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Autore: ellephedre    13/09/2014    19 recensioni
'Aisuru Mamo-chan' è il modo in cui Usagi iniziava le lettere che scriveva a Mamoru nella quinta serie dell'anime, mentre lui era in America e non si faceva sentire per mesi. Perché era morto, ma Usagi non lo sapeva.
E se Mamoru dopo tanto tempo ricevesse tutte quelle lettere, e potesse finalmente leggerle?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
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Aisuru Mamo-chan

 

Nota: 'Baka' in giapponese significa 'stupido/'a

 

Aisuru Mamo-chan

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.

 


 

«Chiba-san!»

Il portiere del suo palazzo - il signor Shuya - lo aveva salutato con più entusiasmo del solito.

«Buonasera» gli rispose Mamoru.

«Non mi aveva detto che oggi le sarebbe arrivato un pacco!»

Perché non ne aveva avuto idea. «C'è qualcosa per me?» Si avvicinò al bancone.

Shuya-san si chinò e tirò fuori qualcosa da sotto la sua scrivania. «È un pacco internazionale. Sa che normalmente non accetto cose per cui non sono stato avvertito, ma non volevo rimandare indietro questo, arrivato da tanto lontano... Ecco, prenda.»

Mamoru afferrò il pacco tra due mani. Era voluminoso ma piuttosto leggero.

Si sporse verso il registro che il portiere gli stava facendo firmare per il ritiro. «Grazie per aver accettato la consegna.»

«Posso fare un'eccezione, ogni tanto.»

Mamoru sorrise a Shuya-san. Si diresse verso l'ascensore, cercando il mittente della spedizione. Tra i vari timbri e sticker trovò un'etichetta bianca più chiara.

John Hopkins University

Spalancò gli occhi.

John Hopkins?

Erano passato molto tempo dall'ultima volta che aveva avuto a che fare con quel nome. Era l'università a cui non era mai giunto vivo. Era stato ucciso prima di arrivare al loro campus di Baltimora.

Perché ora gli spedivano qualcosa? Usagi aveva cancellato il ricordo del suo viaggio negli Stati Uniti dalla testa di chiunque fosse stato coinvolto nel progetto.

Poteva essere un reclamo?

Sbatté il pacco. Sembrava pieno di carta.

Tanta carta poteva equivalere a documenti pieni di problemi.

Dentro l'ascensore, preoccupato, cercò di aprire il cartone con le mani. Il materiale non cedette. Se avesse continuato a forzarlo avrebbe rischiato di strappare qualcosa del contenuto.

Attese di arrivare al suo piano, impaziente, con in mano le chiavi di casa.

Appena l'ascensore lo lasciò uscire, si diresse veloce alla porta del suo appartamento e vi entrò. In corridoio accese la luce e si focalizzò sul comodino dell'ingresso. Nel primo cassetto c'era sempre una forbice. La trovò e applicò una delle due lame allo scotch che teneva insieme i lembi della grossa scatola marrone.

Il pacco si rivelò pieno di buste chiuse.

Ma cosa-?

Ne cadde una, quella in cima alle altre. 

Mamoru appoggiò il pacco di lato e si chinò. Quella lettera non era chiusa e recava sul retro il suo nome, scritto in inglese.

 

Salve signor Chiba.

Avevamo da molto tempo in nostro possesso queste lettere a lei indirizzate.

Non ci risulta che lei abbia mai frequentato la nostra università, perciò non riuscivamo a capire perché fossero arrivate presso uno dei nostri dormitori. Da lì, dopo diversi mesi in cui si sono accumulate una dopo l'altra, esse sono state spedite prima al reparto che gestisce gli studenti stranieri e infine qui, al nostro ufficio generale.

Qualche settimana fa il mio capo mi ha indicato di disfarmi dell'intero archivio di missive non recapitate.

Ho visto gli sticker a forma di cuore sulla chiusura di queste buste e... be', non ho avuto il coraggio di buttarle.

Mi dispiace se ne ho aperta una - l'ultima. Ho chiesto ad un professore giapponese che lavora presso di noi di tradurmela. È così che ho capito che dovevo fare qualcosa per trovarla, signor Chiba.

