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Autore: Liviuz    13/09/2014    3 recensioni
"Good Girls Are Bad Girls That Haven't Been Caught"
questo è quello che ci fanno credere, ma forse...
"Bad Girls Are Good Girls That Haven't Been Caught"
* * *
- Perché? - chiesi improvvisamente.
- “Perché” cosa? - chiese Michael confuso.
- Perché “Good Girls Are Bad Girls”? -. Sembrava un modo per prendersi gioco di me, l’avevo sempre pensato dalla prima volta che l’avevo sentita.
- È solo il titolo di una canzone. - rispose distogliendo il suo sguardo di ghiaccio dal mio. Sapeva che non era solo il titolo di una canzone. L’aveva scritta lui. Lui sapeva che quelle parole erano tremendamente false. Per lui. Per me. Per noi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '5 Seconds of Winter [Raccolta di One Shot]'
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"Good Girls Are Bad Girls That Haven't Been Caught"
questo è quello che ci fanno credere, ma forse...
"Bad Girls Are Good Girls That Haven't Been Caught"

"When you're gone,
The pieces of my heart are missing you,
When you're gone,
The face I came to know is missing too,
When you're gone,
The words I need to hear to always get me through the day,
And make it ok,

I miss you."

- Avril Lavigne - When You're Gone

 
"You wiped my tears,
Got rid of all my fears,
Why did you have to go?
Guess it wasn't enough to take up some of my love,
Guys are so hard to trust,
Did I not tell you that I'm not like that girl?
The one who gives it all away."
- Avril Lavigne - Don't Tell Me

 
"You were everything,
Everything that I wanted,
We were meant to be, supposed to be,
But we lost it,
And all of the memories,
So close to me, just fade away,
All this time you were pretending,
So much for my happy ending."
- Avril Lavigne - My Happy Ending




 
Portai alla bocca il mozzicone di sigaretta, per fare un ultimo tiro, prima di buttarla a terra e spegnerla con la punta dello stivaletto. Mi aggiustai la bandana rossa che avevo al polso. Non mi andava che i miei amici mi chiedessero a cosa fossero dovuti quei segni scuri sulla mia pelle lattea. Non avrei potuto rispondere, e nemmeno avrei voluto.
- Alexis!! - urlò qualcuno dal cancello. Non alzai nemmeno lo sguardo, sapendo benissimo chi era. Lasciai che la gente fissasse America, lasciando me nell’ombra. La ragazza mi si avvicinò velocemente e quasi travolgendomi mi abbracciò, come se non mi vedesse da una vita. Forse era così. Ricambiai l’abbraccio per qualche secondo, prima di posare lo sguardo su due ragazzi dietro a Mare.
- Ciao. - mi salutò il moro. Rimasi sconvolta da quella visione.
- Hood? - dissi confusa. - Che ci fai qui? -
- “Ma che piacere, Cal. Mi hai fatto una sorpresa fantastica!” - cercò di imitare la mia voce Calum. Ridacchiai avvicinandomi a lui e posando una mano sul bicipite scoperto.
- Da quando vai in palestra? -
- Da quando Ashton mi ha costretto. - rispose, mentre una smorfia gli si dipingeva in viso. Ashton... la bandana rossa che portavo me l’aveva regalata lui prima che andassi in riabilitazione. Ma ora non si vedeva. Ne rimasi delusa. Annuii alla risposta di Calum rivolgendo uno sguardo ad America.
- Pensavo dovessi venire da sola. -, abbassai lo sguardo. Non volevo che mi vedessero in quelle condizioni. Specialmente Michael. Non riuscivo ad alzare lo sguardo per incrociare quegli occhi di ghiaccio tanto simili ai miei esternamente. I suoi erano il ritratto della vita, i miei erano il ritratto della morte.
- Hanno insistito tanto. - parlò dispiaciuta. Presi un respiro profondo. Un masso mi si era posato sul petto e avevo un nodo alla gola. Rischiavo seriamente di scoppiare a piangere come una lattante. Contegno Alexis. Cos’hai imparato in tutti quei mesi rinchiusa in quelle quattro mura? Devi controllare le tue emozioni.
- Hai fame? - mi chiese improvvisamente Calum, cercando di smorzare la tensione che si era creata.
- Un po’. -. Non era assolutamente vero. Dovevo solo sembrare credibile.
 
