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Autore: Kasabian_    11/09/2014    0 recensioni
[AU]
- dal secondo capitolo;
Lui non era niente di tutto ciò. Anzi, per lei era perfetto. Loro si amavano in uno strano modo contorto. Erano presenti l'uno per l'altro, come nessun'altro avrebbe mai reputato possibile. Non erano uniti da un legame affettivo particolarmente grande, non riuscivano a sopportarsi a volte, ma la presenza rassicurante che ti segue quando sei in un posto buio e non hai difese. La costante mano tesa verso di te quando cadi e le tue braccia non sono abbastanza forti da sorreggerti; l'uno per l'altra.
[Long./
Alice/Oz. possibile presenza coppie secondarie]
Genere: Generale, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice, Oz Vessalius, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ph 1  
- i hear you're asking all around if i am anywhere to be found.








1




Posò il volto sull'enome finestra, schiacciandolo.

Fece uscire una boccata d'aria che si disperse sul vetro, appannando l'intera superficie. Piano, con lentrìezza asfissiante, fece avvicinare la mano destra sul freddo materiale trasparente, raggelando al contatto fresco. Vagò con lo sguardo lontano da quella finestra, su quel prato verde in giardino; il padio dove erano soliti ospitare i vari nobili sempre addobbato a dovere. Intravide un bambino rincorrere quello che, da lontano, sembrava un gatto. Sospirò, marcando con lo sguardo l'intera cancellata che la rinchiudeva in quel palazzo così grande. Quanto tempo era passato dall'ultima passeggiata che aveva fatto al di fuori di quelle mura? Da quanto tempo agoniava andare ad esplorare le terre vicine?
Sentì un flebile rumore alla porta e fu riportata bruscamente alla realtà. Si diede un piccolo slancio con la mano posata sulla vetrata e si girò di scatto, abbassando lo sguardo sui piccoli piedi nudi.
"Si?" iniziò a sbottonarsi la camicia da notte, andando a riprendere i suoi abiti in vari angoli dell'enorme stanza da letto.
La porta si aprì lentamente ed un giovane ragazzo dall'aria amichevole entrò inchinandosi leggermente. "Buongiorno, mia signora" i lunghi capelli biondi del ragazzo erano legati in una fluida coda che lasciava libera sulla spalla. Gli occhi leggermente socchiusi per il sorriso lasciavano intravedere perfettamente la diversità tra loro. Quello destro, rosso cremisi come il sangue che sgorga a fiumi su un corpo appena reciso ed il sinistro, color dell'oro e della tranquillità delle spighe di grano baciate dal sole e solleticate dal vento.
La ragazza gli rivolse un sorriso tirato, guardandolo, prima di chiudersi nel 'piccolo' bagno. "Vincent, quanti minuti di ritardo ho?"
Il servo si guardò intorno, chiudendo la porta dietro di se, notando il gran caos di quella camera. Sospirò, afferrando qualche vestito buttato a terra, ripiegandolo e posandolo sul grande letto. "Direi che avete superato se stessa, mia signora." sorrise shembo, poggiandosi poi alla porta del bagno.
La ragazza sospirò, poggiando le mani ai lati del grande lavandino di ceramica. Alzò lo sguardo sullo specchio, riflettendo la sua immagine. I lunghi capelli castano scuro erano scompigliati, le cascavano disordinatamente sulle gracili spalle. Ne scostò due ciocche impertinenti che le coprivano la visuale, lasciando spazio ai grandi occhi violetti, con sfumature rossastre. la pelle bianca del viso poco paffuto le donava perfettamente. "E' solo Alice." le uscì in un sussurro. Sentì il ragazzo ridacchiare "Certo, mia signora". Alice finì di vestirsi, specchiandosi di sfuggita. Indossava un vestitino di seta, lilla, che le arrivava poco sopra il ginocchio. Sorrise alla sensazione di freschezza sulla pelle e spalancò la porta del bagno con almeno un pò d'allegria ritrovata. "Ho fame!"
Vincent per poco non cadde a terra, visto che con molta non-chalance s'era letteralmente poggiato alla porta. Con un movimento scattante delle braccia, si riprese prima di toccare terra del tutto.
"Sembrava che volessi prendere il volo Vincent" ridacchiò la ragazza, passandogli sopra con leggerezza.
"UGH!" Il povero servò si tenne lo stomaco, alzandosi a fatica "m-mia signora, non credete d'esser troppo grande per questo?"
"No, Vince. Sei tu che sei vecchio." ridacchiò fermandosi davanti a lui, guardandolo con un'espressione impertinente.
Vincent sorrise, chinandosi verso la castana. "Come volete voi, mia signora" esclamò rauco, facendole l'occhiolino; gesto che portò a far arrossire fortemente Alice.
"Tzè!" la ragazza gli rifilò una gomitata nello stomaco, precedendo il servo sogghignante.

