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Autore: Kat Logan    12/09/2014    7 recensioni
Paradiso e Inferno; è ciò che si ritroveranno ad affrontare i protagonisti di Stockholm Syndrome in questa nuova avventura.
Hanno amato, realizzato i propri sogni, hanno accarezzato il paradiso nella pacifica Osaka ed ora devono ristabilire l'equilibrio; troppa gioia tutta in una volta è da pagare.
Per uno Yakuza la cosa più importante è l'onore, così, Akira e Haruka seguiranno le proprie tradizioni.
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"Ovunque andrò, sarai con me. E avrei voluto dirlo in modo diverso, in un’occasione differente…magari al lume di candela, su un tetto, sotto alla luna, al nostro terzo matrimonio. Ma sai, un momento giusto non c’è mai. Quello giusto è quando lo senti, ovunque tu sia..quindi…lo dico adesso, forte come non l’ho mai sentito prima d’ora. Ti amo e questo non cambierà, non è cambiato nemmeno nel momento in cui non mi sono più riconosciuta".
[Sequel di Stockholm Syndrome].
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mondo Yakuza'
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Kissing The Dragon
Capitolo 1
Tokyo Inside
 
 
 
Tokyo, città che non dorme mai.
L’ affascinante sonnambula che trascinava nella sua spirale di veglia perenne chiunque le vivesse in grembo.
I suoi occhi al neon spiavano dentro le vite dei suoi abitanti senza lasciar tregua alle anime che percorrevano le sue strade come ogni notte.
 
“ Rei, per l’ultima volta cosa diavolo stai combinando? ”.
Setsuna aveva la voce di chi la pazienza non l’ha mai conosciuta o quanto meno l’ ha già esaurita da un pezzo.
L’ ispettore Meiō, infatti, era un continuo fascio di nervi a causa del suo lavoro in perenne ritmo coi battiti della città.
Non era abituata a mollare la presa, doveva stare al passo con i criminali che la capitale le sfornava sotto al naso e tutti quelli che si perdevano nei suoi numerosi vizi.
Tokyo affascinava. Peccaminosa, si mangiava come un’ ingorda chiunque si lasciasse ammaliare dalle mille tentazioni con cui ti faceva l’occhiolino.
“ Non voglio sprecare più fiato! ” disse per tutta risposta Rei che con un gesto di stizza si ritrovò a gettare un altro paio di cullotte rosso fuoco nel trolley aperto sul letto che avevano condiviso per mesi.
“ Perciò tutta questa scenata è perché non me la sento di conoscere i tuoi genitori?! ”.  La più grande replicò appoggiandosi allo stipite della porta con la schiena, incrociando le braccia al petto senza perdere di vista nemmeno uno degli indumenti che l’altra stava tentando di portarsi via con sé.
Forse, andare a convivere così presto, era stato quello che si definisce un passo più lungo della gamba.
Molto probabilmente Setsuna si era lasciata intenerire dalle stampelle dell’altra, dal fatto che si era ferita in servizio con lei e che in qualche modo si sentiva responsabile. O forse, era per il fatto che Rei era passionale, fuoco allo stato puro e non l’avrebbe certo potuta mandare fuori di casa una donna del genere. La sua donna.
“ Ispettore Meiō…”. La morettina fermò bruscamente la sua corsa alla valigia emettendo un lungo sospiro. Portò le mani alle cerniere e puntò le sue iridi dritte in quelle della compagna.
“ Penso lei abbia perso la sua abilità nel far congetture…” uno strattone, il ronzio veloce di lampo che si serrano e in un batter d’occhio quel bagaglio era pronto a scivolare via di lì sulle sue piccole ruote.
“ Gli indovinelli, ci risiamo ”.
Setsuna con voce provata socchiuse gli occhi e si portò le dita alle tempie.
Le emicranie la facevano impazzire e alle volte la sua compagna sembrava assumere le sembianze di un tarlo dispettoso intento a farsi strada dentro il suo cranio. Inutile dire quindi che la cosa non l'aiutava.
Rei con fare scenico si avviò verso la porta d’ ingresso tirandosi dietro quell' agglomerato di abiti e cosmetici stipati dentro il trolley.
Ancheggiò con fare offeso senza emettere un sibilo in più, lasciando dietro di sé una scia di profumo dolciastro.
Fiori di loto constatò Setsuna sempre attenta ad ogni dettaglio.
“ Rei…”.
“ Che c’è ancora? ”.
“ Rei, guardami...” emise un sospiro pesante. Non sopportava la visione delle sue spalle; le dava l’idea di un addio non potersi tuffare nei suoi occhi grandi  scuri.
“ Ti ho vista l’altra sera ” sibilò tagliente la mora.
La fronte della più grande si aggrottò appena in cerca di una risposta o qualunque cosa le riportasse alla mente ciò che la fidanzata stava insinuando.
“ E’ un po’ vago…”
Lo squillo del cellulare s’intromise tra loro.
La suoneria di X- Files urtava tremendamente la più giovane che la riteneva troppo fuori moda per chiunque.
“ Rispondi, ti prego. E’ un supplizio! ”.
“ Si, ispettore Meiō, ditemi…” detto fatto. 
“Cosa?!”. Il tono di Setsuna si fece vagamente stridulo, quasi isterico. Tutto quel lavoro l’avrebbe uccisa prima o poi, ne era sicura. Eppure non riusciva a starci lontana.
Lo stacanovismo era poco al confronto.
Rei tentennò per un momento, indecisa sul da farsi. Il suo umore oscillava tra l’offeso, la rabbia e una buona dose di curiosità che ora le si era instillata dentro.
Avrebbe voluto rimanere per saperne di più, ma il suo orgoglio ne avrebbe risentito senza trovare una buona scusa per restare. E la fortuna girò dalla sua parte come se avesse udito il richiamo della morettina, poiché anche il suo cellulare squillò informandola che avrebbe dovuto assistere ancora una volta l’ ispettore Meiō.
 