Rosicchiai un pezzettino del panino. Gli sguardi dei tre ragazzi non mi mollavano un secondo.
- Ehm, quindi cosa avete fatto in tutto questo tempo? - chiesi nervosamente, rimettendo a posto il panino mangiucchiato. I ragazzi sembravano essere caduti dalle nuvole.
- Noi? - fece Calum.
- No. Parlavo della coppia di vecchietti là infondo. - replicai ironicamente.
- Oh, ehm... Io mi sono iscritta all'Università di Macquarie, alla facoltà di Arte. - mi aggiornò America. - Loro stanno iniziando ad affermarsi come band qui in Australia. -
- Davvero? - domandai facendo finta di non saperne nulla. Loro due annuirono confermando tutto. Sapevo benissimo che loro fama non si limitava all'Australia. Sapevo del loro tour con gli One Direction, sapevo del loro album nuovo, sapevo che tra meno di un anno avrebbero fatto un tour mondiale solo loro. Ma non dovevo sapere niente in realtà. - E le ragazze iniziano a ronzarvi attorno, quindi? - ammiccai.
- Più o meno. - rispose vago Cal. - Tu invece? -
- Io? - ripetei scioccata dalla domanda, ma rimasi impassibile ai loro sguardi. - Sai com'è... infermieri carini ogni tanto, altre ragazze come me, giochi da tavola il venerdì sera, la tv il sabato e una passeggiata ogni tanto una domenica al mese. -. Silenzio. - Bello, eh? -. Silenzio. - Ah, e non dimentichiamoci della montagna di pillole la mattina, il pomeriggio e la notte. Anche gli psicologi ci facevano divertire, sono quasi impazzita una volta, dev'essere stato uno spettacolo migliore dei programmi che fanno vedere in televisione. Tutto sotto gli occhi delle altre ragazze, durante i gruppi di supporto. - spiegai. Mare iniziò a giocare con una ciocca di capelli. - Ma ora sono normale. - sussurrai appoggiandomi allo schienale della sedia. Avevo appena perso per un attimo il controllo e loro si stavano decisamente spaventando. Se fosse stata una persona sana di mente ad avere un attacco simile, non sarebbe successo niente, ma io non lo ero.
- Lo sappiamo, Alexis. Non devi dirlo. - parlò per la prima volta Michael.
- Non è vero. - replicai con lo sguardo perso nel vuoto. - Oppure Luke ed Ashton sarebbero qui. Oppure America sarebbe venuta da sola. Sono squilibrata, non scema. -. Incrociai quegli occhi di ghiaccio. Dicevano niente e tutto. Non riuscivo più a leggerli, forse. O non volevo.
- Ashton doveva badare ai suoi fratellini. Luke non stava bene. - replicò Mike. Feci una smorfia. Non mi ero mai bevuta quelle stronzate. Lo sapevo che non era assolutamente vero. - È la verità, Alex. - ribadì. Certo. Annuii stancamente. Avevo sonno. Tanto sonno.
- Potreste accompagnarmi in un motel? Vorrei riposare un po'. - dissi. Erano appena le sette del pomeriggio, ma tutti si alzarono.
- Perché non stai con uno di noi? - propose Mare mentre entravamo in macchina. Sorrisi triste.
- Non voglio che passiate la notte in bianco nell'incertezza che potrei impazzire. -. Non c'era un velo di ironia in quello che avevo detto. Era la verità.
- Non passeremo la notte in bianco. - ridacchiò Calum senza incrociare il mio sguardo.
- Sei un pessimo bugiardo, Hood. - risposi. Nessuno parlò più per il resto del viaggio in macchina. Michael portò a casa Calum e poi America. Nessuno aveva detto niente riguardo al mio pernottamento e sinceramente a Michael non avrei rivoltato la parola.
- Dormirai a casa mia. - disse Clifford rompendo quel silenzio sacro.
- Come? - risposi smarrita.
- Starai da me. Non ti permetterò di rimanere sola in un dannatissimo motel! - ribatté irritato. - Se ti succedesse qualcosa? -
- Non mi succederà assolutamente niente. Prendo sempre le mie medicine. -
- Medicine? Quali medicine? -
- Dovresti saperlo... - sussurrai. Sapeva dei miei problemi. Tutti lo sapevano, ecco perchè non avevo nessuno.
- Non hai bisogno di medicine. - borbottò lui. Lui non mi avrebbe capito.
- Portami in un motel! - strillai. Non mi rispose. Forse aveva capito. Presi il cellulare ed inserii gli auricolari. Era il mio modo di rilassarmi. Di dimenticare. Chiusi gli occhi e scivolai lentamente nell’oblio del sonno.
 
