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Autore: Tempie90    10/09/2014    5 recensioni
AU tradotta dal sito di FF fanfiction.net, è un'esperimento che abbiamo deciso di fare io e anitagaia.
La storia parla di una Beckett ancora novellina facente parte della Vice squad del 12° distretto, ovviamente le modalità in cui conosce Castle sono altre! XD
Speriamo vi piaccia e abbiate la pazienza di leggere i nostri aggiornamenti!
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Nuovo aggiornamento. Grazie ad Anita per la sua puntualità!
Buona lettura =)

                              Capitolo 19



Parlò di Nikki Heat per tutta la cena.

Non riusciva a trattenersi; Gina gli fece una domanda e tutto uscì fuori spontaneamente dalla sua bocca, un fiume di parole che non riusciva a frenare, a mala pena ad avere controllo. Non aveva capito completamente fino a quel momento quante idee avesse, quanti inizi per la trama, quanti schizzi per i personaggi; anche mentre parlava riusciva ad avere nuove idee, visioni, dialoghi scivolare nel suo cervello, e a volte doveva fermarsi e scrivere su un fazzoletto.

Nikki Heat. Solo il suono sulle sue labbra lo riempiva di una eccitazione che non aveva avuto per molto, molto tempo. Neanche quando aveva iniziato a scrivere Derrick Storm.

Derrick era più vecchio di Nikki, un ex poliziotto indurito dalla vita che conduceva, che non credeva in nulla o nessuno eccetto se stesso; lo stesso tipo di fascino di James Bond, a Castle piaceva pensare.

E gli era piaciuto scriverlo all'inizio- non poteva negarlo. Ma dopo tre romanzi, c'erano volte in cui Rick si trovava totalmente depresso con il personaggio, con la sua visione oscura delle cose, il modo in cui nulla sembrava mai sorprenderlo.

Nikki sarebbe stata diversa. Nikki sarebbe stata nuova, una ventata di aria fresca, e sarebbe stata una tipa tosta, si, pazza del suo lavoro, ma non sarebbe stata antipatica.

Avrebbe fatto ciò che era giusto, a tutti i costi; non si sarebbe mai compromessa, non avrebbe mai rischiato la sua integrità. Ci avrebbe creduto, e l'avrebbe guidato, gli avrebbe mostrato come essere un uomo migliore- a scacciare via il vuoto che era stata la sua vita.

Sarebbe sempre stato il padre di Alexis; non avrebbe sbagliato se Nikki fosse stata lì a controllarlo.

Una parte di sé sapeva che era sbagliato, di essere così affascinati, così ossessionati con un personaggio inventato, ma.

Ma era sempre meglio che volere una donna che non lo desiderava.

I dessert erano già sul tavolo quando smise di parlare per ritornare in sé, e notare cosa stava accadendo attorno. Gina stava mangiando, i suoi occhi abbassati, la sua bocca premuta come se stesse trattenendo un sospiro; si sentì in colpa, fino a quando non ricordò che lei aveva orchestrato tutta la cosa.

Era colpa sua se era lì con lui; certo, forse non era stato educato da parte sua continuare a parlare del suo nuovo progetto, ma lei sapeva com'era. Probabilmente aveva una idea di cosa aspettarsi quando l 'aveva invitato, no?

“quindi, um,” disse, un po' imbarazzato, mentre prendeva una cucchiaiata del suo tiramisù che non si ricordava nemmeno di aver ordinato.
“cosa ne pensi?”

Alzò un sopracciglio verso di lui, poggiò la testa di lato, e immediatamente si pentì di averlo chiesto.

“Oh, adesso ti ricordi di chiedermi la mia opinione?”

“Beh...”

“Vedi, non- sono sicura che tu ne abbia bisogno, Richard. Sembrava che stessi facendo un ottimo lavoro congratulandoti da solo e ignorandomi, perciò perché non ritorni a farlo? E poi potremo entrambi uscire e far finta che questo disastroso appuntamento non sia mai capitato?”

Ouch. Aprì la bocca- per dire nemmeno lui sapeva cosa- ma non gli diede la possibilità di parlare.

“Fammi chiedere una cosa, però. Lei è reale?”

Cosa?

Lo sguardo negli occhi di Gina era troppo penetrante. “Per favore. Ti conosco, Rick. So come lavori. Ti piacere perseguitare le donne in nome della ricerca e basare i personaggi su di loro. Quindi questa persona Nikki Heat- presumo che esista”.

