Incontri
particolari e
dimenticanze
“Sigaretta?”
La
prima volta che lo vede,
Ed
conosce già venti rime per descrivere Zayn.
Tira un
calcio
seccato al primo – malcapitato – sassolino che la
punta rovinata delle sue
converse trova, lanciandolo in strada.
Si siede
alla panchina scrostata e piena di scritte (idiote, secondo la sua
modesta
opinione) fatte da adolescenti – adolescenti, ugh,
quella razza stramba e volgare che purtroppo è composta dai
suoi simili.
Zayn
Malik, occhiali dalla montatura spessa e lo zaino buttato in mezzo alle
proprie
gambe, lascia andare un sospiro frustato e osserva la propria immagine
riflessa
nei finestrini – sporchi, aggiungerebbe – di una
macchina che si ferma, per via
di un semaforo rosso, davanti a lui: il ciuffo nero acconciato in una
cresta
alla meno peggio, il volto stanco, una sigaretta che penzola da un
angolo della
bocca screpolata e le spalle leggermente incurvate. Non è un
bello spettacolo,
insomma. Tipo, per niente.
Ed
è in
ritardo, soprattutto.
Alla
lezione di matematica.
Non
è che
gli dispiacerebbe saltare quell’ora, normalmente, ma oggi ha
una – fottuta –
verifica di algebra per cui ha
studiato tutta la notte (lui non è lo studente modello che
è già pronto una
settimana prima, grazie mille, mica si chiama Liam Payne) e non
potrà farla per
colpa di uno stupido pullman che
non
si decide a passare.
Sussulta
impercettibilmente quando l’auto parte, dopo che il semaforo
è tornato verde,
lasciandogli arrivare dritto in faccia una leggera brezza di smog.
I suoi
polmoni ringraziano, insomma.
Giocherella
distrattamente con la punta della seconda sigaretta della giornata, la
prima ha
ormai fatto una triste fine contro il marciapiede, troppo intento a
maledire in
ogni lingua che conosce (solo inglese e pakistano, se dobbiamo dirla
tutta)
ogni conducente d’autobus per accorgersi, in un primo
momento, di un ragazzo
che si lascia cadere accanto a sé sulla panchina.
Si gira a
guardarlo, però, attirato dal curioso suono che ricorda una
penna contro la
superficie ruvida di un foglio – esattamente quello che
è, visto che il ragazzo
in questione sta scrivendo su un notebook.
Sta scrivendo. Alla fermata del
pullman. Vicino a lui.
Lo
osserva in silenzio perché, dannazione, è ormai
in ritardo di mezz’ora, le
macchine scorrono veloci davanti a loro e l’unica persona che
non è rinchiusa
al loro intorno è quel ragazzo che scrive, quindi
è autorizzato a
guardarlo.
I capelli
ricci di un arancione quasi anormale (da Weasley!) (ammette di essere
un fan di
Harry Potter, d’accordo) gli cadono sulla fronte mentre tiene
il volto piegato
verso le scritte; Zayn riesce ad intravedere il colore chiaro dei suoi
occhi,
una maglia rossa coperta da una felpa nera e uno schizzo di inchiostro
blu sul
mento e la penna non si sta più muovendo e – oh.
Il
ragazzo lo sta fissando a sua volta.
Che figura di
merda.
“Sigaretta?”
cerca di salvarsi Zayn, sfilando in fretta una delle sue dal pacchetto
grigio,
quella che ha in bocca che quasi gli cade mentre lo chiede.
Il
Weasley di turno abbozza un sorriso e gli occhi sembrano brillargli
appena:
segue il contorno delle ciglia di Zayn e del tratto della sua mascella,
di un
tatuaggio scuro che salta fuori dallo scollo della maglietta, ma
è solo un
attimo veloce e il moro non se n’è neanche
accorto. “No, grazie, non fumo.”
Zayn
annuisce e non distoglie lo sguardo. Perché non distoglie lo
sguardo? Lo smog
mischiato al tabacco gli ha forse bruciato qualche fondamentale neurone?
“Però
scrivi.”
Le labbra
piene del ragazzo ora sono distese totalmente in un sorriso gentile,
mentre
annuisce a sua volta. “Che acuto osservatore.”
Zayn si
lascia sfuggire l’accenno di una risata e si gratta una
tempia con l’indice.
“E’ tipo una poesia o -- o qualcosa del
genere?”
Il ragazzo
sembra pensarci su, poi chiude il notebook, lo posa sulla panchina in
mezzo a
loro e continua a sorridergli. “Qualcosa del
genere” afferma, alla fine. Si
piega verso Zayn e il moro spalanca gli occhi neri, mentre
l’altro gli prende
il braccio e ci scribacchia qualcosa, l’inchiostro blu che
risalta sulla sua
pelle.
“E’
l’indirizzo della mia scuola” gli confida, con il
rumore delle porte di un
autobus che si aprono in sottofondo. Prende in fretta la tracolla e fa
per
andare via, ma si gira un’ultima volta davanti ad uno Zayn
più confuso che mai.
“Ti servirà per portarmi quello” indica
il notebook lasciato sulla panca, sale
sul mezzo e le porte si chiudono dietro di lui, una seconda nuvola di
smog che
investe Zayn.
Il moro
segue l’autobus con uno sguardo smarrito, la verifica di
matematica messa
totalmente in secondo piano dopo quel particolare incontro, mentre fa
passare
gli occhi dal suo braccio al notebook. Lo prende in mano, lo apre
all’ultima
pagina e un sorriso divertito si apre sul suo volto.
“Mi
chiamo Ed Sheeran, comunque.
Felice di conoscerti. Credo che oggi pomeriggio ti offrirò
un caffè per
ringraziarti di avermi riportato il taccuino – colpa delle
mie dimenticanze!”
Ed lo
fissa attraverso il finestrino, un sorriso sulle labbra e un dito che
picchietta contro il vetro, sovrappensiero. Forse ha esagerato e forse
non
vedrà più quel ragazzo (e avrà perso
per sempre il suo prezioso taccuino –
questo sarebbe un bel guaio), ma non ha potuto resistere: non appena lo
ha
visto, ha subito conosciuto venti rime per descriverlo.
E non sa
neanche il suo nome.
Nota: lo so, lo so, sono totalmente impazzita.
Insomma, una Zayn/Ed? Una Zayn/Ed?
Sul serio?
Ebbene
sì, ladies and gentlemen, ho appena scritto
un’idiota storia Edyan
(nome inventato sul momento in via
di riparazione) che non mi cagherà nessuno perché
è una coppia totalmente impossibile
e boh.
Spiego
brevemente che tutto ciò è nato da una
“sfida” per cui ho scritto quella
robetta di quindici parole sistemata in mezzo alla pagina nella parte
iniziale
e volevo provare a scrivere qualcosa ispirandomi a quello.
(Se mi
sento figa?
Altroché.)
Scompaio
in una leggera brezza di smog e tabacco, goodbye.