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Autore: ValeDowney    09/09/2014    0 recensioni
Cosa ci fanno il Capitan Jack Sparrow ed il Capitan Hector Barbossa nella nostra epoca ? C'entra forse Calyspo, la Dea del mare ? Altre avventure li attendono, tra amore, famiglia e alcuni vecchi ritorni
Genere: Avventura, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hector Barbossa, Jack Sparrow, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Arrivò un nuovo giorno ed il sole era già alto nel cielo; quasi tutti gli abitanti erano già al lavoro e le strade erano molto trafficate, ma c’era qualcuno che non si era ancora svegliato: “Hector ! Hector ! Amore, alzati !” disse Christine, mentre se ne stava, in piedi, accanto al loro letto.

Lentamente, Hector aprì prima un occhio, poi l’altro; poi, replicò: “Lasciami dormire ! Sono molto stanco” e si girò dall’altra parte.

“Hector, ora non fare il bambino ! Su, coraggio, alzati !” replicò Christine.

“Ma che ore sono ?!” domandò seccamente Hector.

“Le 7 passate e, non solo non verrai con me, per accompagnare Luna all’asilo, ma perderai anche l’occasione di andarti a trovare un lavoro” rispose Christine e, dopo essere uscita dalla loro camera da letto, aggiunse dicendo: “La colazione è già pronta, quindi non metterci tanto per scendere”.

Controvoglia, Hector aprì gli occhi e, mentre scendeva dal letto, disse: “Quando mai ho detto che, oggi, sarei andato a cercare un lavoro ?! Molto meglio, se me ne stavo zitto !” ed andò in bagno, per vestirsi.

 Intanto… “Luna, tesoro, vai piano a mangiare la colazione o, se no, ti rimarrà tutta sullo stomaco” disse Christine, mentre stava preparando il caffè.

“ Mamma, ma papà quanto ci mette a scendere ? Non voglio arrivare in ritardo, proprio nel secondo giorno di asilo” chiese Luna, con la bocca piena.

“Luna, non si parla con la bocca piena ! Comunque, tuo padre deve essere, per forza, pronto, se no, rincorrerà nella mia ira” rispose Christine e, mise il caffè, davanti al posto dove, normalmente, si metteva Hector.

“No, mamma, non ti arrabbiare con papà: ricordati che oggi, per lui, è un giorno molto speciale e, per questo motivo, non deve agitarsi tanto” disse Luna.

 “Hai ragione, tesoro: il papà deve andare via da casa molto sereno e con un bel sorriso” disse Christine, sedendosi al suo posto e, proprio appena ebbe finito la frase, in cucina entrò un Hector con sguardo assonnato  e senza nemmeno un sorriso: “Buon giorno, amore: il caffè è già pronto” disse Christine.

Senza dire nulla, Hector si sedette accanto a Luna e, mentre prendeva lo zucchero con il cucchiaino, Luna e Christine lo guardarono in silenzio; poi, mentre Hector mescolava lo zucchero nella tazzina del caffè, Luna preoccupata gli domandò: “Papà, ma stai bene ?”, ma Hector non le rispose; anzi, continuava a mescolare il caffè.

“Tesoro, non credi di aver già mescolato un po’ troppo quel caffè: ormai, lo zucchero si sarà già sciolto” disse Christine.

 Senza dire nulla, Hector mise da parte il cucchiaino e, dopo aver preso la tazzina, bevve il caffè: “Mamma, ma papà che cosa ha ?” chiese sottovoce Luna a Christine la quale, sempre sottovoce, le rispose: “Non lo so, ma credo che sia in trans”.

“In trans ?! E che cosa significa ?” domandò stupita, e sottovoce, Luna.

“Vuol dire che è ancora addormentato” rispose sottovoce Christine.

“Allora, dobbiamo svegliarlo, se no come farà ad andare a trovare un lavoro” disse Luna.

 “Hai ragione, tesoro, ma ho paura che, se lo svegliamo, dopo si possa arrabbiare” disse Christine.

“Non ti preoccupare, mamma: ci penso io a svegliarlo” disse Luna e, dopo essersi alzata dalla sedia, corse su per le scale, per poi riscendere, pochi secondi dopo, con in mano la pistola di Hector: “Luna, metti subito giù quella pistola: è molto pericoloso !” replicò Christine, alzandosi in piedi.

“Nel vedere che ho in mano la sua pistola, papà si sveglierà subito, vedrai” spiegò Luna; poi, rivolta ad Hector, aggiunse dicendo: “Ehi, papà, guarda un po’ che cosa ho in mano: la tua pistola e, tu, non vuoi che la tenga in mano, vero ? Allora, faresti meglio a togliermela, prima che mi possa succedere qualcosa di brutto”, ma Hector, dopo aver finito di bere il caffè, rimise la tazzina sulla tavola e, alzandosi, uscì dalla cucina.

“Questo mi preoccupa non poco: forse, sarà meglio che chiami subito il Dottor Glenson” disse Christine e, mentre si avvicinava al telefono, Luna seguì il padre in salotto, vedendo che, come se niente fosse, si stava mettendo la giacca; quindi, dopo essersi avvicinata a lui, gli chiese: “Papà, ma che ti succede ? Finora, non ti sei mai comportato così”, ma Hector non le diede neanche ascolto ed aprì la porta.

“Mamma, il papà sta uscendo” disse Luna.

“Oh, cavolo…trova un modo per fermarlo: il Dottor Glenson, al momento, non risponde” disse Christine, dalla cucina.

Luna, allora, guardò la pistola che teneva in mano; poi, guardò Hector e, nuovamente, riguardò la pistola; quindi, fece la prima cosa che le venne in mente; ovvero, presse il grilletto e, la pallottola che era dentro alla pistola, si andò a conficcare nel muro, proprio accanto alla porta e sfiorò, per un soffio, Hector il quale, improvvisamente, ritornò in sé; poi, lentamente si voltò e, nel vedere la figlia, le domandò: “Cuccioletta, che cosa è successo ? E soprattutto, perché tieni in mano la mia pistola ?” e, dopo che ebbe chiuso la porta, Luna rispose: “ Ti stavi comportando in modo strano e, la mamma, mi ha detto che dovevo fare qualcosa”.

“Ah, e così la mamma ti ha detto che dovevi fare qualcosa” disse Hector; poi, aggiunse gridando: “Tesoro, vieni un attimo qui”.

Christine, con in mano la cornetta del telefono, sbucò dalla cucina, chiedendogli: “Che cosa c’è, amore ?”.

“Hai detto alla nostra bambina che doveva fare qualcosa; allora, perché ha in mano la mia pistola ?” domandò Hector, incrociando le braccia.

 “Bé…ecco…tu eri andato in trans e, allora, la prima cosa che è venuta in mente a Luna, è stata quella di andare a prendere la tua pistola, ma non avrei mai pensato che avesse premuto il grilletto” rispose titubante Christine.

Hector, allora, si voltò verso Luna e, con sguardo minaccioso, le chiese: “Luna, quante volte ti ho detto che non devi mai, e dico mai, toccare la mia pistola ?! E’ molto pericolosa, per una bambina piccola come te”.


“Me lo hai detto tante volte ma, papà, avevi messo molta paura a me ed alla mamma” rispose Luna.