La macchina si fermò di colpo. Aprii gli occhi leggermente frastornata. Mi guardai attorno togliendomi gli auricolari che avevano continuato a cullarmi nel sonno con la musica.
- Dov’è il motel? - domandai a Clifford cambiando totalmente d’umore. Ero decisamente incazzata. - Ti avevo chiesto espressamente di portarmi in un dannatissimo motel! - strillai senza contegno, slacciandomi la cintura. Spalancai forte la portiera dell’auto, così tanto che rischiò di andarmi addosso ritornando indietro. Scesi seguita da Michael. Eravamo davanti a casa sua. Sapevo che era casa sua. Come avrei potuto dimenticare tutte le notti che avevo passato nella sua stanza dopo essere scappata dagli attacchi di follia di mia madre? Soffocai un singhiozzo e mi asciugai una lacrima ferma in bilico su un ciglio.
- Calmati, Alexis. - parlò lui pacato mettendomi le mani sulle spalle. Mi liberai con un strattone dalla sua stretta ed aprii il bagagliaio della macchina per tirarne fuori la mia borsa. - Alexis. - mi chiamò lui con tono autoritario. Mi sembrava di essere ritornata in quel posto orrendo. Il suo tono rispecchiava pienamente quello degli infermieri. Prima che ci maltrattassero. Lo guardai spaventata. Indietreggiai e caddi a terra. Le immagini di Michael che mi si avvicinava si sovrapporsero a quelle buie degli uomini crudeli che mi incutevano dolore e terrore. I miei occhi si riempirono di lacrime.
- Allontanati! - piagnucolai indietreggiando a gattoni sull’asfalto. Vedevo tutto sfocato. La gola mi bruciava. Una mano mi si avvicinò al volto. Qualcuno stava per tirarmi uno schiaffo in pieno volto, ma non sentii dolore. Riaprii gli occhi che avevo serrato per la paura. Mike si era accovacciato davanti a me e mi stava accarezzando il viso delicatamente. Deglutii rumorosamente.
- Cosa ti hanno fatto, Alex? - domandò. Non voleva una risposta quella domanda. Mi aiutò a rialzarmi e mi passò il pollici sul viso per cancellare le lacrime. Presi un respiro profondo.
- Non voglio farti male, Michael. - sussurrai. Non volevo trasformarmi come mia madre. Mi ritrovai stretta tra le sua braccia. Immersi il volto nell’incavo del suo collo ed inspirai il suo profumo così famigliare. - Devi stare lontano da me. -
- Non ti abbandonerò. Sai che non ne sono capace. - rispose e mi lasciò un baciò sulla fronte. Incatenò il mio sguardo al suo. - Vai in camera mia, ti raggiungo. Metto la macchina nel garage e ti raggiungo subito, ok? -
Mi limitai ad annuire.
 
