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Autore: Astry_1971    30/09/2008    1 recensioni
“Ti prego, tienilo lontano da questa guerra.”
La sua voce si fece ancora più bassa e roca, quasi un sussurro.
“Il Signore Oscuro non ha dimenticato il suo fallimento. Io resterò vivo finché Lui penserà di aver bisogno di me, ma non riuscirei a proteggere tuo figlio questa volta.”
Questa storia è il prequel di “Dopo la vittoria” ma, essendo stata la mia prima Fan Fiction, ho deciso, su consiglio (beh… diciamo su minacce) di Ida59, di riscriverla da capo. Spero che questa nuovissima versione vi piaccia.Gli avvenimenti narrati si svolgono dopo il sesto libro della saga di Harry Potter e prescindono, ovviamente, dal settimo libro, inedito all'epoca della prima versione di questa FF.
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Severus Piton, Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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Traditore



Autore/Data: Astry, Maggio 2005/Settembre 2008
Beta - reader: Nykyo, Ida59 e Starliam.
Personaggi:Severus, Harry, Draco, Voldemort.
Rating: Giallo.
Avvertimenti: Spoiler sul sesto libro
Riassunto: : “Ti prego, tienilo lontano da questa guerra.” La sua voce si fece ancora più bassa e roca, quasi un sussurro.
“Il Signore Oscuro non ha dimenticato il suo fallimento. Io resterò vivo finché Lui penserà di aver bisogno di me, ma non riuscirei a proteggere tuo figlio questa volta.”

Note: Questa storia è il prequel di “Dopo la vittoria” ma, essendo stata la mia prima Fan Fiction, ho deciso, su consiglio (beh… diciamo su minacce) di Ida, di riscriverla da capo.
Traditore è nato nel 2005 subito dopo l'uscita del "Principe", quindi ho scelto, riscrivendola, di non tenere conto degli avvenimenti del settimo libro.

CAP. 1: Fuggiaschi

“Perché è intervenuto, io ci sarei riuscito!”
Draco e il gruppo di Mangiamorte si erano materializzati nella foresta protetti dal fitto merletto di rami scuri. S’incamminarono velocemente verso un crepaccio scavato nella roccia dal tempo e dai cataclismi naturali milioni di anni prima della loro nascita.
La terra sembrò inghiottirli nelle sue viscere, Draco e Severus seguivano il gruppo mantenendosi a distanza. In effetti il mago bruno sembrava in difficoltà, non reagì allo sfogo violento del ragazzo che lo precedeva urlando e sferrando calci a ciottoli, sassi e qualunque cosa si fosse trovato davanti.
Ormai erano stati distanziati parecchio dal gruppo che era scomparso alla loro vista, quando Draco si voltò di scatto e marciò dritto verso il suo muto interlocutore
“Sa almeno quello che ha fatt...” le parole gli morirono in gola.
Severus era scivolato inginocchio, il suo corpo coperto di ferite sanguinava copiosamente.
“Professore!” d’un tratto la sua voce tornò quella del ragazzino spaventato che aveva pianto di fronte a Mirtilla. “Professor Piton.”
Il ragazzo afferrò il mago prima che potesse cadere e lo aiutò ad adagiarsi sulla fredda roccia.
“Corro a chiamare gli altri”
“No!” Piton lo bloccò, prendendolo per un braccio e trattenendolo.
Quando il ragazzo s’ inginocchiò accanto a lui, proseguì, la voce ridotta ad un sussurro “Non è sicuro per te… stare con loro... Draco... non...”
Draco gli sollevò la testa poggiandola sulle proprie ginocchia; una profonda ferita gli deturpava il viso e il sangue colò sulle gambe del giovane mago.
“Il maledetto uccello di Potter” ringhiò” questa me la paghi, Harry!”
Malfoy tremava di rabbia e paura. Si guardò intorno: erano penetrati molto a fondo nella roccia, era umido e freddo, non era prudente uscire poiché la zona ormai doveva essere battuta palmo a palmo dagli uomini di Silente, nè poteva proseguire.
Piton aveva ragione, i Mangiamorte stavano andando dritti da Voldemort e per prima cosa avrebbero riferito del suo fallimento.
Cosa avrebbe fatto allora? Come si sarebbe giustificato col Signore Oscuro?
Si sentì gelare, aveva fallito, lui aveva fallito.
Anche se Piton non fosse intervenuto, lui non avrebbe ucciso Silente.
Non voleva ammetterlo, non voleva accettare di non aver avuto il coraggio di pronunciare due semplici parole, doveva fare solo quello.
Non c’era riuscito.
Silente non era in grado di difendersi, era circondato di Mangiamorte. Il grande mago Albus Silente era ai suoi piedi, un vecchio ferito e niente di più. Eppure, non aveva potuto, era stato debole e ora aveva paura, un terrore folle.
Scosse il capo violentemente.
“ Cosa devo fare? Come… come faccio, ora?” si portò una mano ai capelli arruffati, stringendoli
con forza nel pugno chiuso.
Fissava il suo insegnante con gli occhi sbarrati e velati dalle lacrime.
Non poteva essere successo davvero, no, lui ora non era lì, non stava stringendo tra le braccia il suo mentore orribilmente ferito.
Serrò e riaprì le palpebre più volte, sperando di cancellare quell’immagine tremenda, ma questa era sempre ostinatamente di fronte a lui a ricordargli che quello non era un terribile incubo, ma la cruda realtà. Una realtà che aveva costruito con le sue stesse mani.
In tutti quei giorni trascorsi a riparare l’armadio svanitore, era questo che stava preparando? Era davvero questo che voleva?
Poi la voce di Piton lo distolse dai suoi pensieri.
“ Draco” l’uomo era stremato, il ragazzo dovette abbassarsi per sentirlo. “Draco... Devi correre da tua madre... lei... lei sa, ti proteggerà”
Malfoy s’irrigidì.
“Ma, io non posso lasciarla qui.”
“ Non preoccuparti...quando non ci vedranno arrivare torneranno a cercarci… Io me la caverò. – Il ragazzo lo guardò per qualche istante: come poteva lasciarlo lì da solo? Era umido e faceva freddo in quei cunicoli.
“Professore…”
L’uomo tremava leggermente, Draco sospirando appoggiò delicatamente la testa di Piton sulla roccia e si rialzò da terra.
Non aveva scelta, il suo insegnante aveva ragione, come sempre.
Non c’erano scusanti per il suo comportamento, Voldemort non ammetteva errori, ora poteva solo fuggire. Fece qualche passo indietro, i suoi occhi erano fissi in quelli del suo professore che, pur velati dalla stanchezza, lo incoraggiarono a smaterializzarsi, e così fece.