Lo sguardo di Hector sembrò addolcirsi, dopo aver sentito questa frase; quindi, calmandosi, disse: “Oh, cuccioletta, non so che cosa mi sia veramente successo, ma non volevo mettere paura a te ed alla mamma, credimi”.

 “Ce ne hai messa ed anche tanta” disse Christine.

 Hector la guardò e, poi, stupito domandò: “Che cosa ci fai con il telefono in mano ?!”.

“Con il telefono ?! Oh…ma niente di che…lo stavo solo pulendo un po’: ho visto che era pieno di polvere” rispose ridendo Christine, rimettendo il telefono a posto; poi, entrando, anche lei, in salotto, aggiunse dicendo: “Però, non ho ancora capito come hai fatto a ridurti così: quando ti sono venuta a svegliare, eri perfettamente sano”.

“E’ strano, ma non ricordo niente da quando sono uscito dal bagno, per venire giù a fare colazione” disse Hector.

“Davvero non ti ricordi proprio niente, papà ?” chiese Luna.

“No, nulla” rispose Hector, scuotendo negativamente la testa.

“Che cosa hai fatto esattamente in bagno ? Questo, almeno, te lo ricordi, caro ?” domandò Christine.

“Che cosa vuoi che abbia fatto in bagno, se non le solite cose di tutti i giorni ?!” rispose stupito Hector.

“Ti sei lavato ?” chiese Christine.

“Dappertutto” rispose Hector.

“Ti sei fatto la barba ?” domandò Christine.

“La mia barba non è ispida e va bene così come è” rispose Hector.

“Hai preso le tue pillole contro i dolori alla gamba ?” chiese Christine.

 “Certo: il tubetto si trovava nell’armadietto” rispose Hector.

Sentendo questa ultima cosa, Christine rimase a bocca aperta; quindi, Hector le domandò: “Tesoro, tutto bene ?”.

“Hector…quel tubetto che hai trovato nell’armadietto del bagno…sei proprio sicuro che quel tubetto, contenesse le tue pillole contro il male alla gamba ?” chiese titubante Christine.

 “Penso di sì, perché ?” domandò Hector.

“Chiamo il Dottor Glenson” rispose Christine e corse in cucina.

Hector e Luna si guardarono perplessi negli occhi; poi, entrambi, andarono, anche loro, in cucina e, mentre Christine stava facendo il numero sul telefono, Hector disse: “Tesoro, mi stai preoccupando: non essere così misteriosa e dimmi che cosa sta accadendo veramente”.


“Hector, se te lo dicessi, non mi perdoneresti per il resto della vita” replicò Christine, mentre aspettava che, qualcuno dall’altra parte, rispondesse.

Luna tirò la giacca di Hector il quale, dopo che ebbe abbassato lo sguardo verso di lei, quest’ultima disse: “Papà, ma stamattina che cosa sta succedendo ? Prima tu che vai in trans e, ora, la mamma che si comporta in modo così misterioso”.

“Vorrei tanto saperlo anche io, cuccioletta” disse Hector, accarezzandola sulla testa.

 “Ah…Dottor Glenson…salve, sono Christine Barbossa…mi scusi se la disturbo, ma ho bisogno urgentemente di un consiglio…ecco, riguarda mio marito Hector…credo che, stamattina, invece di prendere le sue pillole, abbia preso le mie…sì, proprio così: ha capito bene…quindi, le chiedevo se, magari, poteva passare per un controllo…davvero ?! Oh, grazie, grazie; prometto che mi sdebiterò. Ah, solo un’altra cosa, Dottor Glenson: io, purtroppo, non ci sarò a casa e nemmeno mia figlia; quindi, troverà solamente Hector…ok, allora, a più tardi…grazie, grazie ancora e mi scusi se l’ho disturbata” disse Christine e, dopo che la conversazione fu terminata, mise giù il telefono ma, quando si voltò, vide che sia Hector, che Luna, avevano uno sguardo molto interrogatorio; quindi, chiese: “Bé, e adesso che cosa c’è ?”.

“C’è che ci devi delle spiegazioni, soprattutto a me e, mi raccomando, non tralasciare nemmeno un particolare” rispose Hector.

“Cosa dovrei spiegarti ? Solo che il Dottor Glenson, verrà qui in mattinata” disse Christine.

 “Christine, tu prima, hai parlato di alcune pillole; pillole che riguardavano sia me, che te; appena ti ho detto ti aver preso il tubetto delle pillole dentro all’armadietto in bagno, tu sei diventata subito misteriosa” spiegò Hector.

Christine guardò da una parte, cercando di evitare lo sguardo del marito; poi, disse: “ Amore, credo che tu, abbia preso le mie pillole”.
“Cosa ?! Ma…ma come è possibile ?!” disse stupito Hector.

 “Ma si è trattato tutto di uno sbaglio; una cosa che si risolve subito” disse Christine, guardandolo.

“Una cosa che si risolve subito ?! Christine, prima stavo per andare fuori come uno stupido e chissà la gente, che cosa avrebbe detto, nel vedermi in quello stato ! E tu…e tu dici che si è trattato solo di uno sbaglio ?! Ma sì, che sarà mai un piccolo sbaglio: hai fatto rimbecillire tuo marito !” replicò arrabbiato Hector, mentre si muoveva per la stanza.

“Non volevo farti rimbecillire, Hector e, ora, se ti calmi, forse ti posso spiegare come sono andate realmente le cose” replicò Christine e, quando Hector la guardò, continuò dicendo: “ Stamattina, avevo intenzione di prendere alla Farmacia dell’ospedale, le tue pillole, visto che erano finite e, quindi, nell’armadietto, ho messo il mio tubetto: per sbaglio, mi sono dimenticata di dirtelo e, visto che i due tubetti hanno lo stesso colore, bè…fai due più due e sai già la risposta”.

“Non solo ti sei dimenticata di dirmi che hai messo il tuo tubetto nell’armadietto del bagno, ma prima hai anche telefonato ad un perfetto sconosciuto” replicò Hector.

“Il Dottor Glenson non è uno sconosciuto: non so se te lo sei dimenticato, ma il Dottor Glenson è il nostro dottore, nonché il dottore che ha fatto nascere Luna” spiegò Christine.

Hector rimase, un po’, senza dire nulla; ma, poi, disse: “ Non me lo ero dimenticato”.

Christine scosse negativamente la testa; poi, guardando Luna, le disse: “Tesoro, perché non ti vai a mettere la giacca: è ora di andare”.


 “Ma mamma, non posso rimanere a casa con papà ?” domandò Luna.

“Non se ne parla: è solo il tuo secondo giorno d’asilo e non puoi già stare a casa. Su, vai a prendere la giacca dall’attaccapanni” rispose Christine e Luna, controvoglia, fece come le aveva detto sua madre.

 “Perché dovrei stare a casa ? Credevo che venissi anche io, per accompagnare Luna all’asilo” chiese Hector.

 “No, tu è meglio che rimani qua a casa: il Dottor Glenson ha detto che sarebbe passato fra poco, quindi, voglio che ti trovi” rispose Christine e raggiunse Luna.

 Hector la seguì, domandandole: “ E che cosa dovrebbe venire a fare ?”.

