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Autore: _Frame_    14/09/2014    2 recensioni
1 settembre 1939 – 2 settembre 1945
Tutta la Seconda Guerra Mondiale dal punto di vista di Hetalia.
Niente dittatori, capi di governo o ideologie politiche. I protagonisti sono le nazioni.
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[On going: dicembre 1941]
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[AVVISO all'interno!]
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Miele&Bicchiere'
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3. Colonie ribelli e Strane allusioni

 

Diari di Inghilterra

 

Credo che nessuno più di me abbia percepito la gravità di quello che stava succedendo. In realtà, gli indizi erano minimi. Riarmo lento, conquiste ed ammissioni subdole come era successo con Austria... Nulla che potesse lasciar presagire quello che poi è successo. Però sentivo che c’era qualcosa che non quadrava. Forse è il mio magico sesto senso, ma credo sia dovuto al fatto che dopo centinaia e centinaia di anni ho imparato a riconoscere l’aria malsana che puzza di guai. Penso che la rabbia sia subentrata per questo. Io sapevo, eppure non ho mosso un dito.

Non ho mai avuto ripensamenti riguardo le spartizioni che sono state prese dopo Versailles. Forse sono state quelle parte della causa. Però più ci ripenso e più continuo a chiedermi se tutto questo non si sarebbe potuto evitare. Me la prendo con me stesso per la guerra, e me la prendo con me stesso perché è una totale idiozia il pensiero che sia colpa mia o degli altri Alleati. Nulla riesce a togliermi l’orgoglio, questo no. Eppure ho l’impressione che sia sempre e solo il mio stramaledetto orgoglio, la causa dei miei guai. Anche dopo centinaia di anni.

 

.


Negato?

Cina sbatté i palmi sul tavolo, piegando la schiena in avanti. Le vene gonfie marcarono il rilievo dei dorsi delle mani, le unghie stridettero fino a diventare bianche. Le braccia tremavano. Quando aveva schiacciato il colpo, tutto il tavolo era saltato di una spanna da terra. Il rum del bicchiere di cristallo ondeggiava sui bordi.

“Perché gli lasciate erigere il governo senza battere ciglio?” Cina strinse i pugni, tutto il tavolo traballò di nuovo. La coda di capelli scivolò davanti a una spalla, una ciocca si sfilò dall’elastico e gli finì davanti a un occhio. “Mi avevi detto che tu e America avevate risolto tutto e che avreste fatto tornare la Manciuria sotto la mia direzione.”

Inghilterra accavallò le gambe, e la schiena sprofondò nell’imbottitura della sedia. La mano si allungò verso la coppa di rum, l’altra mano era chiusa a pugno contro la guancia. Il gomito appoggiato sul bracciolo.

“Lo abbiamo fatto.” Le unghie di Inghilterra tintinnarono sul vetro del bicchiere. Le sue guance si stavano già arrossando, gli occhi vitrei si restrinsero. “Ma se Giappone non accetta ogni singolo punto del trattato, l’accordo è invalidato e noi non abbiamo potere per togliergli il territorio.”

Il bordo del bicchiere toccò le labbra di Inghilterra. Il liquido bruno gli scivolò in bocca, il sapore pungente gli pizzicò la lingua. Inghilterra ebbe un brivido e alzò il bicchiere davanti agli occhi. Piegò un angolo delle labbra, inarcando un sopracciglio.

“Poi quell’invasione è stata un incidente,” disse.

“Sì, un incidente con un bel bottino.”

Cina sollevò le mani dal tavolo e incrociò le braccia al petto. Le maniche tornarono a cadere fino alle punte delle dita. Cina distolse lo sguardo da quello di Inghilterra e tenne il broncio, scuro in viso come i suoi occhi.

“Giappone mi ha attaccato consapevolmente.” L’indice di Cina si distese sotto la stoffa della manica. Puntava Inghilterra. “E ha violato apertamente i patti della Società delle Nazioni. Voi sareste dovuti essere i primi ad agire.”

“No.”

L’alcol inasprì il tono di Inghilterra. Lui prese un’altra sorsata di rum e poggiò il bicchiere sul tavolo. I gomiti piegati sul bordo, e le dita ancora strette sul cristallo.

“Non abbiamo potere fisico contro di lui, e quello politico è stato respinto. La perdita del territorio è solo causa tua e della scarsa resistenza del tuo esercito.”

Inghilterra sbatté piano le palpebre e si tenne la fronte. Le guance rosse sbiancarono in un attimo. Scosse il capo e fece sbiadire l’attacco di nausea.

“Se avessi semplicemente vinto contro di lui, ora avresti ancora la Manciuria. Hai solo perso una battaglia, accettalo.” Inghilterra fece roteare il rum dentro il bicchiere, e il liquore laccò le pareti cristalline. Il volume si era dimezzato. “O sei troppo orgoglioso per farlo?”

