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Autore: Midnight the mad    10/09/2014    1 recensioni
Jimmy. 20 anni, un fallito. Questo è tutto ciò che c'è da sapere di lui. Almeno fino a quando non decide di andare via dalla città dove ha sempre abitato alla ricerca di... cosa? Neanche lui lo sa.
Ma quello che trova non se lo sarebbe mai aspettato: una periferia piena di parole, una ragazza con lo stesso nome della marjuana e soprattutto una persona senza nome, senza storia, senza vita.
"– Com’è che l’hai chiamata? –
Lei sorride. – Beh, non dice a nessuno il suo nome, tutti se lo chiedono. Dopo un po’, è diventato un soprannome. La cara, stronza, vecchia Whatsername. –"
". – Tu mi guardi e vedi un mistero. Vero? Vedi qualcuno senza storia, senza vita, senza nome. E pensi: “Oh, cavolo, c’è una ragazza capace di nascondere così tanto di se stessa. Stupefacente. Mi piacerebbe tanto capire quali sono la sua vera storia, la sua vera vita, il suo vero nome.” E invece sbagli. Perché c’è una cosa che non ti è mai passata per la testa, ed è che forse non c’è nessuna storia, Jimmy. Non c’è nessuna vita, e non c’è nessun nome. Per questo non riesci a vederli. Perché non esistono. –"
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jesus of Suburbia, St. Jimmy, Whatsername
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Running away from pain when you’ve been victimized, tales from another broken home. 

Vaffanculo.
Sì, esatto, vaffanculo. Fottetevi tutti, stronzi, perché io ne ho le scatole piene.
Cambio rabbiosamente canale alla TV, ma tutto quello che riesco a vedere sono le solite facce di merda che dicono le solite cose di merda. Nella mia testa continuano a risuonare le parole di mia madre. Quelle parole cariche di disprezzo. è stanca, stanca di me, ovviamente, visto che non ho mai combinato niente nella vita. è esattamente quello che mi ha detto, infatti. Hai vent’anni, non puoi continuare così, non hai un cazzo di lavoro e io sono stanca di te.
Sì, insomma, penso che quando tua madre ti dice che è stanca di te allora vuol dire che sei messo davvero male. Probabilmente sì, probabilmente sono messo davvero male, anche peggio. So che mi ha sopportato per venti fottuti anni di vita, quella donna, ma adesso l’unica cosa che mi viene in mente è che sia una schifosa troia menefreghista. Forse mi piacerebbe davvero che lo fosse, così potrei odiarla e avrei ragione a farlo. E invece no. Non posso odiarla, perché il problema sono io. Io dovrei esserle grato, ecco cosa, dovrei essere una brava persona. Solo che essere grati è una grande rottura di coglioni, eccome. Nessuno è grato sul serio, diciamocelo, ci importa solo del presente, visto che dopotutto non ha senso che ci importi del passato. Il passato è passato, e sicuramente non tornerà. E per quanto mi riguarda può anche andare a farsi fottere anche lui, perché sinceramente non mi sento affatto a posto con il mio passato. Cioè, io dovrei essere un bravo ragazzo, vista la vita che ho fatto. Non ho mai vissuto male, niente di niente. Eppure non ho mai combinato nulla. Ho mollato la scuola a diciassette anni e non so neanche perché. L’ho fatto e basta. Mi ero stancato, probabilmente. Sì, è così, direi. Mi stanco sempre delle cose. Verrà un giorno in cui mi stancherò anche della vita, e allora mi pianterò una pallottola in testa e tutto il mondo sarà contento. Non sarei poi questa grande perdita, non criticherebbero nemmeno il mio gesto, non ci sarebbe nessuno a farlo. Che poi, a me fanno ridere quelli che criticano le persone che si sono ammazzate. Cioè, pensano sul serio che per quelli che si sono uccisi le loro parole contino qualcosa? Il suicidio è una fuga dal mondo. E se scappi vuol dire che non pensavi che ci fosse qualcosa per cui valesse la pena restare.
Neanche io credo che ci sia qualcosa per cui vale la pena restare, però direi che sono ancora qui. Perché sono coraggioso o perché sono un codardo? C’è chi dice che a spararsi ci vuole coraggio, perché la morte fa paura. Altri invece sono convinti che ammazzarsi sia un atto di codardia. Io credo semplicemente che sono ancora
qui perché non ho nessun vero motivo per andarmene. Neanche per restare, comunque, a dire il vero.
Spengo la TV gettando il telecomando per terra e mi alzo dal divano, guardandomi intorno alla ricerca di qualcosa da fare. Potrei tirare fuori un po’ di vittimismo del cazzo ed andarmene di casa con la scusa che mia madre mi tratta male, ma la verità è che sono un fottuto nullafacente trattato fin troppo bene che è fortunato a non essere ancora stato mandato fuori a calci in culo.
Guardo la chitarra appoggiata alla parete. Ho voglia di suonare, cazzo. Ho imparato da solo e faccio abbastanza schifo, a dire il vero. La chitarra non è neanche mia, è stata un regalo di mio padre a mia madre per un suo compleanno di chissà quanti anni fa. A me da sui nervi come la suona lei. è brava, è quello il problema. Brava, precisa e sempre con lo stesso ritmo calmo e schifoso delle canzoni che ascolta lei.
Prendo la chitarra e mi schiaffo davanti un quaderno dove lei segna gli accordi e i testi. Li sfoglio per un po’, ma non trovo niente che io abbia voglia di suonare. Già di solito è difficile, ma adesso spaccherei le corde della chitarra, e queste canzoni non vanno bene, affatto. Alla fine decido che non me ne frega niente e attacco una canzone distorcendo gli accordi, troppo veloce e sempre più stonato. Eppure, porca miseria, quella canzone è così che andrebbe suonata, non con la stupida inespressività con cui la suona lei.
                       