* * *



Il giovane mago era ritto di fronte al vetro appannato della finestra. Era impossibile vedere qualcosa attraverso quel velo opaco, eppure i suoi occhi non avevano smesso di fissarlo.
Non era il paesaggio estraneo che, sapeva, estendersi all’infinito al di là delle piccole ante di legno, ad interessarlo, per lui non c’era niente dietro quel vetro umido.
Nulla che potesse riempire il vuoto terribile che si sentiva nel cuore.
I boschi e le montagne là fuori, così diverse da quelle della sua Inghilterra, lo facevano sentire terribilmente solo.
Se solo il suo sguardo avesse potuto spingersi molto più lontano, fino alla sua casa o fino a Hogwarts. Era persino grato per quel sipario di minuscole gocce di umidità che gli donavano l’illusione di trovarsi ancora là.
Erano passati solo due giorni da quando aveva lasciato Piton ferito nella grotta ed era fuggito come un vigliacco, dopo aver sconvolto la propria vita e l’intero mondo magico.
Era corso da sua madre, come un bambino spaventato dai dispetti dei compagni di scuola, ma questa volta non si trattava di una banale marachella, questa volta sua madre non lo avrebbe abbracciato sussurrandogli all’orecchio di non preoccuparsi, di sorridere perché tutto sarebbe andato a posto.
Narcissa lo aveva accolto con gli occhi pieni di lacrime, Piton aveva ragione: lei sapeva, era al corrente di tutto.
Non poteva immaginare come e quando le loro vite sarebbero state travolte, ma era certa che sarebbe successo.
Non aveva detto nulla, lo aveva fissato per pochi istanti e aveva capito: tutto era cambiato.
Era stato lui a portare a termine gli ordini del Signore Oscuro? Era stato Piton? Oppure avevano fallito entrambi? Qualunque cosa fosse accaduta, ora loro dovevano solo fuggire, lontano dagli Auror o forse, ancora peggio, lontano da Voldemort.
La strega si limitò a fare un gesto al piccolo Elfo domestico, che, evidentemente era stato preavvisato e conosceva alla perfezione le istruzioni della sua padrona. Infatti, sparì e riapparve dopo pochi istanti portando con sè un grosso baule. Quella notte stessa Draco e sua madre lasciarono Malfoy Manor per una terra lontana.
Avevano delle proprietà in Romania in un paese vicino a Bucarest. Una piccola tenuta abbastanza isolata dal mondo babbano e allo stesso tempo confusa con l'ambiente a sufficienza da passare inosservata anche ai maghi.
Neppure Voldemort conosceva tutte le proprietà dei suoi adepti. E lì, madre e figlio avrebbero potuto vivere al sicuro.
Un tonfo improvviso fece sussultare Draco che si voltò di scatto.
Di fronte a lui, il suo Elfo domestico, chino accanto ad un mucchio di libri, lo fissava con un espressione colpevole e terrorizzata.
Normalmente il giovane Malfoy lo avrebbe insultato per la sua sbadataggine, ma la vista dei grossi tomi, che l’Elfo stava riordinando nella nuova casa, lo lasciò senza fiato.
Non aveva nemmeno notato cosa il suo piccolo servo aveva messo tra i bagagli di viaggio.
S’irrigidì, stringendo con forza i pugni: ma certo, i suoi libri di scuola, i compiti per le vacanze e…
Scosse il capo, mentre il piagnucolare della piccola creatura, avvolta in un sudicio straccio grigio, continuava a ferirgli le orecchie.
Non era adirato con lui, come l’Elfo immaginava, avrebbe voluto gridargli di stare zitto, di non scusarsi, invece continuava a rimanere immobile alimentandone così la paura.
