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Autore: altan    10/09/2014    1 recensioni
Come gli era venuta in mente quell’idea John ancora se lo chiedeva. Non era una cosa da lui, figuriamoci da Sherlock! Non aveva avuto il coraggio di parlarne con nessuno, nemmeno con Lestrade o Molly, sarebbero scoppiati a ridere nella migliore delle ipotesi, nella peggiore avrebbero chiamato l’ospedale psichiatrico più vicino per farlo ricoverare, perché davvero, la sua era un’idea folle.
non tiene conto della terza stagione
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Come gli era venuta in mente quell’idea John ancora se lo chiedeva. Non era una cosa da lui, figuriamoci da Sherlock! Non aveva avuto il coraggio di parlarne con nessuno, nemmeno con Lestrade o Molly, sarebbero scoppiati a ridere nella migliore delle ipotesi, nella peggiore avrebbero chiamato l’ospedale psichiatrico più vicino per farlo ricoverare, perché davvero, la sua era un’idea folle. Anzi peggio. Era… non c’erano termini per descriverla! Ma da dovunque quell’idea assolutamente malsana e masochista – perché era la regina delle idee masochiste John ne era consapevole- fosse saltata fuori, John ricordava perfettamente il momento in cui si era impadronita di tutti i suoi pensieri trasformandosi in un chiodo fisso. E non si trattava di una di quelle idee che restano per un po’ e poi spariscono, no. Ci pensava giorno e notte, notte e giorno da più di un mese e ormai non ne poteva più. Doveva fare qualcosa altrimenti sarebbe impazzito. Anzi forse era già pazzo. Nessuna persona sana di mente e in possesso di tutte le sue facoltà mentali avrebbe mai fatto ciò che stava per fare lui. Quella giornata, quella in cui quell’assurda fantasia era entrata prepotentemente nei suoi pensieri era cominciata come tutte le altre: colazione veloce mentre il suo altamente irritabile coinquilino produceva suoni che avrebbero fatto accapponare la pelle anche ad un sordo col violino, turno in clinica costellato da una quantità esorbitante di messaggi di Sherlock e Lestrade. Il primo disperato perché si annoiava, il secondo perché non riusciva a trovare un accordo con la sua quasi ex moglie. Aveva ignorato entrambi concentrandosi sui problemi dei suoi pazienti. Finito il turno era tornato a casa. Non aveva preso la metro: si trattava stranamente di una bella giornata così aveva deciso di fare un passeggiata. Mentre camminava per le strade trafficate di Londra chiedendosi se avrebbe trovato qualcosa di commestibile nel frigo oltre a dita umane sott’aceto o se sarebbe dovuto andare a fare la spesa, quell’idea nata da chissà cosa era saltata fuori. Senza preavviso, senza dargli il tempo di prepararsi, quella maledetta si era impadronita della sua testa. E doveva pure starci bene, visto che da li non si era più allontanata. Ci pensava sempre John, mentre era a casa a cercare- inutilmente- di mettere un po’ d’ordine, mentre era in clinica a curare raffreddori, mentre era nelle scene del crimini ad ascoltare gli insulti di Sherlock alla polizia. Persino mentre rincorreva criminali in giro per la sua amata città quell’idea non lo lasciava mai. Rimaneva appena un po’ in disparte, pronta a saltare fuori in qualunque momento. Era arrivato al punto di non riuscire a dormire perché quella maledetta non voleva saperne di andarsene via! Insomma doveva fare qualcosa. E così eccolo lì. Davanti alla stupida porta di un altrettanto stupido negozio senza riuscire a muoversi. Il proprietario l’aveva guardato più di qualche volta, all’inizio invitandolo ad entrare poi – dopo un ventina di minuti circa- ad andarsene. John non aveva fatto né l’una né l’altra. Era ancora lì fermo a chiedersi se non fosse il caso di andare in ospedale a fare qualche analisi. Chi gli assicurava che Sherlock non avesse fatto uno dei suoi soliti esperimenti con funghi o polveri di dubbia – ma proprio molto dubbia- legalità e che la conseguenza fosse la sua – momentanea- follia? Non sarebbe certo stata la prima volta che si trovava a fare da cavia per uno degli esperimenti del suo tanto folle quanto geniale coinquilino. Ecco, la spiegazione doveva per forza essere quella. Anche se un piccolo dubbio gli rimaneva. Che lui sapesse non esistevano droghe o altre sostanze che ti facessero venire in mente di… ma nemmeno che quell’idea fosse nata spontaneamente, senza alcun intervento esterno era possibile! C’era di sicuro un’altra spiegazione! Doveva esserci! Frequentava Sherlock Holmes da abbastanza tempo per sapere che quello che stava per fare era un’autentica follia, di quelle che finiscono nei giornali e in televisione, di