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Autore: luc97    11/09/2014    0 recensioni
Un ragazzo, un viaggio, un segreto inconfessabile.
L'avventura di un adolescente alla scoperta di sè stesso, della sua sessualità e dei suoi veri sentimenti; un viaggio di un ragazzo disperato e solo alla ricerca di qualcosa per cui valga la pena vivere.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1: La panchina nella villa

Era un caldo pomeriggio di inizio settembre e mi ritrovavo a camminare per le asolate strade di Napoli con una valigia in mano e un cuore spezzato. Non avevo una meta precisa; ovunque era meglio del luogo da cui venivo, del luogo che ero stato costretto ad abbandonare. Mi sedetti sconsolato su una panchina nella villa comunale, vicino al meraviglioso lungomare. Erano le cinque del pomeriggio ed era domenica, quindi la villa era piena di gente, ma io mi sentivo più solo che mai. Pochi minuti dopo si sedette affianco a me una signora; una di quelle signore anziane con i capelli un po’ grigi e un gran sorriso che non lasciava coperti neanche uno dei suoi bianchi e lucidi denti; una di quelle signore benestanti che, abbigliate con un completo monocromatico di giacca e gonna e un cappello dello stesso colore, si siedono sulle panchine la domenica pomeriggio per dar da mangiare ai piccioni, armate di un aplomb e di un portamento da far invidia alla regina d’Inghilterra. Mi soffermai per un momento a riflettere sulla pregnanza metaforica di questa donna. Essa è vista da tutti come una vecchina felice e altruista, che ama i bambini e che dà da mangiare ai poveri animaletti indifesi, ma uno sguardo attento capisce che sotto questa maschera di “vecchietta simpatica”, si nasconde un essere triste e malinconico, vedova di un marito che lei amava e che ora non c’è più; madre di figli che non la vanno a trovare e invano hanno cercato di metterla in una casa di riposo per farla “stare con persone della sua età” a sentir loro, per togliersela davanti a dirla tutta; nonna di nipoti che non vede mai e che forse neanche la conoscono. Una donna sola, in una casa enorme che non può più condividere, in cui i suoi pensieri, per quanto belli possano essere, vanno a ricadere sempre più spesso sulla morte. Questa sorridente infelice signora si sedette affianco a me e iniziò a sorridermi. Dopo qualche secondo in cui lei mi sorrideva e io la ignoravo gentilmente, iniziò, malauguratamente, a parlarmi:
“Buongiorno giovanotto, come ti chiami?”
Ero tentato di alzarmi e andare via, lasciando la vecchia sconcertata per un momento, prima che agguantasse un altro ragazzo e iniziasse a infastidirlo. Tuttavia, per quanto potesse infastidirmi questa falsa vecchietta felice, la mia educazione mi impose di nascondere i miei sentimenti e mostrarmi gentile e accomodante, cosa che avevo imparato a fare troppo bene durante la mia breve vita.
“Salve signora, mi chiamo Marco”
“Marco? Che bel nome! Sai che ho un nipote che si chiama così e che ha più o meno la tua età?”
Che diamine ne posso sapere se neanche ti conosco, ottusa vecchia signora?
“Davvero? Che bella coincidenza!”                           
“Si si. Ma, dimmi, quanti anni hai giovanotto?”
“Ne ho 17, signora”
“Ma certo! Anche il mio Marco ha 17 anni. Scommetto che sareste ottimi amici”
Certamente! Perché, ovviamente, se due ragazzi hanno la stessa età non possono fare altro che essere amici per la pelle! Se questa logica funzionasse, signora, magari il mondo non sarebbe il posto orribile che conosciamo.
“Ma dimmi una cosa, giovanotto”, continuò imperterrita la signora non perdendo neanche un momento il suo inquietante sorriso, come se fosse vittima di una paralisi facciale, “cosa fai con quella valigia? Non dirmi che sei appena arrivato a Napoli?”
Il tono e la dolcezza di quella signora stavano iniziando a darmi sui nervi
“No signora, ci vivo da circa 17 anni”
“Oh allora sei in partenza? Che bello viaggiare! Dove vai di bello? Ricordo che quando ero giovane adoravo viaggiare, ma la mia famiglia non poteva permettersi di girare il mondo a proprio piacimento, così…”
“No signora”, la troncai immediatamente prima che si immergesse in un discorso ampio e contorto senza uscita, “non sono appena arrivato, né sono in partenza. Vorrei tanto che fosse così ma non lo è. Vuole davvero sapere perché sono qui da solo nella villa comunale con una valigia piena in mano? Il motivo è che sono stato cacciato di casa dai miei genitori e non ho un posto dove andare. Non sono appena tornato da una vacanza da sogno, né sono arrivato qui da un'altra città per studio o per lavoro. Sono soltanto un ragazzo solo e abbandonato che sicuramente non è intenzionato ad ascoltare le gioie e le sventure della vita di una vecchia incontrata per caso. Io non la fermo per strada e la obbligo ad ascoltare i motivi delle mie sofferenze e gradirei che lei non faccia lo stesso”.
Senza neanche accorgermene avevo iniziato a piangere. Le lacrime mi rigavano gli occhi come cascate che scendono da un pendio roccioso. Mi aspettavo di vedere la vecchia scoppiare a piangere, svenire o al massimo andare via sdegnata, ma rimase lì, ferma, con l’unica differenza che aveva perso il suo onnipresente sorriso.
“Non sono qui per raccontare al mondo le mie sofferenze, né per costringere i ragazzi ad una noiosa conversazione con una povera vecchia. Sono qui perché le mie sofferenze le ho subite e i miei dolori li ho avuti e ho accumulato tante esperienze nella mia vita da riuscire a comprendere l’importanza di una parola scambiata con un volto amico e di un sorriso rivolto a chi vuole accoglierlo. La mia intenzione non è infastidire le persone, ma riuscire a portare un sorriso nella loro giornata, perché non puoi immaginare la felicità che si prova nel regalare un sorriso, anche se la propria vita è piena di sofferenze”.
Le parole della signora mi fecero sentire un verme. Avrei voluto sprofondare negli abissi più reconditi della crosta terrestre e non salire più.
“Mi scusi signora” le risposi asciugandomi le lacrime “non volevo essere maleducato, davvero”
“Oh, non preoccuparti, ne ho sentite di peggio. Ora me ne vado, ma spero vivamente che tu riesca a risolvere i tuoi problemi. Ricorda che anche nei momenti più oscuri si può trovare un barlume di felicità”
Con queste parole la signora se ne andò, così come era arrivata.
Il discorso della signora mi lasciò allibito. Tanta saggezza in una povera vecchia! Comunque, grazie a lei smisi di piangermi addosso e decisi di raggiungere la casa dell’unica persona che avrebbe potuto accogliermi senza problemi: la mia amica Silvia.
   
 
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