Mentre attraversava il lungo corridoio della residenza Baskerville, Alice, si perse nei suoi pensieri. Sentiva il passo rassicurante di Vincent dietro di lei.

Erano ormai dieci anni che conosceva Vincent e che il ragazzo la serviva. Vincent era un Nightgray, ma aveva tradito la sua casata per Alice; o meglio, lui le aveva sempre riferito così, anche se la ragazza se ne era sempre chiesta la motivazione. Tutte le volte che Alice provava ad iniziare un discorso con il servo sul suo passato, il ragazzo prontalmente cambiava discorso, oppure la rimbeccava per il suo poco ordine o poca femminilità.
Alice imboccò la via per la sala principale, tenendo un passo svelto e frenetico. Spalancò le porte con forza, sentendo Vincent dietro di se schiarirsi la gola, sicuramente per sottolineare meglio la sua non convenzionale entrata in scena.
"Come sempre in ritardo, Alice." la prima figura che la ragazza notò fu suo zio, Reim;
l'uomo aveva corti capelli biondo scuro e un paio di piccoli occhiali che non lasciavano intravedere gli occhi chiari. Non era suo zio biologico, ma era a capo della casata Baskerville da molto tempo ed Alice con gli anni, si era affezionata a lui come uno di famiglia. 
La seconda figura che le spiccò all'occhio era poggiata al muro, di lato a suo zio. Indossava un cappello nero, e dei ciuffi ribelli color della pece ne uscivano al di fuori. il suo completo, rigorosamente scuro, era fasciato da un cappotto lungo che portava posato sulle spalle, anch'esso del medesimo colore. Alice sorrise, riconoscendolo immediatamente. "Testa d'alga!"
"Yo, stupido coniglio." il ragazzo alzò il capo, lasciando visibili il suo viso, e gli occhi color del grano, limpidi.
"Smettila di chiamarmi così, non ho più otto anni!" brontolò la ragazza, avvicinandosi a lui, dandogli un buffetto sulla guancia. Sentì sussurrare un "ne sei proprio sicura?" dal ragazzo in questione e, senza dargli peso, si girò verso suo zio. "Scusami zio. Ho dormito troppo." sentenziò, sedendosi a capo tavola, di fronte all'uomo. Vide Vincent entrare chiudendo la porta, affiancandosi a lei. Il servo diede solo un veloce sguardo al ragazzo vestito di nero e, facendo una smorfia, aspettò in silenzio che la sua signora finisse la colazione.
"Allora Gil, come mai ti trovi qui?" sorrise la ragazza, afferrando un pezzo di torta dalla tavola imbandita, "possibile che non ci sia mai carne a colazione?" sospirò.
Reim sbuffò, "Alice... Quando comincerai ad andare d'accordo con le buone maniere?" non ricevendo risposta, l'uomo continuò. "il signor Gilbert è passato di qui per portarti un invito inaspettato."
"Un invito?" bofonchiò la ragazza con la bocca piena di cibo. Sentì Gilbert ridacchiare, per poi schiarirsi la gola. "Si, coniglio, un invito dal mio padrone."
Alice sentì Vincent irrigidirsi di fianco a lei ma non badandoci guardò il moro. "Aspetta, aspetta! ... chi?"
Reim si portò una mano al volto, trascinandola giù fino ad appoggiarla al mento, posando il gomito sul massiccio tavolo in legno. "Gilbert fa parte della casata dei Besaliuss. - l'uomo si tolse gli occhiali, iniziando a pulirli con un panno di seta rossa,- ed il suo padrone, Oz, dovrà sostenere la cerimonia d'ingresso come membro attivo alla casata Besaliuss, per i suoi quindici anni. Sta sera."
Alice finì educatamente di mangiare, sorseggiando il suo bicchiere d'acqua. "Va bene, sono contenta per lui. Ma io non lo conosco."
Il moro si fece avanti a quest'affermazione. "Hai un punto, coniglio. Ma io non me la prenderei troppo sul personale; il mio padrone non ha invitato te,- sogghignò,- ma tutti i membri attivi delle casate. Come tuo zio ed automaticamente tu..."
"Ma io ancora non sono entrata in società"
"Difatti, - Gilbert si avvicinò alla ragazza, posando una busta per lettere color lavanda accanto a lei, - questo è solo un invito. Sta a te decidere se buttarlo nel fuoco o usufruirne in modo corretto." si tirò indietro, scoccando un'occhiataccia al servo della ragazza che subito venne ricambiata.
Alice guardò prima la busta sul tavolo e poi il ragazzo tornato alla sua postazione iniziale. Lo scrutò un momento, insistendo col proprio sguardo indagatorio, nel suo; limpido e scherzoso.
Interruppe quel momento solo per dare spazio a chi realmente avesse voce in capitolo. "Zio Reim... E come la mettiamo con la faccenda del 'tu-non-metti-il-naso-fuori-di-casa'? Pensavo fosse così, con tutte le volte che me l'hai urlato dietro. - fece una pausa, e notò che l'uomo in questione sembrava stesse soppesando le parole,- Non penso che Gil si fermasse a chiedermelo se prima non passava da te."
Sentì una roca risata alla sua destra "Hai due punti, coniglio. Hey, direi che è in vantaggio." Gilbert si avvicinò alla ragazza, posandole la mano in capo, scompigliandole leggermente i capelli. "A sta sera, ragazzina."
"Sta zitto idiota!" la ragazza si scansò subito a quel leggero contatto, infastidita da quell'aria saccente. Vincent si costrinse a rimanere fermo, guardando quella figura in nero allontanarsi all'uscio.
"Alice! Che modi!" suo zio prontalmente la rimbeccò, mandando un'occhiataccia al moro, quasi volesse ammazzarlo. "Gilbert, non credere che sia finita qui." In risposta ricevette solo uno sbuffo ma con la coda nell'occhio lo vide salutare con manina floscia mentre imboccava il corridoio. Sospirò. "Alice, tu andrai a quella festa."
"... Va bene."
L'uomo rimase sorpreso e alzò lo sguardo, puntandolo in quello infastidito della ragazza.
"Non rifiuterò di certo di uscire per una sera dopo che sono rinchiusa in questo palazzo di persone inutili da otto an-"
"Mia signora!" Vincent le mise una mano sulla spalla, stringendo appena. Lo sguardo leggermente inalterato. La ragazza si scostò malamente, fissando nuovamente Reim. "Ci andrò. Ma voglio sapere perché."