Setsuna afferrò la borsa buttandovi dentro il telefono.
“ Che fai, allora?”
“ Sono la tua partner, vengo con te. Mi hanno appena informata”.
“ Bene ”.
“ Perfetto ”.
Uno scintillio porpora attraversò lo sguardo della più grande che mise un piede oltre la soglia.
Rei a quell’ occhiataccia perse la pazienza mollandole la valigia sui piedi.
“ Ahi! ”.
“ Ops! ”.
“ Sei impazzita?! ”.
“ Adultera ”.
“ Ignorante ”.
L’ ispettore si richiuse la porta alle spalle, chinandosi appena a massaggiarsi la punta dolorante del piede.
“ Ma lo sai cos’è l’adulterio?! ”.
“ Ti ho vista l’altra sera ” ripeté la fidanzata.
Ed ognuna con un diavolo per capello salì in auto.
 
 
***
 
 
La folla chiassosa e colorata di Shibuya era il battito d’ali nello stomaco di Tokyo.
Il suo ventre caldo, il fulcro, il cuore pulsante della bella cortigiana sempre sveglia.
 
Le ruote dell’auto viaggiavano per strade sempre affollate ad ogni ora del giorno e della notte.
L’ abitacolo, immerso in un pesante silenzio, ospitava due amanti nel bel mezzo di una burrasca.
L’ agente Hino teneva puntate le due grandi lune d’onice oltre il finestrino, mentre l’ ispettore Setsuna si mordeva convulsamente il labbro inferiore privo di rossetto quella sera.
Erano in borghese, su un automobile come tante non dotata di sirene che doveva viaggiare alla velocità delle altre. Troppo lente per stare allo stesso ritmo della vita che si consumava a Shibuya.
Loro, al contrario di molti, non erano dirette in qualche club. Avevano una scena del delitto da studiare come se si trattasse di appunti dettagliati per una lezione importante. E la vita a Tokyo ne impartiva parecchi d’ insegnamenti, bisognava solo coglierli nel modo giusto.
 
