LA MIA PRIMA MAGIA: L’AMORE
Era il 1° settembre del 1966.
Il binario 9 e ¾ era come al solito affollato di
studenti; chi salutava i genitori, chi era già seduto in uno scompartimento
tutto suo, chi affacciato al finestrino e chi fermo come un paletto ad ammirare
la bellezza e la magia che circondavano quel posto.
Narcissa Black scrutava tutt’intorno con i suoi
bellissimi occhi azzurri, come se quel luogo lo vedesse in quel momento per la
prima volta; eppure era già stata lì.
Per 4 anni aveva accompagnato al binario le sue
sorelle, Bellatrix e Andromeda, e aveva ammirato quel luogo con stupore. Seppur
figlia di Cygnus Black e Druella Rosier, purosangue e di nobile famiglia, alla
magia non si era ancora abituata: forse perché i genitori non si sforzavano molto
di usarla (per quello c’erano gli elfi domestici) o forse perché in fondo aveva
paura della magia. Non aveva mai fatto nessuna magia in vita sua, tanto che i
genitori si erano preoccupati che fosse una maganò, ma grazie al cielo arrivò
la lettera a provare che lei faceva parte effettivamente di quella famiglia.
Eppure la lettera non la rassicurava. Per quanto avesse provato a fare qualche
piccolissimo incantesimo non le riusciva neanche di spostare un semplice
bicchiere da una parte del tavolo all’altro. Invidiava le sue sorelle, così
perfette e così magiche: Bellatrix aveva fatto la sua prima magia a 4 anni,
facendo fare a un elfo domestico un brutto volo dalle scale solo perché aveva
rovinato il suo vestito; Andromeda invece diede segni di magia a 6 anni facendo
apparire un fazzoletto sulla tavola. Narcissa niente. Eppure la lettera diceva
che lei era una strega, ma allora perché non riusciva a fare niente? Se era
davvero una strega, se era davvero una figlia di maghi purosangue doveva
riuscire almeno in qualcosa. Beh una cosa la sapeva fare ma non ne andava
fiera. Lei era la figlia più bella tra le tre, prima perfino a Bellatrix, e
l’unica cosa che riusciva a fare era quella della bella statuina alle feste e
ai ricevimenti. “Devi tenere alto il nome di famiglia!” Queste erano le parole
che sua madre le propinava ogni volta per convincerla a partecipare a quegli
insulsi ricevimenti e la convinceva; per Narcissa era un modo di dimostrare
gratitudine per non averla sbattuta fuori di casa, nonostante la sua incapacità
magica.
“Ehi Cissy, muoviti o finisce che perdi il treno”
Una voce atona la raggiunse; sua madre. Aveva preso
il brutto vizio di chiamarla Cissy, soprannome che a Narcissa non piaceva. Le
ricordava un qualcosa di fisso e inespressivo, come quando faceva da
tappezzeria alle feste; le ricordava quanto lei fosse inutile e senza niente
dentro. Era un bambola che non aveva destino, né nella vita quotidiana né in
quella sentimentale.
I genitori le avevano propinato come futuro marito
un deficiente che a Narcissa faceva pensare più a una tavola di legno che a un
uomo. Aveva cercato più volte un modo per far si che i genitori cambiassero
idea, che le lasciassero decidere da sé il proprio uomo ma quelli non avevano
ceduto; continuavano a ripeterle che lei era una purosangue e che tale doveva
rimanere, quindi doveva sposare un purosangue come il pezzo di legno.
L’amore non era mai stata una cosa vera in casa
loro. I natali li si passava sempre in silenzio, senza nessun motivo di
felicità o senza quel calore che dovrebbe inondare la casa in un giorno come
quello. Neanche quando il padre tornava dal lavoro vi era quell’atmosfera di
calore: nessuna delle tre correva dal padre per abbracciarlo. No niente di
tutto questo. Solo regole da rispettare e il nome della famiglia da tenere
alto.
Fu per tenere alto il nome della famiglia che
Narcissa rispose alla madre in modo educato, senza farle capire la rabbia e il
dolore che la opprimevano.