“Vattene!” riuscì infine a gridare. “Fuori di qui!”
Aveva fatto uno sforzo per pronunciare quelle poche parole, il nodo alla gola gli impediva persino di respirare.
L’elfo si smaterializzò immediatamente, probabilmente ringraziando di non essere stato punito. In quello stesso istante il giovane mago si lasciò cadere in ginocchio, come se, la tensione accumulata negli ultimi giorni, l’avesse improvvisamente abbandonato, lasciandolo senza forze. In quei volumi c’era il suo passato, ormai, ma lui non era affatto pronto a rinunciare all’infanzia e ai giorni di scuola.
Ogni estate attendeva le vacanze con trepidazione, solo per prepararsi ad un nuovo anno ad Hogwarts, nuovi insegnanti, nuovi incantesimi da imparare, ma quest’anno sarebbe stato tutto diverso.
No, non era affatto pronto.
“Draco” la voce di sua madre lo distolse dai suoi pensieri.
Sollevò lo sguardo, Narcissa lo fissava spaventata. Sapeva che per Draco non sarebbe stato facile, ma vederlo lì prostrato era qualcosa che non poteva sopportare.
Piton c’era riuscito, aveva salvato suo figlio come lei gli aveva chiesto. Lo aveva supplicato di portare a termine gli ordini del Signore Oscuro al posto di Draco, e ora? Severus era probabilmente morto, e il suo ragazzo era comunque condannato per non essere stato capace di eseguire gli ordini.
Tremò: era quello il futuro che li aspettava? Una vita da fuggiaschi?
Si avvicinò al giovane mago che se ne stava ritto sulle ginocchia, gli occhi fissi in quelli di lei ad implorare una sua parola, un’inutile frase di circostanza.
Aveva bisogno di sentirsi dire che tutto sarebbe andato a posto e che quello che era successo non era stato colpa sua.
Narcissa, tuttavia non parlò. Si avvicinò a suo figlio e, semplicemente, s’inginocchiò accanto a lui e lo strinse tra le braccia.
Tanto bastò perché Draco scoppiasse in un pianto dirotto.
“Mamma, mamma, è morto, Piton è morto ed è colpa mia, è tutta colpa mia!” singhiozzò, “l’ho lasciato solo.”
Poi anche la pietosa bugia arrivò.
“No, non è colpa tua, Draco, non potevi fare altrimenti. Severus sa come cavarsela, sono certa che è salvo e, sicuramente, è più preoccupato per te che per se stesso.”
Ma fu tutto inutile; il giovane mago si afferrò con maggior vigore al pesante velluto dell’abito di sua madre.
Perché non si sentiva affatto meglio?
“Piton sa come cavarsela”, “Non è colpa tua”: quanto avrebbe voluto essere ancora un bambino, i bambini si fidano completamente della propria madre. Ad un bambino sarebbero bastate quelle parole per ritrovare la serenità.
“Va tutto bene, Draco non è successo niente” era questo che lei gli diceva da piccolo, quando si faceva male cadendo dalla sua piccola scopa giocattolo, e lui dimenticava persino il dolore, perché, se la mamma diceva che non era successo niente e non c’era nulla di cui preoccuparsi, doveva essere così.
Improvvisamente, il suo volto si fece di pietra, si alzò e, fissando la donna ancora inginocchiata, disse deciso:
“Sì invece, la colpa è mia, solo mia. Avrei dovuto obbedire all’Oscuro, non dovevo permettere a Piton di intromettersi. Madre, perdonami, non sono stato capace di difendere la mia famiglia. Io ho fallito.”
Si voltò e uscì dalla stanza sbattendo la porta, mentre Narcissa, incapace di pronunciare una sola parola, restava a fissare immobile la porta chiusa.


