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Autore: Abigail_Cherry    13/09/2014    4 recensioni
Leo è un diciottene. Quest'anno ha la maturità e questo dovrebbe essere il suo maggiore pensiero. Ma è innamorato. Innamorato di Mia, una ragazza bellissima, gentile e con un sorriso meraviglioso. Ma ha un piccolo difetto. Si rifiuta di parlare. La sua voce non viene udita da nessuno da circa due anni. Riuscirà Leo a conquistare la fiducia della ragazza e a farla confidare con lui? Vi ho intrigato? Spero di si.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Prologo

Questione di tempo

 

Ho avuto molte occasioni per vederla, abitando nel suo stesso palazzo e frequentando la stessa scuola. La guardo tutte le volte in cui ne ho l'occasione: quando esce di casa per andare a scuola, a volte quando torna, quando passeggia con le amiche in centro la incrocio molte volte, e adoro guardarla quando si siede sulla panchina del cortile a leggere un libro, cosa che fa quasi ogni pomeriggio.

Nonostante questo, non le ho mai rivolto una parola, se non uno strozzato “ciao” quando ci incrociamo per strada, al quale lei risponde con un cenno cortese della testa ed un sorriso, poiché non può parlare: è muta.
O meglio, a quanto pare, si rifiuta di parlare. Nessuno sa il perché. Lei, una volta, era una ragazza normale, insomma... parlava. Ma poi, compiuti i quindici anni, ha smesso improvvisamente di parlare. Sono due anni che nessuno sente più la sua melodica e meravigliosa voce. Sinceramente, mi dispiace. L'ho sentita cantare un paio di volte e ha una voce a dir poco angelica.

Comunque, nonostante le sue condizioni, le amiche non le mancano, la vedo spesso in giro con almeno una di loro.

Per quanto mi riguarda, voglio solo riuscire a parlarle, dirle che è bellissima, che l'ho sempre ammirata, stimata e che sono follemente innamorato di lei... Ma non ho mai trovato un pretesto per parlarle.

Questa mattina, ho deciso di farmi forza: stringo i pugni ed esco di casa un quarto d'ora prima di lei, aspettandola.

Sento qualcuno scendere le scale ed alzo lo sguardo. Mi sudano le mani, così smetto di stringere i pugni. Sono più nervoso che mai. Ed eccola arrivare. Puntualissima, come sempre: la ragazza più bella del mondo. No, “bella” la sminuisce. Direi più “meravigliosa”.

Sento il mio cuore palpitare appena lei mi si avvicina e cerco di tirarmi indietro. Ma non posso. È la mia occasione.

<< Ciao. >> la saluto timido. Lei si ferma un attimo. Mi guarda e, sorridendo, mi fa un cenno con il capo per salutarmi. Poi comincia a camminare di nuovo. Sta per andarsene! Dio, Leo! Fai qualcosa! Dico a me stesso. Decido di tentare con un complimento. La raggiungo ed azzardo: << Come sei bella oggi. >> le sorrido. Ma quanto posso essere patetico? Che razza di complimento è questo? Potevo dire qualcosa di più accurato ma no! Dovevo essere la banalità fatta persona! Sicuramente scapperà via a gambe levate e mi va bene se non chiama anche la polizia. O, piuttosto: “La lega degli sfigati che non sanno accostare due parole per comporre una frase”!

Lei sorride di nuovo e si sistema una ciocca di capelli castano chiaro dietro l'orecchio fissando il pavimento, evitando il mio sguardo. L'hai imbarazzata! Scemo! È finita. Non potevo stare zitto, no?

Lei tira fuori dalla piccola tasca della gonna della divisa scolastica un taccuino ed una matita temperata troppe volte per essere ancora chiamata così, e comincia a scarabocchiare qualcosa.

Dopo qualche attimo di attesa, gira il taccuino affinché io legga.

“Grazie. Tu sei Leonardo, giusto?” leggo in silenzio, ma assaporando ogni parola.

<< Si. >> rispondo. Aspetta... ha gradito il mio complimento? Evvai, Leo! Sei un gran casanova! << Chiamami pure Leo. >>.

Lei annuisce, sempre sorridente, e ricomincia a scrivere sul suo taccuino. “Io sono Amelia.” scrive. “Ma tutti mi chiamano Mia.”. Sbaglio o mi ha appena invitato a chiamarla “Mia”? Mia! E non “Amelia”, e non “Mari” (il suo cognome), ma “Mia”. Finora conoscevo solo il suo cognome. L'avevo letto sulla sua cassetta della posta una volta. E non me lo sono più dimenticato... A proposito... non dovrò mai raccontarglielo. MAI. Potrebbe scambiarmi per un stalker malato! Ed io non lo sono. Non ossessivamente, almeno. Agisco come agirebbe ogni ragazzo innamorato!

Ma comunque.

Ci stringiamo cordialmente la mano. Poi lei prende di nuovo il taccuino e scrive: “Ti andrebbe di accompagnarmi a scuola?”. I miei occhi si spalancano dalla sorpresa. Non ci speravo per niente! Perch- no. Non posso perdermi dei miei pensieri! Devo dare subito una risposta o penserà che ho un ritardo mentale!

Prendo un respiro. << Con piacere. >> le rispondo. Lei sorride, questa volta facendo trasparire anche i suoi bellissimi denti bianchi.

Continuiamo a conversare per tutto il tragitto che precede la scuola. Lei sempre più sorridente. Io sempre più imbarazzato per i tutti discorsi noiosi che tiro fuori ma che lei sembra stranamente appezzare. Arrivati a scuola, ci salutiamo, costretti a dividerci per andare nelle nostre rispettive classi: io in 5^B e lei in 4^C.

Durante le lezioni non riesco a concentrarmi. Rivedo il viso di Mia ovunque. Il suo sorriso. Il suo taccuino e i suoi lunghi e meravigliosi capelli. Non riesco a togliermela dalla testa. È questo l'amore? Non riuscire a pensare a niente e nessuno a parte la propria dolce metà? Rivivendo il primo momento in cui si ha davvero interagito, all'infinito nella propria testa?

Il tempo a scuola passa in un attimo. Cinque ore di lezione mi sembrano solo pochi secondi. Esco da scuola e cerco subito il volto di Mia tra la gente. Ma non lo trovo. Torno a casa lentamente, osservando ciò che oggi mi sembra più bello del solito: gli alberi, i prati, i fiori, l'odore del pane del fornaio sotto casa mia, e persino gli autobus e le automobili. Tutto è più luminoso. Oggi.

Tornato a casa mi metto il pigiama (dei pantaloni grigi ed una canottiera nera) e mi impegno per completare i compiti. Ci metto un sacco di tempo perché la mia mente è altrove. Probabilmente in camera di Mia. Vorrei stare di più con lei. Cercare di capirla. Di conoscerla. Ma non ci conosciamo ancora abbastanza perché lei si fidi. Devo aspettare che si possa fidare. Un giorno, se sarò fortunata, potrò anche sapere, capire, perché si rifiuta di parlare. Non per pettegolezzo. Ma perché solo così la potrò conoscere completamente. È questione di tempo. Devo solo aspettare.

   
 
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