“Arrivo mamma”
Raggiunta la madre, notò che suo padre stava
parlando con Bellatrix e che ogni tanto la indicava, che voleva da lei?
Andromeda era già salita sul treno e si sporgeva da un finestrino, aspettando
la partenza del treno.
“Cissy, mi raccomando stai vicino alle tue sorelle
e tieniti alla larga dalle persone poco raccomandabili. Per l’andata ti
siederai in uno scompartimento con Bellatrix” disse Druella.
“Va bene mamma” rispose Narcissa, quasi
automaticamente. Mai contraddire i proprio genitori e questo lo sapeva
benissimo.
Sentì un fischio e, dopo la sorella, salì anche lei
sul treno. Salutò ancora una volta i genitori e, alla prima curva, cercò di
fuggire a cercare uno scompartimento tutto per lei. Purtroppo Bellatrix fu più
rapida.
“Dove vai?” esordì la maggiore.
“Volevo trovarmi uno scompartimento e starci fino a
scuola” rispose Narcissa con voce ferma.
“Mi dispiace Cissy ma tu devi venire con me
altrimenti chi la sente mamma” ribadì Bellatrix.
Narcissa abbassò lo sguardo. Non era giusto! Perché
non poteva fare quello che voleva per una volta? Voleva solo stare un po’ in pace,
niente di più eppure le veniva rifiutato anche questo piccolo desiderio.
“Inoltre” riprese Bellatrix “devo presentarti il
tuo futuro marito”
Il suo futuro marito? Quindi anche lui.. Ma certo!
Come aveva fatto a non ricordarsene. Lui era un purosangue, era normale che
andasse a Hogwarts come lei, altrimenti i genitori non l’avrebbero mai scelto
come suo futuro sposo. Ma non voleva incontrare il pezzo di legno. Anche se non
sapeva se era un bel ragazzo o meno, non voleva vederlo; non le importava l’aspetto
fisico, voleva solo qualcuno che l’amasse veramente, senza costrizioni o
caratteri d’immagine.
“Ma Bella io non voglio vederlo.. o almeno non ora”
rispose Narcissa con un po’ di incertezza nella voce.
“Non mi interessa. Papà ha detto di presentartelo e
io così farò. Mi dispiace Cissy” concluse Bellatrix.
Sapeva che non era colpa della sorella ma non
poteva fare a meno di odiarla in quel momento. A Bella non importava essere
felice perché l’unica felicità era quella di rimanere pura e questo era il
motivo per cui aveva accettato come suo futuro marito Rodolphus senza battere
ciglio. La purezza di sangue era tutto ciò che importava nella loro famiglia e
anche a lei importava, anche se marginalmente; non voleva ferire i genitori
sposando un babbano ma neanche un mago senza amore. Chiedeva troppo e lo
sapeva, ma sapeva anche che niente era impossibile.
Si sentì trasportare dalla sorella verso uno
scompartimento verso la coda del treno quando entrò, pregò che Hogwarts fosse
dietro l’angolo. All’interno si trovavano 5 persone: Andromeda, Rodolphus,
Rabastan, fratello di Rodolphus e futuro marito di Andromeda, un ragazzo dai
capelli biondi e un ragazzino magro e scheletrico dai capelli neri.
“Ragazzi questa è Cissy. Cissy loro sono Lucius”
disse Bellatrix indicando il ragazzo dai capelli biondi “e Kevin” indicando il
ragazzo scheletrico “gli altri li conosci già”
Narcissa guardò prima il biondo e poi lo
scheletrico. Completamente diversi uno dall’altro. Fece un piccolo cenno con la
mano la quale solo il biondo rispose, l’altro era completamente assorto dal
finestrino. Cercò di sedersi vicino ad Andromeda ma Rabastan occupava due posti
visto che era sdraiato con la testa sulle gambe della sorella e l’unico posto
che c’era era quello in mezzo a Lucius e Kevin. Si sarebbe suicidata. Sapeva
che uno dei due era il suo futuro marito, altrimenti non avrebbero avuto motivo
di essere lì, ma non voleva.