Due persone agli opposti ma vissute in sintonia fino ad allora avevano  credenze agli estremi.
Non gliene frega proprio niente. Questo l’unico pensiero di Rei, con l’animo sempre turbolento nel bene e nel male.
Lei era un continuo scoppiettare di fiamme dentro di sé.
Ma persino Setsuna, con la mente sempre sul dovere, in quel momento guidava lenta perché troppo concentrata su ciò che l’altra le aveva detto prima di salire a bordo della vettura e blindarsi dietro l’assenza di parole.
I pneumatici  divorarono gli ultimi stralci d’asfalto a dividerle dalla loro meta.
Si trattava di una palazzina bassa che risultava incassata, quasi nascosta tra le recenti costruzioni e gli innumerevoli piani dei grattacieli illuminati a giorno.
Un nastro giallo circondava il perimetro della struttura e solo dopo che Setsuna mostrò il distintivo ebbe il consenso ad addentrarsi su per la scalinata angusta che portava all’interno numero venti.
“ Cos’abbiamo? ” domandò tirandosi appena il lembo della camicia bianca sulla cinta dei pantaloni.
“ Uomo, sui venticinque anni. L’abbiamo trovato impiccato nella sua stanza. La chiamata è arrivata dalla madre. Diceva di non sentirlo da giorni…”.
“ Hino prendi appunti  ” ordinò la più grande, mettendo piede dentro un piccolo salotto spoglio.
La mora con una smorfia di disappunto disegnata in volto, segnò i particolari che il poliziotto si premurò di riferire a Setsuna sulle pagine stropicciate di un piccolo block notes.
“ Uno studente? Avete controllato se era iscritto a qualche università? Magari è il classico suicidio di chi non passa al primo colpo gli esami…”
“ Faccio verificare, di qua, mi segua ”.
“ Non ha lasciato un biglietto? Qualcosa? ” s’intromise la morettina.
“ No ”.
Quando i tre misero piede nella stanza, nel loro campo visivo entrò per prima la siloutte magra e scura appesa alle pale del soffitto, poi uno sgabello riverso a terra poco più lontano.
“ Non capisco perché abbiate chiamato proprio me. Non ero nemmeno di reperibilità sta notte…”.
“ Dovrebbe guardare la schiena del ragazzo…” disse appena intimidito l’uomo.
Setsuna inspirò profondamente; c’era un odore nauseabondo lì dentro.
Rei la seguì silenziosa e solo dopo essersi ritrovata davanti al dorso del cadavere riuscì a battere le ciglia come per scrollarsi da un sonno pesante.
“ Che sia…” soffiò a bassa voce, per poi lasciar finire la frase a Setsuna.
“ Uno Yakuza? ”.
 
 
*** 
 
 
Non c’era nulla di meglio della “Capitale della buona tavola” per uno come Akira. Il grembiule, però, lo aveva abbandonato sui fornelli accesi; lasciando che prendesse fuoco - così come aveva fatto il suo sguardo glaciale - nel momento in cui era stato licenziato su due piedi da un damerino con la puzza sotto al naso.
In pochi minuti era riuscito a scatenare un vero putiferio nella cucina del ristorante sul molo dove qualche mese prima aveva cenato con Michiru e Minako.
 
 
“ Si sono lamentati perché sono un perfezionista! ” gridò senza ritegno, gesticolando come se cercasse di afferrare qualcosa troppo in alto per lui, davanti ad una bionda dall’ aria tutt’altro che interessata a quella faccenda.
“ Non farne un dramma. Non ne vale la pena”. Eccola la risposta ricevuta; scarna e senza fronzoli. Una vera stilettata inferta senza alcuna pietà al suo cuore di cuoco appassionato.
 
Akira arricciò il naso infastidito. Gli occhi sgranati in due palle argentee sottolineavano l’aria di incredulità dovuta alla poca considerazione che quella faccenda suscitava in Haruka.
Se non l’avesse conosciuta da un’ eternità avrebbe potuto trarre conclusioni sbagliate e lasciare perdere in un batter d’occhio la loro amicizia, ma avendoci avuto a che fare per anni non ci diede troppo peso e continuò quel fiume di parole all’apparenza inarrestabile.
“ Dovrei aprire un’attività per conto mio, vero? Minako ha appena cominciato a fare il tirocinio in ospedale e un uomo dovrebbe mantenere la propria donna, no?! Ma qui poi si parla di passione, non solo di soldi! ”.
“ Si, Akira. Si. Giochiamo o no? ” domandò la bionda spazientendosi appena, per poi alzarsi dal muretto bianco sul quale erano rimasti seduti sino a quel momento.
“ Se proprio insisti…”
“ Insisto, voglio stracciarti ”.
“ Quante arie. Non ci andrò piano solo perché sei una signora! ”.
“ Non voglio essere trattata da signora, infatti! Muovi quel culo e smetti di blaterare. Ti servirà tutto il tuo fiato per starmi dietro! ”.
 
