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Autore: throughtsun    13/09/2014    1 recensioni
Ennesimo delirio che sento il bisogno di pubblicare perché sono presuntuosa e egocentrica. E perché non so scrivere altro.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rieccomi con un indesiderato sproloquio su me stessa che non mi aspetto interessi ad anima viva. Io non mi capisco per niente, per cui quando ho un'epifania su me stessa sento il bisogno fisico e mentale di mettermi a scrivere e poi propinarvi quello che ne esce fuori! Spero mi perdoniate, ma per ora questo è tutto quello che riesco a scrivere. Vuoi per incapacità, vuoi per carenza di impegno. Ad ogni modo, buona lettura.
Nic




Io di me non so molto.

Di me non so proprio niente, oserei dire, perché me lo dimentico.

Mi dimentico molte cose e con molta facilità, forse perché non sono abbastanza importanti, forse perché sono distratta. 

Mia madre mi dice che sono sempre distratta, con la testa fra le nuvole, e chissà a che cosa penso quando fisso il vuoto e non sbatto le palpebre e tutto attorno a me rallenta.

Chissà a cosa penso. Non lo so a cosa penso.

L’adolescenza funziona un po’ così, per me, funziona che io non so niente, che sono sempre distratta e confusa. Che non mi conosco, che non so cosa mi va di fare e cosa no, che non so se mi piace leggere i libri perché fa intellettuale oppure mi piace per davvero. I libri però sono sempre stati parte di me, e questo lo so, perché non l’ho imparato nell’adolescenza, l’ho imparato da piccola. Ho sempre letto. La lettura è uno di quei punti saldi della mia vita, di quelli che sei sicura che è successo. 

A volte mi capita anche di chiedermi se una cosa è successa per davvero oppure l’ho sognata. Perché sono distratta, perché non mi ricordo che ho fatto ieri, che ho mangiato a pranzo, a che ora sono andata a dormire mercoledì; perché è più facile se non guardi quello che fai, se hai una benda sugli occhi e vai avanti sempre dritto, è più facile perché non vedi dove vai, non vedi quello che ti stai perdendo non girando a sinistra, né a destra, non vedi niente, vai solo avanti. 

Forse questa è un’altra cosa che so di me: io vado avanti, sempre dritto, non mi guardo indietro perché non mi piace, perché se ti guardi indietro vedi quanta strada hai fatto, com’eri prima, e se tu  non ti piaci ora che sei migliorata figurarsi prima. 

Un’altra cosa che so di me è che non mi prendo sul serio, ed è una cosa bella, dicono alcuni. Non è una cosa bella, perché qualsiasi cosa io faccia per me è sempre scadente, perché ho una vocina che abita nella mia testa, non so a chi appartenga - un’altra cosa che non so - so solo che è lì e che ogni volta che faccio qualcosa mi dice “chi ti credi di essere? che ti credi di fare? chi credi di stupire? tanto lo sappiamo chi sei”. Ecco perché non mi guardo indietro. Mi ricorda chi sono, da dove sono partita, com’ero prima di sottopormi a interventi di chirurgia plastica della personalità. 

Un’altra cosa che so è che vivere come me non è vivere bene, perché non vivi la realtà, te ne vai con la testa in un posto più bello, ma non è reale, e allora che fai? si può chiamare vita, la mia? Io non credo, perché io vado sempre per la strada più facile, ed è più facile mettersi a camminare a occhi chiusi perché non vedi dove vai, e non vedi neanche dove sei, e io quindi penso di aver scoperto un’altra cosa: non ci vedo.

E’ una brutta cecità, la mia, perché con gli occhi ci vedo, è la mia testa che se ne va dove vuole lei, e cioè lungo una strada dritta dritta che percorro senza chiedermi se sia giusto o no, e chissà perché poi, ho sempre fatto così, è più facile.

E io ho poche certezze, e questa cosa del camminare dritto è una delle poche, per cui se hai poche cose ne dai via una con un po’ di difficoltà, e a me risulta difficile abbandonare la retta via. La mia retta via però non è il cammino giusto, e lo so, perché vivere col corpo da una parte e con la mente da un’altra non va bene, non fa bene, però io tiro dritto, perché sono della vergine, e sono ordinata, in più mio papà è francese per cui una più precisa di me non c’è, e quindi tiro dritto, chiudo gli occhi e tiro dritto e cammino come un sonnambulo nella notte perché nessuno mi ha ancora svegliato. Va bene così. Cammino dritto, è una delle poche certezze che ho.

Un’altra cosa che so di me è che sono triste. Sono triste da un paio di anni ma non è una tristezza che va via con facilità, come la tristezza perché hai litigato con Benedetta, e ti dispiace, e quindi le mandi un messaggio e Benedetta ti dice che non fa niente, che è tutto okay, che dispiace anche a lei; e non è neppure quella tristezza per il compito di fisica che continui a sbagliare o per la pioggia che ti fa sentire grigia e ti viene voglia di piangere.

E’ una tristezza che mi prende da dentro la pancia e piano piano si estende dappertutto, è una tristezza che ormai ha messo la tenda sul mio cuore e chissà quando sloggia, glielo vorrei dire, io, che non è la benvenuta, ma mi pare brutto, non lo dico mai quando qualcosa non mi sta bene, quindi la faccio restare, mentre cerco di capire da dov’è venuta.

Ma non voglio stare qui a scrivere di questo perché scrivere mi fa stare bene, è una cosa bella, è brutto rovinarla così, è solo un’altra delle cose che so di me, ce ne sono tante altre, tipo che mi arrabbio spesso ma nessuno lo sa perché non lo dico, perché è un difetto e i difetti uno li nasconde  quando se ne rende conto; so che sono molto consapevole di me e delle mie azioni, e so che non mi piace essere così. So tante cose ma ecco: queste sono quelle che mi premeva mettere così, nero su bianco, perché che ho gli occhi verdi e marroni lo so sempre, però siccome ho la memoria corta meglio scrivere.

  
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