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Autore: Biebersbreathe    13/09/2014    3 recensioni
Chissà quanto stanno soffrendo le persone che amavo: non lo so, non so nemmeno chi siano. Che poi, è vera tutta sta storia o questo Simon mi sta prendendo in giro?
“Shamuel.”, mi corregge. Si beh, lui. Comunque, se riesce a carpire i miei pensieri e se continuo a non svegliarmi…qualcosa sotto c’è. Potrei provare a pensare al mio numero preferito.
“Ventisei. Smettila, Gabrielle.”, mi dice trattenendo un sorriso. Sono nel Purgatorio. Sono…
“Morta. Sì, sei morta.”
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo sesto.

“Mollami.”, sbotto con poca grazia. Se questa specie di aiutante divino da quattro soldi non mi molla il braccio, mi giro e gli ficco due dita negli occhi. È morto, sì, ma voglio vedere se fa ancora il galletto senza vederci un bel niente.

“Gabrielle, piantala.”, grugnisce tentando di tenermi. Intendevo proprio grugnisce; sembra un maiale.

“No, Sham, mollala tu. Deve vederlo, siamo qui per questo.”, interviene Deborah. Che Dio, sì, tu, tizio che mi vuole far fare questa menata, benedica questa tizia. Non vedo cosa la trattiene nel Purgatorio, probabilmente ha spezzato un'unghia a Cerbero.

“Come te lo devo dire che non esiste Cerbero? Non c'è alcun mostro, mettiti l'anima in pace.”, se era una rassicurazione, ha sbagliato tono. Forse è frustrato sessualmente. Dev'essere inquietante provarci con una ragazza e sentire la voce di Dio in testa che ti dice 'ti vedo!'.

“Sei tu il mostro qui.”, e con uno strattone me lo levo di dosso. Deborah gli si para davanti prima che possa riacciuffarmi. Le facilito il compito, spostandomi un po' e tenendomi a debita distanza.

Torno a guardare lo spazio destinato agli assassini e, ancora una volta, mi viene la pelle d'oca al solo vedere i loro volti scavati e crudeli. Sono bandite vero le armi nell'Inferno? Oh, chi se ne importa, tanto sono già morta. Devo abituarmi a questa cosa assurda. Il mio sguardo viaggia tra le anime illuminate dalla luce rossa: sono tutte vestite con abiti insanguinati e portano catene ai polsi e alle caviglie. Rabbrividisco, evitando per un pelo di vomitare sul pavimento della caverna. Non è decisamente il caso.

Metto a fuoco la figura che stavo cercando e, ignorando lo strano comportamento di Shamuel e dei miei sentimenti, mi avvicino. È seduto su una pietra, a testa bassa. Al mio passaggio le anime si spostano, sputando per terra o guardandomi con diffidenza. L'ho fatto il vaccino, credo. E non puzzo. Insomma, non si può puzzare una volta morti. O si? Magari so di cadavere in decomposizione. Che schifo.

“Ehm...ehi.”, esordisco una volta che gli sono di fronte. Lui solleva a malapena lo sguardo, inchiodandomi con i suoi occhi color caramello. Al contrario degli altri non sembra cattivo, solo triste. Meglio: avere a che fare con l'assassino di Kennedy non mi avrebbe portato a grandi risultati. Dio, a ripensarci, magari è qui tra queste persone!

“Ehi.”, risponde. E basta. Poi abbassa lo sguardo e comincia a calciare una pietrolina. Caspita, che flemma.

Mi devo presentare? Devo dirgli che mi ha ucciso? No, poi rischio che si senta in colpa. Magari inizio con qualcosa di più calmo, dicendogli che è davvero carino. Dubito che qualcuno prima di me abbia mai tentato di farsi un fidanzato all'Inferno. Sono una persona originale.

“Io...sì, insomma, io...” e mi fermo. No, così non va. Prendo un respiro profondo: se scappo faccio una brutta figura?

“Ti hanno messo qui perché sei dislessica?”

Ma che simpatico! Tu mi hai ucciso, razza di deficiente. Striscerai seguito dal tintinnio di queste stramaledette catene perché eri troppo ubriaco per distinguere il freno dall'acceleratore. Mi è passata la voglia di parlargli. E se gli dicessi 'ok ti perdono' e poi me ne andassi? Via il dente via il dolore, o com'è che si dice. Sarebbe più adatto via il dente viene il dolore, comunque.

“No.”, rispondo solo. La tentazione di dirgli 'on' è stata grande, ma ho resistito.