I am just a poor boy
through my story’s seldom told,
I have squandered my resistance
for a pocket full of mumbles such are promises
all lies and jests
still a man hear what he wants to hear
and disregards the rest.
 
Ma porca miseria, come si face a cantare con quel tono indifferente una canzone così? Va cantata con disperazione o rabbia o lacrime, e per questo mi stanno sul cazzo quegli idioti di Simon e Garfunkel che sono stati capaci di sprecare un testo del genere con una musica di merda.
O forse è solo che una canzone ognuno la deve cantare per come la vuole sentire, altrimenti non ha nessun senso. Però io sono solo un fottuto vittimista, e fa sempre comodo pensare che tutto il fottuto mondo ce l’abbia con te, no?
Sì, troppo comodo.
Butto la chitarra per terra come capita, mi alzo di nuovo ed esco dalla porta.
 
- No, aspetta, cos’è che dovrei scriverci? –
Ripeto, quasi con rabbia. Ma che cosa c’è di difficile da capire?
L’uomo mi fissa. – Beh, d’accordo. – dice, girando verso di me lo schermo di un computer con quelle parole scritte in un carattere standard. – Che carattere vuoi? –
- Non voglio un carattere. Voglio che me le scriva a mano. –
- Non faccio tatuaggi a mano libera! Mi serve almeno un modello! –
- Beh, non me ne frega un cazzo. Me lo fai a mano libera. –
- Rischia di venire uno schifo. –
- è uguale. Tanto meglio se viene una merda. –
Mi guarda male. – Allora dammi i soldi subito. Sennò poi chissà quale scuse idiote di risarcimento tiri fuori per rifiutarti di pagare. –
Gli mollo le banconote in mano e dopo poco lo sento armeggiare con il mio avambraccio. Ho voluto che fosse scritto lì, perché almeno potrò vederlo sempre e mi ricorderà continuamente che merda sono.
L’ago sulla pelle fa male, ma quasi non ci faccio caso. Finisce prima che io me ne renda conto e mi fascia l’avambraccio. – Beh, io ho finito. – dice.
Mi alzo e me ne vado senza neanche salutare. Anch’io ho finito, qui. Sul serio.
Non sono mai stato il tipo da biglietti di addio. Scomparire è già un saluto abbastanza chiaro, direi, non c’è bisogno di parole. Salgo in auto e accendo il motore. Non so come cazzo me la caverò. Non ho soldi, non ho conoscenze fuori da questa città di merda, non ho un futuro programmato. Ho soltanto un tatuaggio che mi ricorderà sempre che se mi sono ficcato in questa merda è soltanto per colpa del mio vomitevole vittimismo.
Mi strappo la fascia dall’avambraccio, e le lettere sprecise e storte sono come pugni in faccia. Eppure, eccomi qui, a filarmela. Perché magari sono così idiota che credo davvero di avere una fottuta speranza. Anche se è impossibile e lo so benissimo. Ma, dopotutto, Simon e Garfunkel forse ragione su qualcosa ce l’avevano.
Still a man hear what he wants to hear and disregards the rest.
 
  
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