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Autore: Evander    11/09/2014    1 recensioni
«Alla fine di tutto questo saremo liberi» gli sussurrò la sorella. Niard aggrottò le sopracciglia e alzò lo sguardo per incontrare quello di Gecla; lei aveva un’aria determinata, gli occhi che brillavano di una strana luce. «Liberi?» chiese, con voce incerta. Gecla sorrise — nonostante la brutta situazione, sua sorella sorrise.
«Liberi dalla capitale, Niard» spiegò. In quella semplice frase mise qualcosa di appassionato — come se dietro a quelle parole bruciasse un fuoco.

{Giorni Bui • Niard Miller • Distretto Sette • 670 parole}
Genere: Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A sparare sono sempre i cattivi
 

Aveva perso il conto. 
Inizialmente ci aveva provato, a contare gli spari. Ma erano troppi, vi erano troppi spari contemporaneamente, e troppo velocemente. 
Non sapeva chi fosse a sparare, però. Sua sorella gli diceva sempre, tenendogli la mano, che erano i Pacificatori — perché i cattivi erano loro, e a sparare erano sempre i cattivi. Ma l’unica volta in cui Niard aveva avuto il coraggio di guardare dalla finestra, aveva visto Maxe, il proprietario del negozio di dolciumi con un fucile in mano. Poi sua sorella l’aveva chiamato, gli aveva intimato di starsene lontano dalla finestra, e lui  non aveva più osato tentare di dare un’occhiata. Se ne stava rannicchiato vicino a Gecla che gli teneva la mano, e aspettava che tutto finisse.
«Alla fine di tutto questo saremo liberi» gli sussurrò la sorella. Niard aggrottò le sopracciglia e alzò lo sguardo per incontrare quello di Gecla; lei aveva un’aria determinata, gli occhi che brillavano di una strana luce. «Liberi?» chiese, con voce incerta. Gecla sorrise — nonostante la brutta situazione, sua sorella sorrise. 
«Liberi dalla capitale, Niard» spiegò. In quella semplice frase mise qualcosa di appassionato — come se dietro a quelle parole bruciasse un fuoco. 
Niard andava a scuola da un anno, ma in quel tempo gli avevano sempre insegnato di essere in debito con la Capitale — che per questo il suo Distretto doveva fornire legname, senza avere molto in cambio. Gli avevano insegnato di essere nato libero, che in altri paesi non era la stessa cosa. Che ogni cittadino di Panem doveva sentirsi grato nei confronti del presidente e di Capitol City. «Liberi» ripeté a mezza voce. Dunque loro non erano liberi. 
«Maxe è un uomo cattivo?» domandò. Sua sorella lo guardo con aria stupita. 
«No, certo che no. Perché lo pensi?»
Niard non sapeva se rispondere o meno. Voleva che Gecla capisse il suo pensiero, ma non voleva che lo fraintendesse. Tentò di dirglielo, ma le parole gli si bloccarono in gola, lasciandovi soltanto un fastidioso nodo che gli faceva temere di non riuscire più a respirare.
«Niard» lo richiamò la sorella. «Maxe sta combattendo per la nostra libertà.»

 

Aveva perso il conto. 
Inizialmente ci aveva provato, a contare i cadaveri. Ma erano troppi, vi erano troppi morti. Morivano troppo in fretta.
Forse poi qualcuno li avrebbe contati. Prima di morire Gecla aveva detto che alla fine delle guerre si sapeva sempre quanti erano morti. Gecla aveva anche detto che sarebbe tornata, prima di morire. Niard temeva che dopo poco sarebbe stato il suo turno. Non aveva cibo, non aveva acqua. Se anche non fosse uscito e nessuno fosse entrato, sarebbe morto di sete. Gecla aveva detto anche quello, prima di morire.
Non sapeva quando fossero iniziati gli spari, né quando fossero iniziati i cadaveri. Sospettava che fosse successo più o meno nello stesso lasso di tempo, ma non ne era sicuro. Dovevano essere due giorni. Probabilmente erano due giorni.
Tra poco finirà tutto, si disse. E dopo sarò libero.
Si era avvicinato di nuovo alla finestra, una volta. E aveva visto il cadavere di Maxe. Allora si era rannicchiato sul muro, sperando di trovare la mano della sorella da stringere. Ma Gecla non c’era — Gecla era morta, perché era andata a prendere l’acqua. E un Pacificatore le aveva sparato — perché era un uomo cattivo. Un Pacificatore doveva aver ucciso anche Maxe, altrimenti non sarebbe morto, col fucile ancora impugnato — chissà se da morto era libero.
Era rannicchiato contro il muro, quando sentì la porta spalancarsi. Era nascosto dietro l’uscio, ma richiudendo la porta, uno dei Pacificatori lo vide.

 

Il primo sparo arrivò dritto al cuore.
Il secondo lo colpì nello stomaco.
Mentre moriva senza nessuno ad ascoltare le sue ultime parole, Niard non riuscì a formulare un vero pensiero coerente. Provava dolore, e le sue ultime attività cerebrali erano perlopiù concentrate su di esso. Ma un piccolo pensiero si insinuò nella sua mente — è tutto finito, ora sono libero. «Non sprecare altri colpi per un bambino» disse una voce, mentre Niard scivolava dolcemente nel suo ultimo sonno. «Vediamo se qua c’è qualcosa, piuttosto — ne dubito, comunque.»


Salve! 
Questa storia l'ho scritta di getto, senza pensarci molto, e sinceramente mi piace abbastanza. Nella mia testa Niard dovrebbe avere sei-sette anni, nel caso qualcuno sia interessato.
Inizialmente non sapevo se farlo morire qua o in un'edizione degli Hunger Games, ma alla fine ho optato per la prima opzione. Non mi pare ci sia niente da spiegare.






 

 

  
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