“E cos'è che desideri da me, esattamente?” chiede alzandosi in piedi. È più alto di me di qualche spanna, la tunica che porta ha solo una macchia di sangue, al contrario di altre decisamente più sporche. Forse vuol dire che ha ucciso poco, non ne ho idea. Ah, giusto, ha ucciso solo me. Credo.

Davanti al suo sguardo perdo il respiro e dimentico la risposta pungente che mi ero preparata, sparando una cosa a caso che realizzo solo dopo. “Sai dove posso trovare l'assassino di John Lennon?” Imparerò mai a tapparmi la bocca? Forse Shamuel ha ragione.

Lui alza un sopracciglio, guardandomi totalmente per la prima volta. È come stare sotto i raggi x. Solo che se il dottore fosse lui io non sarei più vergine. OH NO, ho appena realizzato che sono morta vergine! Ma che cazzo! Non si può essere così sfigati. A meno che nei ricordi che ancora mi mancano non ci sia un amplesso fantasmagorico con un ragazzo figo, ma dubito amaramente.

“Quando sono morto era ancora vivo, sta in carcere.”, dice incerto. Che scema, ma ho detto Lennon? Volevo dire Kennedy. I suoi occhi mi hanno confuso.

“No, no. Intendevo l'assassino di Kennedy. Beh, comunque, non importa.”, mi arrendo con me stessa. Sono un caso perso, mi odio da sola. Poteva uccidermi con un colpo in testa senza dover rovinare il suo macchinone.

Sospira. “Non ti ho mai vista qui prima.” Vuole fare conversazione adesso? Beh, dopotutto, è bello...chi sono io per negarglielo? Non sono santa. E se qui ci fosse Shamuel direbbe 'No proprio!'. Insopportabile.

“No, non sono di qui. Cioè, neanche di giù. Insomma, vengo dal Purgatorio.”, balbetto alla fine. Posso svelarglielo, vero? Alla fine dovrà sapere chi ha davanti. Magari diventeremo migliori amici e...no. Meglio fidanzati. Non si spreca un bocconcino così.

La sua espressione si fa stupita, poi dura. Ecco, così sembra molto più cattivo di quanto non fosse all'inizio. “E si stava così male lassù da venire qui?” fa sarcastico. Ahi, l'ha presa sul personale solo perché è legato come un salame. Chi glielo spiega adesso? Io. Claro.

Prima che io possa rispondergli, vedo il suo sguardo spostarsi alle mie spalle. La preoccupazione mi porta a pensare che ci sia qualche anima con strane intenzioni, fino a che non sento un tocco sulla spalla che mi fa sobbalzare. Shamuel.

“Ma che sei scemo?” mi giro male. Tossire per annunciare la sua venuta, invece che toccarmi come un maniaco? Accanto a lui c'è Deborah, lo sguardo teso e preoccupato. Sono morta, questo tipo non può farmi niente, capito? Ma poi, sfortunatamente, mi ricordo che solo lo squilibrato può leggermi i pensieri. Per un motivo a me ancora sconosciuto, oltretutto. Può darsi che abbia un trattamento speciale perché prega molto.

“Justin, giusto?” Shamuel si rivolge al mio assassino. Mi ignora sempre.

“Sì. Che ho fatto stavolta?” si risiede, chiaramente scocciato. La sua mano passa a scompigliare i capelli spettinati color grano, e sento un colpo mancare al mio cuore. Mio dio, è legale essere così belli?

“Niente. Ti presento Gabrielle Peters.”, e mi da una pacca sulla spalla. Stesso trattamento di una merce di scarico. Che poi, cosa vuoi che gliene freghi a questo tipo divino il mio nome? E temo che gliene freghi, perché ha appena boccheggiato, alzandosi in piedi di scatto e arretrando. Almeno farà un po' di esercizi per le gambe, a forza di alzarsi e sedersi.

Aspetta, non è che gli hanno detto il nome di quella che ha investito, vero? Perché a giurare dalla sua faccia sembra così. E io che volevo conquistarlo con il mio fascino.

“Che succede qui?” un'altra anima si è avvicinata, appoggiando una mano sulla spalla di Justin. Impara il trattamento amichevole, Shamuel. Il nuovo arrivato è un ragazzo poco più alto di Justin e, almeno sembra, di qualche anno più grande. Ha i capelli neri e gli occhi piuttosto chiari, una specie di verde acqua. La cosa più particolare è una cicatrice sulla sua fronte, che scende fino a chiudergli quasi totalmente l'occhio destro. Inquietante.