Aprii lentamente la porta della camera di Mike. Mi sembrava di essere ritornata indietro di qualche anno. Tutto era rimasto invariato nello spazio di quella stanza, come non era cambiato il suo proprietario. Gettai un sospiro incerto, per poi varcare la soglia della porta. Mi era sempre piaciuta quella camera. Rispecchiava pienamente l’amore che Michael provava per la musica. Un amore che io a volte invidiavo, ma che a suo tempo io avevo dedicato all’arte. Mi avvicinai al letto, mentre la moquette mi solleticava i piedi coperti solo delle calze leggere. Mi sentivo osservata sotto lo sguardo luminoso dei vari musicisti che tappezzavano quei quattro muri. Poi notai qualcosa di nuovo. Mi avvicinai lentamente, come attratta da quella fotografia.
- Alexis... - sobbalzai al suono della sua voce. Ritirai velocemente la mano che stava per sfiorare il poster dei “5 Seconds Of Summer”. Mi voltai verso di lui, cercando di frenare il battito cardiaco, senza ottenere risultati.
- È rimasto tutto uguale. - parlai per colmare quel silenzio che non riuscivo più a sostenere. Mike diede una rapida occhiata alla camera, come se non l’avesse notata.
- Sono stato via per un po’. - rispose solamente. Una mezza verità. O una mezza bugia, per me.
- Avete iniziato a fare dei servizi fotografici? - domandai tenendo lo sguardo fisso su di lui. Non trasalì e nemmeno mi volse un’occhiata. Rimase impassibile mentre si avvicinava allo stereo. - Mi sembrava di ricordare che non ti piaceva essere fotografato. - commentai ritornando con lo sguardo sul poster.
- Ho dovuto soffocare l’istinto di scappare dalle macchine fotografiche. - fece mettendo un cd. Il suono delle corde pizzicate si diffuse nell’aria. “Amnesia”. La voce di Calum prese il posto del silenzio tra me e Mike. Mi schiarii un po’ la gola per poi sedermi sul letto.
- Carina la canzone. - commentai con la gola arida. Non era nel loro stile punk-rock, era più una canzone malinconica in cui qualcuno di loro si era lasciato andare al dolore di una ferita d’amore. Forse quel qualcuno era stato anche costretto a doverla pubblicare.
- Si chiama “Amnesia”. -. Come se non lo sapessi. In qualche modo ero riuscita a farmi ridare il cellulare nel centro in cui stavo e naturalmente mi ero aggiornata sulle loro vite. Passavo le notti insonni ad ascoltare le loro voci ed “Amnesia” mi aiutava ad addormentarmi senza avere troppi incubi. La canzone finì per lasciare posto ad un ritmo più rockeggiante. Anche qui il primo ad attaccare era Calum. Sapevo che canzone era. L’unica che non riuscivo veramente ad ascoltare.
- Perché? - chiesi improvvisamente.
- “Perché” cosa? - chiese Michael confuso.
- Perché “Good Girls Are Bad Girls”? -. Sembrava un modo per prendersi gioco di me, l’avevo sempre pensato dalla prima volta che l’avevo sentita.
- È solo il titolo di una canzone. - rispose distogliendo il suo sguardo di ghiaccio dal mio. Sapeva che non era solo il titolo di una canzone. L’aveva scritta lui. Lui sapeva che quelle parole erano tremendamente false. Per lui. Per me. Per noi.
- Cosa pensavi che avrei scritto? “Bad Girls Are Good Girls”? - sospirò. -. Tu non sei una cattiva ragazza. Lo sappiamo entrambi. -
- Hanno tutti paura di me. - ribattei con voce fioca. Le lacrime intanto scendevano senza ritegno. Perché non riuscivo a controllarmi ora? Michael mi si avvicinò e senza preavviso mi ritrovai stretta in un abbraccio che avevo sognato ogni giorno. Ogni fottutissimo giorno. Ma che ora non volevo. - Anche tu dovresti. -
- Tu non sei una cattiva ragazza. -. Mi staccai da lui.
- Sono pazza, Clifford. -
- Se tu lo sei. Anch’io lo sono. -
- A te non hanno diagnosticato un Bipolarismo Ciclotimico! Tu non hai dei parenti affetti da Bipolarismo di I tipo! - strepitai. Mi sentivo svuotata. Forse ero entrata nel ciclo depressivo, dovevo assolutamente prendere i farmaci. - Ho bisogno dei farmaci, dov'è la mia borsa? - mi alzai ed iniziai a cercarla per la stanza. Non c’era ed io stavo entrando nel panico. Il respiro iniziava ad essere affannoso. - Dove sono? - borbottai.
- L'ho... l'ho buttata via. - rispose Michael. Mi sentii mancare. Dovevo aver capito male.
- Cosa? -
- Hai capito, l'ho buttata via. -
- Quando? Perché? -. Ero certa che in pochi minuti sarei andata in iperventilazione. Le uniche cose che mi impedivano di impazzire. Avrei perso la testa e non me ne sarei accorta. Rischiavo di fargli male. Avevo paura. - Dove le hai buttate Michael? - mi lagnai. Caddi a carponi sul tappeto. Sentivo caldo. Avevo male alla testa. - Michael?! Dove sono!! - cercai di dire. Non sapevo nemmeno se mi avesse sentito. Sentivo solo un male tremendo alla testa.