"Perché cosa?" fu un sospirò, notò Alice, quello che uscì dalle labbra di suo zio. Un sospiro di rassegnazione.
"Perché posso andarci?! Per tutto questo tempo non sono potuta uscire senza una valida spiegazione ma stasera questo fantomatico Oz dei miei stivali fa una festa perché gli è uscito il primo brufolo della pubertà, e io posso andare alla sua stramaledettima cerimonia di iniziazione o bla bla bla?!" finì svogliatamente l'ultima parte della frase ma si accorse di essere rossa in volto per aver urlato. Si era anche alzata e la sedia si era spostata di poco all'indietro, mentre Vincent aveva fatto un leggero balzo di lato.
"...Si"
Rimase basita e alquanto offesa. "Capisco. Non vuoi dirmelo." fece una pausa, fissando un punto non definito. Dopo pochi secondi di silenzio fece uno scatto, tornando a guardare l'uomo. "Bene. Motivazione?" La ragazza si schiarì la gola, sedendosi nuovamente, calma come l'acqua cristallina.
"Aaaah" Reim si allentò i bottoni della camicia, cercando una posizione più comoda sulla sedia. il suo sguardo cercò disperatamente Vincent. "Dio... Per te è davvero così complicato dover fare una conversazione con lei?"
Vincent ridacchiò quasi istericamente, sentendo lo sguardo omicida della ragazza puntargli dritto in fronte.
Reim si alzò dalla sedia, "Bene, finisci di mangiare Alice e fa le tue attività quotidiane. Alle sei e trenta dobbiamo partire. Naturalmente Break ci accompagnerà."
"Naturalmente," fece eco la ragazza alzandosi. "Non ho più fame, torno in camera mia" senza aspettare oltre, Alice diede le spalle a suo zio, uscendo a passo svelto dalla grande sala.
Vincent guardò l'uomo dall'aspetto stanco. "State bene, Reim?"
Reim si alzò, sospirando, "La sala grande sarà chiusa per quasi tutto il pomeriggio" proferì, suonando un campanellino tirato fuori dalla tasca interna della sua giacca, aspettando che le domestiche sparecchiassero la tavola. "I membri di Pandora verranno qui"
Il servo si raggelò, sgranando lo sguardo. "Capisco. Sarà meglio che io raggiunga la signorina." strinse un pugno e senza salutare imboccò l'uscita, fermandosi subito dopo aver girato l'angolo, poggiandosi di peso al muro.
Il servo si portò una mano alla tempia che sentiva battere. Sentì una rabbia scoppiettante cominciare a premere dentro di se e si tenne lo stomaco, sentendo una fitta di dolore proprio sotto lo sterno. Aprì di scatto gli occhi, cominciando a ridacchiare in modo sguainato. Si sentiva instabile, aveva una sensazione di vuoto e non controllo che lo faceva impazzire. Gli attacchi si facevano frequenti.
- uccidila -
Vincent sgranò gli occhi, era arrivato a reggersi la testa con tutte e due le mani, un'espressione scura sul suo volto. "N... No" sussurrò. Vagò con lo sguardo per il lungo corridoio e non vi trovò nessuno. Nessuno che poteva aver parlato.
- uccidila -
Si girò di scatto, guardando spaventato dietro di se. "Non voglio ascoltarti!" si diede una leggera botta alla tempia, cercando quasi di far star zitta quella voce che sentiva provenire dal suo cervello.
- uccidil-... -
"Vincent, stai bene?" Il servo alzò gli occhi intrisi di paura e li puntò in quelli calmi e preoccupati della sua padrona. Intuiva d'aver un'espressione sinistra.
"... Sì". rispose incerto. Cercò di schiarirsi la voce, togliendosi dal muro e avanzando di qualche passo incerto.
Alice lo guardò stupita, quasi preoccupata. Era bianco in volto, - più del solito - "Ti stavo aspettando, ma tu non accennavi ad arrivare..." La ragazza si piegò verso di lui, scrutandolo con sguardo indagatorio. "Vince?"
Il servo annuì contrariato, cercando di sforzare un sorriso. "Scusi mia signora. Le chiedo di concedermi qualche minuto per andare ai servizi."
La ragazza sbuffò. "E' solo Alice. E smettila di chiedermi il permesso per ogni mossa che ti senti di fare!" si girò di spalle, sentendo i capelli fluenti caderle liberi sulla schiena. Vincent annuì, tenendosi il petto con la mano destra e chinandosi leggermente. "La raggiungerò tra pochissimo" con queste parole tornò indietro, incamminandosi verso la propria camera.