* * *



Erano passati due mesi da quel giorno, madre e figlio li avevano trascorsi immersi nei libri e in lunghe conversazioni.
Quella sera qualcuno bussò al grande portone di quercia.
Narcissa era intenta a dipingere, una passione che coltivava fin da bambina, sollevò il viso, che in quel clima freddo aveva assunto un colorito rosato, e fissò la porta con una certa preoccupazione. Nessun mago conosceva il loro rifugio e i Babbani non potevano di certo essere interessati a quella casa che dall’esterno appariva disabitata da anni.
Posò i pennelli e si avvicinò all’ingresso cercando di fare meno rumore possibile, sperando che il visitatore, chiunque fosse, avrebbe rinunciato, ma quello bussò di nuovo. Narcissa allora, immaginando che sarebbe stato più prudente non usare la magia, prese a sollevare uno alla volta i pesanti catenacci che bloccavano l’uscio, e aprì.
Un uomo, completamente avvolto in un mantello nero, col capo chino, in modo da nascondere il volto, era immobile di fronte a lei.
Narcissa trattenne il respiro; no, non era possibile.
Scosse il capo come a voler scacciare un’allucinazione dalla mente, ma l’uomo sollevò lentamente il cappuccio, scoprendo il viso bianchissimo sul quale spiccavano, dure e impenetrabili, due gocce di nero ghiaietto.
“Severus!” le braccia della maga ricaddero lungo i fianchi e lei rimase a fissarlo inebetita “Non mi fai entrare… Narcissa?” Il visitatore pronunciò il suo nome come se volesse accarezzarlo con le labbra.
Narcissa avrebbe voluto gettagli le braccia al collo come una bambina, ma lei era una Malfoy, e l’affetto sbandierato non si addice ai Malfoy, nemmeno quando ritrovano un vecchio amico che si credeva perduto per sempre.
Restò ad ammirarlo ancora per qualche istante: il viso scarno ora era solcato da due profonde cicatrici. Draco le aveva raccontato che Piton era stato gravemente ferito nello scontro con Fierobecco il quale, solo per poco, non l’aveva accecato.
Lo sguardo della strega percorse il profondo sfregio sulla sua pelle fino a lasciarsi inghiottire da quegli incredibili occhi che, nonostante tutto, erano misteriosi e penetranti come sempre. “Severus, vieni, accomodati, mentre io vado a chiamare Draco” disse indicando il divano coperto di una folta pelliccia che faceva bella mostra di sé al centro del salotto.
Piton l’afferrò per la manica della tunica.
“No” Disse piano, ”non chiamarlo, non voglio che sappia che sono stato qui.”
“Ma… perché? Draco era molto preoccupato per te, temeva che tu fossi morto.”
“E deve continuare a crederlo. Ora so che sta bene ed è al sicuro.”
Poi, afferrando Narcissa per le spalle, aggiunse “Ti prego, tienilo lontano da questa guerra.”
La sua voce si fece ancora più bassa e roca, quasi un sussurro.
“Il Signore Oscuro non ha dimenticato il suo fallimento. Io resterò vivo finché Lui penserà di aver bisogno di me, ma non riuscirei a proteggere tuo figlio questa volta.”
Si voltò e fece per allontanarsi, ma la maga s’interpose fra lui e la porta.
“No, ti prego resta ancora. Draco non scenderà prima di cena: se ne sta chiuso per ore nella sua stanza, da solo. Non ti vedrà, non lo chiamerò se non vuoi, ma, ti scongiuro, resta ancora un istante.”
La voce tremava, mentre gli occhi si velavano di lacrime.
Severus sospirò “Cosa vuoi da me, Narcissa? Io sono un pericolo, per te e per Draco. Mi hanno trovato svenuto nella grotta, è stato facile lasciar credere a quegli uomini che non sapevo dove fosse il ragazzo, ma se solo sospettassero che ho a che fare con la sua fuga…”
“Oh, Severus…” singhiozzò la strega coprendosi il volto con le mani.