“Che cosa vuoi che faccia, un dottore, se non visitare i suoi pazienti ?” rispose Christine, mentre si metteva la giacca.

“No ! Non mi farò mettere le mani addosso, da persone estranee alla mia famiglia” replicò Hector.

“Non essere sciocco, amore: il Dottor Glenson è un ottimo medico e vedrai che ti troverai bene con lui” spiegò Christine e, mentre prendeva in mano la cartella di Luna, Hector chiese: “Quando tornerai ?”.

“Stasera, come tutti i giorni; ah, e non ti dimenticare di andare a prendere, oggi pomeriggio, Luna all’asilo” rispose Christine ed aprì la porta.

 “Christine, aspetta…” disse Hector.

Christine si voltò e gli disse: “Tranquillo, amore mio, andrà tutto bene” e lo baciò sulla bocca.

“Mi raccomando, papà: comportati bene, con il Dottor Glenson” disse Luna.

 “E tu, invece, comportati bene all’asilo, d’accordo ?” disse Hector accarezzandola sulla testa e Christine e Luna uscirono dalla casa, chiudendo la porta dietro di loro.

Hector rimase, un po’, fermo davanti alla porta, poi, disse: “E, adesso, che cosa faccio ?”; quindi, voltò lo sguardo verso la televisione ed aggiunse dicendo: “Ora, so come funziona quindi, credo che se mi vedrò un po’ ciò che trasmette quella scatola luminosa, starò meglio” e si andò a sedere sul divano; poi, prese in mano il telecomando e disse: “Allora, se non mi ricordo male, credo di aver visto Christine e Luna, premere questo pulsante” e, dopo averne premuto uno, la televisione si accese.

“Hector, sei un genio ! Ehhhhhh, sì, ho sempre saputo di esserlo” disse sospirando Hector e, mettendosi meglio sul divano e, con i piedi sul tavolino a se, guardò la televisione.

Ma passarono pochi minuti, che la tranquillità di Hector venne interrotta dallo squillare del campanello; quindi, Hector scocciatamente domandò: “Chi è ?”.

 “Hector, non dirmi che non riconosci più la voce del tuo amico Jack ?” rispose Jack.

Hector sbuffò e, dopo essersi alzato dal divano, andò ad aprire la porta, trovandosi di fronte proprio Jack; quindi, gli chiese: “Che cosa vuoi, Jack ?”.

“Sono andato a salutare la tua dolce figlioletta, prima che entrasse in quella specie di prigione per bambini, quando non ti ho visto; così, ho chiesto a tua moglie che cosa ti fosse successo e, lei, mi ha spiegato tutto quanto e…” iniziò a spiegare Jack, ma Hector lo interruppe dicendo: “…e così hai pensato bene di venire a vedere come stavo”.

“E’ questo che servono gli amici, no ?” disse sorridendo Jack.

“Su, vieni dentro, ma vedi di non rompermi le scatole: stavo guardando qualcosa di interessante” disse Hector e, mentre ritornava in salotto, Jack entrava in casa e, dopo aver chiuso la porta, domandò: “Qualcosa di interessante, del tipo ?”.

“Qualcosa alla scatola luminosa” rispose Hector.

“Quella scatola luminosa, caro mio, non fa bene: fa vedere troppe cose tutte in una volta, comprendi” disse Jack, mentre camminava in salotto.

“Io la guardo sempre con Christine e Luna, eppure, non c’è mai successo nulla” disse Hector.

 “Perché la guardate sempre insieme ma, hai mai provato a guardarla da solo ? E’ capace di sprigionare strani poteri” disse Jack.

“Non dire sciocchezze, Jack: solo Calypso ha i poteri magici” disse Hector.

 “Allora, perché non sai quello che è capitato a me: un giorno, mentre me ne stavo da solo a scolare una deliziosa bottiglia di rum, stavo anche guardando la scatola luminosa quando, ad un certo punto, ho guardato nella mia mano destra e…la mia deliziosa bottiglia di rum era sparita. Ci credi, che non l’avevo più in mano ?! Non potevo più arrivare a fine giornata e, con Marie che non c’era, non sapevo più che fare, comprendi” spiegò Jack.

“Molto bella come storia, Jack, davvero niente male: sai, penso proprio che la racconterò, una di queste sere, a Luna” disse Hector.
“Ma è tutto vero ! Te lo posso anche giurare sulla nostra amata Perla Nera” replicò Jack.

 “Jack, solo per curiosità, ma quando stavi guardando la scatola luminosa, quanto rum ti eri già scolato ?” chiese Hector.

“Avevo già finito una bottiglia e, quella che tenevo in mano, era la seconda e, ti dirò di più: in questa bottiglia, ero già arrivato a metà, comprendi” rispose Jack.

“Non è che, per caso, avevi messo quella bottiglia di rum, da qualche parte, così che, quando hai rivoltato lo sguardo verso la mano destra, non l’avevi vista ?” domandò Hector.

Jack ci pensò un po’ su e, si rese conto solo adesso, che Hector aveva ragione: la sua adorata bottiglia di rum, non era affatto sparita, come aveva pensato lui, ma l’aveva solo messa per terra, perché, aveva preso in mano il telecomando, per cambiare canale; quindi, Hector disse: “Allora, visto che questa scatola luminosa, non è dotata di poteri magici: è assolutamente innocua”.

“Lo so e l’ho sempre saputo; non credere che Marie non mi abbia spiegato come funziona questa scatola luminosa, comprendi” disse Jack.

Ci fu un po’ di silenzio; poi, Jack chiese: “Non è che potrei rimanere, un po’, qui a farti compagnia: Marie non c’è ed io, a stare da solo, mi annoio”.

“Fai come vuoi, ma, tra pochi minuti, dovrai andartene” rispose Hector, non guardandolo.

 “Perché dovrei già andar via ?! In fin dei conti, sono appena arrivato, comprendi” domandò stupito Jack.

“Perché deve venire un certo Dottor Glanson…o Glenson, non so come si chiami veramente” rispose Hector.

“E chi sarebbe questo qui ?!” chiese stupito Jack.

“E’ il dottore di famiglia e, colui, che ha fatto nascere Luna” rispose Hector.

“Gli hai permesso di mettere le sue mani addosso a tua figlia ?! Questo, da te, non me lo sarei proprio aspettato, comprendi” disse Jack.

“Jack, che stupido che sei ! Doveva metterle le mani addosso, se no non sarebbe mai nata !” replicò Hector, dando uno scappellotto in testa a Jack, il quale, mentre si toccava dove Hector gli aveva dato lo scappellotto, disse: “ Scusami, non potevo sapere: non ero nella stessa stanza di tua moglie, comprendi” ed Hector gli lanciò un’occhiataccia; poi, mentre Jack continuava a massaggiarsi, Hector disse, alzandosi in piedi: “Io vado in bagno a prendere quelle pillole: tu, nel frattempo, vedi di non distruggere casa” ed andò su per le scale.

“Tranquillo, Hector: sarò docile come un pirata fuori dalla prigione” disse Jack.

Passarono pochi secondi, perché il campanello suonasse: “Non ti disturbare, Hector: vado io” disse Jack alzandosi in piedi e, dopo che ebbe aperto la porta, si trovò davanti ad un uomo; quindi, gli domandò: “E, lei, chi è ?”.