quelle di cui poi la gente ne parla fino a farle diventare leggende! Si, certo, sapeva di non essere propriamente sano di mente. Se lo fosse stato sarebbe scappato dal 221b dopo aver trovato la testa nel frigorifero, o essere stato rapito da una banda di cinesi pazzi. O ancora dopo aver sentito suonare il violino alle tre di notte o visto il suo coinquilino sparare al muro in preda ad un attacco di noia acuta. Questo sarebbe stato abbastanza da far scappare qualunque persona sana di mente e invece lui era rimasto, il che la diceva lunga sulla sua sanità mentale. Era restato accanto a quel geniale, pazzo, irritabile, irritante, insopportabile coinquilino per cinque lunghi, sfiancanti e assolutamente magnifici anni. Che cavolo lo aveva persino perdonato quando era tornato dalla sua finta morte! E forse, dopotutto, la soluzione alle sue domande era li. In quel piccolo particolare. Nonostante tutto lui era sempre rimasto accanto a Sherlock Holmes e sapeva che sarebbe stato così per sempre. Perché loro erano Sherlock e John. Holmes e Watson. Sempre insieme, qualunque cosa accadesse. Quello che stava per fare non avrebbe cambiato niente. Erano sempre stati una coppia. Anche quando lui diceva di non essere gay e Sherlock di essere sposato col suo lavoro, era giunto il momento di rendere la cosa ufficiale. E così John Hamish Watson, ex soldato della regina, ferito in guerra, coinquilino e compagno dell’unico consulente investigativo al mondo, raccolse tutto il suo coraggio ed entrò in quel terrificante negozio. Questo rientrava sicuramente nella lista delle dieci cose più spaventose che avesse mai fatto. E aveva invaso l’Afghanistan! Ma ormai era dentro, non poteva più tornare indietro, solo andare avanti e sperare che sarebbe andato tutto bene. Mal che andava poteva sempre trasferirsi: il Polo Nord era un buona destinazione… Ci mise più tempo del previsto per scegliere. Voleva fare le cose con calma e per bene. Comunque fosse andata a finire quella storia sapeva che a Sherlock non sarebbe importato più di tanto come lo faceva. Ma ecco, insomma se proprio doveva rendersi ridicolo agli occhi della persona che amava, di amici, parenti e del mondo intero voleva almeno farlo bene! E tanto non aveva impegni quel giorno. Sherlock era stato letteralmente rapito da suo fratello quindi aveva all’incirca due ore prima di sorbirsi le sue eterne lamentele. Due ore nelle quali entrambi i fratelli Holmes sarebbero stati troppo impegnati a farsi la guerra per occuparsi di quello che faceva lui. Non gli sarebbe ricapitata molto presto un’occasione del genere, se voleva farlo – e purtroppo per lui era sicuro che la risposta fosse si- questo era il momento buono. Alla fine trovò esattamente quello che cercava e soddisfatto – oltre che terrorizzato e mille altre cose insieme- uscì da quel negozio con una scatola in più e molte sterline in meno. Ora doveva solo trovare il momento perfetto per darla a Sherlock e sperare che tutto andasse per il meglio. Più facile a dirsi che a farsi. È certo, perché tra tutte le persone esistenti sulla faccia della terra lui doveva andarsi ad innamorare della più insopportabile egocentrica e geniale di tutte! Con lui le cose normali erano escluse in partenza. Doveva trovare qualcosa di speciale, qualcosa che avrebbe reso il consulente investigativo felice. Purtroppo per John le cose che rendevano Sherlock felice si contavano sulle dita di una mano, e tra queste nessuna era adatta a ciò che voleva fare. Scene del crimine e obitorio erano fuori discussione. Sarebbe stato troppo anche per loro. Mentre era intento in uno dei suoi esperimenti… beh in quei momenti non dava retta a niente e a nessuno, quindi anche se avesse fatto quello che doveva fare mentre Sherlock si divertiva a pasticciare con parti del corpo non ben identificate, non l’avrebbe ascoltato. Sarebbe stato più facile che gli rispondesse il muro che ricevere una risposta da Sherlock. Che altro rimaneva che rendesse Sherlock felice? omicidi, cadaveri, esperimenti e… Londra. Certo la cosa che Sherlock amava di più al mondo – dopo John s’intende- era Londra. Rimaneva solo da scegliere il posto perfetto e il momento. Il momento arrivò due settimane dopo. Era stata una giornata perfetta: Sherlock aveva risolto un caso piuttosto complicato, era perciò di ottimo umore e John ne aveva approfittato: un consulente investigativo di buon umore era un evento più unico che raro. Erano andati da Angelo, forse non il posto più romantico della terra, ma si mangiava bene ed eralì che avevano cenato insieme – beh in realtà solo John aveva mangiato, ma fa niente- per la prima