Bellatrix, notando l’esitazione della sorella,
prese in mano la situazione:
“Cissy, Kevin è il tuo futuro marito”
“Cosa?!” Chiese Narcissa voltandosi di colpo verso
la sorella.
Eh no! Almeno aveva sperato che fosse il biondo,
considerando che almeno ogni tanto la guardava, mentre il tizio scheletrico
trovava più interessante il finestrino a lei. Bel modo di iniziare una relazione!
Non aveva scelta, doveva sederti. Prese un po’ di
coraggio e si sedette stando un po’ più vicino a Lucius che a Kevin. Bellatrix
notò il comportamento della sorella e, dopo aver catturato la sua attenzione,
le fece cenno di avvicinarsi a Kevin. Lo sguardo della sorella lanciava fulmini
quindi per evitare la sua ira, Narcissa si avvicinò allo scheletro. Ormai aveva
preso la briga di chiamarlo scheletro; gli si addiceva di più che pezzo di
legno, ma forse si poteva definire pezzo di legno marcio.
Il silenzio regnò per un po’ e tutti si facevano i
fatti propri: Bellatrix si era messa a coccolare Rodolphus che accettava le
carezze della fidanzata senza esitare; Andromeda leggeva un libro mentre
Rabastan si era addormentato sulle sue gambe; Lucius sembrava perso in un mondo
tutto suo e Kevin… si era appoggiato anche lui sulle sue gambe!! Ma come si
permetteva?
Senza esitazione Narcissa si alzò di scatto facendo
cadere Kevin e beccandosi sguardi incuriositi dagli altri più uno inceneritore
da parte della sorella.
“Ehm.. scusate!! Avevo addosso un insetto” fu la
prima cosa che le venne in mente.
Se la bevvero tutti; tutti tranne Bellatrix, la
quale però non fece niente. Narcissa si risedette, un po’ in imbarazzo e un po’
intimidita dalla reazione controllata della sorella. Lo scheletro si risedette,
come se non fosse successo niente, e dopo poco riappoggiò la sua testa sulle
gambe della ragazza. Questa volta Narcissa cercò di controllarsi ma continuando
a vedere che il ragazzo non la degnava di uno sguardo, decise che era troppo.
Si alzò e uscì dallo scompartimento, senza neanche
ascoltare le urla di Bellatrix. Andò in fondo al treno e rimase al finestrino a
guardare al paesaggio tutto il tempo, o almeno fino a quando non sentì dei
passi. Narcissa ipotizzò subito che doveva essere la sorella e, per sfuggire
alla sua ira, cercò un posto per nascondersi che non c’era. Era in trappola e
stava già pensando al peggio quando notò dei capelli biondi e il corpo maschile
di..
“Lucius!! Che ci fai qui?”
“Diciamo che potrei farti la stessa domanda ma
essendo un gentiluomo risponderò prima io. Appena ti abbiamo visto uscire tua
sorella Bellatrix era così infuriata che avrebbe potuto fondere il metallo e
notando ciò mi sono offerto per venire io a cercarti prima che avvenisse un
omicidio”
Narcissa lo guardò stupito. Nessuno si era mai
preoccupato così per lei e invece quel ragazzo che appena conosceva lo aveva
fatto. Si sentì un po’ confusa e un leggero batticuore la prese alla
sprovvista. No! Mica poteva essere così semplice. Innamorarsi di un ragazzo
appena conosciuto solo perché aveva fatto un gesto carino nei suoi confronti
era inconcepibile. Eppure l’amore era imprevedibile. Ma va! Iniziava a farsi
strane idee.
“Grazie” fu tutto quello che riuscì a dire.
“Non c’è di che. Ma posso sapere perché sei uscita
così?” chiese Lucius.
“Diciamo che lo scheletro non mi va a genio”
“Lo scheletro?! E chi sarebbe?!” si documentò il
biondo.