Piton prese delicatamente le piccole mani della strega tra le sue, costringendola ad abbassarle e scoprendo le sue guance rigate di lacrime.
Sospirò, non aveva mai sopportato di vederla piangere, lei e Lucius, in fondo erano stati quello che più si avvicinava ad una famiglia per lui. Narcissa era molto più di un’amica, la considerava come una sorella e sapeva che lei provava altrettanto affetto per lui.
Si chinò il tanto necessario perché i suoi occhi fossero perfettamente immersi in quelli di lei.
“Sai che non vi tradirei mai. Non volontariamente…” le sussurrò. “Severus, Severus, perché ci è stato fatto questo? Draco è ancora un bambino, come potrà sopportare una vita da fuggiasco?”
“Draco è forte” un sorriso piegò appena le labbra del mago. “Assomiglia a suo padre naturalmente, supererà ogni cosa e dimenticherà.”
“E tu? Tu dimenticherai?”
Il mago s’irrigidì e, istintivamente, distolse lo sguardo. Si sentiva, improvvisamente, come se l’avessero spogliato della sua maschera.
Possibile che quella donna fosse riuscita dove il suo Signore aveva sempre fallito? Narcissa aveva letto nella sua mente?
Scosse il capo. No, la maga di fronte a lui era semplicemente una donna sensibile, non aveva letto nei suoi pensieri, ma probabilmente vedeva chiaramente nel suo cuore, un cuore lacerato da un dolore immenso.
Di fronte al silenzio di Piton, Narcissa continuò “Lo so, Severus, so quanto ti è costato salvare mio figlio. Tu non volevi ucciderlo, non è vero?”
Il mago bruno continuava a fissarla, incapace di parlare.
Avrebbe dovuto negare, continuare la sua recita odiosa, fingendosi contento per la morte del più grande nemico del suo Signore. Avrebbe dovuto mostrarsi orgoglioso di averlo servito bene, ma non ci riuscì.
Sapeva quanto poteva essere pericolosa quella situazione, certo la maga non poteva immaginare fino a che punto avesse ragione, in fondo, lui non aveva mai mostrato particolare entusiasmo nell’uccidere anche se, troppe volte, vi era stato costretto, ma, se solo avesse intuito quanto quel vecchio mago fosse stato importante per lui, se avesse scorto solo una minima parte dell’immenso dolore che provava, per lui sarebbe stata la fine.
Narcissa, gli voleva bene, Piton non aveva dubbi sulla sincerità dei suoi sentimenti, ma lei era prima di tutto una madre: se si fosse trovata a dover difendere il proprio figlio, avrebbe sicuramente sacrificato il suo segreto barattandolo con la vita di Draco.
In fondo era quello che lei aveva fatto a Spinner’s End: aveva chiesto la sua anima al posto di quella del proprio ragazzo e lui l’aveva accontentata.
“Ti sbagli” questo fu tutto quello che riuscì a dire, la voce sembrava esserglisi bloccata in gola.
Narcissa sollevò lentamente una mano e sfiorò le cicatrici sul volto di Piton, due profondi solchi paralleli che partivano dal sopracciglio per arrivare fino alla mandibola.
“Non li hai curati, perché?”
Severus si scansò bruscamente “Il mio viso non è importante” rispose secco.
Poi, improvvisamente, s’udì, un rumore di passi. Gli occhi del mago saettarono verso la porta chiusa che immetteva sulle scale.
Draco, evidentemente, aveva deciso di scendere prima del solito quella sera.
“Devo andare, abbi cura di lui” si affrettò e, prima che lei potesse replicare, le voltò le spalle, infilando il massiccio portone, e si allontanò velocemente, frustando l’aria con il lungo mantello. Narcissa fissò a lungo la sua schiena e la cappa nera che ondeggiava dietro di lui, mentre percorreva il sentiero alberato.
“Grazie” mormorò, ma il mago era ormai lontano, troppo lontano per poterla sentire.



Continua…






  
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