Ho pensato di contattare l'università giapponese con cui siamo affiliati, la Todai. Poiché si trattava di un favore personale e di dati sensibili, hanno impiegato circa un mese a confermarmi che lei effettivamente studia presso di loro. Così ho ottenuto il suo nominativo e il suo indirizzo.

È stata una piccola impresa, ma sono felice di aver lavorato per farle avere queste missive. Sono state scritte e spedite con assiduità, costanza e sicuramente molto affetto.

Non so come sia andata a finire con la ragazza che le ha composte, ma queste lettere dovevano arrivare a destinazione. Se c'è amore per noi, là fuori, ignorarne l'esistenza ci rende più vuoti.

Scusandomi per l'eccessiva confidenza (so che non piace a voi giapponesi), le invio le lettere assieme a un mio caro saluto.

       

Courtney Mayer

Segreteria generale, John Hopkins University

  

  

Finendo di leggere, Mamoru seppe che cos'erano le buste che riempivano la scatola inviata dall'America.

Tolse le scarpe, lentamente, e portò il pacco in salotto con sé, tenendolo con reverenza tra le mani.

Usagi.

Si sedette sul divano e prese la prima lettera, controllando la data sul francobollo.

Per andare con ordine, verificò tutte le date, così da poter iniziare a leggere dall'inizio.

Usagi.

Aprì la prima busta e nel foglio leggero trovò la calligrafia disordinata di lei - quella che ora Usagi aveva migliorato.

 

 

Caro Mamo-chan!

Ben arrivato negli Stati Uniti! Come stai? Hai fatto un bel viaggio?

Il fuso orario ti ha buttato giù?

Hehe, pensa a me quando vuoi dormire. Pensare a me ti fa rilassare e addormentare felicemente!

Io sono al settimo cielo, Mamo-chan! Questo anello è la cosa più bella, più magnifica, più romantica che tu mi abbia mai regalato! Passo tutto il tempo a guardarlo. 

Ma perché lo stavi portando con te in aereo? Non volevi darmelo? Sono curiosa!

Comunque, sono felicissima che ora stia sul mio dito, hehe. È un messaggio da parte tua, vero? Per dirmi di stare tranquilla nonostante la nostra lontananza.

Non preoccuparti, ho capito. Non farò storie se non ci sentiremo tutti i giorni come quando stavi qui in Giappone. Farò la brava fidanzata, perché so che anche in America tu stai pensando a me.

La distanza non sarà mai un problema. Io ti penso ogni giorno, ogni minuto.

... infatti questa lettera la sto scrivendo quattro ore dopo che te ne sei andato. Ehm, ho marinato la scuola, ma dovevo venire a vederti all'aeroporto!

Non me ne pentirò mai e poi mai!

Aishiteru, Mamo-chan. Anche il mio amore per te è immenso. Riempie per intero questo mio piccolo cuore di Usagi.

Alla prossima lettera,

la tua Usagi-chan

    

  

Mamoru sentì una stretta al petto: mentre Usagi scriveva quelle parole lui era già morto.

Lei aveva spedito almeno sessanta lettere - le aveva contate.

Erano tutte come quella prima missiva? Piene di speranza per una rapida risposta che non sarebbe mai arrivata.

Ormai temeva cosa avrebbe trovato nelle ultime lettere, ma doveva scoprirlo. 

Aprì la seconda busta, accarezzando lo sticker a forma di cuore con cui Usagi l'aveva sigillata.

Lesse della giornata a scuola di lei, dell'arrivo dei Three Lights. Usagi non menzionava il nuovo nemico con cui aveva combattuto in quei giorni. Non aveva voluto dargli preoccupazioni: lui le aveva detto che, se fosse stato necessario, sarebbe tornato indietro per aiutarla.

Andò avanti nella lettura.

All'inizio le lettere erano state spedite quasi quotidianamente.

Un mese dopo la sua partenza, quando non aveva ancora ricevuto segno di lui, Usagi cominciava ad accusare il colpo.

   

"Sei molto occupato, vero? Ma sono sicura che mi stai leggendo."

"Mamo-chan, c'è un problema col numero dell'appartamento che hai lasciato nella tua segreteria. Il mio inglese è terribile - come al solito - ma mi sembra che la persona che risponde dica di non averti mai visto. Non riconosce il tuo nome. Sono un pochino preoccupata."