“E’ Kevin. Appena l’ ho visto mi ha dato
l’impressione di scheletro che cammina e allora l’ ho soprannominato scheletro”
rispose la bionda.
Lucius non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere.
Narcissa un po’ offesa un po’ arrabbiata, scavalcò quello che credeva essere un
amico e si incamminò per raggiungere lo scompartimento delle sorelle e dello
scheletro; meglio essere incenerite dalla propria sorella e essere ignorate
dallo scheletro piuttosto che essere presa in giro da uno appena conosciuto.
Aveva già fatto qualche passo quando sentì la mano di Lucius stringersi al suo
polso.
“Scusa! Non volevo ridere. E’ solo che ci hai
azzeccato” disse il biondo con un sorriso.
Narcissa si girò e chiese un po’ confusa: “Cosa
avrei azzeccato?”
“Beh, su Kevin. E’ proprio uno scheletro! Meno male
che non l’ hai mai visto senza maglietta, è orribile!”
Questa volta fu Narcissa a ridere e con lei anche
Lucius.
“Scusa, posso farti una domanda?” chiese Lucius
dopo un po’.
“Certo!” rispose Narcissa.
“Hai la brutta abitudine di dare soprannomi a
tutti?” chiese il biondo un po’
preoccupato.
“Beh, non proprio a tutti. Solo a quelli che mi
stanno antipatici” rispose lei con un sorrisone che le illuminava la faccia.
“E io rientro nella categoria?” ora Lucius era
davvero preoccupato.
“Tira un sospiro di sollievo perché tu sei il primo
uomo a cui non do un soprannome” Adesso Narcissa sembrava la felicità fatta a
persona.
Stava proprio bene con Lucius. Non era il tipico
ragazzo tutto aspetto e nessuna sostanza; si poteva conversare con lui e
soprattutto scherzare. Ecco perché non gli aveva ancora trovato un soprannome;
non è aveva bisogno. Era felice.
“Fiuuu.. mi
sento meglio adesso” disse Lucius “Ma come mai sono l’unico a cui non hai dato
un soprannome?”
Dalla padella alla brace. Che diamine gli
rispondeva adesso?? Mica poteva dirgli “Perché con te sto bene e credo di
essermi innamorata di te”, avrebbe fatto la figura del carciofo. Eppure era la
verità. Ormai ne era quasi del tutto convinta ma mancava qualcosa; qualcosa di
cui aveva bisogno come una certezza. Chi le diceva che era lui quello giusto?
Magari era tutta una scena e lei ci stava cascando come un pollo; o magari era
lei che se ne stava convincendo solo per non tornare dallo scheletro. E se poi
lui non l’avesse ricambiata? Bellatrix le avrebbe riso in faccia tutto il
tempo, dicendole di essere una stupida mentre Andromeda, nella sua natura di
Tassorosso, l’avrebbe consolata, ma la
sua figuraccia sarebbe rimasta per sempre.
No! Doveva trovare quella piccola certezza che
fosse lui quello giusto.
“Non lo so. Diciamo che devo trovarlo” fu la prima
cosa che le venne in mente.
“Ah!” fu l’unico commento del biondo
Calò il silenzio tra i due.
Narcissa guardava fuori dal finestrino, pensando a
tutto quello che le era capitato quella mattina; non avrebbe mai pensato di
salire sul treno e incontrare subito il ragazzo giusto, o presunto tale. Come avrebbe voluto che
fosse vero. Avrebbe dimostrato alla sorella che lei non era una stupida
sognatrice ma una ragazza concreta e con degli ideali e avrebbe avuto quello
che da bambina non aveva mai ricevuto dai genitori.
Se solo ne fosse stata capace avrebbe fatto
comparire dei fuochi d’artificio, ma era impossibile perché non riusciva
neanche a far roteare una piccola trottola senza l’ausilio di quella cornicina
che i babbani utilizzavano, figuriamoci far apparire qualcosa.
Lucius aveva notato quello sguardo perso e, capendo
che qualcosa non andava, decise di fare qualcosa.
