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Autore: DeadlyPain    10/09/2014    2 recensioni
Un ragazzo passeggiando nel bosco incontra una ragazza bellissima, quando le si avvicina lei lo prega di riportarla a casa: "Portami a casa. Ho freddo". Il ragazzo la segue, scoprendo poi che lei....
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
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Chris era un ragazzo così forte e spavaldo, non aveva paura di niente.
Chris era sicuro di se', non aveva timore e non credeva alle leggende degli spettri di ghiaccio.
Chris si portava dietro un terribile segreto.

Chris aveva solo 20 anni e viveva con la sua famiglia a Memoride, Lindsay, amica d'infanzia, a Nevepoli.
Oh erano grandi amici Chris e Lindsay, l'unica cosa che riusciva a dividerli era la grande distesa di neve che separava le due città, altrimenti, sarebbero stati insieme tutti i giorni.
Un grande affetto li legava.
Più forte dell'amicizia.
Più forte dell'amore.
Ma col passare degli anni Chris si fece nuovi amici, nella più vicina Evopoli, e perse parte di quel grande sentimento.
Era diventato grande, si costringeva a ripetersi per auto convincersi.
Era maturato e cambiato, si diceva per giustificare il suo comportamento.
Lindsay, invece, era sola. E aveva un disperato bisogno di Chris e del suo affetto. Pianse molto quando il ragazzo si allontanò da lei e le sue lettere e le sue telefonate si fecero man mano più rade.
Era un gelido inverno e soffiava una forte bufera di neve, la sera del ventesimo compleanno di Chris.
Lindsay chiamò Chris quella notte. Gli chiese dov'era.
Lui era uscito con i suoi amici a festeggiare.
Non aveva invitato Lindsay.
Ho bisogno di parlarti, gli disse.
Si, dopo. Ora ho da fare. Rispose lui.
Era ignaro del fatto che lei, con piccoli tacchi a spillo e un leggero vestito da sera stava affrontando da sola la bufera ed il gelo per potergli fare gli auguri di persona.
Faceva freddo quella notte e soffiava una forte bufera di neve.

Un giovane uomo, di circa 25 anni stava camminando, arrancando a fatica nella neve verso Nevepoli. Doveva portare un pacco a degli amici di famiglia e lui odia dover fare tutta quella strada a piedi in mezzo alla neve.
Lui odia il freddo.
Eccolo all'imbocco del percorso 217, faceva freddo e cercò di raggomitolarsi all'interno del pesate cappotto di piuma che avrebbe dovuto tenerlo riparato dal freddo.
Camminava a testa bassa, guardando i suoi piedi affondare nel terreno e bagnarsi nella neve fresca e soffice.
Il percorso passa in mezzo ad un grande bosco, gli alberi sono fitti e coperti di neve. Il giovane si fermò a riprendere fiato, ormai, dovrebbe mancare poco.
Mentre cercava il termos di caffè nello zaino gli sembrò di intravedere qualcosa muoversi nel fitto degli alberi.
“Hey! C'è qualcuno?”
La figura, sembrava brillare come una piccola stalattite al sole e scomparve nel nulla.
Forse il freddo mi da le allucinazioni, pensò il giovane.
Quand'ecco comparirne un'altra. Stavolta aveva visto chiaramente un'esile figura, pallida ed eterea muoversi al limitare del bosco. Un pokèmon? Possibile?
Il giovane, curioso e temerario si avvicinò al limitare delle fronde degli alberi, carichi di neve.
Eccone un'altra. Aleggiava sulla terra veloce, disidratata e di un colorito azzurrino, quasi fatta di cristallo, nascondersi alla vista tra gli alberi.
Non si fanno vedere. Sono veloci. Sono antropomorfe. Non sono umane.
Che siano i famosi spettri di ghiaccio delle leggende?
Un'altra, anch'essa si spostò verso l'interno del bosco, come a indicargli una strada da seguire. Una creatura mistica, fatta di cristallo. Nessun suono, nessuno spostamento d'aria.
Nemmeno la fresca neve sulle fronde pesanti degli alberi cade al loro passaggio.
Che stia impazzendo?
Il ragazzo riprense il suo cammino, erano le 5 di pomeriggio e di lì a poco il sole sarebbe calato, non gli andava proprio di attardarsi e dover fare il ritorno con il buio ed il freddo. Specialmente con quelle strane creature che si nascondono nell'ombra degli alberi.

Un singulto.