Haruka si sistemò una bandana tra i capelli biondi in stile Rambo.
Odiava perdere persino quando si trattava di giochi come il basket. Era sempre stata competitiva e non ci sarebbe andata leggera solo perché Akira era come un fratello per lei.
Arrotolò le maniche corte di una maglietta grigia troppo larga sulle spalle e prese a palleggiare con la sfera arancione che aveva tenuto stretta tra i polpastrelli sino a quel momento.
Osaka in sottofondo lasciava loro il richiamo dei gabbiani e lo scrosciare delle onde sulla costa che ospitava il piccolo campetto da basket ormai immerso nel buio.
Era come vivere un’eterna estate lì.
Lei e l’amico si erano ritagliati un angolo di paradiso, facendosi tabula rasa attorno per evitare contatti con qualsiasi membro della loro cricca poco raccomandabile di Tokyo.
“ Smettila di piagnucolare e fammi vedere che sai fare! ”.
Un sorriso beffardo dei suoi. Di quelli che non mostravano la dentatura bianca e perfetta ma solo un angolo di labbra che s’incurvava all’insù accompagnato da uno sguardo di sfida.
La ragazza scartò il moro, corse verso la metà campo senza perdere il controllo della palla fino a che non se lo ritrovò davanti.
Akira tentò di rubarle la sfera rimbalzante, ma afferrò solo aria.
Haruka girò su se stessa col vento a scompigliarle i fili dorati che le ricoprivano la testa. La schiena appena inarcata all’ indietro e le braccia tese in avanti in un lancio che fece vibrare il tabellone davanti a lei.
“ Ti è andata male! ” la prese in giro bonariamente lui col suo sguardo artico.
“ A te andrà peggio! ” esclamò la bionda in risposta, per poi bloccarsi con la palla nuovamente in mano e uno strano sorrisetto in viso.
Akira dal principio non capì cosa intendesse, gli bastò però seguire lo sguardo dell’altra per incontrare una biondina con mani sui fianchi e piede destro a battere ritmicamente sull’asfalto in attesa di spiegazioni.
“ AKIRA! COSA CAVOLO CI FAI QUI?!”.
“ Dolcezza…io…”
“ NON DOVRESTI ESSERE AL LAVORO?!” sputò con tutto il fiato in corpo Minako, avvolta in un vestitino a fiori che emise un fruscio nel dirigersi verso i due.
“ Ahi, la vedo male Akira…” sibilò Haruka passandosi il dorso della mano sulla fronte umida.
L’ amico le diede una gomitata al fianco per farla tacere.
“ Adesso ti spiego tutto…”
“ Sentiamo”.
“ Minako, non fare così però”.
“ Già, Mina…abbi pietà mi sta facendo quasi pena Akira!”
“ Allora?! ”
“ Si, allora Akira. Glielo spieghi o glielo dico?! ”
“ Fatti gli affari tuoi tu! ”
“ COSA DEVE SPIEGARMI?! ”.
“ Stavo cercando solo di aiutarti, IO!” sbottò Haruka con una smorfia.
“ Allora?! ” Minako aveva perso la pazienza lasciando cadere dalla mano la propria borsa sfinita da tutta quell’attesa.
“ L’ hanno licenziato ”.
“ HARUKA! ” questa volta fu il ragazzo ad alzare la voce. Ma fu subito troppo preso a studiare la gamma di espressioni che passarono sul volto di Minako alla notizia, per continuare a discutere con l’ amica.
Entrambi si sarebbero aspettati una serie di imprecazioni o urli simili allo scoppio di una bomba, ma inaspettatamente le labbra appena colorate dal lucidalabbra corallo di Minako si schiusero in una piccola “o”.
“ Oh povero tesoro! ” esclamò in tono quasi materno, intenerita dal fallimento del fidanzato che sapeva amare più di ogni cosa la cucina.
Haruka alzò gli occhi al cielo cercando di sfuggire alle smancerie che sarebbero seguite di lì a poco.
 
“Ehi, Haru!”. Akira la richiamò all’attenzione già pronto a gustarsi la stretta di Minako che aveva aperto le braccia in sua direzione con fare consolatorio.
“ Ma non dovresti essere a Tokyo? ”.
“ Eh? ”.
“ A questo giro tu e Michiru dovevate vedervi là ”.
“ Naaa! ”.
“ Siii! ”.
“ Ti sei confusa, un’altra volta ”.
“ Io non mi confondo!”.
“ E invece si! ”  replicò in coro la coppia.
 
Oh merda.  Uno sguardo all’orologio e una corsa sfrenata verso il primo autobus diretto in aeroporto.
 
 
***
 
 
Tra le doti di Haruka la puntualità non rientrava di certo.
Michiru per lo meno aveva una buona scusa. Si stava facendo bella per lei, indossando un paio di perle alle orecchie semi nascoste dai lunghi capelli ondulati e perfettamente pettinati.
La parte più ardua era stata la scelta dell’abito. Ne aveva scartati una decina per poi infilarli nuovamente nell’armadio di Ami come nulla fosse.
Per la biancheria intima era stato tutto molto più semplice.
Un completino in pizzo di Victoria Secret nero non si poteva di certo battere.
Salutò il padre infilandosi un paio di tacchi vertiginosi sulla soglia e Yoshio si schiarì la voce drizzandosi sulla sedia intimandola di tornare entro la mezzanotte, esattamente come farebbe un buon padre con la figlia adolescente. Ma le sue ragazze ormai erano cresciute; Ami era una specializzanda in chirurgia e di lì a poco sarebbe diventata un grande medico.
Michiru aveva spiccato il volo da tempo. Si era trasformata in una splendida farfalla ben prima di Ami, si era trasferita e aveva seguito la sua passione per la musica trasmettendola ai più piccoli. Mancava un matrimonio per completare il tutto, peccato che non avrebbe mai scelto di avere come genero un poco di buono né tanto meno una donna.
Ami e Michiru avevano tenuto la bocca chiusa a lungo sulle questione “maschio o femmina” per paura che al padre potesse prendere un infarto, ma come si dice le bugie hanno le gambe corte e prima o poi Michiru avrebbe dovuto svuotare il sacco.
 