“Sono il Dottor Glenson ed avrei un appuntamento con il Signor Barbossa: per caso, è in casa” rispose colui che si rivelò di essere il Dottor Glenson.

“Hector, c’è il Dottor Glanson: lo devo far entrare ?” chiese urlando Jack, voltando lo sguardo verso le scale.

“Arrivo subito; intanto, fallo accomodare” rispose Hector, dal piano di sopra.

Jack, allora, rivoltò lo sguardo in avanti e, facendosi da parte, disse: “Prego, entri pure” e, dopo che il Dottor Glenson fu entrato, chiuse la porta.

“Comunque, prima ha sbagliato nel pronunciare il mio nome: io mi chiamo Glenson e non Glanson” disse il Dottor Glenson.

“Fa qualche differenza ? Per me nessuna, quindi, non ha importanza, comprendi” disse Jack.

 “Ma lei chi è ?” domandò il Dottor Glenson.

“Un amico di famiglia” rispose Jack, andando in salotto e si andò a sedere sul divano, mettendo i piedi sul tavolino.

Il Dottor Glenson lo seguì e, stava per sedersi sulla poltrona, quando Jack lo fermò, dicendogli: “Ah, ah, non si sieda”.

 “Ma io credevo che…” iniziò a dire il Dottor Glenson, ma Jack lo fermò nuovamente, dicendogli: “…lei non deve credere proprio niente, perché questa non è casa sua”.

 “Ma…ma…il Signor Barbossa…” iniziò a dire il Dottor Glenson, ma Jack lo fermò, ancora, dicendogli: “…il Signor Barbossa ha detto che sarebbe sceso subito; quindi, che cosa le costa aspettare un po’ ?”.

 Il Dottor Glenson, quindi, se ne rimase in piedi e, proprio in quel momento, Hector scese dalle scale, tenendo in mano il tubetto delle pillole che aveva preso; poi, guardò Jack e, dopo aver rivoltato lo sguardo verso il Dottor Glenson, gli disse: “Dottor Glenson, avevo detto che poteva accomodarsi”.

“Non c’è né bisogno, Signor Barbossa: non sono mica stanco” disse il Dottor Glenson.

“Non dica sciocchezze: lei è il nostro medico, quindi ha il diritto di sedersi; si sieda, si sieda pure” disse Hector e, mentre lui si sedeva accanto a Jack, il Dottor Glenson si sedette, invece, sulla poltrona, mettendo la sua borsa per terra; poi, disse: “Allora, Signor Barbossa; questa mattina, sua moglie sembrava molto preoccupata e credo bene di aver capito che lei, abbia, erroneamente, preso le sue pillole”.

“Sì, sono queste” disse Hector e consegnò il tubetto al Dottor Glenson, il quale, mentre le guardava, disse: “Sì, sono proprio queste: pillole per dormire”.

“Pillole per dormire ?! Ma io credevo che solo il rum facesse dormire” disse Jack.

Hector ed il Dottor Glenson lo guardarono; poi, quest’ultimi, si guardarono, ed il Dottor Glenson spiegò: “ Queste pillole, sono quasi uguali a quelle che prende lei, Signor Barbossa: cambia solo la loro forma” e, mentre apriva il tubetto, Hector disse: “Sa, dottore, al mattino sono sempre un po’ assonnato e fatico a distinguere le cose”.

“Non è una cosa di cui vergognarsi, Signor Barbossa: a tutti capita di sbagliare” disse il Dottor Glenson.

“A me non capita mai” disse Jack.

Hector gli lanciò un’occhiataccia e, vedendo che Jack aveva i piedi sul tavolino, gliele fece cadere per terra con forza; poi, Jack disse: “Quanto sei antipatico”.

“Sei in casa mia, Jack, quindi, vedi di fare quello che ti dico io” replicò Hector.

 “Non stavo facendo niente di male, comprendi” disse Jack.

“Avevi i piedi sul tavolino; il tavolino si trova in salotto che, a sua volta, fa parte di casa mia” replicò Hector.

 “Comunque, le consiglio a lei ed a sua moglie di mettere un’etichetta su questa flacone, così riuscirete a distinguere le pillole” disse il Dottor Glenson.

“Ehi, è un’ottima idea; ma lo sa, dottore, che non ci avevamo proprio pensato ? Grazie del consiglio” disse Hector alzandosi in piedi ed il Dottor Glenson, dopo essersi alzato in piedi anche lui, disse: “Si figuri, Signor Barbossa: voi siete i miei pazienti ed io il vostro dottore; io sto solo facendo il mio lavoro”.

“Quindi, ora, Hector è libero di andarsi a cercare un lavoro ?” chiese Jack.

“Lavoro ?!” disse stupito il Dottor Glenson.

“Sì, stamattina avevo intenzione proprio di andarmi a cercare un lavoro ma, sfortunatamente, ho preso le pillole di mia moglie, invece delle mie” rispose Hector.

“Come le ho detto prima, Signor Barbossa, non è successo assolutamente niente; anzi, a tale proposito, è libero di andare a cercarsi un lavoro e spero proprio che ne trovi uno che lo soddisfi” spiegò il Dottor Glenson e, mentre andava verso la porta, Hector lo seguì, dicendogli: “Grazie per essere passato; sicuramente avrà avuto da fare”.

“Oh, non si preoccupi: i miei pazienti vengono sempre prima. Buona giornata, Signor Barbossa e, soprattutto, buona fortuna” disse il Dottor Glenson e, dopo che Hector ebbe aperto la porta, vi uscì. “Che maleducato: si è dimenticato di salutarmi” disse Jack.

“Ti avevo detto di farlo accomodare e non di trattarlo male” replicò Hector, mentre si metteva la giacca.

“Non avevi specificato, comprendi” disse Jack; poi, notando che Hector si stava vestendo con vestiti più pesanti, aggiunse domandandogli: “Ehi e, ora, dove pensi di andare ?”.

“Dove sarei dovuto andare questa mattina presto: a cercarmi un lavoro” rispose Hector ed uscì dalla porta.

 Jack lo seguì e, dopo aver chiuso la porta dietro di se, gli disse, mettendosi al suo fianco: “Ehi, vuoi rallentare: non riesco a stare al tuo passo”.

“Non ti ho detto di seguirmi” replicò Hector, continuando a camminare.

 “Ma non mi hai neanche detto che potevo rimanere in casa tua, comprendi” disse Jack; poi, vedendo che Hector non replicò, aggiunse dicendo: “Eddai, Hector, che cosa ti costa farmi venire con te ? Prometto che ti darò una grande mano nel trovare un lavoro adatto a te”.

 “Questa è proprio l’ultima cosa alla quale avevo pensato” disse Hector.

“Vedrai che con la mia grandissima ed abilissima esperienza, troverai di sicuro un lavoro che ti piace; e, poi, questa città ha molto da offrire; certo non è come vivere ai nostri tempi, ma ci sono, comunque, un sacco di opportunità, comprendi” spiegò Jack.

“Ok, Jack, vuoi aiutarmi ? Bene; allora, mi devi promettere che devi solo, e dico solo, far parlare me; chiaro ?!” disse Hector.