Un singhiozzo.
Questo si sentì chiaramente, qualcuno, da qualche parte stava piangendo.
Il ragazzo si girò.
“C'è qualcuno?”
Il singhiozzo si fece più forte.
“Hey! C'è qualcuno qui?”
Ed eccola, accovacciata in mezzo alla neve scorse una piccola testa bionda. Un vestito bianco, leggero.
“Hey! Stai bene?”
La ragazza si alzò in piedi. Ora riuscì a vederla chiaramente, alta, bianca di pelle e dagli occhi color ghiaccio, capelli biondi, chiarissimi, con la neve, quasi dai riflessi azzurri. Un vestito, bianchissimo. L'unica nota di colore era un piccolo nastrino rosso che le cingeva i fianchi.
“Ho freddo” disse.
“Aiutami” disse.
“Come posso aiutarti?”
“Portami a casa”
“Dov'è casa tua?”
La ragazza alzò un braccio, indicando il centro della foresta.
“Aiutami. Ho freddo”
Il ragazzo emise un lungo sospiro, voleva tornare a casa presto, non gli andava di camminare in mezzo alla neve di sera quando le temperature calano. Ma quella ragazza era così bella, e poi, la sua casa non dovrebbe essere troppo distante da un centro abitato no?
Varcò la soglia del bosco, immergendosi nella fitta radura di tronchi e rami, raggiungendo la ragazza.
Oh, quant'erano belli i suoi occhi, così dolci, indifesi e ammalianti.
Oh, era proprio bella quella ragazza, altrimenti si sarebbe accorto che nonostante il freddo, dalla bocca della giovane non usciva il vapore caldo proveniente dall'interno del corpo.
“Portami a casa” disse.
“Ti porto a casa”
La ragazza cominciò a camminare, spingendosi nella radura sempre più fitta.
“È di qua. Ho freddo.”
Camminarono e camminarono a lungo.
E scese la sera, e la temperature si fecero più gelide.
“Ho freddo” ripetè la giovane.
Il ragazzo avrebbe voluto prestarle la sua giacca, ma temeva che sarebbe morto assiderato, e cominciava anche a temere per l'ora in cui sarebbe arrivato.
“Manca molto a casa tua?” chiese battendo i denti dal freddo.
La ragazza si voltò a guardarlo. Gli occhi gli sembrarono essere diventati più grandi e contornati di viola, la pelle più bianca e liscia, come fosse fatta di neve fresca, le labbra assottigliate ed i capelli più bianchi.
Ma forse era solo un'impressione, forse era la stanchezza ed il freddo, o la neve, che lenta cominciava a cadere fitta che gli oscurava e appannava la vista.
“Portami a casa. Ho freddo”
La ragazza si voltò e continuò a camminare. E lui la seguì.
In mezzo al buio e alla neve quasi, quella ragazza sembrava una macchia bianca, solo quel rosso nastro legato intorno alla vita le dava un'aria più viva. Quel nastro che si allacciava dietro la schiena con un grande fiocco rosso, quasi da nasconderle i fianchi, e ricadeva morbido sul suo fondoschiena.
Oh era proprio bello il fiocco ed il corpo di quella ragazza.
Oh doveva proprio essere bella quella ragazza, altrimenti il giovane si sarebbe accorto che non lasciava nemmeno un piccolo accenno di impronta nella neve alta quasi 40cm, mentre lui arrancava faticosamente affondando fin quasi al ginocchio.
Camminarono ancora, e scese la notte. Il giovane guardò l'orario, erano le dieci e mezza.
Si sarebbe vista una luna piena quella notte, pallida e bianca come la giovane, se il cielo non fosse coperto da nuvoloni grigi. Si sarebbe vista la ragazza smettere di camminare e cominciare a levitare se non ci fosse stata quella fredda a violenta bufera di neve, che non permetteva di vedere molto lontano dal proprio naso.
Una brutta notte per vagare nel bosco, una notte uguale a quella del suo compleanno, circa cinque anni fa.
“Quanto manca a casa tua?” urlò il giovane.
Aveva freddo, i jeans scuri, bagnati dalla neve col freddo gli si erano incollati alle gambe, i piedi, bagnati erano diventati neri, congelati dal freddo. Le mani, strette alla scatola da portare agli amici di famiglia erano bianche e pallide come quelle della ragazza, nelle sue, però, ancora si vedevano le vene e la arterie pulsare a fatica il sangue che pian piano si stava raffreddando.
