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Autore: Fenicella    10/09/2014    2 recensioni
Mentre oggi ascoltavo quella bellissima canzone, ho avuto voglia di ballare. Di celebrare la vita. Di vestirmi con colori sgargianti e colorarmi i capelli, magari. E non m’importava che cosa avrebbero pensato i passanti vedendomi. Mi interessava solo essere quello che volevo essere, quello che sono. Ho iniziato un nuovo tempo nel mio cuore. Il tempo per vivere.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tempo per vivere.
     Grazie.
   Grazie, perchè per causa tua ho trovato in me
 una forza che non pensavo di avere.
Sai, mi sono infilata le cuffie, stamattina, e ho ascoltato quella benedetta canzone. Quella che mi avevi consigliato tu, dicendomi che tanto non l’avrei gradita, perchè non è il mio genere musicale. Ma chi eri tu, per sapere che cosa mi piaceva e cosa no? Mi sono resa conto che non sapevi nulla, così come continui ad ignorare ogni cosa adesso. E io ti sto scrivendo questa lettera, bagnando l’inchiostro sulla pagina con le mie lacrime, ma facendo ordine nel mio cervello. Lo faccio per dirti quello che non è mai uscito dalla mia bocca, e che non uscirà mai, un po’ perchè sono troppo orgogliosa per guardare qualcuno negli occhi mentre parlo, un po’ perchè lo sai come me che ormai non ci vedremo più. Quello che ho capito oggi, è che ti sbagliavi. Su tutto. Su di me, e anche su di te, ma questo già lo sapevo. Sicuramente, ti sbagliavi sulla canzone. Perchè è davvero bella. E non m’importa niente che non sia quello che ascolto di solito, perchè forse adesso è il momento di cambiare. Dopotutto, te l’ho detto che esiste un tempo per ogni cosa, in questo mondo. E io ho vissuto molti tempi, fin’ora. Ne ho passate tante, da sempre, da quando ho cominciato a vedere il mondo per quello che era e non come la favola che mi ero creata. Tuttavia, ricordo esattamente quando ho cominciato ad analizzare l’esterno e quel mio tempo per capire che è seguito. E sei arrivato tu, siete arrivati voi, c’è stato il mio tempo per stare nascosta. E quello per gridare senza essere ascoltata. Quello per parlare con gli sconosciuti fingendo che fossero amici. E poi è arrivato il mio tempo per essere ferita, e ho passato anche quello. Successivamente, è durato a lungo per me il tempo per piangere. Ma credo che ad ogni persona sembri interminabile. Credo che sia appena finito. E’ stato quel tempo in cui mi chiudevo in camera, e chiudevo gli occhi. Tre mesi di apatia sono trascorsi, con la mia vita che mi scorreva tra le mani come la sabbia, e io che non riuscivo a trattenerla, perchè pensavo al passato. Rimuginavo su tutto. Sulle nostre discussioni a scuola, mentre la lezione passava e tu volevi assolutamente parlare. E poi, a che serviva, se tanto niente di quello che dicevo lo ascoltavi? Ho continuato a pensare allo sguardo di sfida che mi rivolgevi quando mi vedevi acquistare un po’ di fiducia in me, a quell’azzurro trasparente delle iridi che mi inchiodava. Ho cominciato ad odiarli, quegli occhi. Ho odiato i ricordi, ed è la cosa peggiore. Perchè loro sono dentro di te, e non si possono cancellare. Perchè cercare di dimenticare le memorie è impossibile. Perchè sarebbe come cercare di togliere il segno di una cicatrice, o come quando cerchi di togliere dalla camicetta delle macchie di sugo con un panno asciutto: fai solo peggio. Perchè il segno diventerebbe più grande, e rischierei di rendere delle piccole ferite delle voragini. Ho cercato di capire te, come all’inizio. Di distogliere l’intrico impossibile che eri diventato, di comprendere qualcosa di questo cubo di Rubik mentale. Senza rendermi conto che, proprio come un rompicapo, la soluzione in realtà era la più ovvia e la più semplice.
C’è anche stato il tempo per ricordare. Fare dei filmini mentali alla ‘Come eravamo’ o guardare in continuazione la tua pagina facebook, aspettare che ti rifacessi vivo. Il mio più grande errore. Forse ancora di più del cercare di dimenticare ciò che va accettato, che è una bella dimostrazione di testardaggine da parte mia.
C’è stato il tempo per parlare di te alle mie amiche, e piangere ancora, perchè questo incubo delle lacrime che iniziano e non finiscono sembrava sempre lì, e ancor oggi alle volte mi pare che ritorni. Come quando di colpo arriva l’estate, e a te pare così strano non doverti più alzare alle sei di mattina, e poter andare in giro senza l’ombrello o il cappotto. Tanto che quasi non ci credi, quando vedi il sole splendere su un cielo terso per la prima volta dopo tanto. Ci sono stati quei secondi in cui fingevo che fossi ancora qui, e che magari mi avessi accettata, e mi avessi capita. Ma poi sentivo dentro come un dolore, una specie di piaga che si riapriva e non riuscivo a risanare, talmente tanto che dovevo chiudere gli occhi. Mi pizzicavo, e speravo che quel minimo dolore mi distogliesse dai brutti pensieri.
