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Autore: laviatraversa    13/09/2014    1 recensioni
Dalla OS: "Era una giornata relativamente tranquilla. Il sole splendeva alto nel cielo, un lieve vento rendeva meno afoso quell'altrimenti insopportabile pomeriggio di agosto e e quattro amici erano seduti a un bar, di ritorno da una missione. Era come se niente – né un attacco nemico, né un colpo di stato, neppure lo scoprire che Rock Lee era partito per una fuga romantica con la Mizukage – avesse potuto turbare la calma che conduceva i loro discorsi. Poi, improvvisamente, Sai ruppe l'incanto.
«Non riesco a credere che sia già passato un anno». Con appena dieci parole – trentanove stupide lettere – con quel suo modo di fare che lo rendeva antipatico e scomodo, altroché, aveva dato vita al disastro.
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[NaruHina, accenni SasuSaku, Team7+Sai]
Risolto il problema grafico alla storia, chiedo scusa per l'inconveniente.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sai, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Egoista


Atto Unico
: The BlameGame



Era una giornata relativamente tranquilla. Il sole splendeva alto nel cielo, un lieve vento rendeva meno afoso quell'altrimenti insopportabile pomeriggio di agosto e e quattro amici erano seduti a un bar, di ritorno da una missione. Era come se niente – né un attacco nemico, né un colpo di stato, neppure lo scoprire che Rock Lee era partito per una fuga romantica con la Mizukage – avesse potuto turbare la calma che conduceva i loro discorsi. Poi, improvvisamente, Sai ruppe l'incanto.
«Non riesco a credere che sia già passato un anno». Con appena dieci parole – trentanove stupide lettere – con quel suo modo di fare che lo rendeva antipatico e scomodo, altroché, aveva dato vita al disastro. Le labbra di Sakura iniziarono a tremare impercettibilmente e a nulla valsero i goffi tentativi di Sasuke di consolarla – a casa, Sakura, quando torniamo a casa – o di essere d'aiuto in qualche modo – sii forte, non piangere. In circostanze differenti avrebbe probabilmente esultato intimamente per una buona mezz’ora, estasiata dall’ammissione implicita celata nella frase dell’uomo seduto poco distante; lei e Sasuke avevano una casa loro, una vita insieme e la loro relazione aveva ormai assunto una certa concretezza. Era viva, reale, pulsante come il suo cuore matto che nonostante tutto non smetteva di rincorrerlo come se fosse il primo giorno. Tuttavia, il solo pensare a Lei aveva la capacità di annichilirla al punto che il silenzio era l’unica cosa sensata che era capace di produrre per molto tempo. «È colpa mia», esordì Naruto. Presto tutti iniziarono a sudare freddo e persino Sai, che non si preoccupava mai delle persone che faceva scivolare giù dalle sue labbra, tremò. «Non dire stronzate», lo ammonì Sasuke con sguardo severo. Era un discorso che avevano intrapreso più e più volte – senza mai giungere ad una parvenza di conclusione, peraltro – nelle settimane immediatamente successive alla tragedia e l’Uchiha in quei mesi si era adagiato sulla consapevolezza che non l’avrebbero affrontato mai più. Evidentemente si era sbagliato. «È stata colpa tua quanto mia», intervenne Sakura con voce tanto flebile da essere appena udibile. «Hinata era una mia amica e io non le sono stata vicina abbastanza». Sai si portò le mani alle tempie e promise a sé stesso che avrebbe letto qualcosa sul “Come imparare a non dire sempre la cosa sbagliata”. «Non sei tu il motivo per cui Lei…», proferì Naruto all’indirizzo dell’amica, unica rappresentante del genere femminile in un team che, ora come allora, stava sull’orlo del baratro. Quella conversazione avrebbe senz’ombra di dubbio avuto delle conseguenze. «Smettetela tutti e due», si spazientì Sasuke. Hinata Hyuuga era morta un anno prima, nella fredda mezzanotte del dodici settembre. Ricordava il chiasso prodotto dai cittadini di Konoha quando avevano appreso la notizia, ricordava le lacrime che avevano allagato Villa Uchiha – e i bellissimi occhi di Sakura – per giorni e la solenne cerimonia che aveva visto solo a metà; Hiashi aveva cacciato Naruto, gli aveva urlato contro oscenità irripetibili e così, vedendolo allontanarsi da solo dalla folla di ipocriti che prendevano parte a un dolore che, per loro fortuna, non avrebbero mai potuto comprendere, l’aveva seguito e, senza battere ciglio, gli aveva posato una mano sulla spalla in un vago tentativo di consolarlo – non si era neppure lamentato, poi, quando l’Uzumaki gli era saltato addosso e l’aveva abbracciato. «Quello che ha fatto è stata una sua decisione, presa nel pieno possesso delle sue facoltà mentali. «Non è stata colpa di nessuno». Sapeva che probabilmente aveva appena fatto esplodere una bomba innescata  trecentosessantacinque lunghissimi giorni prima – Sai pensò che una volta ultimato avrebbe avuto l’obbligo morale di passargli “Come imparare a non dire sempre la cosa sbagliata” –, ma di contro era anche consapevole del fatto che certe parole, per quanto