- Non ti servono, Alexis. Puoi farcela anche senza quella merda. Non è un'influenza che puoi guarire con dello sciroppo. -
- Tu non ne sai niente! - strillai. - I-io... devo prendere quelle pillole. Non voglio cadere. -. Non volevo cadere nel baratro della mia mente. In quel buco senza fondo dove rischiavo di non risalire più. Quel buco nero di cui avevo una fottuta paura. Ero sul bordo del precipizio e una forza mi stava spingendo lentamente nell'oscurità. Lui non avrebbe capito. Nessuno ci sarebbe riuscito.
- E non cadrai. - lo sentii sussurrare. Mi ritrovai sul letto, nuovamente tra le sue braccia, mentre mi cullava accarezzandomi i capelli. Stavo per cadere. - Alex, puoi farcela. Non farti sopraffare da qualcosa che nemmeno esiste. -. Lui non capiva. Lui non sapeva. Qualsiasi cosa fosse, esisteva. Volevo scappare, ma qualcosa me lo impediva. Il mio corpo era in preda agli spasmi, avevo la maglia fradicia di sudore e i brividi mi correvano per tutta la mia lunghezza.
- Michael! - gridai in preda al terrore. Non riuscivo ad aprire gli occhi. Vedevo solo oscurità attorno a me. - Michael! - lo chiamai con voce lamentosa. Sentivo la testa scoppiarmi. Immagini che mi passavano davanti. Tristi. Felici. Tremende. Orribili. Ragazze portate via con la forza sotto i miei occhi. Ragazze che gridavano aiuto, senza che ne fosse dato. Ragazze che morivano di stento. Sole. Una figura scheletrica mi apparve davanti. Ciocche viola e blu spente. China su se stessa che tremava come una foglia. Se ne stava accucciata in un angolo dondolandosi e dicendo cose incomprensibili.
Chi sei? -. Avevo la voce strozzata. Un nodo alla gola. Un masso sul petto che mi impediva di respirare. Un dolore troppo acuto al capo. Le gambe mossero dei passi verso di lei. Non volevo. Volevo andarmene, non volevo scoprire chi fosse la ragazza.
Aiuto. - mi parve di sentire in un bisbiglio. Stava chiedendo aiuto. Non riuscivo a muovere un muscolo. La mia forza di volontà era sparita. Sapevo di doverla aiutare, ma mi riuscì impossibile in quel momento. Era perché non riuscivo a vederle il volto? Dovevo assolutamente scoprirle il volto, dovevo sapere chi fosse. Un tonfo alle mie spalle mi fece sobbalzare. Due uomini mi spinsero via. Senza nessun preavviso si scagliarono sulla figura rannicchiata terrorizzata. Uno dei due l'afferro per i capelli. Solo in quel momento vidi e capii. Gli occhi celesti spenti iniettati di rabbia, frustrazione, dolore e troppa paura. Paura che un persona sola non può sopportare. La bocca distorta in un grido straziato. Le guance scavate nel viso pallido ed ossuto. I capelli sciupati, castani alla radice e tinti di un viola ed un blu quasi svaniti. Ero io quella ragazza che stavano portando viaEro caduta. Ero io… caduta. Senza un motivo ero impazzita. Com'era successo? Ero sempre stata attenta a tenere a bada i miei pensieri, le mie emozioni... tutto! Era un sogno? O meglio... un incubo? Forse era la proiezione nella mia mente del mio futuro imminente. O forse ero già impazzita?
- Cosa, piccola stupida ragazzina? - rise cupamente uno dei due uomini. Mi si gelò il sangue nelle vene. Avevo paura. Stavo sprofondando.
La vista mi si annebbiò ed il viso si inumidì a causa delle lacrime che mi solcavano il volto. Mi avvicinai a lei, soffocando la paura che provavo per i due uomini. La mia proiezione aveva aveva gli occhi iniettati di sangue e le palpebre spalancate. Cos'avevo fatto per meritarmi un trattamento del genere? Non riuscivo a capire il significato di tutto quello. La stanza divenne gradatamente sempre più scura. Una crepa si allargò nel pavimento, tra me e loro. Ma solo io me ne accorgevo? L'uomo che non la teneva la colpì dritta allo stomaco con un calcio. Il rumore mi fece venire in mente una bistecca scagliata su un tavolo con forza. Gemette emettendo un verso straziato. Una striscia densa scarlatta rigò il muro grigio. Un rivolo di sangue gocciolò giù, dalla bocca socchiusa del mio fantasma. Mi sentii schifata da me stessa. Dal fatto che non riuscissi a vincere il terrore che mi devastava per aiutare il mio riflesso. Mi avvicinai al bordo del precipizio. Del cemento si staccò dal bordo ingoiato dall'oscurità di quel buco. Arretrai spaventata da tanto nero.
No. Non potevo lasciarmi spaventare. Dovevo aiutarla. Presi un respiro profondo. Mi allontanai dal bordo del precipizio. Dovevo farcela per lei. Per me. Presi la rincorsa verso il precipizio. Percepii il vuoto sotto di me. Mi mancò il respiro per un istante. La consapevolezza di non riuscire a farcela. Sbarrai gli occhi. La testa sbattè contro il cemento. Il dolore si espanse lungo tutto il corpo. Aprii gli occhi.

