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Autore: Scintilla    28/09/2008    4 recensioni
Ino e Sakura, le amiche del cuore.
Ino e Sakura, insieme da una vita intera, peggio che sorelle.
Ino e Sakura, che si odiavano senza potersi dividere, come inscindibili gemelli siamesi.
Avrebbero dovuto capirlo tempo prima, che c'era qualcosa di malato in un legame del genere.
[Fanfic partecipante al concorso sullo yuri di Naruto]
Genere: Triste, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Ino Yamanaka, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Inferni domestici

 

Inferni domestici

 

 

Ino entrò nella stanza sbattendo con forza la porta. Scaraventò la borsa a terra, si strappò la giacca di dosso e si buttò sul letto sfatto. Strinse le lenzuola fra i denti e urlò, soffocando il grido che non voleva udire. Si accorse che il tessuto si era macchiato di nero. Fissò le dita sporche, si passò una mano sulle palpebre. Perfetto, di bene in meglio, il suo pianto stava sciogliendo il trucco. Dopo avrebbe dovuto fare il bucato. Oh, chi se ne fregava, poteva dormire anche in terra o fuori dalla finestra, a nessuno sarebbe importato.

Soprattutto non alla sua stupida convivente.

Sakura. Oh, era sempre lei. Avevano litigato, un’altra volta. Che novità, che cosa inusuale! Doveva però ammettere che tirarsi i capelli in pubblico e urlare in un pub gremito di gente era stata una piacevole variazione rispetto alla solita routine.

Si tolse la scarpe lanciandole contro l’armadio.

E ora, come al solito, avanti! Sakura sarebbe rimasta fuori tutta la notte, sarebbe tornata il giorno dopo facendo la sostenuta, avrebbero urlato fino a sgolarsi e alla fine non avrebbero risolto nulla. Ovvero, entrambe avrebbero continuato a pensare di avere ragione, poi una delle sua sarebbe stata costretta a cedere e la questione si sarebbe risolta.

Fuori decisione presa, dentro ognuna convinta del torto dell’altra. E la perdente avrebbe collezionato un’altra bomba da nascondere nel cassetto dei “momenti che mi fanno odiare la mia compagna di stanza”. Esplosivo disinnescato al momento, ma che avrebbe continuato a ticchettare fino ad esplodere, un giorno o l’altro.

Era pronta a scommettere che avrebbe ceduto lei ancora una volta, perché Sakura avrebbe iniziato con la storia di “Ehi! Quando abbiamo problemi sono sempre io quella che esce! Ti lascio la casa, che vuoi di più! E mentre tu dormi nel letto caldo, io passo la notte in bianco là fuori!”

Come se lei potesse dormire, al pensiero della compagna che vagava per le strade deserte. Era sempre così: stava in piedi tutta la notte con la luce spenta (eh, magari la squilibrata stava guardando la finestra) e man mano che si avvicinavano le sette, sentiva la paura aumentare, la paura che lei non tornasse più.

La cronaca nera le rimbombava nelle orecchie, raggelandola, e il pensiero di quanti pericoli si accendevano di notte per una giovane donna la torturava. Cominciava a chiedersi cosa dire a “Chi l’ha visto?” quando Sakura tornava, impettita e morta di sonno.

Ino ringhiava “Mi sono appena alzata, stronza” soffocando nella voce il sollievo. E la lite continuava fino alla sua non-conclusione.

Ah, aveva tutta la notte per preoccuparsi. Ora voleva odiarla ancora un po’. Cercò nel cassetto il suo MP3, si infilò le cuffie nelle orecchie e sentì il cervello immergersi nel suono. Eh, volume al massimo, sì. Sakura diceva che le faceva male, ma anche il fumo danneggiava, no? Lei non fumava, quindi tutto a posto.

 

Every time we lie awake
After every hit we take
Every feeling that I get
But I haven’t missed you yet

 

Ogni volta che siamo distesi, svegli
dopo ogni litigio,
ogni sensazione che ho,
ma ancora non mi sei mancata.

 

Era incredibile come ci fossero delle canzoni che rispecchiano quello che hai dentro. Magia, le note ti sostengono, le parole ti danno ragione, la voce del cantante urla quello che vorresti gridare tu.

Ino buttò indietro la testa compiaciuta.

-I hate everything… I hate you… I hate I hate I hate…-

 

Only when I stop to think about it


I hate everything about you
Why do I love you?
I hate everything about you
Why do I love you?

 

Solo quando smetto di pensare a questo.


Odio tutto di te,
perché ti amo?
Odio tutto di te,
perché ti amo?

 

Ah, che meraviglioso ritornello.

-Ti odio, Sakura, ti odio…I hate I hate.-

A volte Ino si chiedeva cos’era quella storia non-storia, cosa c’era fra loro. E quasi non concepiva come fosse potuta nascere. Ripensare a quella contorta strada che le aveva portate a quello stato la disturbava.

Eppure si ricordava tutto, tutto.

 

Ino e Sakura erano amiche d’infanzia, anche se questo non è esatto. Di solito durante la giovinezza le compagnie cambiano, i legami mutano. Loro erano rimaste amiche, più o meno. Ma a volte si detestavano. Amavano competere e fare gare fra loro. E soprattutto criticarsi. Criticare tutto dell’altra, sempre. Come si vestiva, i suoi hobby, come era ridicola certe volte e molto altro ancora. Parlare con la spada affilata del sarcasmo, ma mai offendere davvero, mai. Gli altri non potevano capire, ma nessuna di quelle liti le ferivano. Non c’era mai l’umiliazione, né il gusto della cattiveria o dell’insulto gratuito. Erano piccole frecce che incitavano.

Come migliori amiche (o ex, dipendeva dai casi) sapevano valanghe di segreti imbarazzanti. Bene, quelli erano tabù, sotto chiave, proibiti, nessuno li avrebbe mai saputi.

Ino ricordava bene quei tempi. I giochi all’asilo, i pomeriggi passati insieme alle elementari (dove erano compagne di banco), le prime rivalità alle medie, la guerra aperta al liceo.

Amicizia? Sì, probabilmente in quei teneri anni c’era amicizia pura fra di loro.

 

Ino guardò fuori dalla finestra.

Si era messo a piovere. L’oscurità era punteggiata solo dai lampioni. A volte un fulmine spezzava la notte. Si chiese se la stupida si stesse inzuppando di acqua gelida.

Magari sarebbe stata così intelligente da entrare in casa prima di mattina, per una volta.

Scosse la testa, era inutile sperarlo. La sanità mentale aveva abbandonato quelle mura molto tempo prima.

 

Una volta aveva sentito una specie di favola, che insegnava che da piccoli si hanno in mano molte candele. Queste sono le cose importanti della vita. Quindi si cresce e le candele iniziano a pesare, uno si chiede “Ma perché fare fatica? Il sole splende, non mi servono!”. Allora si inizia ad abbandonarle.

Ma prima o poi arriva la vecchiaia, il sole tramonta e il buio avanza. E, se non si hanno più sufficienti candele, ci si ritrova al buio e l’infelicità invade il cuore.

Ino era sicura che l’amicizia fosse una di quelle fiaccole, ma nel loro caso quella luce non si era spenta, né rimpicciolita. Era strano. Era come se la cera bollente colasse continuamente sulle dita (la favola non diceva nulla a proposito di questo inconveniente), bruciando, sì, ma anche saldando la mano alla candela, rendendola inscindibile dal lume.

Potevano odiare quella luce quanto volevano, ma ormai non erano più in grado di buttarla via.

