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Autore: WaChan    09/09/2014    2 recensioni
Salve! Spero che questa storia vi piaccia, per qualsiasi cosa commentate :)
Nella morte molti pongono rimedio,
ma solo in pochi non possono affrontarla
ricercando nel mondo il modo per andarsene.
Un unico uomo per una dama,
per sempre sarà
e il sigillo ti abbandonerà!
Buona lettura :)
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'era una volta, in una delle più alte montagne dei Carpazi, una donna bellissima dalla solenne chioma rossa. Abitava in un sontuoso castello protetto da lupi, incantesimi e fitti boschi che le garantivano la pace. Il suo animo era cupo, viveva per il soffrire altrui; della notte era padrona mentre nel giorno adagiava sul suo letto di morte in attesa della luna.
Aveva la pelle bianca come il granito ma morbida come la seta; gli occhi del colore dei sogni e le labbra della notte. Dai capelli rosso scarlatto, che arrivavano a toccarle le cosce, facevano capolino la punta delle orecchie. Il sontuoso vestito grigio lasciava intravedere la rotondità dell'abbondante seno che sporgeva per colpa del bustino stretto. La gonna pomposa le cingeva la vita come una carezza e si allargava fino ai piedi, nascondendone la nudità. Le mani erano ricoperte da rovi che fungevano da guanti: era un tributo alla sua castità, solo l'uomo della sua vita avrebbe avuto la possibilità di sciogliere il sigillo e prenderla in sposa.
Seduta sulla ringhiera del balcone più alto del suo castello Heryn scandagliava, con i suoi occhi spenti, il territorio brulicante delle sue creature; al suo fianco sedeva la sua fidata dama che la serviva da quando era nata... Millenni fa. I capelli le venivano scompigliati dal vento, come se stessero danzando, solleticandole le nude spalle mentre la gonna si alzava leggermente facendo godere alla natura la splendida visione delle sue gambe.
La sua mente vagò nell'infinito dei suoi sentimenti, un dolore eterno che le veniva ricordato dai rovi che le cingevano le braccia, le mani e.. Anche il cuore. Pensò a come potesse essere la vita in compagnia di un uomo, i suoi servigi e il suo amore. Non si soffermò sul viso, tanto sui comportamenti, ma tanto basto a far si che il sigillo si stringesse a tal punto da farle entrare le spine nella carne; tutto solo per punirla da quel pensiero proibito. A Heryn, però, ormai quel dolore non toccava più; si era così tanto abituata che neanche più la vista del suo sangue la faceva dispiacere per ciò che aveva commesso.
Meral, la dama, si precipitò dalla sua signora alzandosi così velocemente dalla sedia che incespicò al vestito -Mia Signora la prego, non faccia così – delicatamente le poggiò una mano sulla spalla fredda come il ghiaccio, ma ormai si era abituata alla temperatura di colei che le impartiva ordini.
Heryn si girò lentamente e lasciò intravedere gli occhi lucidi – Meral il mio corpo è esausto, per non parlare del mio cuore. Voglio lasciare questo mondo ma... Non posso – così dicendo si alzò dalla ringhiera e si buttò giù. La caduta fu rapida e, subito, il suo corpo toccò l'acqua del laghetto sottostante. Arrivò fino al fondale per poi riaprire gli occhi “Non posso, non posso morire”.
Nuotò fino alla riva per poi vedere la sua dama aspettarla: gli occhi rossi come la morte, i capelli neri per metà legati e per metà le ricadevano sulle spalle. Il vestito era di un bianco latte, come la sua pelle, ma le labbra... Erano qualcosa di spaventosamente ammaliante. Spesso Heryn si chiedeva chi fosse davvero a dare gli ordini, ma sapeva che la sua dama le era molto fedele... Il suo demone personale, colei che le aveva “donato” il sigillo.
- Padrona sta cercando per caso di uccidersi? Non è una buona nomina per una contessa – i suoi occhi erano cosi famelici che quasi Heryn ne ebbe paura; si arrampicò sulla riva e fu accolta da una calda coperta.
- E' un tuo sbaglio Meral, cerco solo di alleviare leggermente il dolore che mi attanaglia la mente e il corpo -.
Già, la sua anima era ancora pura grazie alla sua castità ma, molte volte per alleviare quella sensazione di compiacimento, si divertiva a veder morire le persone... I pochi uomini che le venivano a far visita per far voto nuziale. Tutti morti per mano sua, o della sua dama.
- Forza venga, un bagno caldo già la attente per non farle prendere un malanno -.
Le due si incamminarono nell'immenso castello fino al bagno dove, nell'immensa vasca d'acqua calda, si immerse Heryn con grande sollievo. La dama lasciò sola la sua padrona mentre si riversava nuovamente nella depressione di non essere morta. Cercò in tutti i modi di togliersi quei rovi, ma non ci riusci. Più cercava disperatamente di slegarli più le entravano nella carne; pensò che, se continuavano così, le avrebbero tagliato il braccio in mille pezzi.
Dopo aver passato più di mezz'ora immersa nell'acqua calda si alzò e si diresse verso lo specchio: tra la schiuma e le goccioline d'acqua e il vapore riuscì a intravedere il suo corpo. Formoso. Ammaliante. Bello. Giovane da troppo tempo. Ferito. Triste come il suo sorriso. Si guardò attentamente, cercando ogni singola cicatrice sul suo corpo: ce n'era una all'altezza del cuore. Dieci anni fa; niente morte, solo dolore e punizione. Aveva cercato di uccidersi, dopo vari tentativi, con un coltello nel cuore. Meral l'aveva trovata distesa sul pavimento della sua camera, con il coltello infilzato nel petto, occhi spalancati e pieni di lacrime mentre ripeteva come una litania “aspetto la morte come un sospiro di roccia o una menzogna di fata, non arriverà mai”.