"Che sciocca a farmi paranoie, sicuramente tu starai bene! Un segno per la tua ragazza che ti ama tanto da impazzire?"

"Hai ragione: con l'anello hai voluto dirmi di stare tranquilla, non devo essere insicura. È solo che... mi manchi."

"... tu ami comunicare silenziosamente, Mamo-chan. Questa sarà una specie di prova, vero? Sento che è come se fossi qui accanto a me ad annuire con la testa. Sento il calore dei tuoi baci, la forza dei tuoi abbracci. Sei sempre con me, Mamo-chan."

 

A volte Usagi parlava di Chibiusa. 

  

"Manca anche a te quella peste? Trovarmi qui a casa da sola, senza di te e senza di lei... Non lo avrei mai detto, ma la voglio qui con me. Quando si decide a tornare?

Hehe, lo so, Mamo-chan. Meglio che non sia qui, giusto? Lei muoverebbe mari e monti per trovarti, non accetterebbe di non sentire la tua voce. È ancora una bambina."

In quelle parole lui leggeva il desiderio di lei di sentirlo.

 

"Ricordi quando siamo andati insieme al cinema, quell'ultima volta? Chibiusa mangiava i pop-corn accanto a noi e io rubavo un bacio da te mentre lei non ci guardava. Le nostra labbra sapevano di caramelle. Ieri sono tornata in quel cinema per prendere proprio quei dolci tanto buoni. Li ho comprati al sapore di allora, la fragola,. Poi li ho presi anche al limone, all'arancia... Immagino i baci che ci daremo quando tornerai.

Mi manchi."

Mamoru faticò a non stringere la carta.

Passò a torturarsi con la lettera successiva.

Era la trentesima tra quelle che Usagi aveva spedito. Lui era arrivato appena a metà e già si sentiva male.

 

 

Ciao, Mamo-chan. 

Ricordi Seiya? Ieri era il suo giorno libero. Si sentiva solo e mi ha invitato a uscire. Siamo andati al luna park, poi allo zoo. Siamo saliti anche su una ruota panoramica. Io ho provato a scherzare sui paparazzi che ci avrebbero visto. Lui ha detto che non aveva importanza.

È un dongiovanni. 

Seiya alla fine mi ha portato in una discoteca, in una stanza in cui all'improvviso ci siamo ritrovati soli.

Io avevo la faccia rossa come un vulcano. Lui veniva troppo vicino... ma in realtà voleva solo portarmi di sotto a ballare. Che sciocca.

Ad un certo punto è andata via la luce nel locale. Per proteggermi, Seiya mi ha abbracciata.

È strano aver sentito su di me il calore di qualcun altro... 

Forse ancora ci sto pensando.

 

Hahahaha, ci hai creduto, Mamo-chan?!

Tutte bugie, mi sono inventata tutto!

Sei stato un pochino geloso? Hai pensato che non volevi vedermi con un altro ragazzo?

... so che lo hai pensato.

Scusa per questo scherzo crudele. 

  

Io penso sempre e solo a te, Mamo-chan. Non c'è tentazione per me. 

Se... Se qualcuno provasse a toccarmi così, io lo manderei via! 

Non posso dimenticarmi di quanto ti amo. 

Sopra ho scritto quelle cose sciocche per... Non lo so. Magari facendoti sentire geloso ti veniva voglia di scrivermi?

Baka-Usagi, lo so. 

 

Per me ci sei solo tu, Mamo-chan, sempre.

Tua Usagi. 

  

 

Mamoru rilesse la lettera due volte. Quando stava per metterla giù, sentì un rumore provenire dal corridoio.

«Mamo-chan! Sei a casa?»

Fu un colpo sentire la voce di lei, dopo averla letta tanto a lungo, immaginandola nel passato.

Erano trascorsi due anni dal tempo di quelle lettere. Era cambiato tutto da allora, ma quel periodo era esistito e Usagi lo aveva vissuto.

Mamoru appoggiò la lettera sul tavolino. «Sono qui.»

Lei era già apparsa in salotto, raggiante nell'uniforme scolastica. «Ciao, Mamo-chan! Che bello trovarti in casa, non ci speravo! Wow... quante lettere. Di chi sono?»

