossale sconvolgimento universale.

L'amore renderà pure impavidi e incuranti del pericolo, ma non è detto che renda più intelligenti.

Rivolse la sua attenzione al signor Takey in attesa e facendo gesti di diniego alle spalle di Ranma che stavano per lo più a significare “Imbecille, non dirgli niente!”

Dopo una pausa ad effetto, con Ryoga che continuava a mandargli velati messaggi di morte e Ranma ansioso di sapere quale fosse il grande problema che intralciava il loro cammino, Takey disse “Il mio tavolino da GOOOO! Guardate come è ridotto!! inservibile, irriparabile... Bhuahahaaaaaa!” e scoppiò nuovamente in lacrime soffiandosi rumorosamente il naso nel suo fazzolettino rosa con il logo di Star Trek.

Ranma non ci fece nemmeno caso. Il suo unico pensiero era riprendersi Akane, strapparla dalle grinfie di quel bastardo malvagio.

Intanto una miriade di voci portate dal vento fece vibrare la caverna

“Sei sicuro di essere così diverso da me, Ranma Saotome?”

 

 

 

 

 

 

 

Note di Faith.

Ciao adorabili Ranmofile!

Visto che stavolta mi sono superata con la velocità di aggiornamento!

Sono brava eh?! Ma va là... mi dovrei vergognare dei tempi biblici degli altri due capitoli!

Comunque spero di essermi fatta perdonare!

Allora sono riuscita a stupirvi, crearvi nuovi dubbi, farvi ridere e sobbalzare sulla sedia?

Spero apprezzerete la colonna sonora. Questa canzone mi piace moltissimo perché ha due ritmi diversi (uno nostalgico e un po' triste e l'altro carico e grintoso, un po' come il capitolo... o almeno era nelle mie intenzioni che fosse così!) e anche il testo è molto calzante. ;)

Aspetto come al solito che mi diciate cosa ve ne pare.

Scrivere questa parte mi ha molto soddisfatto. Ci ho messo tante cose, con il risultato di ritrovarmi con un capitolone!

Ho inserito scene un po' violente (spero di non avere urtato la sensibilità di nessuno!)

e forse questo episodio è risultato più serio degli altri.

Attendo le vostre opinioni!

 

Ps: i significati dei nomi dei demonietti

Bara: Rosa

Su: Aceto

Dango: il tipico dolcetto giapponese

Ganko: Testardo

Uchi: Timido

Kusa: Erba.

 

Io mi ci sono affezionata molto a questi esserini volanti... sono così pucciosi!

A presto branco di folli. Sarò rapidissima anche con il prossimo aggiornamento.

Vi abbraccio!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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