Gli sarebbe piaciuto contraddirla, ma qualcosa sul suo viso gli disse che non sarebbe stato saggio.

“Lascia che ti dia un consiglio, Richard. Questa donna, chiunque sia, non fa per te. Se è la metà della persona che hai descritto, allora è molto al di fuori della tua portata. Ti vedrà per come sei, se non l'ha già fatto. E poi cosa accadrà? Avrà il cuore spezzato e mi dirai che non puoi continuare a scrivere questo libro, e avrai bisogno di un nuovo personaggio. E ritornerai indietro da dove hai iniziato. Perciò risparmiati il disturbo; e chiudi”

La fissò, non riusciva a credere che gli aveva veramente detto quelle parole. Non sapeva nulla di Kate- come poteva solo-

Si alzò graziosamente dalla sedia, raccolse le sue cose velocemente, e sventolando i suoi ricci biondi indietro, gli diede una occhiata che non aveva nessuna gentilezza.

“Certo, suppongo che non seguirai il mio suggerimento. Non impari mai. Perciò voglio vedere quelle pagine, Rick. Il minimo che puoi fare è mandarmele, dopo che hai passato tutta la serata a decantare le lodi di Nikki Heat.”

Si girò per andarsene e trovò di nuovo la sua voce, si alzò dalla sedia indignato.

“Perciò è così? Mi lasci semplicemente qui? Perché ho passato troppo tempo a parlare della mia nuova idea per un libro, perché non era il tuo tipo ideale di primo appuntamento? Per amor di Dio, Gina, sono uno scrittore! È ciò che faccio, scrivo, e lo sai come divento quando sono eccitato su un nuovo progetto. Mi conosci. E ancora mi punisci per questo?”

Gina girò lo sguardo, la bocca stretta, e ci fu un breve silenzio prima che parlasse con una voce appena udibile. “Non ti sto lasciando perché non hai fatto altro che parlare del libro. Anche se quello sarebbe una ragione sufficiente. Me ne vado perché sei innamorato di qualcun' altra, Rick. Potrai essere troppo stupido per vederlo, ma non sono abbastanza stupida da giocarmi il cuore se il tuo è già preso”

Rimase a bocca aperta, non aveva nessuna risposta; poteva solo vederla sospirare e scuotergli la testa, sussurrando un buonanotte prima di uscire.

Il cameriere lo stava fissando ma Rick ignorò il ragazzo, si sedette di nuovo, il suo corpo pesante contro il legno della sedia.

Si coprì il volto con il viso, le dita che strofinavano gli occhi prima di grugnire, e poi si addrizzò.

Perché sei innamorato di un'altra.

Era abbastanza ovvio sia che a sua madre che a Gina, però. Due donne che non avevano niente in comune, che appena erano amichevoli fra di loro.

Perché cercava di combatterlo ?

Lei. Kate.  


Come se le parole di Gina gli avessero aperto un buco dentro di sé, i ricordi di lei gli tornarono tutti alla mente, il suono dei suoi baci sulla sua bocca, il tocco della sua pelle sotto le sue mani, il modo in cui lo guardava, i suoi occhi scuri sotto le ciglia, così segreti eppure così fiduciosi; dovette trattenere un gemito, il bisogno era così forte, la sua assenza era una cosa così fisica e dolorosa.

Doveva vederla.

Sarebbe andato da lei, avrebbe...

fatto qualcosa. L'avrebbe convinta del contrario. Non sarebbe mai stato felice solo con Nikki; aveva bisogno di Kate, non del suo alter ego finto, non solo di parole su una pagina. Di Kate e dei suoi misteriosi sorrisi, delle sue risate inaspettate, la bellissima conoscenza nei suoi occhi.

Avrebbe fatto tutto ciò che voleva. Avrebbe lasciato perdere il caso di sua madre, non l'avrebbe più toccato; sarebbe rimasto lontano dal distretto, sarebbe stato attento a non compromettere la sua reputazione.

Fino a quando l'avrebbe avuta, fin quando lei sarebbe andata da lui ogni notte- avrebbe fatto ogni cosa. Per favore, Kate.


“Dovrei andare a dormire” sospirò Alexis, le sue spalle sottili che si accasciavano, la sua voce che mancava di convinzione.