Mamoru non riuscì a trovare subito una risposta da darle.

Usagi si avvicinò, curiosa, chinandosi a fianco a lui. Osservò le buste e i primi fogli dispiegati.

Perse colore in viso.

«Sono le lettere che mi hai mandato in America» le disse Mamoru.

Lei ne sfiorò una, la mano che tremava.

«Non erano sparite, Usa. Una persona dell'università mi ha rintracciato e me le ha mandate tutte qui con un pacco.»

Usagi si coprì la bocca con la mano. 

Lui la guardò, in cerca del motivo del suo terrore.

«Tu... Tu le hai...?»

Mamoru le passò l'ultima lettera che aveva letto. «Questa è l'ultima che ho visto.»

Usagi le lanciò un'occhiata veloce e cominciò a scuotere la testa. «No. Per favore, non leggerle! Non sapevo quello che dicevo, Mamo-chan. Ero tanto triste, pensavo...»

Lui la prese per le spalle. «Okay.»

«Non è okay. Io... Avrei preferito non ricordare più quel periodo!» Scombinò con una mano le buste ancora chiuse sul tavolo. «Non sono importanti!»

Mamoru toccò la lettera che parlava di Seiya Kou. «In questa lettera racconti una cosa che è successa veramente, no?»

Lasciò ad Usagi un momento per riflettere. Lei si era seduta per terra e si stringeva tra le braccia.

«Usa... Non ti incolperò per niente di quello che c'è scritto qui.» Forse lui sarebbe stato solo diventato più triste man mano che andava avanti. Ma si fidava di lei. E capiva.

Usagi tirò su la testa. «Non è questione di colpe. È solo...»

Mamoru le mostrò la lettera che gli interessava. «Ti sentivi abbandonata. Per questo mi hai scritto del tuo appuntamento con lui e poi hai detto che era una scherzo.»

Per un momento Usagi non capì. Fu costretta a guardare di nuovo per ricordare.

I suoi occhi si velarono di lacrime. «Ah, Seiya.» Sorrise. «Ci siamo divertiti quella volta. Allora io ero così sciocca che...» Vedendo la sua reazione, si fece seria. «Sì, Mamo-chan. C'è stato un abbraccio che mi ha confuso per qualche ora. Poi è andata come ti ho scritto nella lettera e non ho mai più avuto dubbi su quello che provavo per lui. Nonostante il tuo silenzio.»

«Se non ti preoccupa questo Seiya, perché non vuoi che legga?»

Usagi lanciò un'occhiata malinconica alle buste. «Le altre ti faranno sentire male. In quei mesi ero a terra. Ero arrivata a pensare che...» Prese un lungo respiro, pesante. Lo guardò. «Non riuscirò a impedirti di leggere, vero?»

«Voglio sapere cosa ti fa piangere.»

Mentre Usagi sorrideva infelice, due lacrime scesero sulle sue guance. «Se è per questo allora...» Lei iniziò a controllare le buste. Capì che erano in ordine cronologico e passò all'ultima, che era aperta. Gliela diede. 

Mamoru la aprì con un peso nel petto.

Usagi aveva abbassato gli occhi sulla moquette. «È l'insieme delle paure di una ragazza che credeva di essere stata dimenticata.»

  

 

Mamo-chan... 

Tra poco saranno quattro mesi che non ci sentiamo. 

Non hai mai chiamato a casa mia. Non rispondi alle mie lettere.

Ci ho pensato tanto, tutto il tempo.

All'inizio mi hai detto di aspettare. Ma da tanti mesi io ti scrivo che mi manchi tanto, sempre sempre di più. Tu non rispondi lo stesso.

Lo stai facendo apposta. Mi vuoi dire qualcosa?

... ti sei innamorato di un'altra ragazza? Non sai come confessarmelo, hm?

Sto piangendo mentre scrivo.

Non riesco a crederci, ma non capisco perché non mi cerchi!

Forse sono solo stupida. So che questa è la prima volta che ti accuso veramente di non scrivermi, ma...

Come mai, Mamo-chan?

Tra qualche settimana chiederò a Ami di chiamare per me in America. Mi vergogno!