 

Ino guardò pigramente l’orologio. L’una di notte. Con gli occhi che iniziavano a lacrimarle per il sonno spense la luce. Rimase sola nell’oscurità del soggiorno. Solo la spia del televisore e le luminose scritte dell’MP3 le facevano compagnia.

Ecco ora sarebbe stata ancora cinque o sei ore al buio, lottando con il sonno e la paura. Tutto per colpa di Sakura.

Pensandoci bene, tutta la sua vita era avvolta nel buio.

È terribile quando si affida a una persona il ruolo di sole nella propria esistenza. Ino l’aveva fatto con Sakura, sbagliando tutto. E ora era dipendente dalla sua squilibrata compagna, e detestava questa dipendenza malata con tutta sé stessa.

A volte si chiedeva cosa avrebbe fatto se Sakura fosse sparita. Morta, scappata, rapita, non importava. Ino ci pensava con orrore, come se dalla dipartita della ragazza dipendesse anche la sua esistenza. Forse era proprio così. Anzi, sicuramente.

Sì, avrebbe potuto tentare di vivere senza di lei, di trovarsi un altro sole, ma sarebbe stato troppo difficile. In tanti anni non era riuscita a sciogliere quella perversa dipendenza e non ce l’avrebbe fatta nemmeno in futuro, era questa la verità.

Era troppo debole, si era ormai abituata a condividere il peso della vita con un’altra persona. Una catena. Amicizia, aiuto, comprensione, affetto,… tutto si era tramutato in una prigione.

Era stato un processo delicato, un cambiamento sottile, dal “voglio” al “devo”, né lei né Sakura se ne erano rese conto.

Da “Vorrei esserti sempre vicino” a “SONO COSTRETTA a esserti attaccata per l’eternità, scema”.

Sentì la rabbia crescere, perché era patetico, davvero patetico, se ora era costretta a non dormire per una notte intera, a passare tutte quelle ore immersa nel buio senza poter accendere la luce, sola con la sua preoccupazione e ira.

Tutto per colpa di Sakura.

 

Dopo il liceo arriva l’università. E spesso quest’ultima è lontana. Accade anche a Ino e Sakura, che decisero di vivere nello stesso appartamento per risparmiare soldi.

Anche se si vedevano praticamente tutti i giorni, anche se si conoscevano come le loro tasche, anche se erano molto intime, i primi mesi di convivenza furono un inferno. Condividere la casa con qualcuno, per quanto caro sia, non è mai facile. Ino e Sakura lo impararono a loro spese.

Tuttavia l’intimità presente da tempi immemori aiutò molto.

Dormivano sullo stesso materasso da prima delle elementari, spesso e senza imbarazzo. Come tante, condividevano il lettino a una piazza nei week end. Poi di solito viene il momento in cui si cresce e una viene spostata nella camera degli ospiti.

A loro due non era capitato, complice un letto matrimoniale che la piccola Ino ricevette in regalo (la madre stava risistemando la disposizione dei mobili).

Avevano così continuato a dormire insieme a ritmo di una o due volte alla settimana.

Nella loro nuova piccola casa, all’inizio c’era un certo nervosismo. A volte si coricavano ai lati, così ai lati che nei primi tempi cadevano giù durante la notte. Altre, come da bambine, dormivano una accoccolata all’altra.

Avevano sempre avuto un modo piuttosto fisico per comunicare il loro effetto, forse avvantaggiato dal loro comune interesse per la cura dell’aspetto, attività dove ci si doveva toccare per forza.

Entrambe amavano pettinarsi, truccarsi, profumarsi, farsi belle, e farlo insieme aiutandosi a vicenda era ancora meglio. Anche durante il bagno si tenevano compagnia, adagiandosi nella larga vasca coperta da bolle profumate o rubandosi a vicenda l’acqua calda nella doccia.

Senza provare la minima vergogna.

Così si tenevano per mano, si abbracciavano spesso e altre cose del genere. Quando Ino invitava Sakura a dormire a casa sua, si tenevano strette come peluche.

Cresciute, questa loro indole non cambiò.

Riassumendo, erano capaci di urlarsi dietro per tutta la mattina a scuola, quindi tornare a casa insieme stuzzicandosi, pranzare l’una accanto all’altra, passare un pomeriggio a farsi belle costellato da “Nemmeno questa crema miracolosa potrebbe fare qualcosa per la tua orrida pelle!” e “Io suggerirei di metterti una maschera di Halloween, risparmiamo il trucco e il risultato è lo stesso”, e alla fine coricarsi, addormentandosi vicine, dopo un comune “Dormi bene, strega”.

Avevano delle tregue, certo. E spesso quegli armistizi coincidevano con l’arrivo delle mestruazioni. Come tutte le donne le avevano e come molte soffrivano in quella settimana. Solidali, rinunciavano alla lotta per quei giorni.

La mamma di Sakura, un’infermiera, aveva insegnato loro un massaggio speciale per evenienze del genere. Così ogni mese, dalla seconda media, Sakura appoggiava la mano sul ventre di Ino e la muoveva in moti circolari, con attenzione. E viceversa, ovviamente.

Il dolore in questo modo era alleviato, meglio di qualsiasi antidolorifico. Al liceo e all’università questa pratica non aveva accennato ad estinguersi. Così non era raro che una delle ragazze si stendesse sul letto mugolando, mentre l’altra le infilava una mano sotto la canottiera o il pigiama e massaggiava da vera esperta.

 

Stop. Canzone terminata. Ino schiacciò per l’ennesima volta il tasto replay. Conosceva le sue canzoni preferite a memoria, e ogni volta che ne riascoltava una si concentrava su strofe diverse, assaporandone il sapore come uno spicchio separato dall’arancia. “I hate everything about you” era una di queste.

Di solito alla propria amante/fidanzata/moglie/donna si offre una lacrimosa e zuccherata canzone d’amore, vero? Bene, lei dedicava una melodia di odio e veleno alla sua cara Sakura.

 

Every roommate kept awake
By every sigh and scream we make
All the feelings that I get
But I still don’t miss you yet

 

Ogni coinquilino tenuto sveglio
a causa dei nostri sospiri e strilla,
tutte le sensazioni che ho,
ma ancora non mi manchi.

 

Oh sì, non avevano altri compagni di stanza (e meno male), ma all’inizio i loro vicini le avrebbero volute trucidare entrambe, ne era certa. Era una lite e una giungla di strilli per ogni cosa. La convivenza, che brutta cosa anche per due come loro.

Le coperte sul letto, per esempio. Ino era freddolosa, ne voleva sempre una in più, mentre a Sakura veniva caldo durante il sonno, così che si svegliava e si scopriva, lasciando al fresco anche la compagna. Non sempre Ino se ne accorgeva, e spesso iniziava il mattino in preda a brividi di freddo, intrattabile.

Poi le pulizie. Avevano deciso i giorni e suddiviso i ruoli, ma non era stato sufficiente. Se una entrava con le scarpe sporche per il temporale, l’altra ululava che lo stava facendo apposta perché quella settimana il pavimento toccava a lei. Se una rovistava nella camera alla ricerca di un orecchino che non vedeva da secoli, l’altra ringhiava infuriata per il disordine.

Se una nel trafficare ai fornelli rovesciava il sugo, l’altra si metteva a saltare per la rabbia.

Oh, la cucina. Entrambe odiavano fare le pulizie e non amavano cucinare, ma sapevano che essere in grado di preparare un pasto completo ormai era indispensabile, così si arrangiavano. I progressi che accumulavano erano invidiabili, ma per l’altra c’era sempre troppo sale, poco olio, una cottura insufficiente, un odore sgradevole, una ricetta stupida e tanto altro.