“Limpido come un ponte pulito” disse Jack. I due camminarono ancora un po’; finché non arrivarono in una via, la quale era piena di negozi e centri commerciali: “Finalmente siamo arrivati: questo è il posto che fa per noi” disse Jack, ma, dopo aver ricevuto un’occhiataccia da parte di Hector, si corresse dicendo: “ Volevo dire, questo è il posto che fa per te; sì, fa proprio per te”.

“Jack, ecco la prima regola: tu stai zitto, mentre io parlo” spiegò Hector.

“Me lo hai già detto anche prima” disse Jack.

“Ricordartelo, fa sempre bene, non trovi ?” disse Hector.

 “Ehi, guarda che, io, ho una buona memoria; l’ho sempre avuta, comprendi” disse Jack.

 Mentre passeggiavano, si guardavano intorno, alla ricerca di un annuncio di lavoro che potesse soddisfare Hector; poi, Jack disse: “Ma guarda questa gente come è vestita: è proprio strana”.

 “Jack, questa gente è vestita normale: sei tu, che la pensi diversamente” disse Hector.

“A me piacevano molto i vestiti che indossavo prima” disse Jack.

“I vestiti che indossavi prima, andavano bene per la nostra epoca: qui, bisogna vestirsi molto più elegantemente” spiegò Hector.

“Bé, io ero elegante anche prima” disse Jack.

Ad un tratto, Hector si fermò davanti ad una bottega e Jack, non accorgendosi, gli andò a sbattere addosso: “Ehi, ma che ti è preso ? Guarda che la strada non finisce mica qui” disse Jack.

“Entriamo in questo negozio: forse, ho trovato il lavoro adatto a me” disse Hector ed entrò dentro alla bottega.

 “Io non ci capisco niente, in che cosa c’è scritto in questo annuncio e, visto che io so leggere poco ed anche tu non sei messo tanto bene, potremmo anche tentare” disse Jack e lo seguì; poi, guardandosi intorno, aggiunse dicendo: “Per tutto il rum; guarda questo negozio: ci sono un sacco di vestiti” e si incamminò verso un reparto.

“Jack, non dobbiamo fare compere: a quello ci pensano già le nostre donne” disse Hector.

“Non abbiamo fretta, quindi lasciami controllare solo un po’” disse Jack; poi, dopo aver guardato tra alcuni vestiti, aggiunse dicendo: “ Ma guarda che schifo: questi vestiti non valgono niente per un uomo ! Sono orrendi !”.

Una commessa si avvicinò a lui e gli chiese: “Signore, ha bisogno di qualcosa ?”.

Jack voltò lo sguardo, per incrociare quello di una bellissima ragazza; poi, rispose: “Certo dolcezza: mi puoi aiutare nel cercare un vestito adatto a me, comprendi”.

 La ragazza si mise a ridere; quindi, Jack le domandò: “Mi scusi, ma perché sta ridendo ?”.

“Perché questo è il reparto per le donne; non sa leggere ?” rispose la ragazza, smettendo di ridere.


Jack alzò, allora, la testa, per vedere il cartello che indicava “ Donne”; quindi, disse: “Oh, che sbadato; è che non so leggere ancora tanto bene”.

“Non si preoccupi: a volte, tutti sbagliano a leggere” disse la commessa.

“No, no, io proprio ancora so leggere poco, comprendi” disse Jack.

 La commessa rimase un po’ lì, sorpresa dalla frase di Jack; poi, voltò lo sguardo, vedendo Hector che si stava guardando intorno; quindi, dopo aver rivoltato lo sguardo verso Jack, gli disse: “Bé, può guardarsi intorno; intanto, io vado dall’altro signore” ed andò da Hector e, quando fu da lui, chiese: “Buongiorno, Signore; ha bisogno di qualcosa ?”.

“Ho letto l’annuncio qua fuori e, penso, di essere colui del quale avete bisogno” rispose Hector.

La commessa lo guardò; poi, stupita domandò: “Mi scusi signore, ma ha letto bene il nostro annuncio ?”.

“Certo, ma per chi mi ha preso ?!” rispose Hector.

 “No, è che…che noi cerchiamo persone che abbiamo già avuta esperienza nel campo della moda; in poche parole, ci servirebbe qualcuno che rappresentasse il nostro negozio, nelle sfilate di alta moda e nei depliant” spiegò la commessa.

“Ehi, Hector, lo sai che, forse, ho trovato un vestito adatto alla mia Marie ? Che ne dici se lo prendo: così, le faccio un bel regalo, no ?” disse Jack, avvicinandosi ai due.

“Lei; lei è proprio la persona che stiamo cercando” disse la commessa, guardando Jack il quale stupito chiese: “Come ?!”.

“Sì, sarà lei a rappresentare il nostro negozio alle sfilate di alta moda” rispose la commessa.

“Ehi, scusi, ma ero io quello in cerca di un lavoro; mica, lui !” replicò Hector.

“Mi dispiace signore, ma lui ha tutte le qualità necessarie per rappresentarci; lei, invece, se vuole, può andare da un’altra parte a cercare il lavoro” spiegò la commessa e si voltò verso Jack il quale disse: “La ringrazio molto per questa offerta, anche se non ho ancora capito che cosa dovrei fare”.

 “E’ molto semplice: lei dovrà solo stare in posa per delle fotografie che le verranno scattate” disse la commessa.

“Bé, allora, acc…”, ma, prima che Jack potesse finire la frase, Hector lo prese per il colletto della giacca e, con forza, lo trascinò fuori dal negozio: “Signore, aspetti: dobbiamo ancora stipulare il contratto” disse la commessa.

“Nessun contratto verrà fatto con questo uomo ! Né qui; né in nessun altro posto !” replicò arrabbiato Hector e, dopo che furono usciti, sbatté la porta dietro di loro.

Appena furono fuori, Hector lasciò andare Jack; poi, disse, con voce arrabbiata: “La gente di questa epoca non capisce niente ! Tu chiedi una cosa e, loro, ti voltano le spalle ! Se Christine mi permettesse di comportarmi ancora da pirata, potrei mettere molta paura nelle persone che mi trattano male; ma, invece, devo comportarmi da “persona per bene”  e non devo far del male a nessuno, se non in casi di estrema emergenza e, tu, Jack ti stavi facendo abbindolare come un pesce lesso !”.

“Ma hai visto quella ragazza: era bellissima ! Come si fa a dirle di no ?” disse Jack.

“Ah, allora ecco, perché avresti accettato quel lavoro: solo per starle sempre accanto e farle tante sdolcinature” disse Hector, guardandolo.

 “No, non è affatto vero !” disse Jack.

“Meno male che non c’era anche Marie se, no, sarebbero stati grossi guai per te; anche se, qualcuno, potrebbe sempre fare la spia” disse Hector.

“No, non un alto patto: l’ho già fatto ieri con la tua piccola canaglia, comprendi” disse Jack.

 “Te l’ho detto prima che dovevi tenere la bocca chiusa ma, a quanto pare, le cose che dico a te non interessano” replicò Hector.

“Sei geloso, perché quella commessa avrebbe preso, di sicuro, me, invece che te, vero ?” disse Jack sorridendo.

“Non sono geloso, ma furioso  proprio per il motivo che hai appena detto; sono io quello in cerca di un lavoro; non tu !” replicò Hector.

“Bé, e che ti lamenti: ora, basta andare in un altro posto e provare di nuovo” disse Jack.

