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Autore: Rebbi95    13/09/2014    0 recensioni
La vita non è un film...
Eh già, no. Non è un film.
E questo Andrea e Rachele lo sanno bene, fin troppo bene.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao.
Eccomi qua a distanza di un brevissimo tempo, con un'altra One Shot.
L'ho scritta così, in poco tempo, dopo aver pubblicato l'altra.
Non so come sia.
Spero che vi piaccia, e... preparate i fazzoletti accanto a voi che forse cene sarà biogno ;(
Ah, vi lascio il link della canzone consigliata durante la lettura.
http://www.dailymotion.com/video/xcud24_tiziano-ferro-sere-nere_music
 

La vita non è un film…
 


 
 
Mi hai lasciata.
Sola.
Senza spiegazioni.
Mi hai lasciato un biglietto, dove dicevi che era finita.
Che fantasia. Non hai avuto neanche le palle di parlarmi.
Come stamani, quando sono venuta in quella casa, la nostra casa fino a qualche giorno fa.
Sono venuta per riprendere le mie cose. Ma tu non hai detto niente.
Mi hai aperto la porta, e l’hai richiusa appena ho varcato la soglia di casa.
Nessuno dei due ha detto niente.
Pensavo che ci avresti ripensato.
Un po’ come succede nei film, che lui la ferma, la prende in braccio, la bacia, si sposano e vivono felici e contenti.
Ah, già, ma la vita non è un film.
E tu hai seguito perfettamente il copione della vita vera, quella degli sfigati in amore.
Sei rimasto là, seduto in cucina a bere il tuo fottuto caffè amaro, con la tua sfoglia alla pera.
Fanculo tu, e il tempo che mi hai fatto perdere.
Ma tanto so che mi rialzerò, più forte di prima.
Perché io sono forte, e non sarai di certo tu col tuo viso angelico del cazzo da finto bravo ragazzo a distruggermi, a rendermi debole.
Ritornerà il sole in me, ritornerò  sorridere.
Sono forte, e la vita con me.
Perché io posso cascare, ma quando mi rialzo sono di nuovo una tigre. Sono di nuovo forte.
E tu ne soffrirai di questo.
Tu soffrirai a vedermi felice, senza te.
Dimenticherò tutto, dimenticherò te.
Okkei, queste due ultime affermazioni forse sono solo cazzate.
Non posso dimenticarti, penso. Forse.
No, non posso.
Non posso dimenticarmi nel modo in cui mi hai guardato la prima volta che ci siamo conosciuti, parlarti.
Il modo in cui mi difendevi quando litigavo con gli amici.
Non posso dimenticarmi delle rose che mi lasciavi ogni anno sotto al banco di scuola per il nostro anniversario, e tutto questo per 4 anni.
Non riesco a dimenticare questi 10 anni insieme.
Mi hai chiesto di sposarti, solamente un mese fa.
E adesso perché mi lasci così??
Con un biglietto per di più??
Dicevi che non mi avresti mai lasciata.
Che ci saresti sempre stato qualunque cosa sarebbe successa, in qualunque modo sarebbe andata a finire mi hai giurato che tu saresti sempre stato li.
E invece non mi guardi nemmeno in faccia.
Ti faccio cosi schifo?? Così pena??
È una settimana che la mia bocca non tocca cibo.
A malapena riesco ad alzarmi dal letto.
Le colleghe mi chiedono come vanno i preparativi per il matrimonio, e io fingo, dico che stanno andando bene, mento.
 Dico che stiamo cercando di mettere su famiglia, di avere un piccolo bebè.
Mento a loro, mento a me stessa.
I miei lo sanno che tra noi è finita, vivo da loro adesso, a loro dico che sto bene, riesco a convincerli, forse.
Ma non riesco a convincere me stessa. Non riesco a fingere con me.
Perché sto male, per ora.
Si, per ora, perché tornerò a stare bene. Alla faccia tua.
E ora non mi resta che starmene qua, seduta sul letto con le gambe incrociate in questa domenica triste d’inverno, a guardare le fotografie.
E ricordare, di com’eravamo.
Ci sono le foto dalla seconda liceo, ad ora, a qualche mese fa.
Le foto del natale a casa dei miei, le foto della prima volta che sei venuto qua, di quel giorno in cui ti ho presentato ai miei.
Sei sempre piaciuto a loro, ti hanno sempre adorato.
 