Lei e Kate si erano accasciate sul divano, ascoltando le versioni di Martha più o meno accurate delle canzoni; l'ultima era “don't rain on my parade”, l'entusiasmo del cantante reso dalle note alte che sembravano in qualche modo tremare.

L'attrice smise di cantare per rispondere alla nipote, “Ma no, tesoro. Puoi rimanere sveglia quanto vuoi; lo sai che non lo dirò a tuo padre”

Ma questo non sembrò convincere Alexis. La ragazza riposò la testa sulla schiena del divano, nascondendo uno sbadiglio, e la sua bocca si mosse con delusione.

“Pensavo che papà sarebbe tornato prima” confessò, il suo tono troppo basso per essere compreso da Martha, che adesso era impegnata a vocalizzare.

“Dov'è tuo padre?” chiese Kate dopo un attimo di esitazione, finalmente vedendo la possibilità di una risposta alla sua domanda.
“A un appuntamento,” rispose Alexis, con sdegno e molta infelicità.

Il cuore di Kate si fermò nel petto.

Un appuntamento?

“Con Gina” aggiunse la ragazza, inconsapevole dello shock di Beckett. “Ha detto che non era proprio un appuntamento, più che altro un incontro di lavoro, perché dovevano parlare riguardo ai suoi libri-” i polmoni di Kate si espansero all'improvviso, prendendo quanto più aria possibile. “ma si era tutto agghindato e indossava una cravatta, non indossa mai cravatte.” Alexis concluse ingenuamente, i suoi occhi chiusi ora.

Il che era un bene, davvero, perché Kate non era certa che sarebbe riuscita a controllare la gelosia che provava al pensiero di Richard Castle con un vestito e una cravatta, Richard Castle a un appuntamento con un'altra donna. Che diamine?

Potrei amarti, Kate.

“Chi è Gina?” chiese quando pensò di avere tutto sotto controllo, che la sua voce non avrebbe tremato e non l'avrebbe fatta scoprire.

“Mh, il suo editore,” rispose Alexis con voce assonnata. “lavora per la Black Pawn. Non mi piace. Fa solo finta di essere carina.”

Il piano di sottofondo si fermò, il rumore dei tacchi che rimpiazzava le note musicali mentre Martha camminava a cerchio attorno al divano e le trovò, i suoi occhi inquisitori si fermarono prima su Alexis. Kate prese un profondo respiro, provando a calmarsi.

“Ok, tempo della nanna per te, piccola,” affermò Martha dolcemente, sedendosi affianco alla nipote e poggiando un braccio attorno alle sue spalle per reggerla. “ma dovrai camminare. Non posso più portarti imbraccio.”

“Va bene” blaterò Alexis, gli occhi che si chiudevano per il sonno mentre si alzava lentamente. “Notte, Kate. Grazie per aver cantato con noi.”

“E' stato divertente,” rispose Beckett, forzando un sorriso. “Grazie per avermi invitata. Sogni d'oro, Alexis”


La ragazza iniziò a salire le scale, e gli occhi di Martha la seguirono per un secondo. Kate sfruttò quel tempo per sollevarsi dal divano, le sue membra stanche che protestavano.

“Dovrei andare” affermò, dopo aver dato un'occhiata all'orologio di suoi padre. Wow. Difficile da credere che era rimasta così a lungo- beh, a dire la verità, si era divertita.

La famiglia Castle era... sorprendente.

“Penso che dovresti aspettare mio figlio,” si oppose Martha gentilmente, la sua voce più bassa e ferma di quanto non lo era stata prima.  “Sarà a casa presto, e sarebbe davvero felice di vederti, ne sono sicura.”

Beckett si morse il labbro inferiore, e scosse la testa. “non-”

Ugh, non avrebbe potuto reggere quella conversazione adesso. E non di certo con la madre di Castle.

L'attrice le afferrò il gomito, come un gesto di pura comprensione, nei suoi occhi blu, che colpì Beckett come un pugno nello stomaco. Merda, si era dimenticata come ci si sentiva sotto il tocco di una madre, e dovette ingoiare a fatica i rivoli di lacrima che si fermarono in gola.

“Non ti sto dicendo cosa fare, cara. Andrò di sopra, metterò Alexis a dormire, e non c'è nulla che possa fare per fermarti se te ne vuoi andare. Ma spero che sarai ancora qui quando tornerò,” disse Martha, il suo sorriso incoraggiante.