Per non parlare dei “Ehi! Non trovo la mia spilla a forma di stella! L’hai presa tu, scrofa!” e “La mia gonna nera e rosa, fronte spaziosa! L’avevo appesa su un appendiabiti bianco, non grigio! L’hai usata, confessa!”.

Oppure dei vari “Oh questi bicchieri rosa sono un amore, Ino!” “Ma sei scema?! Non vedi la classe di questi piatti con i fiori? Ti pare che starebbero bene con i bicchieri rosa?” “Chi dice che prendiamo quel servizio?! Io avevo proposto i piatti con le grechine, e tu mi aveva detto di sì!” “Mhhh non è un sì, stupida! E comunque questi sono più belli e costano anche di meno!” “Perché hanno meno classe dei piatti di carta!” “Tu!”

E via dicendo.

Ma a parte queste liti e incomprensioni, tutto era scivolato piuttosto bene.

Finché Ino, tornando una sera a casa, non si era trovata davanti una Sakura distrutta e in lacrime. Quello fu l’inizio della tempesta.

Sakura singhiozzava, i capelli sciupati e spettinati, le guance graffiate, il viso arrossato. Ino si era spaventata e le aveva chiesto, con un filo di voce, cosa fosse successo.

Sakura si era coperta il viso con le mani e aveva resistito un paio di minuti, prima di crollare.

-Sasuke.- aveva mormorato. –Sasuke.-

Sakura aveva da sempre una migliore amica (che all’occorrenza diventava un’ex), Ino, e dalle medie due migliori amici: Sasuke e Naruto. Fra i tre si era instaurato un legame molto stretto, anche se la ragazza aveva sempre negato una relazione amorosa.

Tutto iniziò con quel nome. E poi una tempesta di parole.

Sasuke che negli ultimi tempi si era fatto strano, Sasuke che non rispondeva più alle telefonate, Sasuke che le chiudeva la porta in faccia. Il brillante studente che affondava i suoi voti, il ragazzo modello che veniva coinvolto in risse da poco, la persona seria di un tempo che sembrava l’ombra di sé stesso.

Sakura aveva appena finito il bere il sesto bicchiere di liquore che un’Ino preoccupata e premurosa le aveva offerto, quando pronunciò quella frase.

-Sasuke si droga.- aveva posato il bicchiere sulla tavola con tanta forza che quasi si era rotto. –E non sono cose leggere. Sono… sono… pericolose. Sasuke si sta distruggendo. Io non so per quanto ancora reggerà.-

E le lacrime avevano iniziato a scendere e la voce si era di nuovo inabissata nella trachea.

Ino era rimasta paralizzata dalla sorpresa. Aspettò qualche minuto che Sakura si riprendesse, quindi iniziò con le domande.

Non poteva dirsi amica di Sasuke, ma non era certo un estraneo, erano stati compagni di classe per molto tempo e sarebbe stata pronta a giurare che Sasuke non era il tipo da invischiarsi nella droga.

Come? Quando? Con che sostanza?

Si sentiva quasi in dovere di chiederlo, mentre Sakura rispondeva con quello che sapeva.

Dopo, con un filo di voce: -Mi dispiace, mi dispiace così tanto. Non ho potuto fare nulla. Mi sento così in colpa. Niente, non ho potuto fare niente. Sono inutile.-

A Ino vedere la sua migliore amica in quelle condizioni aveva atto così pena che l’aveva abbracciata, stretta. Era stravolta e il suo respiro affannoso odorava di alcol.

Stava per dirle che lei ci sarebbe stata sempre, che non era sola, che l’avrebbe aiutata, quando accadde.

Ino gelò, incapace di ricollegare il cervello.

Sakura l’aveva baciata.

Le aveva appoggiato le labbra sulla bocca. Un contatto lieve ma reale, inutile negarlo.

Sakura si era messa a ridere.

-Farai come al solito, Ino? Non farai nulla? Vedrai la vita scivolarti accanto senza nemmeno provare ad afferrarla? Perché mai ti racconto queste cose? Guardati, sei scioccata, disgustata, sconvolta. Sei sempre una bambina che ha paura dei diversi, vero? Hai paura di me? Solo perché ho fatto una cosa che non tutti fanno? Una cosa che molti reputano disgustosa? Hai intenzione di disconoscermi come amica? Vigliacca. Fifona. Sempre lo sei stata e sempre lo sarai.-

-No, Sakura, io…-

-A parole sono bravi tutti. Erano solo parole quelle che volevi dirmi, vero, fifona? Invece i fatti mostrano ciò che sei davvero. Guardati, fai pena, con quelle labbrucce tremanti e quegli occhietti sconvolti.-

Ino aveva sentito qualcosa bruciarle dentro, simile alla voglia di combattere che l’assaliva durante le loro gare. Quindi le aveva preso le spalle e l’aveva baciata a sua volta.

-No, vedi, non ho paura!-

Sakura l’aveva guardata in modo strano. Poi un altro bacio, con la lingua, questa volta. Ino gliene aveva dato uno più lungo.

-Non ho paura.-

-Allora dimostramelo.-

-Non sei tu l’unica a essere cresciuta, Sakura.-

-Fammi cambiare idea.-

E si erano baciate, così, per molto tempo ancora.

Se una delle due avesse ammesso di aver paura, forse non sarebbe mai cominciato.

 

Di solito in tutte le storie di parla del primo bacio, vero?

Ino, con la testa stanca appoggiata sul tavolo, pensò che era in certi momenti, quando paragonava le sue fantasie amorose alla realtà con Sakura, che la loro relazione pareva una caricatura, una perversa distorsione di un vero rapporto, con la stessa fastidiosa sensazione di sbagliato che si prova leggendo una favola rimodernizzata e resa grottesca.

Comunque, il loro primo bacio le era rimasto impresso, dettaglio per dettaglio.

Il primo di una lunga lista.

 

E così, era cominciato. Le cose non erano nemmeno cambiate molto. Vivevano insieme, andavano all’università, litigavano, condividevano il materasso, si insultavano.

A volte si baciavano.

Di quei loro “momenti strani” non parlavano quasi mai. Forse, così, si potevano illudere che non erano altro che una sfida, inusuale sì, ma pur sempre una gara delle loro.

Una cosa imbarazzante, ma nella norma, come i bambini dell’asilo che osservano con interesse le parti intime.

Presto appresero che non era così.

Accade in un giorno come gli altri. Sakura aveva le mestruazioni e Ino la stava massaggiando, come al solito, quando la ragazza aveva allungato una mano e le aveva palpato il seno.

Non una toccata qualsiasi, ma una specie di massaggio, lo stesso che Ino le stava facendo sulla pancia.

Ino aveva tremato. La smorfia dipinta sul viso di Sakura non sembrava causata da dolore mestruale.

-Sakura.- aveva mormorata senza smettere di accarezzarla sul ventre –Che stai facendo?-

-Quello che stai facendo tu a me, Ino. Solo sul seno.-

Aveva continuato a toccarla. L’altra si era irrigidita.

-Smettila, Sakura.-

-Perché? Non ti piace?-

Ino aveva resistito ancora un paio di minuti, poi aveva deciso di alzarsi. E l’avrebbe fatto, se Sakura non l’avesse afferrata per la camicia. L’aveva tirata giù e baciata sulla bocca aperta per l’emozione.