- Michael. - sussurrai. I suoi occhi erano colmi di lacrime. La testa mi scoppiava. Mi alzai a sedere di scatto. Il mondo mi vorticò attorno pericolosamente. - Dove sono? -
- Alexis... - mormorò sorridendomi tra le lacrime calde. Visualizzai meglio la stanza in cui mi trovavo. Trasalii per il bianco che mi accecava.
- Dove mi trovo? - chiesi spaventata. Mi aveva riportata indietro al centro di riabilitazione. Non rispose. Si limitò a stringermi in un abbraccio caldo.
- Oh... Alex. - singhiozzò immergendo il volto tra i miei capelli. Mi scostai per guardarlo negli occhi.
- Dove mi hai portata, Michael? - domandai nuovamente.
- Tu... tu sei stata male. Ti ho portata al pronto soccorso. Hai battuto la testa cadendo a terra. -
- Ho battuto la testa? - repetei stupita e confusa. Michael annuì.
- Stavi cercando di scappare da me. Quando ti ho vista infondo alle scale pensavo... pensavo che non ti saresti più svegliata. Avevo una dannata paura, Alex. - singhiozzò stringendomi di più, come se potessi scomparire da un momento all'altro. Trattenni il respiro sentendo i singhiozzi scuotergli il corpo. Mi sentivo male. Non un dolore fisico. Un dolore che ti lacerava il cuore. Gli occhi mi si riempirono di lacrime.
- Mi dispiace, Michael. - sussurrai.
- Non devi dispiacerti. È tutto finito, Alexis. -
- Sono quasi caduta. -
- Ti sei rialzata. È questo che conta. Hai combattuto, Alexis. Hai vinto. -
Avevo vinto. Ora capivo. Ero riuscita a salvarmi. Michael mi aveva salvata.
- Grazie, Michael. -







