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Autore: Il_Dottore    09/09/2014    3 recensioni
Cosa ne peseresti se ti dicessi che tutto quello che ti hanno insegnato fino ad ora non è reale?
Che il mondo è miliardi di anni più vecchio di quello che ti dicono?
Che questa è la seconda volta che il genere umano si sviluppa su questo pianeta?
Che la magia, quella cosa attorno alla quale sono stati creati film, libri e favole, esiste veramente?
Ma l'umanità ha già dimostrato di non essere in grado di gestire un potere tanto grande.
Solo in pochi possono sperare di essere addestrati in questa magnifica arte dal Maestro. Egli istruisce e difende la popolazione della terra da tempo immemorabile.
Nessuno sa perché lo fa.
Egli è l'ultimo sopravvissuto di un'antichissima stirpe di esseri straordinari, l'ultimo degli Arcani.
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Diana Firecold e Iulia Falco


 
Iulia superò in fretta il deserto del Sahara, non gli piaceva avere la sabbia di una tempesta negli occhi mentre sorvolava i continenti a 50 chilometri al secondo; a dire la verità non le piaceva neanche volare, ma per una missione come quella non poteva farsi scoprire e non poteva teletrasportarsi o viaggiare troppo veloce, lui l’avrebbe individuata immediatamente.
No, era troppo importante; sperava solo che il golem che voleva creare facesse in fretta, o lui sarebbe arrivato e l’avrebbe ridotto in un ammasso di poltiglia verde, da usare per creare una pozione per neutralizzare le sue maledizioni. Iulia era particolarmente abile a lanciare e inventare maledizioni, ne conosceva moltissime, alcune quasi mortali. 
Aveva appena superato la costa atlantica dell’Africa quando scorse la ragazza. Riusciva a vederla perfettamente; non per niente il suo nome originale era Iulia Falco.
Quando era bambina era quella con la vista più acuta, quella che a nascondino vinceva sempre e che, più avanti, divenne la migliore nella caccia. Anche se non ricordava bene la sua fanciullezza, doveva essere nata verso il I o II secolo a.C., durante il periodo di massimo splendore dell’impero romano; sfortunatamente la memoria della sua vita prima che lui la trovasse, compreso il primo periodo del suo addestramento, era molto approssimativa. Purtroppo, come le era stato spiegato, il cervello umano non è fatto per contenere qualcosa come cinquecento anni di memoria e lei era riuscita a modificare il suo solo allora.
Avrebbe potuto tranquillamente farlo lui… ma, le aveva detto con quel suo tono carico di mistero di quando spiega qualcosa d’importante: la mente umana è un tempio sacro: violarlo è male, quindi non bisogna penetrarla con leggerezza.
Almeno si era limitata ad avere poco chiari solo cinquecento anni della sua vita. Non sembrava, ma lei era molto vecchia, dimostrava non più di venticinque anni ma ne aveva almeno centomila volte tanto.
Con tutti quei viaggi nel tempo che aveva fatto e in tutte quelle dimensioni alterate che aveva visitato dove il tempo scorre più velocemente…
In ogni caso non era quello il momento di abbandonarsi ai ricordi. Doveva completare una missione.
A 300 chilometri di distanza, sulla costa Adriatica, dalle parti del Gargano, andò a sbattere contro quella che classificò come una barriera energetica, invisibile perfino a lei, che le impediva di proseguire. Anche se era strano, le nuvole e gli uccelli non si schiantavano contro l’apparente nulla come le era successo. Doveva essere un suo incantesimo!
Certo, avrebbe dovuto aspettarselo. Per sua sfortuna non poteva creare un golem potente come avrebbe voluto da quella distanza e con quella maledetta barriera.
Ormai però non c’era altro da fare, il campo di forza era potente e per distruggerlo avrebbe dovuto usare così tanta energia che lui l’avrebbe localizzata in un istante. Avrebbe dovuto creare la creatura da lì, non c’era scelta.
Rimanendo a levitare per aria, iniziò a mormorare l’incantesimo che avrebbe dato vita al golem e che avrebbe fornito all’essere le indicazioni necessarie.
  