Shamuel si avvicina e lo prende per un braccio, trascinandolo da un lato e incominciando una conversazione fitta con lui. Sono amici? Poteva anche parlargli qui di fronte a noi, non mi piace quando qualcuno parla di me mentre sono presente.

“Ti ha fatto male?”

Sussulto. Justin mi sta guardando con gli occhi pieni di rimorso, sembrano quasi fondersi con il rosso, nella luce del posto. “C-Cosa?” balbetto a malapena. Dislessica e pure balbuziente. Perdo le facoltà di parola di fronte a questo tizio, non va bene.

“Intendo...ti ha fatto male quando ti ho colpito?” Ancora lo sguardo da cerbiatto. Cosa gli devo rispondere? 'Fai un po' te, sono morta'? Non è certo stato piacevole essere investiti.

“No.”, mento. E so che ha capito anche lui, ma le sue spalle si rilassano e abbozza un piccolo sorriso riconoscente. Ricambio cercando di non sciogliermi come neve al sole, poi mi giro verso Deborah, che è rimasta al mio fianco in silenzio tutto questo tempo come una statua di sale.

“Debby...posso parlarti un secondo?” le sussurro. Ho circa duecento domande in sospeso che vorrei trovassero una risposta. Lei annuisce e mi fa cenno di continuare. Ah. Qui, davanti a lui? Bene.

“Ok... -mi faccio coraggio- Perché mi ci vogliono due settimane per stare qui? Insomma, non potrei perdonarlo e basta? E poi, chi è quel tipo inquietante che parla con Shamuel?” Iniziamo con queste, almeno.

Deborah sbatte le palpebre un paio di volte: secondo me sta cercando di ricordare la prima domanda. Scommetto che devo ripetergliele tutte.

“Uhm...siamo qui perché non solo devi perdonare lui, ma devi anche purificare te stessa. Quindi, stando con Justin, dovresti ritrovare la via del...ehm...del Signore.” Più che una spiegazione sembra una lunghissima domanda. Ma non si risponde a una domanda con un'altra domanda, lo insegnano alle elementari.

“E allora perché diavolo mi ha trattenuto appena siamo arrivati?” sbotto fulminando Shamuel con lo sguardo. Non mi sta vedendo, ma spero mi senta.

Justin fa una risatina: “Che coraggio, nominare il diavolo qua sotto.”

Dio mi ucciderà. Non potrò mai più mettere un piede fuori dall'Inferno. Resterò con Justin per sem...però! Che figo!

“Ti ha trattenuto perché ha letto qualcosa nei tuoi pensieri che non si sarebbe aspettato. Non ha voluto dirmi cosa, ma era parecchio sconvolto.”, interviene Deborah. Anche lei sta guardando Shamuel, sembra quasi preoccupata per lui. Come una mamma. O forse, più probabile, come una studentessa con la bava alla bocca. Tipo io con Justin.

Improvvisamente ricordo la sensazione di speranza che ho provato quando ho visto Justin, qualcosa che nemmeno saprei spiegare o controllare. Era come se il resto del mondo si fosse fatto da parte ed esistesse solo e solamente lui. È normale essere attratti dalla persona che ti ha ucciso? No, caspita. Nemmeno lo conosco! Deve essere successo qualcosa, dev'essersi instaurato un contatto o qualcosa del genere. Perché in altro modo non può essere. Non ci si aggrappa a qualcuno senza sapere chi è. Perciò o me ne resto nel Purgatorio per sempre pur di andarmene adesso e non vederlo mai più, o sfrutto quest'occasione per conoscerlo come vorrei.

Che faccio?

Justin mi guarda e leggo nei suoi occhi il dolore. Dopotutto, a morire e a bruciarmi la vita intera non sono stata solo io.

“Beh, hai intenzione di raccontarmi di te o cosa?” gli sorrido.

***

Mi blocco, arricciando il naso. “Questa sarebbe la tua...camera?” chiedo con un filo di voce. Sono sulla soglia di una specie di rettangolo di grotta, con a terra un materasso pieno di buchi e nemmeno una lampada. O un bagno. E tanto meno un computer. Inoltre c'è puzza di zolfo.

Lui si gratta la testa, imbarazzato. “Sì, beh, me lo merito dopo quello che ho fatto.”

“Non è stata colpa tua, non l'hai fatto apposta.”

“No, è vero, però...”