volta. Finito di mangiare erano andati in giro per Londra. Se di giorno la città era stupenda, la notte al chiaro di luna era semplicemente magnifica. Avevano camminato senza una meta precisa ridendo e scherzando come solo loro sapevano fare e, alla fine, si erano trovati davanti al Tamigi. Il fiume era bellissimo illuminato d’argento dalla luce della luna, l’acqua rifletteva le loro immagini, distorcendole, cullandole come una madre avrebbe fatto col proprio figlio. E fu quello il posto che John scelse. Era un bel posto, tranquillo, lontano da occhi e telecamere indiscrete, non c’era nessuno attorno a loro, solo pace e silenzio e Sherlock era ancora stranamente di buon umore. «Sherlock…» iniziò John schiarendosi la gola. Accidenti non si era accorto di avere così tanta sete «… sei in assoluto la persona più irritante che conosco. Riusciresti a far perdere la pazienza ad un santo con i tuoi modi di fare! Non conosci le basi di una convivenza civile, perché diciamocelo, suonare il violino ad ogni ora del giorno e della notte, usare il frigo come deposito per parti umane e la cucina come laboratorio, non risistemare mai niente, essere permaloso, irritante, e mille altre cose, non ti rendono certo il coinquilino migliore del mondo» Ok forse non era stata la partenza migliore del mondo, ma accidenti certe cose se le teneva dentro da troppo tempo, doveva dirle! «Ma sei anche la persona più geniale, intelligente e fantastica che conosco. I momenti migliori della mia vita li ho vissuti con te» disse sinceramente mentre centinaia di immagini si affollarono nella sua mente. «Ma mi hai fatto vivere anche i peggiori» disse ripensando al giorno della caduta e ai due anni successivi. Decisamente i più orribili che avesse mai vissuto. «E per quanto possa sembrare strano – e credimi lo è- anche se vorrei ucciderti all’incirca ogni dieci minuti, non riesco ad immaginarmi accanto a nessun altro. Ti amo e sarei onorato di passare il resto della mia vita con te. Quindi» John prese un profondo respiro «Sherlock Holmes mi vuoi sposare?» chiese John col cuore in gola fissando il suo compagno mentre tirava fuori da una tasca la scatoletta di velluto contente l’anello che aveva scelto due settimane prima. «È una follia John» disse dopo qualche eterno secondo di silenzio uno Sherlock ben più che sorpreso. Non era la risposta che John si aspettava, ma almeno aveva avuto la soddisfazione di essere riuscito a stupire il più grande detective del mondo. «Non ho mai detto che sia una cosa sensata» precisò John «Io per primo sono convinto che questa sia una pazzia, ma se fossi stato una persona sana di mente me ne sarei andato molto tempo fa. Diciamo dopo i primi cinque minuti di convivenza. Visto che non l’ho fatto, puoi star certo che non lo farò mai. Ti amo. Per qualche assurdo motivo non posso fare a meno di te, e vorrei rendere la cosa ufficiale. Voglio che tutto il mondo sappia che sei mio. Solo ed esclusivamente mio. E tu lo vuoi Sherlock?» chiese ancora John che era più che certo che se Sherlock non gli avesse risposto nel giro di dieci secondi esatti, avrebbe fatto un infarto. «Si, John, lo voglio» rispose infine il detective sorridendo nel suo personale modo: alzando appena un angolo della bocca. «Si?» chiese John crollando quasi a terra dal sollievo. Non si era reso conto di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo. «Si» ripeté Sherlock sorridendo più apertamente sta volta. John prese l’anello che aveva scelto con tanta cura e lo infilò al suo fidanzato. Solo a pensare a quella parola stava di nuovo male. Meglio concentrarsi su qualcos’altro. Come per esempio il fatto che fosse della misura perfetta o che quel semplice cerchietto d’argento si sposasse perfettamente con la carnagione chiara del detective. O che vedere quell’anello al dito del detective lo rendeva più felice di quanto non fosse mai stato in vita sua. Certo gli sarebbe toccata una vita allucinante, fatta di inseguimenti, pezzi di cadavere sparsi per casa, esperimenti al limite della legalità, litigi che avrebbero fatto tremare le pareti del 221b e chissà che altro, ma in fondo non poteva desiderare niente di diverso. Quella vita faceva per lui. Decisamente era pazzo. Ma almeno era un pazzo completamente felice. Quante altre persone al mondo avrebbero potuto dire altrettanto? Questa schifezza l’ho scritta in mezz’ora ieri sera ed ero piuttosto in coma, perciò abbiate pietà. Se vi va lasciatemi un commentino, mi fareste molto felice :-) non so perchè ma mi pubblica le note attaccate al testo:-( scusate. Alla prossima:-)
   
 
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