 
 ¶

Diana camminava spedita per la strada; aveva appena lasciato le sue amiche Francesca e Laura davanti al Bar del Parco, perché loro abitavano in via Ravasco.
Erano circa le sette di sera del 13 Giugno, stranamente era già notte fonda e c’era un freddo innaturale nell’aria dalla mattina.
Diana si strinse nel giubbino firmato che amava tanto; gli era costato un occhio della testa, aveva dovuto risparmiare la paghetta di cinque mesi per arrivare a coprirne quasi metà del costo, ma, per fortuna, suo padre le aveva dato il resto dei soldi, altrimenti non lo avrebbe più trovato nei negozi!
Nonostante il giubbino, però, un brivido le percorse la schiena e le si propagò per tutto il corpo. Non le era mai capitato di sentire qualcosa del genere; anzi, lei non sentiva quasi mai freddo, era piuttosto calorosa. Improvvisamente l’odore di foglie bruciate pervase l’aria e Diana sentì un fruscio. Si girò di scatto; la strada era deserta e anche quell’odore era sparito.
Posò uno sguardo indagatore sui cespugli al lato della strada ma non vide niente.
Si convinse di essersi immaginata il rumore e continuò a camminare.
                            

Mike Firecold era ai fornelli e stava preparando contemporaneamente un arrosto di salsicce, pollo e patate, della bruschette e il suo “famoso” ananas flambé.
Sua moglie, Eleonora, stava apparecchiando la tavola per la classica cena di famiglia del sabato sera. Di solito non mangiavano mai tutti insieme: a pranzo iniziavano i ragazzi, poi i genitori di ritorno dal lavoro; a cena invece Diana dava il via ai fornelli ed Eleonora la aiutava dopo essere tornata dall’ufficio, in seguito arrivava Matteo, il fratello di Diana, sempre un po’ in ritardo per lo studio e l’allenamento in palestra; infine Mike, che non tornava fino sera, cenava assieme alla moglie che stava pazientemente a sentire come era andata la giornata in fabbrica. Mike possedeva infatti un’industria di dolci, soprattutto cioccolate. Eleonora, invece, era la segretaria di un famoso notaio, il signor Marco Zampacorta. 
Il nonno di Mike veniva dall’America e si era trasferito in Italia, a Pescara, perché non gli piaceva il chiasso delle grandi città degli USA, voleva una vita più tranquilla e un posto dove investire i capitali che si portava dagli States.
Matteo non era dello stesso avviso, infatti al momento era impegnato con un videogame di guerra. Nonostante i due fratelli si portassero due anni e litigassero abitualmente, condividevano entrambi una grande passione per i videogiochi. Matteo aveva 18 anni e aveva appena finito il quarto anno allo scientifico senza neanche un voto inferiore al 7, un traguardo del quale si sentiva più che soddisfatto al momento.
A un certo punto suonò il campanello.
“Matteo, vai ad aprire a tua sorella” disse Eleonora al figlio.
“Ok” le rispose di rimando il ragazzo; mise in pausa e accolse con un “Era ora” la ragazza.
Diana salutò i genitori e andò in camera per cambiarsi e mettersi qualcosa per casa.
Salite le scale aprì la porta della sua stanza e non fece in tempo a varcare la soglia che il cellulare le squillò nella tasca. Posò la borsa sul letto e guardò il display del suo telefono touch screen che mostrava un numero sconosciuto.
Era il messaggio più strano che le avessero mai inviato:

Ci vediamo domani su Corso Umberto, alle 17:45 dopo la partita dell’under 18.
Attenta al fuoco, brucia.