Diversi, molti, anni prima.
10 anni prima..
“Lui è Andrea.”
Solo 3 parole, 3 parole che significavano a dire “ vi presento colui che mi ha rapito il cuore.
Che mi rende felice. E che spero che continuerà a farlo. Cosa che invece non hai fatto.
La mia ragione di vita.
La persona per la quale ogni mattina mi alzo con la voglia di affrontare al meglio la giornata, la persona che mi da grinta.
Che mi regala amore, gioia, felicità.
Che mi fa ridere.
Che c’è sempre per me, colui che amo.”
Vi scambiaste la mano.
Mio padre si presentò a te e tu a lui, e lo stesso con mia mamma.
Per poi conoscere qualche settimana dopo tutti i parenti, al cenone della vigilia di Natale.
Eri così carino, premuroso.
Con loro, con me.
C’eri sempre.
Per tutto, per qualsiasi cosa.
C’eri quando avevo la febbre a 40, e sono dovuta andare all’ospedale.
C’eri quando mi sono fatta male in palestra e sono dovuta stare due mesi in ospedale.
C’eri quando al liceo non capivo la matematica e tu stavi a giornate a spiegarmela.
C’eri  sempre. Per tutto.
C’eri quando stavo male.
C’eri quando ero felice.
C’eri quando litigavo con qualcuno.
E ora invece dove sei??
 Dove sei Andrea??
Dov’è quell’Andrea che mi dava felicità??
Che mi amava??
Che viveva per me??
Che pendeva dai miei occhi??
Perché sei cambiato??
Cos’è successo??
Le lacrime cominciano a scendere.
E sento che sto per crollare, di nuovo.

“Rachele??” la voce dolce di mia madre dietro la porta mi fa tornare alla realtà, mi asciugo le lacrime e le dico di entrare.
“Ho fatto del thè ai lamponi, il tuo preferito. Sono giorni che non mangi, almeno bevi questo, ti ho portato anche i biscotti, li ha fatti zia. Mangia amore.”
Si siede accanto a me, sul letto. Dopo aver appoggiato il vassoio sulla scrivania.
“Mamma,  sto male”
Dico io, con la voce rotta dal pianto.
Fanculo brutto bastardo, guarda come mi stai riducendo, nessuno ci era mai riuscito.
Nemmeno il mio gatto quando ha deciso di volarsene in paradiso.
Mi abbraccia, più forte.
Le lacrime scendono una dietro l’altra.
E io mi libero della mia disperazione.
Piango così forte da urlare, da farmi mancare il fiato, singhiozzo, respiro male.
Come se da un momento all’altro un collasso, un attacco isterico fosse pronto a colpirmi.
In ogni singhiozzo c’è grande dolore, disperazione.
Le lacrime scendono senza controllo, rigando il mio volto e sciogliendo il mio trucco nero.
Piango sempre più forte, il respiro si fa sempre più affannato, assente.
Mi stringo a mia mamma, affogando i miei singhiozzi strozzati nel suo maglione grigio di lana.
Mi accarezza i capelli spettinati, e raccolti non tanto bene in un ciuffo.
Sto male.
Sto provando quello che viene chiamato il mal d’amore.
E non mi era mai successo prima.
È stato il mio primo fidanzato Andrea, e pensavo che con lui fosse per l’eternità. Fosse destino.
Pensavo di essere forte, di affrontare meglio questa situazione, e invece mi sbagliavo.
Mi stai distruggendo la vita, stronzo.
Vorrei che tutto ciò fosse un incubo, vorrei svegliarmi nel nostro letto, e vedere che sei li, che mi guardi con la faccia assonnata e mi chiedi “Cucciola, che è successo?? Di nuovo un brutto sogno?? Vieni qua scricciola…” e che mi abbracci, e poi, cominciamo a fare l’amore.
Proprio come quando mi svegliavo nel cuore nella notte, per colpa dei brutti sogni.
C’eri anche li, ad abbracciarmi, a coccolarmi.
Ma ora non ci sei,
se ora la notte faccio brutti sogni, stringo il cuscino.
O il peluche che tengo sulla scrivania di fianco al letto.
 
Chi ti ha dato il permesso di entrare nella mia vita, rapirmi il cuore, farmi innamorare di te e restituirmi il mio cuore a pezzi??
Chi sei tu per farmi questo?
Come ti permetti??
Ridammi la mia vita, il mio cuore, ridammi la mia felicità, stronzo, ti prego.
Poi potrai fare ciò che vuoi, ma ridammi ciò che è mio, ciò che mi appartiene.
Tra quelle lacrime, quei singhiozzi e urli disperati mi addormento.
 