Alice rimase a guardare Vincent di spalle, allontanarsi. Non era insolito vedere il suo servo comportarsi stranamente; strano era addirittura il modo in cui si erano incontrati. Quando la ragazza compì cinque anni, suo zio Reim, insieme a Break ed ad altre persone di cui Alice non ha memoria, la portarono a fare un tea party al di fuori delle mura della casata. Si sistemarono intorno un fiume con le tavolate imbandite di pasticcini e caramelle, dei cesti pieni di giochi e la tranquillità che i rumori della foresta, li vicino, gli donava. Alice, dopo svariate ore di gioco, si perse nella foresta. I ricordi di cosa sia successo dopo sono sbiaditi ormai col passare degli anni, ma ricordò perfettamente la figura di un ragazzino poggiato, quasi senza vita, ad un albero. Un ragazzino biondo che respirava a fatica. Indossava una veste bianca, ricoperta da macchie di sangue cremisi ovunque. Il volto del ragazzo era una maschera di disperazione e pazzia, tanto che Alice ebbe paura persino di respirare. Strinse una mano al petto e col coraggio d'una bambina, fece qualche passo incerto verso di lui. La reazione che il ragazzino ebbe, quando la vide, non era minimamente paragonabile a ciò che Alice s'aspettava...

La ragazza sospirò, tornando alla realtà. Si girò di spalle camminando nuovamente verso la sua camera.