Non c’era scritto il mittente né un accenno a come sapesse che sarebbe dovuta andare a vedere la partita dell’under 18 e che sarebbe passata per Corso Umberto perché avrebbe fatto un giro con un suo amico.
Diana non si intendeva particolarmente di calcio, però aveva una squadra del cuore, l’under 18 del Pescara appunto; sapeva riconoscere un buon giocatore, una squadra che giocava bene, ma non era una tifosa accanita in generale; lei andava a vedere le partite del Pescara principalmente per vedere Matteo, un ragazzo molto carino che giocava come centravanti nella squadra, omonimo del suo fratellone.
Matteo era alto e con le spalle larghe, ma non grosse e ingombranti come quelle dei giocatori di rugby; lasciava crescere i suoi capelli castano chiaro in modo disordinato, passandoci di tanto in tanto le dita, giusto per dargli un’arruffata in più.
Diana invece era snella, a differenza del padre che era robusto e possente con le spalle addirittura più larghe di quelle di Matteo; aveva i capelli lunghi e ricci fino all’attaccatura del collo; erano castani a tratti chiari e scuri, a volte con tali sbalzi di colore da sembrare tinti.
La cosa più bella del suo aspetto erano i suoi occhi, erano nocciola chiaro, quasi gialli; molti di quelli che la vedevano per la prima volta rimanevano stupiti da quella singolare sfumatura di colore.
Mentre rifletteva su chi avrebbe potuto mandargli un messaggio del genere gli tornò in mente quello che era successo per strada.
Scaccio via dalla mente i brutti pensieri e riflettendo trovò sciocca l’idea di poter essere aggredita, insomma: in pieno giorno, davanti a tutti, con Matteo che stava con lei sul Corso, nessuno avrebbe potuto farle del male passando inosservato.
Decise che avrebbe visto se c’era qualcuno che sembrava la stesse aspettando e, dopo aver valutato se era prudente o no l’avrebbe evitato o chiamato a seconda dei casi; insomma, aveva sedici anni e aveva appena terminato, con suo grande sollievo, il secondo anno di superiori; sapeva badare a se stessa! 
Un'idea su chi gli avrebbe potuto mandare quel messaggio però ce l’aveva. Poteva essere stato Domenico con uno dei suoi soliti scherzi, lui sapeva di Matteo.
Domenico e Diana si conoscevano dalla scuola materna; avevano la stessa età e andavano in classe insieme; purtroppo lui le faceva sempre degli scherzi da persona veramente poco matura, ma che facevano piegare in due dalle risate il ragazzo assieme a tutti quelli che si trovavano lì intorno. Molto spesso però non riusciva a  capire come Domenico riuscisse ad attuare alcuni dei suoi “diabolici piani”, come ormai li chiamava tutta la scuola (Domenico si era fatto una reputazione un po’ distante dallo studente modello).
Per esempio, una volta il ragazzo le aveva fatto cadere sulla testa un secchio con un po’ d’acqua dentro: non così tanta da inzupparla completamente, ma sufficiente a farla tremare dal freddo e bagnarle completamente i capelli. Domenico almeno si era preoccupato di non farle prendere una broncopolmonite e le aveva dato dei vestiti di ricambio, un panno e un phon per asciugarsi. Ma la ragazza era rimasta perplessa, oltre che arrabbiata, per il modo in cui Domenico fosse riuscito a attuare lo scherzo: infatti aveva messo il secchio proprio sopra l’apertura di una botola sul soffitto e l’aveva lasciata leggermente aperta, poi aveva fissato la maniglia a un filo di nylon sottilissimo che aveva fatto arrivare a terra.
Diana passando era inciampata nel filo, l’aveva teso e di conseguenza aperto la botola rovesciandosi il secchio d’acqua in testa.
Il problema è che la botola non si è mai scoperto da dove venisse, nessuno l’aveva mai notata e non si capì neanche come facesse Domenico a sapere che Diana sarebbe passata di lì per prima al suono della campana della ricreazione; la botola era infatti situata poco dopo una curva del corridoio e l’autore della burla era uscito dalla sua classe due secondi dopo la caduta del secchio, l’aveva guardata con il ghigno divertito di uno che non aspettava che quello e, mentre le camminava incontro aveva detto: “Vuoi lo shampoo?”
Il corridoio gremito di gente si era riempito di risate e la ragazza era sul punto di saltare addosso a Domenico, quando vide un professore girare l’angolo dalla parte opposta del corridoio e si trattenne.
Diana ricordava molti scherzi inspiegabili del ragazzo, ma non si era mai fatta troppe domande.
Questa volta, evidentemente, avrebbe organizzato qualcosa con il fuoco.
Decise che sarebbe stata molto prudente e che non si sarebbe fidata della minima anomalia.
Dopodiché la raggiunse il richiamo della madre che avvertiva della cena in rischio di congelamento nel suo piatto e i suoi fili di pensiero furono interrotti; finì di cambiarsi e scese a mangiare.
Appena entrò in cucina si accorse che qualcosa non andava. Erano tutti troppo silenziosi. Di solito a tavola c’era sempre qualcuno che parlava.
In quel momento però nessuno fiatava. Fu proprio Diana a rompere il silenzio.
“Come mai così silenziosi?” chiese.
“In che senso?” suo padre aveva la strana abitudine di rispondere a una domanda con un’altra domanda.
“Di solito c’è sempre un gran baccano qui.”
“Bè, se ti dà fastidio mi metto a urlare senza motivo, ma non credo che ai vicini piacerà.” Disse suo padre ironico. 
“Di solito non ti preoccupi dei vicini quelle poche volte che io porto a casa una nota o un brutto voto da scuola o quando, spesso e volentieri lo fa Matteo” rispose lei sarcastica.
“’Ensa ae noe ue, eeoven!” Matteo aveva la bocca così stracolma di arrosto che la ragazza si sorprese del fatto che riuscisse perfino a emettere qualche suono sommesso.
“Non riempirti la bocca come un maiale Matteo!” lo ammonì la madre severa.
Il ragazzo inghiottì e poi ripeté:
“Pensa alle note tue, Beethoven!”
“Ok, ok, tranquillo…” rispose Diana.
“Allora, dove sei andata con Laura e Francesca?” intervenne suo padre con il tono di chi vuole porre fine alla discussione.
“Siamo andate in giro per il centro e abbiamo girato per i negozi.
Fra parentesi, ho visto una borsetta che si intonerebbe bene con un completo che ho e mi chiedevo se…”
“Senza che finisci, perché rimarrà “fra parentesi”. Ti abbiamo comprato neanche un mese e mezzo fa quel giubbino nuovo che è costato 170 euro; fino a Natale non voglio più sentire la parola comperare” disse Mike.
“Eeeeeeeeh, non esagerare adesso, fino a Natale.” Intervenne Eleonora.
“Primo sono passati tre mesi da quando gli hai comprato quel giubbino; secondo devi ammettere che si è assunta le sue responsabilità risparmiando tutto quello che le veniva dato; terzo ormai la nostra Diana sta diventando una donna e, ogni tanto, possiamo comprare qualche cosina solo per lei.
Non dico che deve spendere un patrimonio ogni mese, ma giusto un regalino per la buona condotta; in fondo è stata quasi sempre” e sottolineò il quasi “una figlia di cui non ci si può lamentare.
Quanto costa questa borsetta cara?” chiese poi a Diana.
“40 euro.” rispose pronta lei.
“Bene, io e tuo padre siamo disposti a pagare la metà del prezzo, ma per il resto dovrai arrangiarti.”
“Hei, qui il capofamiglia sono io, decido io cosa siamo disposti a fare” esclamò Mike, arrabbiato poiché la moglie stava prendendo decisioni senza interpellarlo. 
“Siamo disposti a pagare la metà del prezzo” disse dopo aver riflettuto pochi secondi.
“Bene, non vedo l’ora” disse la ragazza.
“E tu, non hai niente da dire? Di solito ti lamenti sempre che a me comprano le cose e a te no” disse poi rivolgendosi al fratello, un po’ stupita.
Lui, che stava ingurgitando la cena in un modo quasi indecente, riuscì a biascicare due parole:
“Fame. Cibo.”
“Uomini…” replicò lei scuotendo la testa.  