Da quel giorno ormai era diventato di routine cercare di togliersi la vita in vano.
Continuò a guardarsi allo specchio mentre si asciugava e vestiva senza l'aiuto di Meral, si era sempre sentita inadeguata quando la vestiva lei. Era potente, ma ciò non significava non sapersi mettere un abito.
Si infilò delicatamente la camicia da notte mentre all'orizzonte sorgeva il sole, sentiva la presenza della sua dama fuori la porta e questo significava doversi sbrigare. Si sistemò i capelli sciogliendoli dallo chignon che si era fatta per il bagno e si incamminò verso la porta per essere accompagnata nelle stanze da letto. La sua mano si allungò per girare il pomello della porta, ma un rumore colse la sua curiosità. Sul ramo di fronte la finestra c'era un'aquila nera che la osservava. Con lo sguardo la stava invitando ad aprire la finestra e a farla entrare; così fece. Appena poggiò un braccio fuori l'aquila le salì sopra e cominciò a osservarla.
- Tu non sei una delle mie creature, ma sarei contenta se lo diventassi. Sei così bella - .
Con un solo battito d'ali l'uccello se ne andò lasciando Heryn sola e triste a guardare le sue ali sbattere nel vuoto verso l'alba.
Tornò sui suoi passi, aprì la porta e fu condotta da Meral nelle sue stanze dove si lasciò cullare dal sonno in balia del pensiero di quella stupenda aquila e dei suoi occhi.
La notte del giorno dopo Heryn era sul tetto del suo castello mentre Meral la aspettava seduta sul balcone a osservarla.
La ragazza scandagliava il cielo alla ricerca dell'uccello della notte prima, ma non ce n'era traccia. Cominciava a voler desiderare che quel rovi, che le circondavano le braccia, la stringessero a tal punto da farla stare meglio. Farle dimenticare il mondo circostante. Prima però che tutto fosse perduto sentì il richiamo del predatore nel cielo. I suoi occhi cercarono nel cielo spento della notte, ma solo le sue orecchie riuscivano a sentirlo. Intravide in lontananza una figura nel cielo e istintivamente si alzò cercando di vedere meglio.
L'aquila si avvicinava sempre più velocemente a colei che non vedeva l'ora di osservare quel manto color della morte, come il suo cuore. Heryn allungò un braccio e il maestoso uccello vi planò sopra, dando una rapida occhiata intorno e osservando attentamente la ragazza, per poi planare velocemente nel bosco. La contessa istintivamente si buttò per raggiungere quel bellissimo volatile mentre la sua dama la chiamava disperatamente.
Quando rumorosamente atterrò nel bosco l'aquila la stava già aspettando su un ramo, in attesa che la prendesse. Heryn le si avvicinò sorpresa di come quegli occhi la attiravano. Quando i due furono così vicini da sentire l'uno l'odore dell'altro l'aquila si poso su un braccio della ragazza tagliandone con il becco un rovo, lasciandola attonita.
- Ma... Tu chi sei per poter fare questo?- Aveva quasi le lacrime agli occhi per la felicità, per la sensazione di libertà che le dava il taglio di un singolo rovo.
- Io sono... - L'aquila si trasformo in un uomo alto, cupo e bellissimo – L'uomo che è venuto a rivendicarti e liberarti da questa tortura per sempre -.
Heryn lo guardò attentamente senza fiato: gli occhi erano dello stesso giallo di quando era animale, anche i lineamenti erano molto marcati come il becco di un'aquila. I capelli erano così neri che faceva fatica a distinguerli tra la notte. Il corpo, a ogni singolo movimento, era un guizzo di muscoli che la lasciava senza fiato.
- Il mio nome è Barduk, imperatore di quello che chiamano Moldavia. Sono qui per donarti i miei servigi, il mio amore, per liberarti e per vivere con me. La mia vita stata squallida fino a ora- si inchinò dinanzi a lei.
Heryn con voce tremante dallo stupore disse – Dimostrami ciò che sai fare, togli questo sigillo dal mio corpo – pregava che succedesse.
Barduk si avvicino con passi così leggeri che sembrava non toccasse terreno e le prese la mano, se la portò alle labbra e la baciò. I rovi che avvolgevano quella parte del suo corpo caddero a terra senza vita. Le cicatrici visibili. Quando le baciò l'altra mano accadde lo stesso.
- Sei tu colui che aspettavo, a chi donerò il mio amore eterno. Il domani non avrà più significato se tu un giorno non ci sarai più- Heryn pianse di gioia.
-Non lo permetterò!- Barduk lambì con la lingua la guancia della donna, dov'erano passate le lacrime, fino ad arrivare alla sua bocca. Per donarle un dolce bacio. Per regalarle tutto se sesso.
A quel contatto i rovi che la abbracciavano da secoli scomparvero per far posto a sottili cicatrici. Heryn prese le mani del suo sposo e se le portò sul viso. Si scambiarono un fuggente sguardo per poi continuare a baciarsi.
- Il mio lavoro è terminato- disse un demone sul balcone di un castello lontano -Ma io ho giurato fedeltà a te mia padrona e non ti lascerò andare- .
Su quella montagna, stata fin'ora un luogo di tristezza e distruzione, finalmente nacque l'amore tra due che si aspettavano dalla creazione di quel posto sperduto.
Si amarono per l'eternità, ma ancora non si sa se quei due siano morti: si dice ancora che, se si ascolta bene nel luogo del loro bacio, si possano udire ancora le loro parole d'amore e due nel castello che ballano sotto una dolce melodia di vita.

 

 

   
 
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