Qualche mese dopo…
Sono in macchina, sto venendo da te.
Voglio parlarti.
Non ce la faccio più.
Da quando il nostro amore è finito non vivo più.
Ogni sera affogo il mio dolore nell’alcool, e poi piango, sul letto.
I miei mi hanno mandato da uno psicologo.
Oh, cosa vuoi che ne sappia uno psicologo di me, di te, di noi, di quello che siamo stati, del nostro amore??
Tutti pensano che uno psicologo risolva qualsiasi problema.
Si sbagliano invece.
Solo tu, amore, sapresti risolvere il mio problema.
Perché sei tu la cura per la mia disperazione.
Mi manchi.
Perché mi hai fatto questo??
Il mio stomaco ha un vuoto dentro, come la mia testa.
Il mio cuore non batte più, si è gelato.
Perché mi hai lasciato senza una ragione??
Senza un motivo??
Perché mi hai lasciato un vuoto incolmabile dentro??
Sai, pensavo che mi sarei rialzata, più forte di prima.
Pronta ad affrontare la vita a testa alta, a scordare il tuo nome, e tutto ciò che siamo stati.
Pronta a rinnamorarmi, più di prima.
Pronta a cominciare una nuova storia d’amore ancora più bella della nostra.
E invece no, non ci riesco.
“Signorina, la strada è bloccata a causa di un incidente. Ci dispiace ma deve tornare indietro”
La voce di un vigile che si avvicina al vetro abbassato della mia macchina mi fa tornare alla realtà.
Sento una strana sensazione quando pronuncia quelle parole.
“Si sa chi è??” domando.
“è un ragazzo, Andrea. Non posso dirle altro, vada adesso.” Di nuovo una sensazione.
Scendo dalla macchina, e li per terra al di là delle transenne e del filo rosso e bianco vedo un corpo, e accanto la tua macchina, ridotta non bene.
Corro verso di te, sotto il rimprovero del vigile che mi dice di tornare.
Ti raggiungo, dicendo ai vigili che sei il mio ragazzo.
Mi siedo vicino a te. In ginocchio
Hai del sangue su tutto il corpo, sbatti leggermente gli occhi, con fatica. Lentamente.
I sospiri si sentono a fatica, leggeri, dolorosi, affannati e rauchi.
“Rache….l…ll..e sss…eei…” parli con fatica.
Le lacrime scendono, senza controllo.
Passo una mano sulla tua fronte. Mordendomi il labbro.
Trattenendo le altre lacrime che come una fontana vorrebbero scivolare.
“Shhh.. si sono io…”
“Scuss…ssa… devv..o..ddiirr..tt..ii..” parla sempre con più fatica.
“che..che..ttt..iii..hoo..lllaass…cciii…atta…peerrrcc…chè…mi..hann..no..diag..nosti..cato…un..tumurrr…ee..e mi hann…nno dato un ann…no..d..i..vi…tt..ta, mmm..aaa..a quanto…pa…r…e. ill…cie…ll…o mmmm…i ha…chi…aa…mmm..ato..pri….mma… stav..o venendo….da..te a …dir….te..lo… e..a d riti…che..ti….”
non finisce la frase.
I suoi respiri cessano.
Il suo cuore smette di battere.
La sua bocca di parlare.
La sua anima vola in paradiso.
 Lasciando me li, sola.
Non ha finito quelle parole, ma so cosa volermi dirmi.
“Ti amo anche io” sussurro.
All’orecchio del suo corpo oramai spento, che giace li, sul freddo dell’asfalto nero.
 
Mi chino su di lui, piango.
Piango. Urlando il suo nome.
Accarezzando il suo corpo.
Mi sento come quando ad una mela viene strappata l’altra sua metà.
Mi rivolgo al cielo chiedendogli perché, per quale motivo lo ha portato via.
le mie lacrime sono accompagnate dalla pioggia che comincia a scendere dal cielo.
I poliziotti, con i vigili, cercano  di tirarmi con forza via da sopra il corpo dell’amore della mia vita, mentre alcuni infermieri lo  coprono con un telo bianco, e lo portano via sopra una barella.
Vorrei correre verso di lui, ma le potenti mani di un poliziotto mi trattengono.
E allora mi lascio accasciare a terra, quando lui rallenta la presa.
Prendi me, Signore.
Lascia lui.
Perché mi hai fatto ciò??
Ci hai fatti, ci hai creati, ci hai fatto conoscere, ci hai unito e poi perché ci hai divisi in questo modo brusco e straziante??
Perché hai lasciato vincere la vita matrigna e crudele??? Perché non hai fatto niente contro il destino??
Signore, ti prego, ridammelo.
Lui è mio, appartiene a me. Non vedi quanto soffro??
No no no. Non voglio vivere così.
Ora so una cosa:
No, la vita non è un film.
La vita ti riserva sempre sorprese.
È come un dado, non sai mai che numero esce.
Può essere quello della vittoria, o della sconfitta.
In questo caso la vita da brava matrigna crudele mi ha riservato la sconfitta.
 
Aspettami amore, perché ti raggiungerò.
E potremmo stare insieme.
Per sempre, come ci siamo promessi quella volta.
Sotto il cielo stellato, di Ostia, buttando il lucchetto in mare.
 
Ti amo. E ti perdono.
Anche se non mi hai lasciato il tempo per dirtelo.
Perché te ne sei voluto andare via di qua troppo in fretta.
E ora, forse…. Non mi resta, che raggiungerti, senza aspettare.
 
   
 
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