Cina strinse un pugno, le unghie si conficcarono nel palmo. “Perdere una battaglia non ferisce il mio orgoglio.” Fece un passo in avanti. “Quello che mi brucia di più è essere costretto a chiedere aiuto a voi, lasciando la mia nazione in pasto a qualcuno che ho cresciuto io stesso.”

Il braccio di Inghilterra ebbe un leggero tremito. Una goccia di rum stillò sul tavolo passandogli sopra le dita. Inghilterra strinse il pugno davanti alla bocca e si schiarì la voce impastata dall’alcol. Il viso riprese colorito.

“Comunque, il continente asiatico è di tua competenza, e noi non possiamo intrometterci più di tanto nei tuoi affari.”

Cina sospirò e si riportò il ciuffo di capelli dietro l’orecchio. “Con Taiwan, Corea e Giappone fuori dal mio controllo, direi che mi rimane ben poco.” Socchiuse un occhio. Il pozzo d’inchiostro che si era allargato tra le palpebre parve risucchiare Inghilterra. “Ormai credo di aver fatto l’abitudine a dover rinunciare alle nazioni che mi vengono sottratte.”

Inghilterra gettò il capo all’indietro e gli ultimi rivoli di rum scivolarono dentro la sua gola. Fu come bere una manciata di puntine. Si strofinò le labbra con la manica della giacca e colpì il tavolo con il fondo del bicchiere. Le unghie strinsero il vetro. Non rispose.

“Avverto una leggera tensione tra voi due, n’est pas?

Inghilterra aggrottò la fronte e volse lo sguardo di lato. Le braccia di Francia ciondolavano dal bracciolo del divanetto, la guancia premeva sull’imbottitura, i soffici capelli ondulati ricadevano davanti agli occhi, fin sotto il mento. Un sottile sorriso sulle labbra, e le fini sopracciglia sollevate.

Inghilterra fece roteare gli occhi e tastò la bottiglia di rum in alto del tavolo. Le dita sfiorarono la pancia di vetro mezza vuota. “Pensavo ti fossi addormentato.”

“Come faccio a dormire con voi due che schiamazzate come barbari?” rispose Francia. La voce serafica era stizzita.

Inghilterra si allungò di pancia sul tavolo e fece barcollare la bottiglia ambrata. Non la prese. “Stavamo solo discutendo.”

Francia scivolò giù dal divanetto e si lanciò la chioma di capelli dietro le spalle, sistemandosi le ciocche dietro le orecchie. I polpastrelli di Inghilterra spostarono la bottiglia sempre più lontano, allargando il ghigno di frustrazione sulle sue labbra. Francia afferrò la bottiglia e gliela sollevò sopra la testa. Il nettare ambrato si riflesse nelle pupille di Inghilterra.

“Per oggi hai bevuto abbastanza.”

Inghilterra fece stridere la mandibola. Allungò le braccia verso il rum come un gattino che tenta di agguantare un gomitolo.

“Ridammelo, bastardo di un rospo.”

Francia calò il fondo della bottiglia sulla testa di Inghilterra, fece un suono sordo e ovattato contro i capelli. Il rum si rimescolò, formando sottili grappoli di bollicine.

“Se ti ubriachi troppo, poi finirai per rovinarti quel tuo bel faccino.”

Cina fece roteare gli occhi e annodò le braccia al petto. Raddrizzò spalle e schiena, sollevando il mento. Dignità. Dignità e fierezza.

“In ogni caso, Cina...”

Lo sguardo di Cina balenò verso gli altri due. La bottiglia era sparita dal tavolo insieme a Francia. Inghilterra si tenne la fronte, con un gomito poggiato di peso sul tavolo.

“Non è della situazione di Hong Kong che ti dovresti preoccupare, se è questo che ti preme.”

Cina ebbe un sussulto. Una sottile crepa sulla statua di compostezza. Inghilterra prese in mano il bicchiere e chiuse una palpebra, l’occhio aperto guardò sul fondo vuoto.

“Pensavo che uno del tuo calibro stesse bene anche da solo,” disse Inghilterra. “E credevo anche che avessi imparato a gestire le colonie, dopo migliaia di anni.”

Questo bruciò. Cina ebbe un nodo allo stomaco che gli fece salire un conato di rabbia mista a bile acida.

“Da che impeto, la predica per le colonie ribelli.”

Il viso di Inghilterra si spaccò. La nebbia dell’alcol si dissolse, rivelando due occhi accesi come lanterne. Inghilterra strinse le mani sul bordo del legno e si alzò trascinando sedia e tavolo. Spalle gobbe, chioma scompigliata, l’inferno dipinto sul volto. Inghilterra marciò a passo pesante verso Cina.

Questo bruciava ancora di più.

“Ohi, ohi, fermi là.”

Le braccia di Francia passarono sotto a quelle di Inghilterra. Gli strinse le spalle, avvolgendolo sotto le ascelle, e lo tenne fermo. Il petto premeva contro la sua schiena. Inghilterra s’irrigidì e fece uno slancio in avanti. I piedi si sollevarono da terra e riatterrarono più indietro di prima. Francia lo trascinò lontano da Cina.