E poi salì le scale lasciando Kate da sola in mezzo alla sala, le mani a penzoloni sui fianchi, il suo cuore confuso ed esitante, senza una idea su cosa fare.



Pensò di chiamarla, ma non voleva perdere tempo. Dopo tutto, non aveva alcuna idea di come avrebbe potuto agire di fronte alla sua presenza.

Meglio avere la sorpresa dalla sua parte.

Erano solo le nove e un quarto, quindi non poteva essere certo che fosse a casa, ma era stata chiara su cosa gli sarebbe successo se fosse andato al distretto non invitato un'altra volta. Doveva solo sperare che non stesse lavorando su un caso stanotte. E che era tornata a casa prima.

Già. Molto poco probabile.

Nonostante ciò, doveva provarci. Prese un taxi e diede al guidatore l 'indirizzo, poi si poggiò sul sedile, i suoi occhi fermi sulle luci della città fuori dal finestrino. Il traffico non era così male stanotte; forse sarebbe arrivato lì presto.

Oh, sua madre. Doveva chiamarla, farle sapere-

Prese il telefono dalla tasca, e vide che aveva un messaggio che lo aspettava. Da sua madre. Lo aprì immediatamente, preoccupato che potesse essere successo qualcosa ad Alexis- non avrebbe mai dovuto mettere il silenzioso tanto per iniziare- e rimase sorpreso delle due righe che conteneva.

La tua amica Kate è a casa. Ho pensato che volessi saperlo.

La sua-

Cosa?

Lo lesse ancora e ancora, gli era difficile crederlo, e poi piegò in avanti, toccò la spalla del tassista.

“Hey, um, potresti tornare indietro? Ho cambiato idea; torno a casa. Broome Street.”

L'uomo grugnì qualcosa che non sembrava amichevole, ma fece come gli era stato chiesto, accogliendo la prima occasione per girare la macchina. Castle si rilassò lentamente sul sedile, l'entusiasmo che iniziò a rimpiazzare l'incredulità sorpresa, e si stirò con le mani i pantaloni.

Kate era all'appartamento.

Kate.

Il suo cuore battè.


Inserì la chiave nella serratura, trattenne il respiro, ed ebbe un mezzo momento di panico quando la porta si aprì sulla sua silenziosa e vuota sala, le luci abbassate, nessuna traccia della sua esuberante madre o delle donna che perseguitava i suoi pensieri.

Entrò, nervoso, sbattendo la porta con il piede, le sue dita che lavoravano sui bottoni della giacca mentre i suoi occhi continuavano a perlustrare lo spazio immenso, il divano, le scale, il piano aperto.

Si mosse in avanti, la cucina di fronte a lui, e oh.

Eccola. Davanti alle finestre con la schiena rivolta verso di lui, le luci esterne che delineavano la sua figura esile, l'allungarsi dolce delle sue gambe nell'uniforme da poliziotta.

Sicuramente l'aveva sentito entrare, a meno che non fosse immersa in pensieri profondi- ma no, era un poliziotto. Sapeva che era lì. Se non si era ancora girata, era forse perché non sapeva cosa dire, o come dirlo.

Rick appese il cappotto vicino alla sedia, il suo stomaco che doleva. Era ridicolo il modo in cui era intimidito dalla sua semplice figura, dalla curva graziosa della sua vita, dalla curva tonda delle sue spalle.

Non importava quanto giovane fosse, vero? Non quando poteva sfarlo con un semplice sguardo, non quando lo possedeva più di quanto qualsiasi altra donna l'abbia mai avuto.

Si avvicinò fino a quando i loro corpi non erano a un respiro di distanza, il suo calore quasi palpabile. Poggiò una mano sul suo braccio, un tocco leggero e indifferente, notando che era a piedi nudi- e decisamente più piccola di lui- quando si piegò per darle un bacio sulla guancia.

I suoi occhi si chiusero al contatto con la sua pelle morbida e deliziosa, la sua bocca che indugiò un momento di più per respirare il suo odore. Dio, quanto gli era mancata.

“Ciao,” mormorò, ma non rispose, poteva sentire il movimento del suo corpo nel suo, quasi riluttante.

Non disse nulla all'inizio, e quando iniziò a parlare era così silenziosa che appena la udì.