possano fare male, devono essere pronunciate prima che vengano dimenticate – era meglio un dolore sopportabile oggi o uno insuperabile domani? Sasuke si era appena risposto. «Non voglio più sentirvelo dire», concluse. La realtà però era che una parte di colpa – se varcava il confine sottile fra realtà ed empatia – ce l’aveva anche lui. Naruto non aveva mai avuto il tempo di occuparsi di Lei e dei suoi sentimenti brucianti, troppo preso dal far propri le lacrime di Sakura e i rimpianti di Kakashi, dal rincorrerlo per tutte le grandi terre ninja nella speranza di tornare finalmente a casa insieme seppur sempre disposto a rimandare – ancora una volta – per cercare chi, se non lui? Fu Sai, dall’alto di quella sua saggezza un po’ strana, la stessa che lo rendeva spaventoso agli occhi dei più, a sciogliere i nodi in cui si stavano aggrovigliando i loro pensieri. «Egoista», rifletté ad alta voce. «Hinata è stata egoista», ripeté. «Il suo amore per te era egoista, Naruto». Nessuno sembrò capire – non era una novità, dopotutto. Aveva un modo di esprimersi e di capire le persone – di leggerle, assimilarle – che era incomprensibile a chiunque non fosse lui stesso. «Sasuke ha ragione, non è stata colpa tua», affermò. Poi guardò Sakura e sorrise teneramente di quel sorriso fanciullesco che lo caratterizzava: «E nemmeno tua, Sakura-chan». Inspirò profondamente, il cervello che lavorava a ritmo serrato producendo una rete di pensieri così fitta che se seguirne il filo era difficile, spiegarla a terzi era praticamente impossibile. «Che intendi?», domandò brusca l’Haruno, le spalle ancora scosse da un pianto che aveva rimandato a dopo, alla protezione delle mura domestiche – e delle braccia forti di Sasuke intorno a lei. «Nessuno ha la colpa della sua morte», spiegò Sai, «perché è stata lei a fantasticarla, bramarla e conquistarla. Hinata-chan non è stata uccisa, si è suicidata». Tre paia di occhi increduli si posarono su di lui. «Questo lo sappiamo già», commentò asciutto l’Uchiha. «Lo sapete, ma non l’avete capito», replicò pacato l’altro. «Lei voleva tutto questo, quest’assurdo gioco delle colpe che state portando avanti. Il suo amore era grande, è vero, splendeva di luce propria, ma è stato consumato dal suo stesso egoismo. Ed era anche egocentrico, altroché, perché sapeva che con il suo gesto ultimo vi avrebbe ridotto in questo stato. Involontariamente, Hinata voleva tutto questo». Sai era conscio del fatto che il suo discorso non avesse una grinza, le parole le aveva calibrate al meglio, per questo non riuscì a dare spiegazione al pugno con cui Naruto lo mandò al tappeto. «Hinata-chan non voleva proprio niente», affermò glaciale, «E tu sei un grandissimo stronzo anche solo per pensarlo». Fece per andarsene, ma la voce cristallina di Sakura lo fermò. «Naruto, aspetta», esordì, «Io penso di aver capito». Chiuse gli occhi per un attimo, incerta. Proseguendo, avrebbe emesso il verdetto finale e – lo sapeva, eccome se lo sapeva – la condanna sarebbe stata vitalizia. Sai sorrise ancora, ancora sdraiato a terra, con le labbra sanguinanti. «I-io… Hinata ti amava immensamente, Naruto, questo lo sapevamo tutti. Ti amava quando eri un bambino, ti amava quando abbiamo iniziato l’accademia, ti ha amato anche quando eri lontano da Konoha con Jiraya-sensei», iniziò. «Durante lo scontro contro Pain si è dichiarata e lei… sì, insomma, era pronta a tutto pur di salvare l’uomo che amava. Ed era anche pronta a essere rifiutata, me l’ha detto lei stessa. Ma non era pronta alla tua indifferenza». Naruto spalancò gli occhi azzurrini e si lasciò cadere a peso morto sulla sedia, improvvisamente consapevole. «E con questo io non sto dicendo che sia stata colpa tua, non avresti potuto immaginare una reazione del genere da parte sua. Però Sai ha ragione, probabilmente Hinata ha voluto tutti questi sensi di colpa e questo non riuscire a dormire serenamente la notte. Lei sapeva che con un gesto così estremo saresti stato costretto a pensare a lei, a pentirti e…», si fermò, incapace di proseguire. Sasuke le strinse piano una mano, sotto il tavolo. «La verità è questa, Naruto, alla sua morte tu non saresti stato indifferente». «Quindi è sempre stata una questione di indifferenza?», domandò pacato l’Uchiha. «Sì, è sempre stata una questione di indifferenza». Solo più tardi, protetta solo da un lenzuolo – e dalla pelle di lui – Sakura avrebbe confessato che non aveva mai perso la speranza perché non l’aveva mai visto indifferente; non nei suoi confronti, almeno. Sai invece avrebbe passato la serata a tenere il ghiaccio sul labbro gonfio mentre con lo sguardo divorava “Come dire sempre la cosa giusta”; non era ciò che cercava all’inizio, ma comunque un ottimo punto di partenza. Naruto sarebbe tornato al suo appartamento con un fastidioso cerchio alla testa, avrebbe maledetto a gran voce il sakè dopo aver fatto cadere le chiavi sul tappetino d’ingresso per la terza volta e pian piano – non c’era bisogno di aver fretta, no? – avrebbe iniziato a perdonarsi.
E a perdonare
Lei. Amarla, forse.