Gilbert varcò la soglia del grande salone da ricevimento. Vide Oscar dirigere i lavori per la festa della stessa sera e si incamminò verso di lui cercando di schivare i camerieri indaffarati con le faccende.
"Oscar-sama" esclamò avvicinandosi.
"Gilbert!" l'uomo sorrise, girandosi. Dalla folta barba chiara si intravide un sorriso e i capelli biondi, legati in una coda morbida gli si posarono sulla spalla. "Se stai cercando Oz è in giardino con Elliot. Quei due vanno proprio d'accordo!"
il moro annuì, ricordandosi poi della vera motivazione per cui era passato da lui. Cercò nelle tasche interne del suo fedele cappotto nero e ne tirò fuori una lettera. "Sono venuto a consegnarle questa." la porse all'uomo, puntando gli occhi chiari nei suoi.
Oscar ricambiò lo sguardo, prendendo delicatamente la media busta color panna. La girò, sorridendo sghembo al sigillo rosso che gli saltò immediatamente all'occhio. "Oh, quindi si sono fatti avanti finalmente."
"Già. Era quello che stavate aspettando, no?" il servo socchiuse gli occhi, scrutandolo.
"Gilbert, Gilbert..." lo canzonò l'uomo, "perché fai quell'espressione seria?" sorrise quasi ridicolizzandolo.
Il moro chiuse gli occhi, grattandosi poco inteliggentemente la nuca. "Umh. Credo che raggiungerò Oz." fece un mezzo inchino svogliato e girandosi imboccò la via principale per il giardino.
Oscar sorrise rilassato portando la lettera vicino il viso, ammirando il timbro sul sigillo. "Pandora, eh?" sussurrò.

Il moro adocchiò i due giovani seduti al tavolo sotto il gazebo; iniziò ad avvicinarsi rilassato, contento di rivedere il suo padrone dopo un'intera mattinata.
"Non credere che vincerai, pidocchio!" esclamò Elliot irritato. Fissava la tavola da gioco per gli scacchi in tensione. Era la terza partita da quando era arrivato, quella mattina, ed il fatto che il moccioso davanti a lui ne avesse già vinte due lo rendeva alquanto suscettibile. Fece la sua mossa, non distogliendo l'attenzione dal biondino davanti a lui, assumendo una posa sicura e altezzosa. I corti capelli sbarazzini, castano scuro, erano leggermente solleticati dal vento e gli occhi blu tempestosi, illuminati dalla sfida, si rispecchiavano in quelli del suo avversario.
"Scacco matto" pronunciò Oz.
Il ragazzo incrociò le braccia, chiudendo gli occhi con aria saccente. "Mi dispiace Elly
!" esclamò con scherno. I capelli fluenti e non troppo corti, sbarazzini, di un biondo chiaro e lucente. Socchiuse gli occhi, d'un verde limpido e intenso, per il fastidio dei raggi solari. Notò con piacere che il suo avversario stava per sbottare di rabbia e la cosa lo divertiva non poco.
Elliot intanto, ripresosi momentaneamente dallo shock iniziale, s'irrigidì, puntando gli occhi irritati sul biondo. "Sei solo un pidocchio! Hai barato!"
Oz assunse una posa sciolta e interrogativa "Chissà!"
"IO TI AMMAZZO!" il castano si alzò di scatto, sguainando la spada. Fremente di rabbia fissava l'avversario davanti a se.
"Hey, voi due..." Gilbert si era arrestato poco lontano dal tavolo, era abituato a queste scenette quasi quotidiane e scosse la testa divertito.
Oz si alzò molleggiando con un'aria contenta in volto. "Gilbert sei tornato
!" quasi canzonò il suo nome, ignorando completamente Elliot, avvicinandosi al servo.
Il moro sorrise, inchinandosi leggermente "Padron-UGH!" si tenne lo stomaco, chinandosi, dopo che una gomitata lo prese in pieno.
"E' solo Oz!" sorrise il biondo, dandogli una leggera pacca, visto che la posizione chinata portava la testa del servo giusto alla sua altezza. Gilbert sorrise, alzandosi e ricambiando il gesto.
Elliot fece una smorfia. "Siete proprio due gay..." rinfoderò la spada, per poi sventolarsi svogliatamente la mano guantata davanti il viso.
"Sei tu che ti fai pensieri strani, Elly!" rispose in tono divertito il biondo.
Gilbert, che da prima non aveva distolto lo sguardo dal suo padrone, lo posò su quello irritato di Elliot, rivolgendogli un cenno "Fratellino..." 
"Tsk, crepa." Mormorò scocciato il castano incrociando le braccia al petto. Sentì Oz ridacchiare, tornando nuovamente a rivolgere parola al suo servo. "Allora Gil, raccontami. Come è andata?" si avvicinò molleggiante al tavolo, rubando un biscotto.
Elliot sospirò e prima che Gil potesse aprire bocca si mise una mano dietro la nuca, facendo un occhiolino a Oz. "Io me ne vado, pidocchio. Domani vincerò stanne certo." Oz saltellò felice, "Non credo proprio," lo canzonò.
Il castano stava imboccando l'uscita, salutando con la mano alta. "tsk" sparì dietro l'entrata alle cucine.
"Ho parlato con Break stamani. - Gilbert si mise di fianco al suo padrone, che nel frattempo mangiava ogni dolce presente sul piccolo tavolo.- Sta sera saranno presenti anche loro per porti i loro omaggi."
Il biondo fece spallucce, "heh come se fosse necessario" farfugliò. "Poi?"
"Per ora non ci sono novità." finì secco il moro.
"Quel maledetto... Sono sicuro che siano solo frottole. Sta sera ci parlerò io stesso." concluse convinto ed irritato il biondo. Gilbert sospirò, portando le mani ai fianchi, "Cambiando momentaneamente discorso, ho anche colto l'occasione per invitare il duca di Baskerville, Reim." Oz sembrò rifletterci sopra. "Il duca di Baskerville? Umh, non credo di aver mai avuto l'onore di parlarci."
Sul volto di Gilbert, l'espressione cambiò. "Si invece. Forse non ti ricorderai... Ma c'era anche lui sei mesi fa." la voce tremò poco verso la fine della frase.
Oz annuì serenamente "Ricevuto, ricevuto. - sorrise sghembo, finendo di mangiare l'ultimo biscotto, - Credo che sarà una festa memorabile!"