 
Il semaforo rosso bloccò la corsa della auto nel bel mezzo di Shibuya.
La folla brulicante di pedoni non perse tempo ad invadere la zebratura dell’asfalto e con loro la sirena di Osaka.
I suoi capelli fluttuavano come le onde del mar Seto e in petto i battiti scandivano una marcia di tamburo sotto la scollatura a cuore del vestitino blu notte aderente che indossava.
A Shibuya prede e cacciatori s’ incontravano.
Si lanciavano un’ occhiata e prendevano a rincorrersi sulla metropolitana, nei piani dei centri commerciali, tra gli scaffali colorati dei manga- cafè e tra i corpi avvinghiati delle discoteche.
Michiru aspettava solo di essere braccata da chi si era già aggiudicata il suo cuore.
L’ odore del sesso di una notte non le solleticava le narici.
 
Un’ occhiata all’ orologio del telefonino.
Lei era in ritardo di mezz’ora, ma una donna si fa attendere solo se c’è qualcuno ad aspettarla e di Haruka nessuna traccia.
 
Un paio di braccia tatuate le fecero perdere un battito.
Carpe Koi ed onde spumose circondavano una geisha con un pugnale in mano.
“ Forse dovrei farmi anche io un tatuaggio ”.
Il celeste negli occhi di Michiru si posò sulla persona a cui apparteneva quella voce.
“ Forse non dovresti dimenticarti dei nostri appuntamenti…”  disse con un sorriso a fior di labbra nel vedere Haruka tra la corrente umana nella quale erano immerse.
“ Non mi sono dimenticata ” sostenne la bionda passandosi una mano nei capelli.
Cercò di riprendere fiato, poiché la bellezza di Michiru le aveva tolto anche quel poco di respiro regolare che le era rimasto per la corsa appena fatto.
“ Bugia…”.
Michiru si avvicinò a lei. Sfiorò le sue labbra con quelle dell’altra, le circondò le spalle e con uno strattone le staccò l’etichetta dalla maglietta che la bionda aveva indosso.
“ Questa viene da una delle botique dell’aeroporto. Non sei proprio capace di mentirmi Ten'ō ”.
“ Che donna sveglia e affascinante ”.
“ Puoi dirlo forte ”.
“ Come posso farmi perdonare? ” le soffiò all’orecchio Haruka, scivolando con le dita sulle spalle nude di Michiru che fremette appena sotto ai suoi polpastrelli.
“ Per te solo punizioni sta sera…”
Tra ganguro e kogal mare e vento s’ incontrarono di nuovo scatenando una tempesta dietro la porta di un Love Hotel.
Qualcuno si amò in silenzio e col broncio davanti ad un cadavere appeso nella penombra di una stanza sconosciuta.
A kilometri di distanza altri si godettero una delle prime sere d’autunno sulla costa di Osaka.
I sogni Tokyo li lasciava a chi era capace di dormire e nel suo ventre, tra i passi confusi della gente, allarmi impazziti, tradimenti, musica techno, mura intrise di fumo e alcool, il destino stava annodando tra loro le vite di chi credeva di averne il completo controllo.
 
 


Note dell'autrice:

Mi scuso in anticipo per eventuali errori o sviste. Ho dovuto ricaricare il capitolo più volte per problemi forse dovuti alla mia connessione e non al sito, quindi presa dal nervosismo non ho ricontrollato. Farò non appena avrò un pochino di tempo un controllo con correzione più accurati!
Spero che il capitolo non vi abbia annoiato, se così fosse ditemelo. Provvederò a migliorare e a rendervi la lettura più piacevole con grazie alle segnalazioni o agli appunti che volete farmi. Accetto sempre le critiche costruttive, penso ormai mi conosciate! ;D
Un grandissimo grazie a chi si è preso la briga di seguirmi e lasciarmi qualche parola a fine prologo. Siete i migliori, come sempre!
Buon weekend.
Kat
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
   
 
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