-Paura, scrofa?- aveva chiesto, con scaglie di ironia nella sua voce.

Ino, sopra di lei, aveva ringhiato e l’aveva baciata a sua volta. In breve si erano ritrovate a rotolarsi nel letto, una strana lotta fatta di baci sempre più arditi.

Stavano recuperando fiato, una di fianco all’altra, quando Ino capì che quello non era semplicemente uno dei loro “momenti strani”.

Dietro di lei Sakura aveva infilato una mano sotto la sua camicia e le stava palpando il seno.

L’altra si stava aprendo un varco nei suoi pantaloni, le dita che parevano vibrare di eccitazione.

-Sakura, che stai facendo?- aveva chiesto spaventata, afferrando quelle braccia invadenti.

La ragazza stava respirando nei suoi capelli, solleticandole il collo.

-Mi vuoi, Ino?-

-Lasciami.-

Sakura si era rizzata a sedere. Pareva stupita, come quando si pesta il piede di qualcuno senza accorgersene.

Ino era scappata in soggiorno, e lì aveva dormito per quella notte. Quando si svegliò il mattino dopo, Sakura era già uscita. Fu con sollievo che se ne accorse.

Riuscirono ad evitarsi per tutto il giorno e alla sera, sedute in cucina per consumare la cena, non si rivolsero la parola.

Quella notte Ino dormì ancora sul divano.

E così continuò per qualche giorno ancora, finché quella forzata pausa terminò.

Ino, sul terrazzo, stava osservando il cielo nuvoloso alla ricerca di stelle, quando Sakura le si avvicinò. Era una capricciosa primavera.

Indossava un leggero copricostume, scollato e corto. Ino avrebbe detto che era sensuale, se in quel momento non avesse avuto altri pensieri per la testa.

Il delicato tessuto lasciava sicuramente alla ragazza una sensazione di freddo. Era una delle abitudini di Sakura indossare a casa uno di quei prendisole, quando la temperatura si alzava e la voglia di estate si intrufolava dalle finestre.

Ino si irrigidì, a disagio.

-Hai, paura, eh, Ino?-

L’interpellata alzò gli occhi sorpresa.

-Sì, la vedo la fina nei tuoi occhi. Stai tremando, vero? Stai pensando “oh, cosa diranno gli altri? Cosa diranno tutti?” Mi fai pena.- Ino pensò che l’altra non stesse capendo proprio nulla.

-No, Sakura, non ho paura!- replicò con forza –Ma perché ti sei fissata su questa cosa? Non è vero che sono ossessionata dal giudizio degli altri!-

Sakura sospirò.

-Sasuke. Ecco la prova.-

Ino annaspò, sorpresa. Poche settimane prima, era accaduto quel che doveva accadere. Sasuke era rimasto coinvolto in una rissa di quelle pesanti, la polizia era intervenuta e l’aveva trovato drogato. Con sostanze pericolose, per di più. Così la reputazione del ragazzo era stata macellata. Nel piccolo paese da dove provenivano non si parlava d’altro, e anche all’università quel fatto aveva destato scalpore. Uno studente brillante, un ragazzo di buona famiglia come lui che quasi va ad ammazzarsi nei quartieri malfamati.

-Ma Sakura, Sasuke…-

-Sì, Sasuke si droga! Da parecchi mesi, se vuoi saperlo. Oh, scusa, ma tu non vuoi saperlo, vero? Ti basta dire “Povero ragazzo, così sfortunato, perché si è ridotto così?”, vero?-

-Sakura.- tentò di spiegare Ino –Non frequento più Sasuke dalle superiori. Cosa pretendi che…-

-Bugia, Ino. Ipocrita bugiarda. I primi mesi di università uscivi spesso con me, Sasuke e Naruto. E ti divertivi, anche.-

-Sì, ma…-

-Sei scomparsa del tutto quando ti ho raccontato della droga. Come tutti, quando hanno saputo! Sasuke non ti piaceva? Oh, scusa, a te sarebbe piaciuto vantarti di avere un bravo ragazzo perfetto, quando le cose si sono complicate sei scappata come…-

-Sasuke mi piaceva alle medie!-

-E se lo vedessi ora per la strada andresti dritta facendo finta di non conoscerlo, giusto?-

Ino iniziava ad alterarsi.

-Adesso basta! Che cosa potremmo dire di te, eh? Eri la sua migliore amica! Mi spieghi come cazzo hai fatto a non accorgerti che stava male? Che si drogava da mesi e tutto il resto?!-

Senza preavviso, Sakura scoppiò a piangere.

-Credi che non mi senta in colpa per questo, Ino? Pensi che passi un giorno senza che mi chieda “Se avessi fatto qualcosa, se avessi capito, ora lui starebbe meglio?” ?!-

Si asciugò le lacrime con il dorso della mano.

-Sto male, Ino, sto malissimo.- sembrava così indifesa e debole –Ti prego, aiutami. Non posso mostrarmi così a Naruto, ci dobbiamo fare forza l’un l’altro. Ci sei tu, Ino, ci sei solo tu.-

Ino la prese per mano e la portò in caso. Mentre Sakura singhiozzava sul tavolo, le preparò della camomilla, per riscaldarla e calmarla.

Appena il respiro della ragazza si normalizzò, di nuovo la sua rabbia esplose.

-Stupidi.- mormorò.

-Cosa?-

-Stupidi ipocriti che giudicano senza capire, senza sapere! Li odio! Li odio!-

Strinse la tazza bollente fra le mani.

-Non sanno niente! Niente! Come pretendono di sparare sentenze e giudizi! Li odio!-

Ino fu colta da un’illuminazione.

-Sakura. Tu sai perché Sasuke si droga?-

La ragazza si coprì il viso con una mano.

-Siediti, per piacere.-

Ino obbedì. L’altra sospirò e cominciò.

-Sasuke tenta di non dirci niente, ma è difficile. Così a volte qualche parola gli scappa e… Oh, è orribile!-

-Vi ha detto qualcosa?-

-Sì, non so bene come, ma è tutta colpa di Itachi!-

Ino sobbalzò.

-Suo fratello maggiore? Ma è…-

-Lo so cosa sembra! L’uomo più riuscito e pulito di questo mondo! Brillanti studi, brillante carriera,… tutto brillante, lui. Ma non è il fratello maggiore modello che tutti credono. Quando i suoi genitori sono morti, si è preso cura del fratellino, alla giovane età di diciotto anni, fra l’ammirazione di tutti. Ti ricordi il funerale dei signori Uchiha? Itachi non ha versato una lacrima. E tutti l’hanno ammirato per questo. Ma Sasuke ha detto che a casa rideva. Rideva! Felice di essere finalmente l’unico adulto, lì dentro. E spaventava Sasuke a morte. Gli diceva che tutte le persone a cui si sarebbe affezionato sarebbero morte coma la mamma e il papà. E che solo a lui importava di Sasuke. E che se si fosse fatto degli amici, i fantasmi dei genitori l’avrebbero tormentato e sgridato. Che lui non aveva bisogno di nessuno, gli bastava Itachi. Che avrebbe dovuto ricordare i genitori ogni giorno, e più sarebbe stato triste, più loro sarebbero stati contenti di vedere che il figlio voleva loro così tanto bene.-

La bevanda nella tazza di Sakura fumava ancora. Ino vide che il liquido vorticava: le mani appoggiate sulla ceramica stavano tremando. Fece per dire qualcosa, ma un’occhiata di Sakura la interruppe.