Fine



I deliri dell’autrice.
Non ho proprio idea di cosa dire per giustificare quanto avete appena letto – se siete giunti fin qui, beh, avete un tasso di sopportazione veramente alto. Non è uscita come l’avevo immaginata, assolutamente, ma ci si avvicina parecchio. Più che altro sono ancora furiosa perché mia madre ha usato il mio computer senza chiedermi il permesso per guardarsi Supernatural [l’ho perdonata solo per questo, so che Dean è una tentazione irresistibile] e ha chiuso la pagina di word in cui era stesa la prima parte della OS – OS che, tra parentesi, doveva essere una flash. In effetti, ne ha tutti i connotati. Doveva pure essere incentrata sulla NaruHina – ma con Hinata morta e sepolta [chiedo perdono] e Naruto che dice quattro parole in croce [son discorsi troppo complessi per il baka, lo sappiamo tutti dai] –, però alla fine c’è più SasuSaku, che doveva essere il contorno.
Spero che l’abbiate apprezzata, quello lo spero sempre. Chiedo venia a chi segue la mia raccolta SasuSaku Nichijo, che non aggiorno da un po’ per mancanza di ispirazione. Prima o poi tornerò, questo è certo. Se vi va, fatemi sapere che ne pensate; se non avete voglia [leggi: avete di meglio di fare] va bene lo stesso.
J
Alla prossima,
egoica


  
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