Ci fu un po’ di silenzio; poi, senza dire niente, Hector riprese a camminare: “Ehi, aspettami, Hector” disse Jack e lo raggiunse.

Passò un’ora, ed Hector e Jack erano stati praticamente in quasi tutti i negozi; però, in quelli rimasti, nessuno cercava qualcuno da assumere: “Questa città è strana ! Anzi, questa epoca è strana: è impossibile che, nessuno, ti assuma; no, tutti, devono assumere il grande Jack Sparrow, perché lui ha tutte le qualità necessarie” disse Hector.

“Eddai, Hector, non ho mica colpa io, se sono fatto così e se, soprattutto, nei posti dove siamo stati, c’erano tutte delle belle ragazze che erano attratte da me, comprendi” disse Jack.

“Ricordati, mio caro, che posso sempre spifferare tutto alla tua fidanzata; quindi, faresti meglio a pavoneggiarti meno ed a tenere la bocca chiusa” replicò Hector.

“Sempre, però, se tieni chiusa anche la tua, comprendi” disse Jack.

 I due passeggiarono ancora un po’, finché, davanti a loro, non videro un grosso gruppo di persone: “Mi chiedo che cosa stia succedendo” disse Jack.

“Sicuramente qualcosa che, a noi, non interessa” disse Hector e, stava per riprendere a camminare, quando Jack, invece, andò verso il gruppo di persone; quindi, Hector disse: “Ma quanto è testardo !” e lo seguì e, quando lo raggiunse, Jack domandò: “Che cosa è successo ?”.

“Ma come ti viene in mente di farmi queste domande ?! Come posso saperlo, se, anche io, sono appena arrivato ?!” replicò Hector.

“Non l’ho chiesto a te, ma alla persona qui accanto a me” disse Jack.

“All’improvviso, quel signore si è sentito male e, adesso, sta arrivando l’ambulanza” spiegò il signore accanto a Jack, il quale, stupito disse: “L’ambu che ?! Che roba deve arrivare ?!”.

 “Jack, l’ambulanza è il mezzo di trasporto che i medici usano per andare in ospedale” spiegò Hector.

 “E, tu, come fai a saperlo ?” chiese stupito Jack.

“Mia moglie è un medico; o te lo sei già dimenticato ?” rispose Hector.

“Niente affatto” disse Jack.

In quel momento, si sentì una sirena e, la gente, si dovette far da parte, perché arrivò l’ambulanza e, dopo che si fu fermata, dal retro di essa scesero due medici, con il necessario per visitare ed una barella: “Ah, adesso ho capito come funziona: quelle persone arrivarono tramite l’ambu cosa e, dopo essere scesi, caricano chi sta male su di un letto” disse Jack.

 “Complimenti, Jack: ci sei andato molto vicino con la spiegazione, anche se i malati non vengono messi su di un letto, ma su di una barella” disse Hector.

“Bé, per me sono la stessa cosa, visto che vengono sempre sdraiati, comprendi” disse Jack.

I barellisti ed il medico stavano continuando a visitare il signore a terra, mentre Hector disse: “Io, quel dottore, lo conosco…ma, sì: è il Dottor Glenson”.

“Il Dottor Glanson ?! E che ci fa qui ? Stamattina era a casa tua” disse stupito Jack.

“Il suo mestiere è curare i pazienti e, non stare sempre a casa loro” disse Hector.

“Anche tu e la sua famiglia siete dei suo pazienti e, guarda caso, stamattina è proprio venuto a casa tua, comprendi” disse Jack.

Passarono i minuti, quando, finalmente, i barellisti misero il signore sulla barella ma, proprio mentre stavano per metterlo sull’ambulanza, una delle ruote della barella incappò in una buca ed uno dei due barellisti cadde per terra: “Poverino; deve essersi fatto molto male” disse una signora che guardava.

“Dovevano stare più attenti” disse, invece, un altro signore.

“E’ colpa del dottore: non li stava aiutando” disse un altro signore.

 “Il Dottor Glenson non ha colpa: la colpa è solo di quella stupida buca !” replicò arrabbiato Hector, guardando l’ultimo signore che aveva parlato, il quale si zittì subito; poi, Hector rivoltò lo sguardo in avanti, per vedere che il barellista che si era fatto male, era per terra e si teneva una caviglia; per, poi, dire: “La caviglia; credo che mi si sia slogata”.

“In questo momento, non vorrei trovarmi al suo posto e nemmeno in quello che è disteso sulla barella” disse Jack.

 Senza dire nulla, Hector si fece largo tra la folla, mentre diceva: “Spostatevi ! Levatevi di mezzo, branco di incompetenti !” e, dopo essere arrivato dal Dottor Glenson e dai barellisti, aggiunse domandò: “Posso rendermi utile in qualcosa ?”.

 Le tre persone lo guardarono ed il Dottor Glenson stupito chiese: “Signor Barbossa, che cosa ci fa qui ?”.

“Ero in cerca di un lavoro…allora, avete bisogno del mio aiuto, oppure no ?” domandò Hector.

Il Dottor Glenson ed il barellista, guardarono colui che si era fatto male, il quale disse: “Non credo di riuscir a muovere la barella e quel signore deve essere portato immediatamente all’ospedale”.

Il Dottor Glenson, allora, rivoltò lo sguardo verso Hector e gli chiese: “Se la sente di assistere il paziente insieme all’altro barellista ?”.

“Ci può contare” rispose Hector.

“Molto bene; allora, Michael, starai dietro con il Signor Barbossa; Jason, invece tu, verrai davanti con me e guiderai” spiegò il Dottor Glenson.

“Venga, Signor Barbossa, mi aiuti e mettere la barella sopra all’ambulanza” disse Jason, che era il barellista che non si era fatto male, ma Hector, invece di aiutarlo, aiutò l’altro barellista a rialzarsi e lo fece sedere sul retro dell’ambulanza; poi, successivamente, aiutò Jason con la barella.

“Bene, ora, può salire” disse Jason ed andò al posto di guida.

Hector stava per salire sull’ambulanza, quando Jack lo raggiunse, domandandogli: “Ehi, Hector, ed io ? Dove vado ?”.

Hector stava per rispondergli ma, al suo posto, rispose il Dottor Glenson, il quale disse: “Lei verrà, con noi, davanti” ed ognuno andò al suo posto, Jack compreso e, quando Hector fu salito sul retro dell’ambulanza ed ebbe chiuso le porte, l’ambulanza partì.

 Mentre si dirigevano verso l’ospedale, Hector e Michael, il barellista che si era fatto male, si guardavano l’uno con l’altro, mentre, in mezzo a loro, vi era il signore sulla barella; poi, fu Michael a rompere il ghiaccio, dicendo: “Volevo ringraziarla per avermi aiutato: tutta quell’altra gente, sembrava fregarsene o, come se avesse avuto paura”.

“La gente non sa affrontare le proprie paure: è proprio affrontandole, che si riesce ad andare avanti nella vita” disse Hector.

“Che parole sagge, Signor Barbossa” disse stupito Jason.

“Mi chiami solo Hector e, per favore, diamoci del tu” disse Hector.

“Lei, invece, mi può chiamare Michael” disse Michael e, i due, si strinsero la mano; poi, Hector, guardò il paziente in mezzo a loro e chiese: “Avete capito che cosa ha ?”.