Senza farsi notare da Narcissa, andò a metà treno
trovando ciò che cercava. Prese un paio di cose e tornò in cima al treno.
Solo quando vide il biondo tornare con qualcosa in
mano Narcissa si rese conto che Lucius era andato via.
“Ecco fatto!” esclamò il ragazzo entusiasta,
rovesciando qualcosa per terra.
La ragazza si chinò in modo da vedere cosa avesse
portato l’amico; vi erano un sacco di dolci tra cui i suoi preferiti: le api
frizzale.
“A che serve tutta questa roba?” chiese stupita
Narcissa.
“E a che vuoi che servano?” chiese Lucius, più
stupito dell’amica “Li mangiamo e scacciamo i brutti pensieri” continuò
sedendosi per terra e scartando una cioccorana.
Narcissa ora era esterrefatta. Che si fosse accorto
di qualcosa? No, lui aveva detto brutti pensieri e lei a tutto pensava meno che
a brutti pensieri. Beh quello di adesso era un brutto pensiero per certi versi,
così si sedette e cominciò a mangiare.
Il silenzio prese di nuovo posto tra loro, rotto
solo dallo scartare dei dolci e, dopo 5 minuti, Lucius decise di rompere
quell’atmosfera di silenzio e tensione creatasi.
“Allora, sai già in che casa sarai?” chiese.
“Si. Mia mamma mi ha detto che sono una Serpeverde”
gli rispose
“Ottimo, saremo compagni di casata”
“Perché? Sei un Serpeverde?” chiese lei.
“Si! E ne vado fiero. Da quella casata escono dei
maghi potentissimi.. o beh, anche streghe” si corresse subito il biondo,
girandosi verso l’amica ma ciò che vide non lo rincuorò. Aveva detto una
cavolata, lo sapeva, ma non pensava che Narcissa ci sarebbe rimasta così male:
doveva rimediare.
“Ehm.. scusa! Non volevo assolutamente dire che i
maghi sono meglio delle streghe, scusa! Ogni tanto apro la bocca per niente
e..”
“No no, non è per quello. Alla fine ti sei
corretto” rispose lei con un sorriso “Tanto io non sarò mai una brava strega,
anzi è già tanto che mi è arrivata la lettera”
“Come? Scusa ma non capisco”
“Vedi” iniziò lei “io non ho mai fatto una magia in
vita mia. Niente, niente. I miei genitori pensavano che fossi una maganò e
anche io lo credevo. Poi è arrivata la lettera ma non mi sono entusiasmata
tanto perché sapevo che avrei fatto una figuraccia. Ti immagini il mio primo
giorno di lezioni e io che non riesco neanche a far apparire qualcosa; tutti
inizieranno a prendermi in giro e porterò la rovina sul nome della mia
famiglia; sono inutile. Inoltre, se da Serpeverde escono veramente i migliori
maghi e streghe, i casi sono due: o non sono una Serpeverde o porterò la rovina
anche sul nome di Salazar Serpeverde. Sono messa proprio bene. Come se non
bastasse mi devo sposare un carciofo ambulante con il quoziente di intelligenza
di una noce. Si, la mia vita sarà una cosa splendida” concluse con un sorriso
tra il divertito e l’amaro.
Narcissa notando lo strano sguardo dell’amico non
riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere. Dal canto suo Lucius non sapeva che
pensare. Quella ragazza era davvero strana; rideva della sua stessa condizione
e in più ne era triste. Vederla in quello stato gli faceva male; una così bella
ragazza distrutta da un semplice caso del destino.
“Posso aiutarti io” le propose.
“Lascia stare, ti conviene” rispose l’altra
continuando a ridere.
A Lucius quel comportamento stava iniziando a
dargli fastidio e senza accorgersene prese con poca delicatezza per un braccio
Narcissa e, facendola voltare verso di lui, le disse:
“Non sto scherzando!”