Aveva freddo, perfino sulla piccola ricrescita di barba si stava formando un sottile strato di brina, non era neve caduta, era ghiaccio.
Il respiro era affannoso, e, nonostante il freddo, il vapore acqueo caldo che espirava era sempre di meno. Stava congelando, stava morendo di freddo.
La ragazza si voltò. Che strana, i capelli ora erano corti, e quasi tirati indietro, ma forse, era colpa solo del vento gelido, e la vita legata dal fiocco rosso sempre più sottile.
“Portami a casa. Ho freddo” disse, senza quasi muovere le labbra.
Il freddo, la stanchezza e la bufera di neve giocano brutti scherzi alla mia mente, pensò il giovane.
La ragazza continuò a camminare, imperterrita e impettita sulla neve.
Era quasi mezzanotte quando si fermò, bloccandosi in mezzo ad uno spiazzo deserto, senza alberi, solo neve e bianco ovunque.
Un absol in lontananza, unica forma di vita, oltre al giovane; ed alla ragazza.
Il giovane la raggiunse. Era pallido, bianco in volto, tremava ed il giacchio cominciava a formarsi tra i suoi capelli, nonostante l'ormai non più caldo berretto di lana.
La ragazza si voltò verso di lui.
“Sono a casa”
Lui guardò intorno a sé, cercando di aguzzare la vista. Nessuna casa, nessun focolare, nessuna luce.
“Qui non c'è nulla. Dov'è casa tua?”
“La mia casa è con te.” disse e si inginocchiò a terra, passando una mano sul morbido manto di neve.
Là, dove la neve veniva spostata dal suo tocco, si intravedeva il viso di una giovane ragazza, non più di vent'anni.
Il freddo e la neve dovevano aver conservato intatto quel corpo, congelandolo per sempre nella sua giovinezza come un fiore in un blocco di ghiaccio.
Il ragazzo si inginocchiò, con molta fatica, dato che quasi anche i suoi muscoli, ormai freddi e congelati, non riuscivano a rispondere ai suoi comandi.
Affondò le mani nella neve e ne scoprì il corpo. Alta e molto magra, bellissima, bionda, con gli occhi chiusi, un leggero vestito nero con ricami argentei, da sera. Piccole scarpe con un sottile tacco ai piedi. Bracciali dorati, un fiore, finto, tra i capelli, ed al collo un piccolo ciondolo ovale.
Morta, assiderata dal freddo.
Il ragazzo prese il ciondolo e lo aprì, conteneva una foto della giovane da bambina, sorridente, felice e viva, insieme ad un altro bambino. Anch'esso felice.
Se non ci fosse stato tutto quel vento e quel freddo avrebbe pianto. Ma gli si erano congelate anche le lacrime.
Abbracciò il corpo, singhiozzando. Perchè? Pensava. Perchè?
“Tu eri tutto ciò che avevo, ma non ero abbastanza per te. Mi hai abbandonata, mi hai lasciata indietro. Tu eri tutto, io non ero niente. Mi hai abbandonata. Ma ora sei qui. Ora sono a casa.”
Il ragazzo si voltò, ed al posto della giovane donna, fluttuava una chiarissima Froslass. Delle lacrime di ghiaccio sgorgavano dai suoi occhi, e cadevano al suolo come dei piccoli diamanti. Lo guardò.
“Ti ricordi di me, Chris?”
“Lindsay...” disse, con un filo di voce.
Il Froslass accennò ad un piccolo sorriso, mesto e triste. E, lentamente, cominciò a fluttuare lontano, quasi a perdersi nella neve e nell'oscurità.
“Aspettami!” urlò il giovane, impossibilitato ad alzarsi, dal corpo ormai freddo e congelato al suolo.
“Non lasciarmi qui!” Ma la voce era flebile e il Froslass scomparso, veloce come quegli spiriti cristallini tra gli alberi.
Si accovacciò al suolo, appoggiò la testa al petto della ragazza, tra la neve, e singhiozzò. Lei aveva uno sguardo sereno e placido, nonostante la rigidità della morte. Lei pensava a lui quella sera, alla bella serata che avrebbero passato. Al fatto che sarebbero tornati amici. Prese una mano della ragazza, ormai paralizzata e rigida dal freddo e dalla morte, e la strinse nella sua, come a tenerla un'ultima volta per mano.
“Portami a casa. Ho freddo” disse con l'ultimo suo respiro.
Insieme.
Per sempre.
   
 
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