-Sasuke aveva otto anni all’epoca! Come pensi abbia reagito?! Itachi era tutto quello che gli restava. Ci ha creduto, ovviamente. Il suo fratellone. Poi, quello per Sasuke è stata la salvezza. Itachi si è deciso ad iniziare l’università. I primi tempi voleva tornare a casa da Sasuke ogni giorno, ma in breve si accorse che era impensabile. Così Sasuke, alla veneranda età di dieci anni, imparò a vivere da solo. Itachi tornava ogni finesettimana, ma cinque giorni su sette Sasuke era libero, libero. E imparò allora a mentire e a nascondersi da Itachi. Ti ricordi le medie? Fu lì che io e Naruto iniziammo a fare amicizia con lui. Senza l’ombra di Itachi a soffocarlo, Sasuke fece ciò che aveva desiderato per anni. Avere degli amici, parlare con gli altri, provare a sorridere. Si sentiva in colpa per disubbidire al fratello, ma era più forte di lui. Così iniziò, senza quasi che Sasuke lo volesse, la nostra amicizia.-

Ino aveva ascoltato con orrore.

-Ma è disgustoso. Spaventare così un povero bambino e…-

-Lo so, Ino! Non ti dico che fatica tirare fuori da Sasuke questa storia. Alternava momenti di chiusura a giorni in cui il bisogno di raccontare gli bruciava la lingua.-

Sakura rimase in silenzio per qualche secondo, come se fosse incerta su cosa rivelare.

-Una volta che Sasuke era rimasto in ospedale per qualche giorno, io e Naruto siamo andati a casa sua per pulire. E indovina cosa abbiamo trovato. Un foglio con su scritto “Non mi sposerò mai, non ho bisogno di una moglie” firmato Sasuke Uchiha e approvato da Itachi Uchiha. E se Sasuke all’epoca aveva nove anni e poteva anche non capire, Itachi ne aveva diciannove! E tanti altri! “Non avrò mai bisogno di nessuno”, “Non avrò mai degli amici”, “Non disubbidirò mai a mio fratello maggiore”. Tutti recanti l’infantile firma di Sasuke e quella adulta di Itachi.-

Sakura emise un buffo verso, come se soffocasse una risata.

-Sai, erano tutti stropicciati e rovinati agli angoli, come se Sasuke avesse voluto strapparli senza averne la forza.-

-È pazzo.- mormorò Ino.

-No, non è pazzo. È lucido, lucidissimo. E questo lo rende ancora più pericoloso.-

Sospirò con quella che sembrava rassegnazione.

-Dove eravamo rimaste? Ah, sì. Alle medie e al liceo filò tutto più o meno liscio. Ma poi iniziò l’università. Sasuke era pronto a vivere con il fratello, temendo quel momento, ma fu fortunato un’altra volta. Itachi, ormai diventato manager o qualcosa di simile di qualche grande industria, andò all’estero. Ci rimase due anni e mezzo. Tornò circa otto mesi fa. Poi non so cosa sia successo, non so cosa abbia fatto Itachi, non so come si sia comportato Sasuke, ma mi posso immaginare la scena. Itachi che per anni immagina il fratello come un pupazzo da strapazzare. Poi torna a vivere con lui e shock! Scopre che non c’è più il bambino traumatizzato che lo venerava e beveva tutto contento ogni sua parola. Scopre un giovane uomo con una vita, sia dietro che davanti.-

Parlava lenta e calma, come una storia narrata decine di volte.

-Sasuke iniziò a drogarsi proprio in quel periodo. Coincidenza? Credo di no. Itachi! È stato lui, ne sono sicura.-

Ino si aspettava che Sakura scoppiasse da un momento all’altro, ma non accadde.

-Come?- si arrischiò a domandare.

-Non lo so. Sasuke ha le labbra cucite su questo.-

-Ma è una cosa schifosa! Itachi l’ha…-

Lo scoppio. Sakura scattò in piedi.

-Lo so cosa ha fatto, Ino! E credi che non abbia desiderato fare qualcosa, denunciarlo, minacciarlo, o… Ma non posso, non posso! Inanzitutto cos’è che ha fatto Itachi di così grave? Non lo picchiava, non lo denutrita, non lo malmenava. È tutta colpa di Sasuke, che non riconosce innocenti giochi infantili dalle cose adulte. È questo che direbbero tutti! Non possiamo fare nulla, nulla. Ormai è troppo tardi.-

Si rimise a sedere. Si prese il volto fra le mani.

-E poi Sasuke mi ha ordinato di non dirlo a nessuno. E mentre parla è come se la lingua ragionasse per conto suo, come se lui non volesse confessare nulla. E anche tu, Ino, guai a te se apri bocca su questo argomento!-

Silenzio.

-Sakura, ma…-

-Sì, ho tradito la sua fiducia raccontandoti tutto! Ma tu non essere debole come me!-

-Io…-

-Sì, Ino, mi sento così in colpa! Io vorrei non averti detto nulla, ora.-

Silenzio.

-Ho bisogno di te, Ino.-

-Sakura, perché mi hai raccontato tutto questo? Oltre a sfogarti e tranquillizzarti, ovvio.-

La ragazza non rispose subito.

-Sì, è stato anche per questo, certo. Ma io volevo anche farti sapere la verità, perché non mi andava che tu la vedessi come tutti gli altri. Con la stessa stupida superficialità. “Povero disgraziato ragazzo ecc ecc”. Io ti voglio troppo bene, Ino. Non potevo permettere che tu fossi esclusa dalla verità.-

Sospirò, mentre una sorpresa Ino cercava qualcosa da dire.

-Ma non so se ho fatto bene la mia scelta.- c’era la familiare nota di delusa amarezza nelle parole. -Continuerai ad avere paura e ad essere schiava del pregiudizio degli altri?-

-Sakura, pensi davvero che debba dartela per dimostrare di non avere paura?- replicò Ino esasperata.

-No. Ma se non lo fai, deve essere solo perché non lo vuoi. Non perché è una cosa considerata immorale, sporca, contorta o tutto ciò che vuoi. Non perché le lesbiche sono viste male.-

-Allora non voglio.-

Sakura l’aveva guardata, scettica.

-Ino, non hai nemmeno provato, come fai a dirlo?-

-Mi vuoi toccare? Bene, toccami! Ma ti avverto: lo faccio solo per metterti il cuore in pace! Non mi piacerà!- cedette, con rabbia nella voce.

Il viso dell’altra si illuminò di una strana luce (non molto gioiosa, comunque). Sakura la portò in camera da letto, la fece sedere vicino a lei, quindi iniziò.

Spinse le dita oltre al tessuto, toccò la pelle nuda, le accarezzò il seno e baciò le labbra, le palpebre, le guance, il collo.

-Sakura, basta.- mormorò dopo qualche minuto.

-Sii sincera. Ti piace?-

-Basta.-

-Ti piace?-

Odiosa. Odiosa. Maledetta.

-Sì, mi piace, mi piace da morire, soddisfatta?- urlò, con l’autocontrollo ormai dimenticato.

Sakura la abbracciò.

-Bene, perché piace tanto anche a me.-

Era stato l’inizio del sesso, quello vero. Si erano spogliate quasi con fretta, per ritrovarsi nude e aggrovigliate insieme. L’odore dell’altra era così forte che quasi faceva paura. I seni parevano invitanti e caldi, piacevoli da tenere in mano. Un vortice di baci, di dita audaci, di lingue morbide, di due corpi che si scoprivano, per la prima volta.

Fu una cosa spiacevole risvegliarsi il mattino dopo. Le lenzuola, le gambe, la pelle erano impiastricciate di sangue, sudore e muco vaginale. Un denso odore di sesso invadeva la stanza.

