‘’ Germania...
fammi fuori.''
Il sangue si gelò nelle vene del germanico, mentre l'ormai
ex dominatore del Mediterraneo gli sorrideva sghembo. Le sue condizioni
erano precarie, e le celle umide del palazzo imperiale non lo aiutavano
a ristabilirsi e guarire delle ferite subite di recente.
Era troppo debole anche solo per reggersi in piedi, ma la sua fama
intimoriva Odoacre che, finchè non avesse messo le mani sui
nipoti dell'uomo, scappati chissà dove dopo la presa di
Ravenna, per evitare colpi di mano da parte di qualche suo fedele,
preferiva tenerlo prigioniero lì dove nessuno sarebbe mai
venuto a cercarlo.
Nessuno, eccetto Germania Magna.
'' Spero che tu stia scherzando, Roma. Hai subito di peggio, sei stato
sconfitto altre volte, ma ti sei sempre rialzato.''
'' Non questa volta, vecchio mio. E' arrivata la mia ora.''
Il barbaro avrebbe voluto tirargli un pungo in faccia, urlargli contro,
pestarlo se necessario. Ma quel comportamento così remissivo
non era da lui, non era quello dello stesso uomo che aveva sottomesso
Nazioni e popoli diversi, il guerriero così testardo da non
rinunciare a combattere nemmeno contro la Morte stessa.
Non riusciva ad
accettare la verità.
'' Non fare il melodrammatico, Roma. Non ti s'addice. Hai
la pellaccia dura, ti risolleverai... come fai sempre, del
resto.''
'' Davvero non lo riesci a vedere da te?
Sto morendo.''
E anche allora, il
barbaro desiderò con tutto se stesso che si trattasse solo
di uno dei soliti scherzi del suo vecchio amico. Ma non c'era traccia
di ilarità, nè nella voce del romano
nè sul suo viso.
'' Sei una Nazione... non puoi morire '' si
ritrovò a dire il biondo, troppo orgoglioso per accettare
una verità di quel peso. Certo che le Nazioni potevano
morire. Non erano divinità. E questo lui stesso lo sapeva.
Solo... solo che non voleva accettarlo. Era troppo testardo per farlo.
Doveva esistere un modo per salvarlo.
Doveva esistere un modo
per riparare al suo errore.
'' Fino a quando ho un popolo, una lingua e un territorio
sono una Nazione... Ormai, ho dimenticato la mia lingua da diverso
tempo, imbastardita da idiomi barbari... spero che perdonerai la mia
franchezza, è tutto quello che resta a un uomo morto. Il mio
impero si è lentamente sciolto, mentre il mio popolo... non
sentono di appartenere più a nessun Impero Romano,
perchè nessuno li protegge dalle invasioni, dagli eccidi,
dagli eserciti. Sono già diventato una leggenda, un eco di
un passato lontano.''
'' Tu non scomparirai, Roma. Non è questo il tuo giorno -
fece duramente Germania, stringendo la mano dell'ex Impero. -
Hai perso gran parte dei tuoi territori, è vero... ma ti
è rimasta l'Italia.''
'' Vecchio volpone... so dove vuoi andare a parare. Ma no, non ho
intenzione di diventare il rappresentante dell'Italia. Ci sono
già Romano e Feliciano a rappresentarla... il nord e il
sud... i miei amati nipotini... ''
'' Tu sei pazzo.''
'' No, sono un nonno. Tu puoi capirmi, hai dei nipoti anche tu del
resto.''
'' Si - confermò l'uomo, spostando lo sguardo
sull'elsa della sua spada - Li amo più della mia stessa
vita... anche se a volte mi fanno arrabbiare, specie Gilbert. Quel
bambino mi farà impazzire.''
'' Ma questo non toglie che gli vuoi bene, Germania. Siamo entrambi
nonni... per sopravvivere non potrei mai prendere ciò che
è loro di diritto. Il mio tempo si è concluso,
amico mio. Ora è arrivato il loro turno. Spero solo che non
facciano i miei stessi errori... specie Romano. Per certi versi, lui mi
somiglia troppo. ''
'' Dovresti esserne orgoglioso.''
'' Non voglio che Romano e Feliciano facciano la mia stessa fine...
rinchiuso in dei sotterranei, aspettando la morte come un comune
tagliagole. Solo tu puoi evitare che continui questo supplizio... e sai
anche come. Ti prego, fammi fuori. Voglio che a farlo sia tu, non
Odoacre. Non voglio che i miei nipoti assistano.''
Non glielo avrebbe mai
chiesto, se non avesse seguito quell'uomo...
'' Non posso.''
'' Oh, si che puoi. La tua spada non aspetta altro che assaggiare di
nuovo il mio sangue. Come a Teutoburgo. Uccidimi, Arminio. Risparmiami
questo supplizio.''
Il germanico sapeva che l'altro lo chiamava con il suo vero nome, solo
quando era veramente disperato. Come quando Attila riuscì
quasi ad arrivare a Roma. Sapeva cosa doveva fare... e solo i suoi
Dei sapevano quanto gli costasse. Estrasse la spada, e diede
un ultimo abbraccio al suo nemico/amico di un tempo.
'' Fallo, Arminio.''
In quel momento, nessuno dei due pianse. Erano soldati, guerrieri:
avevano visto centinaia di volte la morte in faccia. Ma questo non
significava che ne avevano meno paura. Non significava che faceva meno male veder morire
una persona cara.
Solo, avevano imparato loro malgrado affrontarla a viso aperto.
'' Addio, Romolus.''
- William Shakespeare -
Note
Autore
Questa fiction angst
è il risultato del mio rientro a scuola, e di un ora in cui
non avevo un granchè da fare. So che questi due personaggi
non sono molto usati dal fandom, ma sono convinta che meritino una
possibilità, anche perchè hanno veramente tanto
da offrire. Spero che la fic risulti di vostro gradimento.
[1]
Nel 476 Odoacre avanzò su Ravenna e prese la città, costringendo il giovane Romolo Augusto ad abdicare (4 settembre). La caduta dell'Impero romano d'Occidente viene fissata formalmente dagli storici nel 476, anno in cui Odoacre depose l'ultimo imperatore romano d'Occidente.
[2]La battaglia della Foresta di Teutoburgo, chiamata clades Variana (la disfatta di Varo) dagli storici romani, si svolse nell'anno 9 d.C. tra l'esercito romano guidato da Publio Quintilio Varo e una coalizione di tribù germaniche comandate da Arminio, capo dei Cherusci. La battaglia ebbe luogo nei pressi dell'odierna località di Kalkriese, nella Bassa Sassonia, e si risolse in una delle più gravi disfatte subite dai romani: tre intere legioni furono annientate, oltre 6 coorti di fanteria e 3 ali di cavalleria ausiliaria.
[3]
Germania Magna, a segutio della vittoria a Teutoburgo, decide di adottare come nome umano quello del capo della rivolta, Arminio. Non c'è da sorprendersi se Nonno Roma non lo chiamasse mai con il suo nome umano.