Lottie strinse nuovamente il corpetto sul petto di Alice, finendo d'allacciarlo con forza. La castana si lamentò dal fastidio, sbuffando appena.
"Mi scusi mia signora, non era mia intenzion-"
"Lascia perdere Lottie, qui hai finito, vai pure." Alice alzò lo sguardo verso la badante, aspettando la sua uscita di scena.
Lottie si inchinò leggermente, lasciando che i lunghi capelli rosa chiaro le cascassero sul volto. Gli occhi d'una sbiadita tonalità di rosso erano socchiusi, ammirando la sua padrona specchiarsi leggermente. "Come desidera." le diede le spalle lasciandola sola nell'immensa camera da letto sbattendo la porta dietro di se.
Alice sospirò, sedendosi davanti al tavolo del trucco, continuando ad ammirare la sua immagine riflessa. I lunghi capelli fluenti erano legati in una coda alta, lasciando libere due corte ciocche ai lati della frangia. Si girò ammirando il vestito posato sul letto che avrebbe indossato la stessa sera. Era bello ed elegante; una tonalità rosso fuoco con dei merletti e pizzi rosa e bianchi. Sbuffò di nuovo, sta volta sonoramente.
"Vorrei proprio capirci qualcosa." pensò adirata. In otto anni era stata costetta a rimanere tra le quattro mura di quel castello. Era uscita solamente una volta ma lei non ne aveva memoria. La gente, da tempo immemore, la trattava stranamente. Tutto era iniziato otto anni fa, da quando le era stato anche negato l'accesso alla torre dove la ragazza era solita giocare da bambina con la sua amica immaginaria, Alyss.
In realtà Alice, non sapeva se definirla esattamente amica immaginaria. Da bambina quando raccontava allo zio Reim di Alyss lui si divertiva a sentire le loro avventure. Quando la ragazza raggiuse gli undici anni, Reim si alterava sentendo parlare della presenza che la seguiva ovunque. Così Alice, smise di parlarne, ma continuò a sentirla con lei tutti i giorni della sua vita. Da sei mesi, però, Alyss era scomparsa; la ragazza la chiamava a volte, durante la notte, ma nessuno rispondeva.
Stamani Alice si era svegliata con un'orribile sensazione, la stessa sensazione che l'attanagliò in quel momento, sentendo bussare alla porta.
"Vincent non sono vestita" mormorò, alzandosi svogliatamente, avvicinandosi al letto.
"Alice..." un soffio e Alice sgranò gli occhi, volgendo immediatamente l'attenzione in direzione della porta. Di certo quella non era la voce del suo servo.
"Alyss!" ripresasi, con passo svelto arrivò davanti la porta, aprendola di scatto. Sentì il cuore perderle un battito, per poi ripartire due volte più veloce.
Una figura scura, nascosta per metà dall'ombra del lungo corridoio sorrise. "Buonasera."
"Pagliaccio!"








Note:
Sono estremamente contenta di aver pubblicato questo primo capitolo. Spero d'avervi interessato.
Il secondo è in lavorazione, grazie dell'attenzione e buona lettura!






   
 
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