Sakura, accanto a lei, era già sveglia. Aveva gli occhi verdi spalancati e assenti. Pareva spenta, come se avesse esaurito tutte le sue energie quella notte. Della donna che il giorno prima aveva sedotto e provocato Ino, che poche ore addietro era stata così sensuale e vogliosa, sembrava non fosse rimasta nemmeno l’ombra.

Quella mattina passò in comprensibile imbarazzo.

Ino sapeva che anche se nessuna delle due voleva parlarne, un fatto del genere non si poteva ignorare. Non potevano semplicemente sotterrarlo e vivere con quell’imbarazzo e quel “lo dico ma non lo dico”.

Così fece la cosa più naturale e prevedibile.

Qualche giorno dopo Sakura se la ritrovò in mutande e reggiseno, seduta sul letto con le gambe accavallate.

-Lo vuoi fare?- aveva chiesto Ino, e nella sua voce la malizia era assente, ma c’era una confortante sicurezza.

-Sì.- e l’aveva baciata.

Ed era stato piacevole, caldo e morbido.

Il giorno dopo, si erano risvegliate l’una nelle braccia dell’altra.

 

Ino, al buio, si sentì tremare. Quello era uno dei pochi ricordi intensi e dolci, e per questo bruciava molto.

 

In effetti la loro “storia”, iniziata in modo strano, era continuata anche peggio.

A volte sembrava che nulla fosse accaduto, che quei baci e quelle notti a letto fossero stati solo sogni. E poi ecco che Sakura le chiedeva di farlo ancora, ecco che Ino sentiva la voglia di baci.

Forse Sakura pensava che il tempo avrebbe dato tutte le risposte, perché loro da sole non si chiarivano.

Quei momenti di intimità sembravano davvero sogni, un “stai zitta, godi adesso e non pensare”. Ino non aveva il coraggio di domandarle il motivo, e Sakura non chiedeva e non dava spiegazioni.

Era come se, continuando ad ignorare cosa accadeva, pensassero che prima o poi quel disastro sarebbe svanito dalle loro vite senza dolore né ricordi.

Si illudevano di aver normalizzato la cosa, come era stato con i baci. Ma di normale, la cosa non aveva più quasi niente. Quando Ino lo capì, si chiese da quando tempo Sakura se ne fosse già accorta.

Tuttavia non voleva spezzare quel legame (quella catena!) con Sakura, e se avesse dovuto far calare buio e confusione su quei momenti, l’avrebbe fatto. Non sarebbe stata lei a frantumare quell’illusione.

I litigi avevano la stessa frequenza, i baci lo stesso sapore, le rare chiacchierate tranquille la stessa atmosfera confortante. Ino era ancora Ino e Sakura era ancora Sakura.

Almeno così si illudevano. Si resero conto poi che quel segreto, aggiunto al loro precario equilibrio fatto di rigidissime regole e frequentissime trasgressioni, avrebbe pesato come piombo rovente.

Quella casa a volte pareva una prigione, ma la vera catena era la relazione con Sakura.

È bello per una ventenne pensare di essere padrona del proprio futuro, della propria vita. Ino non poteva farlo, perché era legata indissolubilmente a Sakura.

Non avrebbe mai potuto prendere in mano il timone della sua vita, perché accanto a lei ci sarebbe sempre stata Sakura, nel ruolo di tirannico e prepotente co-comandante.

Ma soprattutto, ed era questo che le bruciava, non poteva nemmeno desiderare di allontanarsi, Sakura le sarebbe mancata come l’aria. E nemmeno Sakura poteva. Erano legate. Dipendenti. Incatenate.

Una prigione dell’altra.

E sebbene nessuno sia completamente libero a questo mondo, era sicura che pochi giovani fossero legati in modo così soffocante.

Ino non aveva più segreti per Sakura e viceversa. Se Ino cercava di nasconderle qualcosa, Sakura se ne accorgeva e, con le buone o con le cattive, costringeva la ragazza a svuotare il sacco. A volte era genuino desiderio di aiutare, a volte era solo il fastidio di vedersi negato un diritto naturale. E anche a Sakura non era permesso tenere segreti più di tanto. Alla fine, anche lei crollava.

Una relazione senza segreti è dolorosa, vieni a contatto con gli aspetti più luridi e nascosti dell’altro, e non è piacevole.

Sakura e Ino, insieme da quando avevano memoria. Insieme. Insieme. Da sempre e per sempre.

Sakura non poteva conoscere un nuovo potenziale amico senza che Ino non lo venisse a sapere. Ino non poteva andare a mangiare una pizza con un qualsiasi compagno di corso senza la supervisione della compagna. E se qualcuno non andava a genio all’altra, quella persona era proibita. Per entrambe. Su questo non si discuteva.

Così avevano l’una bisogno dell’approvazione dell’altra. Per qualsiasi cosa. Da quanti bicchieri di alcolici bere il sabato sera a quante scarpe col tacco possedere, dall’ora di andare a dormire alla marca di cerotti da comprare.

Era una prigione, e fra le sbarre l’aria era pesante come il marmo. Troppe regole, troppo controllo, troppa presenza dell’altra. Era ovvio che quelle leggi non scritte venissero trasgredite. E succedeva spesso, ogni giorno. E quasi ogni volta una nuova lite divampava e le bombe sepolte nei cassetti si rimettevano a ticchettare pericolosamente, pronte ad esplodere.

Ormai né Sakura né Ino avevano una vita propria. Le loro esistenze si erano fuse insieme, creando una sola vita. Non “mia”, ma “nostra, non “io”, ma “noi”.

A volte Ino pensava che avrebbe dovuto troncare quel rapporto tempo fa.

A volte il solo pensiero di non avere Sakura a fianco le rivoltava le viscere.

 

Stop. Replay. Ino riascoltò la canzone, concentrandosi sulle parole che prima le erano sfuggite, inghiottite dalle sue riflessioni. Erano solo le due. Come scivola lento il tempo, quando è infarcito di odio e angoscia.

 

Only when I stop to think
About you, I know
Only when you stop to think
About me, do you know?

 

Solo quando smetto di pensarti,
capisco.
Solo quando smetti di pensarmi,
capisci?

 

Come faceva il tizio della canzone? Secondo Ino, alla fine non capiva proprio niente. Che cosa c’è di sicuro in una relazione? Nulla.

 

I hate

You hate
I hate

You love me

 

Io odio
Tu odi

Io odio

Tu mi ami

 

No, Ino non ci credeva più. Che Sakura l’amasse. Solo nei momenti di debolezza si aggrappava a quelle speranze fino a scorticarsi le mani. Era stata tanto stupida da crederci davvero, un tempo. Come una bambina, aveva pensato che se due persone fanno sesso, vuol dire che sono innamorate.

Ma ora basta, era cresciuta. E lei amava Sakura?

Ma chi poteva dirlo? Nessuno. Lei non lo sapeva. A volte rispondeva a sé stessa di sì, giurando di non rivelarlo mai alla compagna, certa di non essere ricambiata. A volte rispondeva con un no secco, che non lasciava intravedere spifferi di ripensamento.

Certo era che entrambe, dal profondo del loro cuore, si detestavano, con tutte le sfumature di quel verbo. Si erano sempre detestate, in qualche modo, ma iniziando a fare sesso le cose erano peggiorate.

 

I hate everything about you
Why do I love you?
I hate everything about you
Why do I love you?