“Sembrerebbe che gli sia venuto un malore ma, per esserne certi, dobbiamo fare esami più specifici all’ospedale” rispose Michael.

“So che roba è, anche se mia moglie non cura certe cose” disse Hector.

“Che lavoro fa ?” domandò Michael.

“E’ una pediatra e lavora all’Ospedale New Life” rispose Hector.

“All’Ospedale New Life ?! Questa sì, che sarà proprio una bella sorpresa” disse stupito Michael.

“E perché ?” chiese Hector.

“Perché è l’ospedale al quale stiamo andando ed è proprio lì che lavoriamo” rispose Michael ed Hector rimase senza parole.

Mentre continuavano a recarsi verso l’ospedale, all’improvviso il battito cardiaco del paziente sulla barella accelerò, finché, sul monitor, non comparve una linea piatta: “Oh, no, è in arresto cardiaco” disse Jason ma, appena si alzò in piedi, si dovette risedere per il forte male alla caviglia; quindi, Hector gli disse: “Se mi dici come posso fare per salvargli la vita, posso provarci io”.

“Dietro di te c’è un defibrillatore: accendilo; prendi i defibrillatori; mettili sul petto del signore e poi, libera l’elettricità” spiegò Michael.

Non perdendo tempo nel chiedere come potesse fare un oggetto del genere a far ripartire un cuore, Hector si voltò; accese il macchinario e, mentre prendeva i defibrillatori, Michael aprì la camicia del paziente; poi, disse: “Carica a 50 volt”.

Hector, allora, spostò la manovella su i 50 volt e mise i defibrillatori sul petto del signore; quindi, Michael gli disse: “Pronto ! Libera !” ed Hector fece andare la scossa; ma, essa non bastò, perché sul monitor vi era ancora la linea piatta.

 “Carica a 150 volt” gli disse Michael e, quindi, Hector spostò la manovella su i 150 volt; poi, proprio come prima, mise i defibrillatori sul petto del signore e Michael gli disse: “Libera !” ed Hector fece andare la scossa; questa volta funzionò, perché il cuore ritornò a battere.
 Hector tirò un sospiro di sollievo e Michael, prendendo la mano sinistra del signore, disse: “C’è polso”; poi, rivolto ad Hector, aggiunse sorridendo: “Ottimo lavoro, Hector: hai appena salvato la vita di quest’uomo”.

 “Grazie” disse Hector e mise giù i defibrillatori, spegnendo la macchina.

 I due, però, non si erano accorti che, nel davanti dell’ambulanza, gli altri avevano sentito cosa era successo e, il Dottor Glenson, aveva anche assistito a tutto, attraverso una finestrella trasparente che divideva le due parti.

Finalmente l’ambulanza arrivò al Pronto Soccorso dell’Ospedale New Life e, appena si fermò, Hector aprì le porte, Jason lo aiutò a far scendere la barella e, poi, da solo, la spinse velocemente dentro all’ospedale.

Mentre Hector aiutava Michael a scendere, il Dottor Glenson e Jack andarono da loro ed il Dottor Glenson disse, rivolto ad Hector: “Grazie per il suo aiuto, Signor Barbossa; per favore, venga dentro all’ospedale e, ovviamente, anche lei, Signor Sparrow” ed entrò nell’ospedale.

“Questa giornata ha preso una bellissima piega; non trovi anche tu, Hector ?” disse Jack.

“Io so solo che ho appena visto la vita di un uomo passarmi davanti” disse Hector, mentre sosteneva Michael e, i tre, camminavano all’interno dell’ospedale.

“L’ultima volta che sono stato in questo ospedale, è stato quando è nata tua figlia” disse Jack, mentre Hector aiutava Michael a sedersi su una delle sedie nella Sala d’Aspetto.

“Non so perché il Dottor Glenson abbia voluto che entrassimo entrambi, ma spero che non sia una cosa lunga, perché ho altri posti dove andare, per cercare un lavoro” disse Hector.

“Se il Dottor Glenson vi ha detto che dovevate entrare, vedrete che sarà per una cosa importante” disse Michael.

Hector lo guardò; poi, gli domandò: “Come va con la caviglia ?”.

“Molto meglio, grazie; ma, con del ghiaccio ed un po’ di riposo, mi passerà il male del tutto” rispose Michael.

In quel momento, Christine, che stava passando di lì, dopo aver appena visitato un bambino al Pronto Soccorso, si fermò, nel vedere suo marito e Jack, anche loro lì; quindi, mentre camminava verso di loro, stupita chiese: “ Hector ! Jack ! Che cosa ci fate qui ? State, per caso, male ?”.

Hector e Jack voltarono lo sguardo verso di lei ed Hector, anche lui stupito, le domandò: “Amore, che cosa ci fai qui ? Credevo che fossi in Pediatria ?”.

“C’ero, quando non mi hanno chiamata per venire qui e visitare un bambino che era caduto dall’altalena, perché spinto troppo forte dal fratello più grande; voi, invece, che cosa ci fate qui ? Non è da voi, bazzicare in un ospedale” disse Christine.

“E’ una lunga storia e, tutto incomincia, con un signore che si è sentito male per strada” iniziò a dire Hector e, quindi, le spiegò tutto.

A racconto finito, Christine disse entusiasta: “Hector, sono molto orgogliosa di te: senza il tuo aiuto, quell’uomo sarebbe morto”.

 “Bé, diciamo che il merito va anche a Michael: era lui che mi diceva che cosa dovevo fare” disse Hector, guardando Michael, il quale disse: “Però, sei stato tu ad azionare i defibrillatori e, per uno che li ha usati per la prima volta, bé, devo dire che te la sei cavata egregiamente”.

“Come ?!” disse stupito Hector, non sapendo che cosa significava quel termine.

“Significa che sei stato bravissimo” gli disse Christine.

“Allora, grazie per il complimento” disse Hector, rivolto a Michael.

In quel momento, il Dottor Glenson camminò verso di loro e, quando si fermò, disse, rivolto ad Hector e Jack: “ Congratulazioni ad entrambi”.

Hector e Jack si guardarono perplessi negli occhi; poi, Jack stupito chiese: “Scusi, ma non abbiamo afferrato; potrebbe ripetere ?”.

“Congratulazioni, perché avete un lavoro: entrambi lavorerete qui, in ambulanza” rispose il Dottor Glenson. Hector e Jack rimasero senza parole e Michael disse: “Ve l’avevo detto che, se il Dottor Glenson vi aveva fatto entrare, era per una cosa importante”.

“Oh, tesoro, che bello: non lavoreremo insieme ma, almeno, saremo nello stesso ospedale” disse entusiasta Christine, abbracciando Hector, il quale doveva ancora rendersi conto che, finalmente, aveva un lavoro e non un lavoro comunque, ma avrebbe lavorato su un ambulanza, aiutando le persone che stavano male e trasportandole in ospedale.

“Ma solo Hector doveva cercarsi un lavoro; io non centro nulla” replicò Jack.