Non mi hai mai scritto, Mamo-chan! Non l'ho mai detto a nessuna delle ragazze. Loro penseranno che tu...

Forse un po' mi hai dimenticata.

Sei così lontano, con tante persone più interessanti e intelligenti intorno a te... Ti starai facendo tante domande.

Perché dovrei restare con Baka-Usagi che sta in Giappone? Perché non prendermi un periodo di pausa?

Non è corretto, Mamo-chan!

Io sono stupida, ma non è giusto! Tu sai che quando tornerai io sarò così debole che

Mi leggi? Senti quanto sono disperata?

Ma adesso che ho pianto io... Sto meglio.

Penso che se se tu adesso hai dei dubbi, forse c'è una ragione. Ma sono convinta che ti passeranno.

Un amore come il nostro non finisce.

... O quando tornerai io ti riconquisterò. 

Ti porterò via a qualunque ragazza ti abbia preso, Mamo-chan. 

Tu sei il mio Mamo-chan per sempre.

 

Usagi
  

P.S. Ti prego, chiamami per dirmi che sono una stupida che si è immaginata tutto. Ti prego!

  

Mamoru appollottolò metà foglio di carta, il pugno che non riusciva a stare fermo.

Usagi guardava la sua mano e la lettera. «Sai...? Non sarebbe successo se fossi stata più brava in inglese. Avrei chiamato la segreteria dell'università. Avrei saputo che non eri mai arrivato.» Dagli occhi versò altro dolore. «Avrei saputo che eri morto.» Gli tirò via il foglio dalla mano, esasperata. «È stato meglio così! Questo è niente in confronto a come mi sarei sentita se avessi capito che-»

Mamoru la afferrò, stringendola con tutta la sua forza. «Mi dispiace

«Non dire così!»

«Mi dispiace!»

«No! Io mi sono sentita stupida e meschina per essermi sentita sola per tutto quel tempo, quando in realtà ero stata io ad abbandonarti! Spettava a me assicurarmi che tu stessi bene, invece ho lasciato che uno stupido fraintendimento-»

Mamoru le prese la testa con la mano, coprendole la bocca con la sua. Premette le labbra su Usagi fino a sentire quasi male, poi lei si aggrappò alla schiena e insieme scivolarono nel dolore.

«Non ci sarebbe mai stata nessun'altra ragazza» disse lui.

«Lo so.»

«Ti avrei chiamata dopo un giorno.»

«Lo so

«Ti avevo detto che sarei stato impegnato perché dovevo ancora capire l'orario delle lezioni, poi noi ci saremmo-» Represse in gola un singhiozzo di rabbia.

Usagi premette la fronte contro la sua. «Avrei dovuto saperlo. Non è stata colpa tua.» Scuoteva la testa contro di lui, piano. «È passata, Mamo-chan. Non avresti mai dovuto leggere queste lettere. Io avevo dimenticato.»

Era possibile, pensò lui, dimenticare simili paure?

Col corpo di Usagi tra le braccia ricordò che loro due lo avevano fatto. Da allora si erano amati, si erano parlati, erano cresciuti.

Ma avrebbe voluto che lei non avesse mai passato un periodo simile perché tra loro, poi, imparassero ad amarsi meglio. «Mi dispiace.»

Usagi asciugò le lacrime. «Basta. Mi hai resa più felice che mai da allora.» Rilasciò un grosso sospiro. «Dispiace a me che queste lettere ti abbiano reso triste adesso.»

A lui sfuggì un sorriso mesto. «Me le ha spedite una persona che si è interessata a tutte queste buste con gli sticker a forma a cuore.» Comprese una cosa. «Voglio leggere anche le altre, Usagi.»

«Mamo-chan...»

«Ora so come finiscono. Non mi farà così male.»

«Perché vuoi farlo?»

«Perché dopo voglio consolarti.»

«Mi hai già consolata.»

«Voglio farlo per me stesso. Anche senza sapere, ho sempre immaginato che fossi stata male in quei mesi. Troppo, perché io potessi capire.»

Usagi tirò su col naso. «Questo è... masochismo, Mamoru.»

Lui sorrise. «Mamoru? Non ero il 'tuo Mamo-chan per sempre'?»