 

Odio tutto di te,
perché ti amo?
Odio tutto di te,
perché ti amo?

 

Come faceva quello stupido cantante a essere sicuro di amare o odiare? Ino non lo era per nulla.

A volte pareva lei la più coinvolta in quella quasi storia. Altre sembrava che quel rapporto fosse per lei solo uno scomodo scheletro nell’armadio.

 

-Ehi, Ino. Se vedi due ragazze che si baciano per la strada, cosa pensi? “Che bello si amano”, “Che schifo sono lesbiche”, “Chissenefrega”, niente o cos’altro?-

Ino, pur essendo stata interpellata, non aveva spento la tele.

-Perché me lo chiedi, Sakura?-

-Oh, niente, così.-

-Non starai mica pensando di fare coming out, vero?-

-Un giorno potrebbe capitarci, Ino.-

-Senti, fronte spaziosa. Questa…no, questa non è una storia. Non so cosa sia. Ma abbiamo deciso di non dirlo a nessuno. A nessuno. È il nostro segreto, Sakura. Non dimenticarlo mai.-

-Oh? Certo, un segreto…- E Sakura si era rimessa ai fornelli, e quel giorno il pranzo ebbe un sapore anche peggiore del solito.

 

-Sakura.- le aveva chiesto una volta. –Cosa siamo noi?-

-Ino e Sakura, cosa dovremo essere?-

-Intendo.- e aveva provato rabbia, perché era ovvio che Sakura avesse capito. –Amanti? Amiche? Fidanzate? Scopamiche? O cos’altro?-

-Tu cosa dici?-

-Te lo sto chiedendo io!-

Sakura aveva sorriso con una certa cattiveria.

-Noi siamo… quello che desideri tu.-

-Cosa?-

-Ti è più facile pensare che anche se scopiamo siamo solo amiche? Accomodati. Ti piace usare la parola scopamiche? Va benissimo. Sei romantica abbastanza per il termine amanti? Per me va bene.-

Ino si era morsa le labbra, indecisa.

-Sakura, io sono la tua ragazza?-

-Certo, scrofa, io e te siamo due ragazze, controlla fra le tue gambe, se non ci credi.-

C’era qualcosa di odioso nel modo in cui eludeva le sue domande. Ino l’aveva presa per le spalle.

-Intendo. Noi siamo fidanzate?-

-No.- era stata veloce nel rispondere.

Ino l’aveva lasciata. Stava per allontanarsi, quando Sakura l’aveva richiamata.

-Ino, tu vorresti che io fossi la tua fidanzata?-

-Che importa, Sakura, hai detto di no, giusto?-

E aveva avuto l’ultima parola, per una volta. Si poteva dire che avesse segnato un punto, nel loro gioco a vita, ma quella vittoria le era risultata amare, indigesta, quasi urticante.

Ripensò a quel deciso “no” molte volte, chiedendosi perché le facesse così male.

 

Nel buio di quella stanza, un anno abbondante dopo, si chiese se le cose sarebbero andate diversamente, se Sakura avesse risposto “sì” o “forse”.

 

-Sakura.- le aveva domandato un’altra volta. –Sei lesbica?-

C’era stata una sorta di rabbia nella risposta di lei.

-Perché, tu cosa sei?-

-Non è un’accusa.- aveva tentato di spiegarle. –Ma è strano no? Non pensi che dovremmo rifletterci?-

-Rifletterci? Oh sì, così andiamo da qualche strizzacervelli, guariamo la nostra perversione e diventiamo perfette eterosessuali!-

-No.- aveva risposto, calma. –Solo per imparare a vivere bene con la nostra possibile omosessualità.-

C’era stata profonda sorpresa nel volto dell’altra. Incapace di continuare lo scontro (che non sarebbe dovuto esserlo), Sakura batté in ritirata, rifugiandosi nella stanza da letto.

Ino aveva avvertito un dolore al petto. Si era sforzata di non piangere, senza capire il perché.

Non sapeva se lei o Sakura erano lesbiche. Lei aveva fatto sesso con solo una donna: la sua convivente. E qualcosa (forse una vita condivisa per più di vent’anni) le diceva che nell’universo amoroso di Sakura c’erano soltanto Sasuke, Naruto e lei.

Aveva pensato che alla compagna avrebbe fatto piacere far luce sulla sua sessualità, ma si sbagliava. Non aveva messo in conto che forse Sakura, la persona che aveva iniziato, che l’aveva baciata, che l’aveva sedotta, avesse paura. Paura di scoprirsi una vera lesbica. Di dovere fare i conti con quella realtà. Di vedere svanire il sogno di tutti: un matrimonio con dei bambini. Di scegliere fra una scomoda verità e continue bugie.

 

-Tu sei come il mio diario segreto, nessuno mi conosce meglio di te, nessuno. Non posso rinunciare a te. Oh, lo dicono tutti che le persone sono più importanti degli oggetti, ma davvero? Pensa a vivere senza computer, senza televisione, senza lavatrice, senza macchina, senza telefono,… Le cose sono indispensabili. Rinunceresti per tutta la tua vita a un oggetto come la macchina per tenere per qualche anno in più la vecchia zia semisconosciuta? Tu mi sei indispensabile come un oggetto. E questo è uno dei complimenti più sinceri e lusinghieri che riceverai in vita tua.-

Erano questi e altri i “complimenti” che la sua adorabile partner le rivolgeva.

C’era da dire che, mentre Sakura si invischiava in una turbolenta relazione con lei, si comportava da amica modello con Sasuke, e anche con Naruto.

Provava ad accudire e a riportare il giovane Uchiha alla ragione. Le mancava il coraggio di strapazzarlo come faceva Naruto, ma in compenso c’era bisogno dei suoi modi gentili e diplomatici.

Faceva del suo meglio, provava qualsiasi cosa, ma Sasuke pareva mai perso. Non voleva cambiare, non voleva essere aiutato, non voleva nulla.

Ino la trovava spesso a singhiozzare nel bagno. Erano però rare le volte in cui si confidava con lei. Confidarsi davvero, senza contare le volte in cui, di notte, si aggrappava a lei, soffocando il pianto nei suoi capelli biondi.

Una volta, mentre stavano facendo colazione, aveva tirato in ballo il discorso. Dopo qualche aggiornamento sulla situazione che non cambiava e che forse non sarebbe mai cambiata, lo disse:

-Sai una cosa? Sasuke sai in che condizioni è, se mi riconosce posso dirmi fortunata. E Naruto… Una volta gli ho chiesto di diventare il mio ragazzo. Lui ha detto che in questo momento è brutto nei confronti di Sasuke.- Lungo sospiro. –Li ho persi entrambi in un solo colpo, non pensi anche tu?-

Sorrideva nel dirlo.

A Ino quel discorso non era piaciuto. Era come se Sakura le avesse detto che si accontentava di lei perché i suoi due ragazzi erano fuori portata.

La prima volta aveva lasciato perdere, ma quando Sakura si era lamentata per l’ennesima volta che erano tre settimane che li vedeva, era scoppiata.

-Sasuke e Naruto! Naruto e Sasuke!- aveva iniziato –Sempre loro e sempre loro! Io non voglio essere un rimpiazzo, Sakura! Sei stata tu ad iniziare! Se vuoi Sasuke e Naruto valli a prendere e mollami! Ma metti in chiaro le cose! Se io sono solo un sostituto da usare in attesa di tempi migliori, se cancelli il mio viso per far spazio a quello dei tuoi ambigui amici, dimmelo! Basta, Sakura, basta!-

E aveva pianto senza sapere perché, spinta da un’emozione quasi nuova. Simile a quella che aveva provato quando Sakura a sette anni le aveva detto mentendo di aver trovato una amica migliore di lei e che non erano più Sakura&Ino le Amiche del Cuore.