“Però niente. Ti sembra normale che una persona caritatevole come Dio punisca così le persone? Persino quelle che non hanno avuto né tempo, né modo di pentirsi. Ho visto il tuo sguardo, so che avresti voluto farlo.”, lascio andare tutto. Qualsiasi pensiero mi sia venuto in mente dall'inizio di questa storia assurda.

Justin rimane interdetto, guardandomi con tanto d'occhi. Farò finta che mi riservi questo sguardo per la mia immensa bellezza e non per le eresie che ho appena sparato.

“Inizio a capire perché non sei in Paradiso.”, ride infine, sedendosi sul materasso. Con la mano picchietta accanto a sé, invitandomi a sedermi. Ancora una volta non rinuncio, mettendomi così di fianco a lui, a gambe incrociate.

“Hai ragione, comunque.”, dice poi, guardando fisso verso la porta.

“Lo so. Riguardo a cosa stavolta?”, mi appoggio al muro dietro di me, soffocando uno sbadiglio. Il viaggio mi ha stremato. E sono morta! Che strazio.

Sorride, scuotendo la testa. Intrattengo le persone. Che bello.

“Avrei voluto pentirmi. Mi sento un pesce fuor d'acqua, qui. Tutti covano rancore, io vorrei solo tornare indietro e farti attraversare la strada incolume.”, ammette prendendosi la testa tra le mani.

Gli tocco il braccio, tentando di consolarlo. Io che consolo lui. Notevole. Dovrebbe essere il contrario.

“Come fai a non essere arrabbiata con me?” mi chiede, senza lasciarmi tempo di rispondergli al discorso di prima. Già, amico, bella domanda. Dovrei odiarti, me l'hanno fatto intuire già cinque o sei persone.

“Te l'ho già detto, non è stata colpa tua.”, non so se sto cercando di convincere lui o me stessa. Tanto vale, comunque.

“Che c'entra? Sei morta! La tua famiglia si starà disperando. I tuoi amici pure. E che ne so, magari avevi un ragazzo e io ti ho portato via l'idea di una famiglia felice!” Ora è fortemente depresso.

Sì, poi magari avevo anche un barboncino, un maggiordomo e un giardiniere.

“Dai, calmati.”, gli dico sfregando la mano sul suo braccio. In effetti non ha tutti i torti: mi ha negato la possibilità di vivere. Ma, dopotutto, l'ha negata anche a se stesso. E spero non se ne renda conto proprio adesso perché non vorrei incominciasse a sbattere la testa contro la roccia.

Rimaniamo in silenzio per un po', mentre il suo respiro torna regolare e la sua faccia riemerge dalle mani sotto cui si nascondeva. Mi fa tenerezza, nessuno si merita questo trattamento.

“Avrai tutto il tempo per non sentirti più in colpa.”, dico rompendo il silenzio. Lui si volta a guardarmi, inarcando le sopracciglia. Com'è che tutti sono capaci a farlo tranne me?

“In che senso? Lo sapevo già che devo restare con queste maledette catene per sempre.”, la sua voce si fa tetra mentre smuove le catene, procurando un tintinnio. I suoi polsi e le caviglie sono già circondati da anelli rossi infiammati. La rabbia mi sale come bile in gola.

“Nel senso che starò due settimane qui con te.”, tento di sorridergli, ma sembra che qualcuno mi stia tirando le labbra con la forza. Odio Dio. Oh, come lo odio in questo momento.

“Davvero? Pensavo scherzassi prima, parlandone con quella tua amica!” e il suo viso si illumina del sorriso più vero del mondo. E so che è felice per se stesso e per la sua redenzione e non perché io starò li, ma per adesso mi basta. “Dove lo trovo un materasso? No, aspetta, dormo io per terra.”, inizia ad agitarsi torcendosi le mani. Calma e sangue freddo.

“Oh, taci, Justin. Troverò un modo, vado a chiedere al mio amico scemo.”, sospiro alzandomi con un colpo di reni. Ahi, ahi.

“Quello che prima parlava con Daniel?” mi chiede curioso.

Con chi? Mica il tipo inquietante con la cicatrice? Suppongo.

“Ehm...sì, lui.”, rispondo, poi prendo la via della porta.

“Io ti aspetto eh, intanto cerco un posto letto!” esclama felice alle mie spalle.

Almeno qualcuno ne uscirà sereno da questa avventura.

Hey girls :)

come promesso, ecco il sei. Un po' più lungo e un po' più "pieno".

Che ne pensate di Justin?

A presto <3

  
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