Spazio Autrice:
Hi guys!
Ok, questa è la mia prima One Shot di sempre (?), almeno è la prima che pubblico e che ho revisionato centinaia di volte prima di arrivare a questo risultato, che spero vi piaccia. Ho fatto un po’ di ricerche riguardo il bipolarismo, e ne esistono davvero molti tipi, il peggiore conosciuto è il “Bipolarismo di I Tipo” ed è possibile che se una persona ne è affetta in famiglia, si può anche trasmettere in maniera un pochino più lieve nella discendenza, visto che è anche un fatto di sostanze chimiche che non è regolato bene dalle ghiandole celebrali.
Comunque chiudendo la parentesi di tipo “medico”, passiamo al contenuto della OS.
"Amnesia" non è stata realmente scritta da loro, come forse qualcuno sa, ma ho voluto "fingere" che magari l'aveva scritta Mikey, invece "Good Girls" è realmente scritta da Michael insieme a Ashton ed ad altre persone che al momento non ricordo, anche se poi all'inizio quando è stata concepita l'idea del "Good girls are bad girls that haven't been caught" Michael non capiva cosa volesse dire, e qui sono d'accordo con Ashton nel dire che è una gran "Genius". *LOL*

 

Non è una vera e propria tragedia come all’inizio pensavo di fare, ma ha un lieto fine. Io adoro i lieti fine, niente che viene lasciato al caso e all’immaginazione dei lettori, perlomeno non troppo, ed un punto fermo per finire tutto.
Non so cosa mi abbia spinto a scrivere questa OS, che ovviamente mi è venuta in mente ascoltando attentamente e canticchiando le parole di “Good Girls” una delle tante stupende canzoni dei 5SOS. Comunque immagino che essendo io in prima persona non una ragazza perfetta, anche se tendo a non sgarrare a scuola, se non qualche ronfatina sul banco nelle ore di italiano - già, è abbastanza strano visto che mi piace scrivere e amo leggere - e il fatto che a volte ascolto la musica nelle ore di matematica specialmente nelle ultime ore di scuola per stendere i nervi - ed anche questo è strano visto che frequento una scuola ad indirizzo scientifico -.
Mi sembrava “giusto”, se si può dire così, mettere in dubbio le parole di questa canzone che è una delle mie preferite, oltretutto. Mi chiedo perché debbano essere le “ragazze buone” ad essere cattive e non magari le “ragazze cattive” magari essere in realtà buone, infondo tutti siamo stati bambini ed i bambini sono il ritratto dell’innocenza e della bontà, è quello che ci circonda ad avvelenarci e l’antidoto può essere chiamato “Amore” in alcuni casi.
Ok, ora non mi metterò ad annoiarvi con la mia filosofia della vita che può essere tradotta nella musica che ascolto (One Direction, 5SOS, Taylor Swift, The Script, Ed Sheeran, Avril Lavigne e Demi Lovato) quindi interrompo qui il mio flusso di pensieri filosofici e vi lascio.
Recensite se ne avete voglia e commentate con le vostre opinioni al riguardo, potrei anche scambiare qualche parola con voi al riguardo. Potrei finire con un “E che Dio vi benedica”, ma preferisco dire “E che la Musica sia con voi, mie/miei Lettrici/Lettori”.
Bye bye!
 
 
Ps: Se avete voglia di leggere altro potete passare alla mia FF “69 Things That I Hate About You” è incentrata su Ashton e non è una Slash. Non ha a che fare con il “69 Cose Che Odio Di Te” con Louis Tomlinson, quindi vi prego solo di non giudicare dal titolo come altri hanno già fatto. Basta cliccare sul banner sottostante per iniziare a leggere il prologo.



Casting:
Questo è il modo in cui ho immaginato i miei personaggi, in alcuni casi ho utilizzato il photoshop, per cambiare il colore dei capelli e cose del genere.

 
Alexis (Kaya Scodelario)
 Michael Clifford
Calum Hood 
America (Taylor Momsen) 
 
   
 
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