Narcissa
era un po’ spaventata: le faceva male il braccio che Lucius continuava a
stringere e gli occhi di lui erano ridotti a fessure, come se volessero
incenerirla da un momento all’altro; ma fu proprio nel suo sguardo che notò la
sua determinazione. Perché quel ragazzo voleva aiutarla sempre e a tutti i
costi? Che aveva lei di diverso dalle altre?
Ma infondo, che gliene importava? Lui la voleva
aiutare, cosa che mai nessun’altro aveva mai provato a fare, e allora perché
rifiutare? Sarebbe stata la prova del 9 e avrebbe scoperto se quello che
sentiva era vero o no.
“Ok! Ma per favore mollami il braccio, mi fai male”
rispose Narcissa alla fine
“Scusa” rispose l’altro mollandole il braccio e
abbassando lo sguardo.
Non si era mai comportato così in vita sua, ma
allora perché aveva preso così a cuore la storia di Narcissa e si era lasciato
trasportare in quel modo? Perché le aveva fatto del male? Non lo sapeva, ma
sapeva che quella ragazza le faceva uno strano effetto e quella sarebbe stata
la prova del 9.
“Scusami, ti ho fatto male. Non era nelle mie
intenzioni”
“Ah, non fa niente. Da piccola mi è successo di
peggio” rispose Narcissa con un sorriso “Ma posso sapere come hai intenzione di
aiutarmi?” domandò curiosa.
“Facendoti da maestro. Non ridere!” disse, notando
che la bionda stava per scoppiare a ridere “E’ un po’ sciocco ma magari hai
solo bisogno di un paio di basi”
“Va bene! Sono pronta, maestro”
Iniziò così la lezione; la lezione più lunga della
storia. Per quanto Narcissa ci provasse non ne arrivava mai a una e molte volte
Lucius era sul l’orlo del suicidio. Non credeva sarebbe stato tanto difficile
insegnarle un semplice incantesimo di levitazione eppure si era ricreduto,
notando la totale immobilità del pacchetto di gelatine tutti i gusti+1 scelto
come cavia per l’esperimento.
Dopo altri innumerevoli tentativi, di cui Lucius
aveva perso il conto, il ragazzo notò che Narcissa non impugnava nel gusto modo
la bacchetta; forse era quello il motivo per cui non riusciva a far levitare il
pacchetto di caramelle.
“Narcissa, prova a tenere la bacchetta non come se
fosse una pozione che sta per esplodere ma come se fosse… una bacchetta di
liquirizia”
“Una bacchetta di liquirizia?” chiese stupita la
bionda.
“Si, insomma qualcosa di cui ti fidi, non qualcosa
di cui hai paura; poi riprova. Scommetto 10 galeoni che ce la farai” rispose
l’altro con un sorriso.
Narcissa ci riprovò convinta di potercela fare. In
fondo di che doveva avere paura? La bacchetta non era ancora esplosa. Ma non
riusciva comunque a pensare alla bacchetta come un’amica; se fosse successa una
qualsiasi cosa per causa sua… no! Non voleva pensarci. Eppure Lucius si fidava
di lei, perché non provarci.
Nel frattempo Lucius notò lo sforzo di Narcissa di concentrarsi; sembrava volesse esplodere lei e non la bacchetta.
“Narcissa, calmati” le disse avvicinandosi “non
vedi esplodere, ne te ne la bacchetta. Prova a fare così”
Senza accorgersene Narcissa vide che la mano di
Lucius si era posata sulla sua, ancora stretta alla bacchetta e come d’istinto
alzò lo sguardo incontrando gli occhi grigi del ragazzo, distante dal suo volto
di pochi centimetri. Si guardarono per un po’. Narcissa stava per diventare una
melanzana mentre Lucius diventava un po’ meno pallido. Chi fosse il più
imbarazzato era una sfida.
“Ehm.. dicevo.. si insomma…” era nel pallone.