C’è stato il tempo per fare nuove amicizie. Sì, anche quello. Credo che duri ancora, e francamente spero che non finisca mai. All’inizio pensavo a te quando guardavo la gente nuova, a come li avresti giudicati per il loro stile, per il tipo di scarpe che indossavano o se avresti ritenuto carine o brutte le ragazze. Pensavo a quelle che avresti odiato di più, e andavo proprio da loro.
C’è stato il tempo per soffrire. Di quella sofferenza che ti prende il cuore, e te lo soffoca fino a quando non lo senti più, e non capisci perchè. Il tempo del panico e del dolore. Dell’ineguatezza e della voglia di distruggere tutto, prima me e poi forse anche te, così come il nostro passato. Quel periodo in cui mi potevano anche dire che sarei stata meglio, ma io continuavo a pensare che sarei vissuta così per sempre. Così era. Così è stato fino a quando non ho sentito quella canzone. Non so quale parte sia più forte in me, se quella di guerriera o quella dolce di ragazza buona, ma so che vivono pacificamente assieme da sedici anni, e non sarà di certo quel periodo ad averle cambiate. Solo che tu non le hai mai viste.
C’è stato il tempo per molte cose, nel mio cuore. Non so come stia il tuo ora, se sia ancora spezzato per quella ragazza di cui mi hai parlato o se stia bene perchè ne hai trovata qualcun’altra, nella tua nuova scuola -sempre bionda e dai vestiti firmati, come mi hai sempre detto che la volevi, e sottomissiva, come non sono mai stata e non sarò mai- e francamente, non m’importa. Non credevo di dire tutto questo a qualcuno, mai, e forse è per questo che lo scrivo. Ma le stagioni sono passate dentro di me, e il tempo -quell’impercettibile scorrere di eventi, persone, parole- anche. E grazie a lui, ho attinto dentro di me a quella forza che non sapevo di avere. Ed è giunta inaspettata, incredula anche lei di trovarsi nel mio piccolo corpo, ma più sicura di voler agire. E ho ascoltato quella canzone, fregandomene della mia voglia di non rivangare il passato e lasciandomi sopraffare da quella di fare chiarezza.
E mentre le chiatarre vibravano, i tamburi davano il tempo e la voce cantava, non m’importavano le parole. Ricordavo quello che successe, mentre l’ascoltavo. Quello che successe dopo. E, pian piano, i ricordi si manifestavano. Ma non mi sembravano vivi, erano quello che erano: cose morte. Ciò successo in quei tre minuti in cui la band riempì il silenzio, quel giorno, mi è apparso lontano. Concluso. Muto. Come le foto dei defunti sulle loro lapidi. E quella canzone mi è apparsa piena di note alle quali associare qualcosa di nuovo, dei nuovi ricordi. Ho capito. Ho risolto quel rompicapo con la soluzione più inaspettata, più ovvia, e ho smesso di pensarci, e di tormentarmi. Ho buttato via il cubo di Rubik. Ho realizzato che tu sei solo un ragazzo. Un tipo superficiale, uno che ha molte idee in testa, ma che in fondo non è tanto diverso da quelli che vedo normalmente per strada, sono arrivata alla conclusione che non c’è mai stato niente da capire in te. C’era tanto da comprendere in me. E tutti questi mesi passati a star male per quello che è successo, a ripensare e a ricordare, sono stati freni alla mia libertà. Al mio diritto di vivere.
Mentre oggi ascoltavo quella bellissima canzone, ho avuto voglia di ballare. Di celebrare la vita. Di vestirmi con colori sgargianti e colorarmi i capelli, magari. E non m’importava che cosa avrebbero pensato i passanti vedendomi. Mi interessava solo essere quello che volevo essere, quello che sono. Ho iniziato un nuovo tempo nel mio cuore. Il tempo per vivere. 
 
Angolo autrice
Ciao a tutte! Volevo iniziare dicendo che scrivere quest’angolo autrice per me è difficilissimo. Come forse avrete notato, la storia è molto personale. L’ho scritta pochi giorni fa, e ho pensato seriamente di non pubblicarla, davvero, perchè è mettermi a nudo in modo totale. Comunque, parla di una ragazza che soffre, e non per la fine di una relazione amorosa, per qualcos’altro, la promessa di una legame che si è distrutto da solo. E’ questo che è, non so spiegarvelo in altro modo, perciò vi lascio pensarci, spero che capiate:)
Dato che domani è il mio compleanno (evviiva!, lo so che non ve ne frega niente) vi preeego, una recensione piccolina?
Grazie tantissimo a Yeli, che incerdibilmente recensisce tutto quello che scrivo. Mi pare impossibile. Se sei in ascolto, sei fantastica cara. E sei pure una grande scrittrice.
Grazie comunque a tutti, anche a chi ha solo letto ed è arrivato fin qui. Hai diritto ad un premio speciale se mi hai sopportato per tutta questa storia, sul serio!
A prestissimo, Fenix:)
 
 
  
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