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Autore: _Leviathan    10/09/2014    1 recensioni
Fu un caso straordinario che non persi l’equilibrio o forse, più semplicemente, fu a causa di quel ragazzo che mi stava sorreggendo. Che mi stava toccando.
Mi ritrassi immediatamente, pulendomi l’avambraccio infetto sulla giacca di jeans.
Lui mi guardò. Probabilmente stava cercando di capire perché l’avevo fatto. Sapevo che non era una cosa normale, ma sapevo anche che era inutile cercare di trattenermi, motivo per cui non mi curai dell’espressione di sorpresa mista a scherno che comparì subito dopo sul suo viso.
- Beh, scusami tanto, principino. – Ironia pungente nel tono della voce. Allargò le braccia e mi mandò a fare in culo, dopodiché si voltò e sparì nella calca di studenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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1. Disturbia.
n. (dĭ-stûrb'ē-ə) 
The feeling of dread or shock that comes with the realization that something that is normally considered normal and safe is, in fact, horribly dangerous or wrong.



 


- Di sicuro avrai sentito parlare della luce che si vede alla fine del tunnel. –
Martin annuì.
- E’ una cazzata. Non c’è nessuna luce. Non si vede niente. – Ticchettai pigramente con le dita sulle lenzuola candide mentre i miei occhi erano ancora fissi sul soffitto. – Però si è coscienti. Riuscivo a sentire tutto quello che veniva detto in questa stanza, anche le cose negative. “Non si riprenderà.” “Resterà così per sempre.” “E’ spacciato.”  –  Mi ero sentito inutile ed insignificante. Avrei voluto fare qualcosa, qualsiasi cosa pur di mostrar loro che le sentivo. Ma era come trovarsi in un incubo e non poter urlare.
Martin mi guardava, come sempre senza parlare. La sua domanda era chiara e leggibile nei suoi occhi.
- Che cosa ne penso? – Sorrisi sprezzante. – Penso che le infermiere dovrebbero iniettarsi una bella dose di discrezione. –
Sentii bussare alla porta, ma non voltai la testa.
- Gerard… posso entrare? –
Era la mia stupida mamma.
Annuii secco una volta, controvoglia.
- Con chi stavi parlando? – Si avvicinò al bordo del letto e provò a scompigliarmi i capelli con la mano. Voltai improvvisamente la testa dall’altra parte.
- Con Martin. –
Sbuffò. Aveva di sicuro roteato gli occhi, lo faceva sempre quando veniva tirato in ballo Martin. – Ancora con questa storia? –
Martin era il mio amico immaginario. Non ero schizofrenico, sapevo che non esisteva realmente. Era solo la necessità del mio subconscio di avere qualcuno costantemente vicino, cosa che con le persone reali non mi potevo permettere.
Ero strano, e sapevo di esserlo. La mamma – e anche lo psicologo – mi aveva detto più volte che tendevo a giocare su questo aspetto di me stesso per ottenere ciò che volevo. Non sapevo se era vero, ma probabilmente avevano ragione. Non mi importava, comunque. Io facevo solo quello che mi andava di fare. E per questo mi era stato dato dell’egoista.
Ah, fanculo. Fanculo a tutti.
Sapevo anche che avere un amico immaginario all’età di diciassette anni era una cosa che sfociava nel ridicolo, ma non mi interessava. Martin mi era più utile di tutta la gente del mondo messa insieme. Non sporcava, non dovevo toccarlo, ma era comunque una presenza di conforto.
 
Non parlavo. Guardavo ancora il muro dal lato opposto rispetto a quello in cui si trovava mia mamma. Non parlavo mai con lei se non venivo interpellato direttamente, e lei la maggior parte delle volte ci rinunciava e se ne andava. Io me ne tornavo nella mia solitudine.
Ma non quel giorno. Quel giorno voleva parlare con me.
- Gerard… - Cominciò, con il suo solito tono tentennante ed insicuro, che personalmente mi dava sui nervi. Non risposi, aspettai che finisse la frase. – Dobbiamo parlare di una cosa importante. –
Mh? Era tutto qui?
- Non ho voglia di parlare di cose importanti. –
- Tu non ne hai mai voglia. – Cominciava ad essere stizzita, la voce era già salita di quasi un’ottava. Sorrisi. Mi divertiva farla arrabbiare, e non era per niente difficile.
Per qualche minuto nessuno dei due parlò.
- Gerard. – Ora aveva intenzione di sembrare minacciosa. Pff, un bello spreco di energie.
Mugugnai qualcosa in attesa che continuasse.
- Gerard, riguarda la scuola in cui volevamo mandarti io e Tim e… -
- No. – Mi girai all’improvviso verso di lei. Ero sbigottito, anche se come sempre non lo davo a vedere. Mi ero allenato molto per mantenere sul viso una costante espressione indifferente, e ormai ci riuscivo quasi senza sforzarmi. Mi diedi del cretino per aver pensato, anche se per non più di qualche istante, che volesse parlare normalmente con me.
Voglio dire, mi ero appena ripreso dal coma! Avrebbe semplicemente dovuto lasciarmi riposare. Ma non lo capiva. Non lo capiva mai. Il tatto materno era una cosa completamente estranea a quella persona che per colpa di uno stupidissimo legame di sangue dovevo chiamare mamma.
Torniamo a noi.
Lei si bloccò all’istante. Fu una scena piuttosto divertente. Era effettivamente divertente vedere lo sbigottimento colorare di rosso le sue guance e farle spalancare la bocca a vuoto. Sembrava un pesce palla.
- Scusa? –
- Ho detto di no. Non voglio parlare ora di quella stupida scuola. Men che meno se nel discorso c’entra quello stupido di Tim. –
Tim era il compagno di mia madre. Era un’idiota in tutto e per tutto, non mi era mai piaciuto.
La mamma sorvolò sull’aggettivo con cui avevo descritto Tim, ormai era abituata a sentirmelo chiamare in quel modo.
- Ma… -
- Enne-O. –
Inspirò ed espirò profondamente. Probabilmente stava cercando di non alzare le mani su di me. Ero consapevole del fatto che provocavo questa reazione in ogni essere vivente che si relazionasse con me, ma non ero affatto impressionato. Ai miei occhi sembrava sempre più ridicola.
- Vorrà dire che ne parleremo quando tornerai a casa. –
In quel momento desiderai con tutto me stesso di tornare in coma. Casa era l’ultimo posto in cui volevo tornare.
- Gerard? –
In risposta sollevai le sopracciglia.
- Perché hai ingerito quei veleni? –
Non risposi. Non si meritava una risposta.
- Gerard? –
No. Non avrebbe dovuto chiedermelo.
- Gerard. –
Sospirai.
- Volevo vedere se c’era la luce alla fine del tunnel. –

 
   
 
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