Sakura l’aveva guardata quasi indifferente, calma. Poi si era avvicinata, i loro nasi che quasi si sfioravano.

-Dovresti saperlo, Ino, mi conosci bene. Io non andrei mai con una persona che non mi piace.-

E l’aveva baciata sulle labbra al sapore di lacrime.

-Allora io ti piaccio? Ti piaccio davvero? Ti piaccio come di solito si piacciono le ragazze e i ragazzi?-

La domanda era rimasta in gola. Quella sera era stata dolce, era parsa l’alba di un giorno migliore. Che ovviamente non c’era stato.

Anzi, le cose peggiorarono sempre di più. Sakura sembrava scopare con lei per punizione o costrizione. A volte le lanciava occhiate di quasi odio che la facevano rabbrividire.

Ino aveva la sensazione che Sakura donasse tutto ciò che c’era di dolce e carino in lei a Sasuke e per riflesso anche a Naruto, mentre lei doveva accontentarsi della rabbia e della frustrazione.

Bhe, se Sakura pensava che avrebbe accettato quei trattamenti senza opporsi, solo perché era terrorizzata dall’idea di perderla… aveva completamente ragione.

 

-Sai, Sakura, ti devo ringraziare.- le aveva detto un giorno, mentre la ragazza stava leggendo.

-Ma sì!- aveva risposto ai perplessi occhi verdi. –Ti devo ringraziare perché mi hai insegnato che alcune persone, anche quelle che paiono più ordinarie e mature, possono nascondere cose tanto malate e contorte da far vomitare.-

-Cosa vorresti dire?-

-Oh, non lo so. So solo che la mia migliore amica un bel giorno mi è saltata addosso baciandomi e palpandomi come un uomo in astinenza. Quindi ha pensato bene di continuare. Ogni volta che i suoi pruriti la assalivano veniva da me, perché era meglio che masturbarsi. Poi, un altro bel giorno, mi ha messo le mani nelle mutande e mi ha scopato. E fin qui, non è nemmeno tanto male. Solo che ogni maledetta volta che le chiedo di parlare, di spiegare cos’è questo improvviso interesse, di dare un senso a questa cosa schifosa, lei se ne va facendo la sostenuta. Quindi la devo davvero ringraziare, perché mi ha insegnato che ci sono persone che fanno quel cazzo che vogliono senza chiedersi il perché. Persone che pensano che non parlare dei propri schifosi segreti li elimini. Persone che ti usano solo perché sei la cosa più vicina e debole che hanno a disposizione.-

Lo schiaffo di Sakura arrivò, com’era prevedibile.

-Come osi, stronza? Tu ci stavi, e godevi come una troietta. E anche tu svicoli sempre, quando tiro in ballo questo argomento. E tu non conosci niente di me, Ino! Perché non vuoi vedere nulla che non ti piaccia, nulla! Come osi giudicarmi, quando non capisci un cazzo? A te andava benissimo vivere la tua tranquilla vita perfetta, è bastato un amico drogato e un’amica ambigua per farti andare in crisi! Stupida!-

E via con una fiera di insulti.

Ma quante bugie si erano dette, quel giorno? Tante. Se non altro avevano sfogato quel profondo malessere che le attanagliava da molto tempo.

Purtroppo non era servito. Scenate del genere iniziarono a verificarsi con spaventosa regolarità. E ancora nulla si concludeva.

Scopavano ancora, si baciavano ancora, si toccavano ancora in quel modo intimo.

Parevano due psicopatiche affette da doppia personalità. Ogni giorno straordinariamente vicine, quindi lontane in maniera esasperante.

Ma forse era una bugia anche quella. Forse si stavano solo allontanando, sempre di più, i corpi incatenati, le vite unite, le anime lontane anni luce. Anche mentre facevano sesso, forse, non erano altri che due corpi che pensavano ad altro, che sfogavano la loro frustrazione e i loro ormoni in quella maniera.

Niente di tutto ciò veniva chiarito. Forse entrambe non desideravano la verità, scomoda in ogni caso.

 

I hate everything about you
Why do I love you?

You hate evrything about me
Why do you love me?


Odio tutto di te,
perché ti amo?
Odi tutto di me,
perché mi ami?

 

Bella domanda, davvero. Perché, se si detestavano, se erano così, avevano quella specie di storia? La sua teoria era che era accaduto, semplicemente. E loro non erano state abbastanza forti da contrastarla.

 

I hate everything about you
Why do I love you?

 

Odio tutto di te,
perché ti amo?

 

E alla fine, la domanda fatidica. Di nuovo.

Perché siamo così stupide da non capire cos’è questa roba. Se è amore, bhe, lo rifiutiamo, quasi punendoci di provare tale sentimento. E se non è amore, siamo cretine, perché scopiamo e condividiamo l’esistenza con una persona che non amiamo, distruggendo una meravigliosa amicizia.

Le note si spensero. Ino guardò l’orologio. Quattro di notte.

Quasi piangendo per il sonno, schiacciò il tasto replay. Le parole di odio, rabbie e delusione le bombardarono di nuovo il cervello.

Cominciò a cantare, quasi non sentendo le sue stesse parole per il volume al massimo.

 

***

 

Sakura entrò nella stanza accompagnata dai ticchettii delle scarpe e dalle gocce di pioggia. Aveva piovuto, ma cosa valeva un po’ di acqua in confronto all’orgoglio? Scosse la chioma fradicia, i ciuffi le pesavano sulle spalle come ghiaccioli. Mancava poco all’alba e la stanza era immersa in una semioscurità quasi cieca.

-Sono tornata, scrofa.-

Ino la stava guardando, sorseggiando caffè. Le occhiaie le sporcavano il viso.

I hate everything about you

I hate everything about you

-Mi sono appena alzata, fronte spaziosa.-

 

 

 

AN: Questa fic ha partecipato al concorso sullo yuri di Naruto indetto da Kurenai88 e SuperEllen. Qui.

Pairing: SakuraXIno

Parole: Candela / Buio / Prigione

Purtroppo è stato annullato, ma Kurenai ha presentato comunque i suoi giudizi. La ringrazio per la sua pazienza.

Cosa abbiamo qui? Una SakuraXIno, uno dei miei OTP yuri. Dovevo scrivere qualcos’altro su di loro, dovevo.

Spero piaccia ai fan.

E gli accenni Naruto/Sasuke/Sakura non fanno MAI male, sappiatelo.

Una nota, visto che è una cosa che mi hanno fatto notare: qui NON siamo in Giappone.

Non c’è nulla della cultura orientale.

Ho pensato questa fic senza ambientarla in un posto preciso, ma se proprio volete l’ambientazione, immaginatelo in Italia.

O inventatevi un paese con un sistema scolastico uguale al nostro (5 anni di elementari + 3 di medie + 5 di superiori + università), non troppo omofobico e con una cultura occidentale.

Questo è stato il mio primo tentativo di AU “scolastico”, devo dire che non mi dispiace.

 

Credit:

“I hate everything about you” appartiene ai Three Day Grace.

Sakura, Ino, Naruto, Sasuke e tutti i personaggi di Naruto appartengono a Kishimoto e a chi ne possiede i diritti.

La fic invece appartiene a me.

 

 

Strange Inside, fanfictions by Asmesia alias Scintilla

 

 

 

 

  
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