“Dicevi… di far.. così” strinse un po’ di meno la
bacchetta, forse per seguire la mano di Lucius che si era staccata dalla sua o
forse per seguire veramente il consiglio dell’amico, e diede un leggero colpo
di bacchetta. Il pacchetto di caramelle aveva iniziato a sollevarsi pian piano,
raggiungendo la vita della ragazza che aveva gli occhi sbarrati per la sorpresa
mentre il compagno esultava.
“Ce l’ hai fatta!!!” gridò Lucius contento come se
per lui Natale fosse arrivato in anticipo.
Ancora incredula, Narcissa balbettò un “ce l’ ho
fatta” e senza pensarci si buttò sull’amico, abbracciandolo forte. Purtroppo la
ragazza si era data troppo slanciò e ciò non permise a Lucius una presa salda
dell’amica, che finì lunga distesa sopra di lui.
“Oh cavolo! Scusa Lucius non volevo. Tutto bene?”
chiese con voce allarmata Narcissa.
Non l’avesse mai fatto. Il povero Lucius, oltre ad
avere un enorme bernoccolo in testa, era diventato un cadavere ambulante. Aveva
le mani posate sui fianchi di Narcissa, la quale troppo preoccupata dell’amico
non se n’era accorta. Inoltre se qualcuno fosse arrivato in quel momento
avrebbe di sicuro pensato al peggio: Narcissa era praticamente seduta sul suo
stomaco, con le gambe a cavalcioni e le mani posate ai lati del viso di Lucius
mentre quest’ultimo, oltre alle mani sui fianchi, aveva una faccia.. da
maniaco!
Era da un po’ che Lucius aveva notato quanto
Narcissa fosse bella e ora che il suo viso era a meno di 10 centimetri dal suo
lo poteva confermare: gli occhi azzurri della ragazza erano un cielo infinito
di emozioni, dal quale si riusciva a capire se era felice o no; le sue labbra
piccole e rosse sembravano chiamarlo continuamente, dicendo di baciarla; i suoi
capelli biondi sembravano così morbidi da toccare.
E fu in quel momento che la ragione andò a farsi
benedire. Senza pensarci, poggiò una mano tra i capelli della ragazza e fece
avvicinare il suo viso, per poi baciarla.
All’inizio fu un semplice bacio a stampo, per
cercare di capire se la ragazza volesse tirarsi indietro, ma così non fu;
Narcissa ricambiò subito il bacio, desiderando che continuasse per sempre. La
ragione aveva abbandonato entrambi che si stavano spingendo in un bacio più
passionale.
Quando il bisogno d’aria fu necessario si
staccarono e si fissarono; due pozze d’argento fisse nel cielo degli occhi di
lei. Le parole non servivano; tutto era già stato detto con quel bacio così
pieno d’amore. A Narcissa venne spontaneo un sorriso.
“Perché ridi?” chiese in un sussurro Lucius.
“Oggi ho conquistato due traguardi: la magia e
l’amore” rispose lei continuando a sorridere.
“Io non direi. Diciamo più che altro che è stato
l’amore a fare la magia.”
Narcissa lo guardò con una strana luce negli occhi
e, sempre con il sorriso, disse: “La mia prima magia: l’amore. Suona bene” per
poi dare ancora un bacio al suo amante.
Il resto del viaggio lo passarono abbracciati,
ridendo e coccolandosi, finchè a Lucius non venne in mente una cosa.
“Cissy, posso farti una domanda?”
L’aveva chiamata con lo stupido nomignolo che le
aveva attribuito sua madre; eppure non le dava quella sensazione di vuoto che
aveva quando la madre la chiamava ma sentiva calore. Si, Cissy andava
benissimo.
“Dimmi”
“E lo scheletro?”
Tutto ciò che riuscì a fare Narcissa fu ridere. Una
risata pura e cristallina.
Non lapidatemi!!! Mi è venuta così =P
Spero che a qualcuno piaccia ^^
Se volete lasciare un commento ve ne
sarei grata visto che è la mia prima ff su HP… accetto sia recensioni negative
(basta che non sfocino in insulti troppo pesanti) e positive.
Scusate per eventuali errori di
qualsiasi genere
Bye bye
Lilla4eve