 
Note dell'autore:

Questa storia si basa sulle fantasie che ho iniziato a immaginare qualche anno fa.
Dopo aver scritto una bozza della storia, avevo abbandonato la scrittura, ma grazie a una mia cara amica sono tornato a scrivere.
Dopo molte rivisitazioni sono arrivato a questa forma che, almeno per ora, mi sembra accettabile.
Oltre ai nomi (Diana era Stella, Domenico era Alex) e ai luoghi (l'ambientazione era l'America) ho sostituito anche lo stile di scrittura e tagliato scene inutili.
Questa piccola ragazza si troverà a dover affrontare una vita piena di pericoli e di insidie.
Il primo capitolo è solo di introduzione alla storia e serve per mostrare quale vita tranquilla e comune avesse Diana, prima che un fatto straordinario la sconvolgesse.
Dai prossimi capitoli la storia comincerà a prendere forma.
Mi rivolgo ora a chiunque sia stato tanto temerario da arrivare fino a questo punto.
Per prima cosa grazie di aver dedicato il vostro tempo alla lettura della mia storia e vi sarei veramente grato se lasciaste un commento o una recensione sia di critica che di apprezzamento.
Questo mi servirà per migliorarmi e potervi offrire una lettura sempre più piacevole.


Il Dottore

 
 
   
 
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