“Come è andato l'appuntamento?”

Chiuse gli occhi per lo sbalordimento, silenziosamente maledicendo sua madre. Ma era stato un suo errore, certo; avrebbe dovuto avere più fede in lei, avrebbe dovuto avere la forza di dire no a Gina.

Sperava solo che il danno che aveva causato non era irrimediabile.


“Terribile,” ammise dopo una fievole risata perché lei si meritava la verità almeno. “Continuavo a parlare di te, non riuscivo a smettere. L'ho fatta scappare via”

Qualcosa simile a una risata le scappò di bocca, e finalmente, finalmente si girò verso di lui, il suo viso così giovane nella luce soffusa, un che di paura e speranza che brillava nei suoi occhi.

“Davvero?”

“Uh-huh” confermò, il suo corpo che si spostava verso il suo, incapace di resistere. Posò una mano sul suo collo e lei non lo rifiutò, non protestò, e così la baciò, un bacio attento, esploratore, pieno di sollievo.

Sapeva di vino, ma dietro c'era una certa solitudine, un dubbio, e la voracità di una lunga attesa. La sua bocca si aprì immediatamente sotto la sua, la sua mano che cercava il bavero della sua camicia, e poté sentire il suo corpo premersi contro il suo, caldo e accogliente, così bellissima.

Sembrava che le fosse mancato così tanto come lei era mancata a lui.

“Sono stato stupido, Kate,” sussurrò fra le sue labbra, forzato all'onestà di fronte alla sua prontezza al perdono, la spinta sicura della sua bocca contro la propria. “non avrei mai dovuto accettare quell'appuntamento-”

“No, non avresti dovuto,” concordò, i suoi denti che mordevano il suo labbro inferiore, i suoi fianchi che incontravano i suoi.

Merda, come poteva pensare di-

“Io- è stato soprattutto affare-”

“Lo so, Alexis me l'ha detto,” rispose con il fiato corto, arcuandosi sotto il suo tocco, la mano che si avventurava sul suo petto.

Si congelò, il suo cervello che si fermò un istante.

“Alexis?”

Kate si tirò indietro, i suoi occhi incontrarono i suoi, pieni di oscurità. “Si. Sono stata qui per un po', Castle. Ti aspettavo”

L'aveva aspettato?

“Per quanto tempo?” chiese, come se importasse- ma doveva chiederlo.

Si morse il labbro, quel piccolo movimento che era così sensuale, che doveva assolutamente scrivere in Nikki Heat. “Due ore, forse,” rispose.

Due ore. Wow. Giusto. Quindi lei-

aveva incontrato sua figlia.

Non sapeva cosa sentire al riguardo.

Lo guardò per un istante, la sua testa piegata da un lato, la luce che afferrava i capelli, che accarezzava il viso. “Va bene?” mormorò, una leggera carezza con il pollice sul suo addome.

Deglutì ,provò ad immaginare Alexis e Kate insieme, a provare qualcosa di diverso da quella gelosia logorante.

Sarebbe voluto essere lì. “Ti è piaciuta?” chiese alla fine, perché doveva iniziare da qualche parte.

La bocca di Kate si aprì con un sorriso, un bellissimo sorriso che raggiunse anche gli occhi che illuminavano tutto il viso. “Si,” rispose, la sua voce bassa e sensuale, deliziosa. “Abbiamo cantato le canzoni della Disney insieme.”

Oh, dannazione.

“Stai scherzando?” si lamentò, chiudendo gli occhi al lamento presente nella sua stessa voce. “vuoi uccidermi con il rimorso, Beckett?”

Poggiò le labbra sul suo mento, poteva sentirla sorridere. “Forse,” sussurrò. “Forse è questo che ti meriti.”

L'avviluppò nelle sue braccia e poggiò il naso nell'incavo del suo collo, affogando nel suo odore dolce, non riusciva a negare e mantenere il proprio disappunto quando lei era fra le sue braccia, gioiosa e scherzosa, così reale.

“Sono così felice che tu sia qui,” sospirò, la verità che usciva dalle sue labbra prima che potesse fermarla.

Non gli rispose con delle parole, ma non poté mancare il braccio che gli circondò la vita, il tocco di un bacio sul lobo del suo orecchio, il suo pollice che sfiorava il collo.

Anche lei era felice di essere lì.
  
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