“Mentre stavamo venendo qui, ho notato che lei, Signor Sparrow, ha prestato molta attenzione in tutto quello che faceva Jason; quindi, ho ritenuto opportuno che lei sarebbe stato un ottimo assistente al guidatore in ambulanza; mentre, il Signor Barbossa,  ha salvato la vita di quel signore ed ha aiutato Michael; quindi, ecco perché avete ottenuto questo lavoro” spiegò il Dottor Glenson.

“Io e Jack sulla stessa ambulanza ?! No, non se ne parla !” replicò Hector.

“Se per lei è un problema, Signor Barbossa, allora lavorerete in due ambulanze diverse” disse il Dottor Glenson.
“Così, va già meglio” disse Hector.

“Io mi devo ancora rendere conto di quello che è successo; mah, io non dovevo neanche avere un lavoro” disse Jack, poco dopo, mentre era mangiare al bar, insieme ad Hector ed a Christine; quest’ultima disse: “ Vedrai che, quando lo dirai a Marie, lei ne sarà molto entusiasta, proprio come lo sono io, per il mio Hector” e sorrise amorevolmente ad Hector, il quale la baciò sulla bocca.

“Sì, però, io un lavoro ce l’avevo già, comprendi” disse Jack, mentre prese in mano una patatina e la guardava. Christine ed Hector si staccarono dal bacio; poi, Hector gli disse: “Scolare rum 24 ore su 24, non è un lavoro; essere in ambulanza ed aiutare gli altri, quello sì che è un lavoro”.

“Forse dal tuo punto di vista, ma, per me, è solo una perdita tempo” disse Jack.

“Perdita di tempo ?! Jack, aiutiamo chi sta male; hai visto il Dottor Glenson quanti complimenti mi ha fatto, per aver salvato la vita di quell’uomo” disse Hector.

“Andiamo, Hector, dove è finito il tuo spirito da pirata ? Nella nostra epoca, non avresti aiutato nemmeno un membro della nostra ciurma, comprendi” disse Jack e mangiò la patatina che teneva in mano.

“Jack, mio caro, ora, noi non siamo più pirati, ma persone esattamente come le altre: dobbiamo comportarci bene e non come quando solcavamo i mari dei Caraibi” spiegò Hector.

“Bé, fai pure come vuoi ma, io, non farò quel lavoro; no di certo ! Io ho ancora la mia reputazione da pirata da mantenere e non sarei di certo tu e quel dottore, a togliermela, comprendi ! E, ora, se mi volete scusare, ho una faccenda da sistemare” disse Jack e, dopo essersi alzato in piedi, uscì dal bar.

 “Dove credi che stia andando ?” domandò Christine.

“Ah, lascialo perdere: lui non sa ancora che qui, la vita, è ben diversa da quella che trascorrevamo ai Caraibi” disse Hector.

“Tesoro sono molto orgogliosa di te: ultimamente, vuoi integrarti sempre di più in un’epoca che non è la tua; perché ?” chiese Christine.

 “Perché lo faccio per la donna che amo e per una figlia che è la gioia del mio cuore” rispose Hector, prendendo le mani di Christine tra le sue.

I due sorrisero; poi, Christine disse: “Oh, Hector, ti amo tanto”.

“Anche io ti amo tanto e, ti prometto, che farò di tutto per renderti ancora di più felice” disse Hector. “Ma tu mi hai già resa felice” disse Christine.

“Ah, sì ?! E quando ?” domandò stupito Hector.

“Quando ti ho conosciuto e, poi, ti ho sposato” rispose Christine ed Hector sorrise nuovamente.

 A pranzo finito, Hector e Christine camminarono per il Pronto Soccorso, quando, davanti a loro, videro Jack con il broncio; quindi, Hector sottovoce disse a Christine: “Mi sa tanto che, la faccenda che doveva risolvere, non l’abbia risolta”.

“Lo credo anche io” disse sottovoce Christine e, quindi, decisero di raggiungerlo.

Quando gli furono vicino, Christine gli chiese: “Come è andata ?”.

“Non si capisce ?!” replicò Jack.

“Jack, non essere scontroso con mia moglie !” replicò Hector.

“E’ tutto a posto, caro; se Jack non vuole spiegarci come è andata, non fa niente” disse Christine.

“Il Dottor Glenson non vuole che me ne vada, perché stamattina, insieme ad Hector, sono stato molto bravo” spiegò Jack.

“Bé, dovresti prenderlo come un complimento: il Dottor Glenson non è sempre così gentile” disse Christine.

“Davvero ?!” disse stupito Jack.

 “Fidati: io conosco il Dottor Glenson molto meglio di voi; se lui vi ha assunto, è perché sa che voi due sarete molto validi nel vostro lavoro e che ci metterete tutti voi stessi, per portarlo a termine ogni giornata” disse Christine.

“Hai sentito, Jack: devi restare” disse Hector.

“Resto se mi permetteranno di prendere, con me, una bottiglia di rum, comprendi” disse Jack.

“Non puoi bere, quando sei in servizio: è la regola per ogni lavoro” spiegò Hector.

“Oh, mannaggia !” disse Jack.

La giornata passò e, venne il pomeriggio, dove Hector andò a prendere Luna all’asilo e, mentre passeggiavano sulla via verso casa, Luna disse: “Sono molto contenta, papà, che tu abbia finalmente trovato un lavoro; e, poi, senza il tuo aiuto, quell’uomo sarebbe morto”.

“Grazie, cuccioletta e credo, anche, che mi troverò bene su di una ambulanza” disse Hector, mentre la teneva per mano.

“E, poi, ora lavorerai anche con mamma” disse Luna.

“Lavoreremo nello stesso ospedale, ma non insieme” spiegò Hector.

 “E sei triste ?” domandò Luna, guardandolo.

Hector la guardò a sua volta e le rispose dicendo: “Un po’ ma, almeno, la posso vedere più di prima” ed entrambi, rivoltarono lo sguardo in avanti.

Arrivò sera e, dopo aver cenato, Hector, Christine e Luna, che si trovava in mezzo a loro, erano sul divano a guardare la televisione: “Non temere per domani, tesoro: tutti hanno paura il loro primo giorno di lavoro” disse Christine.

 “Ma io non ho paura” disse Hector.

“Lo dici ora, ma, domani, vedrai che cambierai idea” disse Christine.

“Ed io, ti ripeto, che non ho paura” replicò Hector.

“Hector, da retta a me, tesoro, vedrai che, domani, almeno un po’ di paura l’avrai anche tu e, credimi, anche Jack sarà nelle tue stesse condizioni” disse Christine.

“E, tu, come fai a saperlo ?” chiese Hector guardandola.

 “Anche durante il mio primo giorno di lavoro, avevo molta paura ma, poi, è andato tutto bene; fidati, che te la caverai benissimo” rispose Christine e, i due, si baciarono; poi, guardarono in basso, per vedere la loro bambina che stava dormendo; quindi, Christine disse: “Sarà meglio che ce ne andiamo tutti a letto: domani, è una giornata molto pesante” e, mentre lei spegneva la televisione, Hector prendeva, delicatamente, in braccio Luna e, poi, tutti e tre, se ne andarono a dormire.

Finalmente, Hector ha trovato un lavoro e l’ha trovato pure Jack; come se la caveranno i due pirati ? Per scoprirlo, non ci resta che aspettare il prossimo episodio, intitolato: “ PRIMO GIORNO DI LAVORO”
 
  
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