Usagi cercò di tenere giù gli angoli delle labbra. «Sei 'Mamoru' quando c'è da rimproverarti.»

Lui guardò le lettere. «Queste sono la prova che ho accanto a me una persona che mi ama nonostante quattro mesi di silenzio.»

Commossa, Usagi scrollò le spalle.

«Una ragazza che teneva così tanto a me da respingere anche un idol.» Ma quel punto gli piaceva meno.

Usagi si fece furba. «Quell'idol qualche settimana dopo è arrivato persino a dichiararsi.» Capì che aveva esagerato con lo scherzo e scosse la testa. «Ma io non ho mai considerato Seiya, in nessun caso. Per me, come hai letto lì, esistevi solo tu. Persino se mi avevi tradito, Mamo-chan.»

«Non l'ho fatto.»

«Se lo avessi fatto, ti avrei riconquistato. Poi ti avrei dato tante legnate.»

Risero.

Mamoru portò Usagi sulle gambe. «Sentendo di quell'appuntamento, forse io sarei tornato indietro.»

«Davvero?»

Provò a essere più realistico. «Avrei spaccato qualcosa in camera mia. Poi ti avrei chiamata e avrei preteso di parlare con questo tizio. Giusto per fargli sapere che esistevo.»

Usagi chinò la testa e fece perdere entrambi in un bacio.

Per il dolore da dimenticare, per la felicità da ricordare, continuarono a perdersi l'uno nell'altra per molte ore.

   

  

Ormai di notte, Mamoru prese una penna in mano.

Non sapeva come cominciare la lettera.

"Grazie per avermi mandato queste lettere. Sono state importanti."

Naturalmente era il succo del discorso, ma voleva trasmettere alla signorina Mayer della John Hopkins quanto avesse significato per lui il suo gesto.

Usagi apparve con la testa dietro le sue spalle e sbirciò sul foglio. «Oh, vuoi scrivere a quella persona!»

«Sì.»

«No no, faccio io! In fondo sono le mie lettere. Credimi, lei vuole sentire me.» Usagi si rimboccò le maniche della camicia che gli aveva chiesto in prestito. «Mayer-san avrà pensato che tu mi avessi davvero tradita, ma che dovessi sapere quanto ti amavo per ripensarci, anche se era passato tanto tempo. Sarà felicissima di sapere che stiamo insieme!»

Lui rise per quell'entusiasmo. «Che cosa le dirai?»

Usagi si grattò la coscia nuda. «Saprà tutto naturalmente. Ehm, lascerò da parte storie di mostri, alieni e battaglie.»

Mamoru si alzò, lasciandole il posto sulla scrivania. «Prego.»

Usagi inforcò la penna. «Farò un lavoro egregio!»

  

 

AISURU MAMO-CHAN... - FINE

 

 


 

Ed ecco cosa esce dopo aver che ho rivisto tutta la quinta serie.

Mi piace questa storia. Ne sono molto fiera in questo istante, perché non pensavo che ne avrei mai scritta una che rendesse giustizia nella mia testa a quello che era successo in quel periodo e a come si sarebbe sentito Mamoru sapendolo.

Spero che sia piaciuta anche a voi o che vi abbia detto qualcosa.

 

Elle

 

P.S. - Due cose

1) In questa fanfic faccio riferimenti alla mia storia 'Oltre le stelle', una fanfic ambientata subito dopo il ritorno in vita di Mamoru, un giorno dopo la fine della quinta serie. Mamoru si riferisce a quanto successo in quella storia, nei suoi pensieri, quando pensa al modo in cui lui e Usagi erano già guariti a vicenda. Ho intenzione di revisionare nello stile quella mia prima fanfic di Sailor Moon, la più famosa. La revisione terrà conto anche di alcune informazioni presenti qui, soprattutto in merito alle tempistiche e a Seiya.

2) In giornata sono stata produttiva e ho anche scritto un lungo articolo sul rapporto tra Seiya e Usagi in questa stagione. Non è mai stato così chiaro ai miei occhi che quella che provava lei era solo amicizia.

Metto questo link perché una parte di quello che Usagi dice in questa storia deriva dalle riflessioni che ho scritto lì.

   
 
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