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Autore: Ossimoro Vivente    09/09/2014    3 recensioni
Rakčl era una ragazzina.
Una delle solite ragazzine da liceo che abitava in una casa normale con una famiglia normale. Non era nč ricca ne povera, nč bella nč brutta ma, come tutti, aveva il suo carattere: era sfigata.
Ovviamente sarŕ una storia non cagata da nessuno,ma... chissene frega,la metto comunque! xD
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SFIGATA
Rakčl era una ragazzina.
Una delle solite ragazzine da liceo che abitava in una casa normale con una famiglia normale. Non era nč ricca ne povera, nč bella nč brutta ma, come tutti, aveva il suo carattere: era sfigata.
O, almeno, andava in giro come una sfigata.
Aveva i capelli color miele di media lunghezza, disordinati, come se fosse appena sveglia, infatti aveva occhi grandi e nocciola, ma stanchi, con pochi riflessi e cerchiati ventiquattro ore su ventiquattro.
Alta un metro e un barattolo, si vestiva sempre da maschiaccio (anche se di sč un po' lo era) mettendo le prime cose che trovava, usando sempre come giubbotto una giacca rossa e calda come il fuoco piů grande del suo corpo minuto, comprata nel reparto maschi di un negozio cinese.
Era particolarmente affezionata a quella giacca sgualcita, tanto che divenne il suo marchio di fabbrica, e la indossava sempre.
Tutte le mattine si rintanava, come un bruco nel bozzolo, in quel tessuto rosso cosě morbido e rassicurante. Era la sua sicurezza. Non si sentiva osservata e poteva fare quello che voleva davanti alle persone senza pensare a quegli stupidi e monotoni problemi da adolescente rivista all'infinito. Come la paura di sentirsi grassa o brutta.
Era come un rifugio dove nessuno poteva entrare. Solo lei.
E se faceva caldo di sotto indossava solo una t-shirt, o si tirava su le pesanti maniche. E se faceva freddo al posto della t-shirt una felpona, anche se una felpa sopra l'altra era proprio brutto a vedersi come abbinamento, e i pettegolezzi di chi non si faceva mai i fatti suoi (al mondo ce ne sono tanti) si facevano sempre sentire. Si chiedevano se lei non sentisse freddo in inverno, e perchč non sceglieva mai al suo posto un normale giubbotto ; o se mandasse mai in lavatrice, quella benedetta giacca. Ma a Rakčl non interessavano i pettegolezzi. Se ne fregava e continuava a indossarla fieremente dimostrando a tutti il suo amore incondizionato per essa, anche se non si accorgeva che in realtŕ gli altri a guardarla pensavano solo a quanto fosse sciatta.
Inoltre, Rakčl era distratta e maldestra. Ma non poco!
Non mancava mai che un giorno inciampasse da qualche parte (o perdesse addirittura l'equilibrio da sola);mettesse il sale nel latte al posto dello zucchero; che non seguisse il discorso di qualcuno facendo la figura della scema; o facesse figure peggiori a ginnastica ritrovandosi spesso e volentieri una sonora palla spiaccicata in faccia.
Rakčl era pure una tipa paranoica, complessata e eternamente indecisa su tutto.
Ingigantiva i problemi in un modo tutto suo, rimuginava troppo su ogni cosa e nessuno comprendeva mai questo suo modo di essere, cosa che la disperava ancora di piů.
E stava tutti i giorni camminando inerte con lo zaino in spalle mentre nel suo contorto cervello aveva colori di mille sfumature e contrasti.
A volte c'erano esplosioni di rabbia o di gioia, a seconda, altre volte delle gocce che scendevano lente e delicate per la tristezza.
Ma poche volte capitava che i colori fossero ordinati nei posti giusti per formare paesaggi di natura calma e rilassata. Ma quelle poche volte per Rakčl erano da assaporare in ogni istante : erano la quiete dopo la tempesta, e non sapeva mai quando sarebbero tornate.
Era talmente indecisa che a ogni domanda si dilungava nel logorroico senza arrivare mai a una vera risposta ; sennň la trovavi con gli occhi a girella e con il fumo che fuoriusciva dal naso e dalle orecchie.
Non sapeva parlare con risposte dirette, intelligenti o di bella figura a quelle persone che la prendevano in giro.
Per questi suoi problemi non aveva uno straccio di amico e a scuola era sempre stata una frana.
Quando le persone sapevano che frequentava il Liceo Artistico, le chiedevano sempre, come suole, che anno di superiori frequentava, e Rakčl era costretta a ripetere a malincuore la stessa solfa.
-Mi ero portata due materie, ma purtroppo non sono riuscita a recuperarle.-
E spesso, detto questo, seguivano versi concitati come: -Oooh, povera, ma come č successo?-
-Eh, mi sono impegnata in estate come mi sembrava meglio, ma credo di non aver fatto abbastanza e mi sono spaccata la schiena per niente.-
-Cavolo, che disdetta, e agli esami cos' hai fatto?-
E Rakčl sospirava sconsolata.
In veritŕ era dispiaciuta, che si aspettavano??
Quando Rakčl seppe di essere stata bocciata senza dire una parola, salě le scale per andare al terrazzo. E lě pianse tutte le sue lacrime.
Piangeva urlando disperatamente al cielo, poi mugugnava qualcosa da sola fra sč, poi gemeva e singhiozzava, e dopo tornava a sbraitare.
Poi,ogni tanto alzava gli occhi lucidi su, con tutta la testa, e si perdeva in quelle nuvole delineate dolcemente dalla calda luce del sole che contrastavano in modo quasi surreale con il fresco color turchese del cielo.
E Rakčl si chiedeva, con la bocca semiaperta dallo stupore, perchč, con tutto il caos che aveva in testa, il mondo doveva restare sempre cosě bello e perfetto.
Per tutto il giorno non fece altro che piangere ad alternanze, per poi svegliarsi il giorno dopo con due bubboni al posto degli occhi.
Non sopportava mai il fatto di dover raccontare agli altri la storia della sua bocciatura perchč fu un duro colpo per lei. La faccenda la buttň giů insieme all'autostima che si stava ancora costruendo.
Per questo Rakčl si considerava una sfigata.
E fu cosě che cominciň la sua degna storia da sfigata.
   
 
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