“Ghn – mollami,” gracchiò Inghilterra.

“Non mi sembra il caso di attaccare briga anche tra di noi.”

Il peso di Inghilterra si ammosciò nella stretta di Francia. Barcollò di lato, e le braccia dell’altro lo tennero in piedi. Scostò il capo, il volto venne nascosto dall’ombra.

Cina sospirò. Abbassò le palpebre e fece una piccola smorfia. Sii maturo, sii maturo...

“È colpa mia, scusa.”

Francia sfilò le braccia da quelle di Inghilterra e lo lasciò andare. Inghilterra lo linciò con un’occhiata storta e si spostò lontano da lui. Si sistemò il colletto della giacca e il viso tornò calmo. Sciupato, velato dallo stordimento da rum, ma calmo.

“Ne ho già parlato con America,” disse con voce rauca. “Se Giappone non accetterà gli accordi e continuerà a seguire la politica espansionistica, allora sarà fuori dal patto. Non possiamo intervenire sui territori, ma tutto quello che possiamo garantire a te è un nostro affiancamento nel caso dovesse succedere qualcosa di più...” Un barlume di lucidità gli fece brillare gli occhi. “Importante.”

Gli sguardi di Francia e Cina rimasero incollati a lui. Francia sbatté le palpebre. Una leggera espressione interrogativa aleggiava nei suoi occhi.

“Cosa potrebbe succedere di più di così?” chiese Cina.

Francia e Inghilterra si scambiarono una veloce occhiata. Le sopracciglia di entrambi si piegarono.

Cina fece un passo in avanti. Aggrottò la fronte e alzò il tono. “Cosa vuoi dire con ‘più importante’, Oppio? Se state pensando di rimettere in piedi il disastro dell’ultima volta solo per – aru.” Cina si morse il labbro, le guance andarono in fiamme.

Francia sghignazzò, infossando un sorriso. Si coprì le labbra con il dorso della mano e indicò Cina tenendo le sopracciglia sollevate.

“Oh, ma allora è proprio vero che ti stai agitando.”

Cina ribollì. Affondò i denti nella carne del labbro come sperando di risucchiare in gola il tic verbale che si era fatto scappare. Francia si avvicinò senza far svanire il sorriso. Lanciò una ciocca di capelli dietro la spalla e gli passò di fianco.

“Dovresti darti una rilassata, non fa bene irrigidire troppo i muscoli, alla tua età.”

Francia allargò il sorriso e intrecciò le dita. Distese le braccia, le vertebre schioccarono. “Ci pensa il fratellone.”

Spremette la morsa attorno alle spalle di Cina. I pollici scesero in mezzo alle scapole sorpassando ogni singola vertebra della spina dorsale. Cina raggelò. Il corpo s’irrigidì come morso da una scarica elettrica. I muscoli ingessati, la schiena dritta e tesa come un fascio di nervi scoperto. Il viso si accartocciò, i denti sul labbro scivolarono fino all’angolo della bocca.

Ah!

“Ti ho detto di rilassarti.” La voce di Francia assunse un tono melodrammatico. I pollici disegnarono piccoli cerchi concentrici tra le scapole dell’altro.

Cina arricciò le spalle ed ebbe un brivido. Lo stomaco tornò ad annodarsi, mozzandogli il fiato.

“Non mi rilassa per niente,” disse a denti stretti.

Cacciò via la mano di Francia e l’espressione di raccapriccio svanì. Lo sguardo di Cina trasudò rassegnazione e sconforto. “Di solito questi stupidi giochetti devo subirmeli da Russia, per questo mi salgono i nervi a fior di pelle.”

Francia spalancò gli occhi. Le guance arrossirono come boccioli di rosa, infossando un piccolo ghigno. Le punte delle dita si posarono davanti alla bocca, gli occhi fissi su Cina brillarono sotto le sopracciglia sollevate.

Cina capì. Sulla sua fronte scoppiò una vena. “Niente allusioni!”

Piegò il gomito e il pugno centrò in pieno il naso di Francia. Il poveretto divenne ancora più rosso e si coprì metà viso con entrambe le mani. Strizzò le palpebre lasciando uscire uno spruzzo di lacrime.

“Il mio splendido viso.”

Si voltò continuando a mugugnare lamenti soffocati dalle dita. Cina si prese una spalla e inclinò il capo dalla parte opposta. La mano aperta passò sul collo e sulla clavicola. Una leggera smorfia di dolore gli arricciò il naso.

“Mi aspettavo che venisse, oggi,” disse Cina.

Inghilterra si appoggiò di schiena contro il tavolo. Strinse entrambe le mani sul bordo e fissò il pavimento. Un piede iniziò a tamburellare la punta della scarpa.

“Russia ha le sue nuove idee balorde. È da quando è scoppiata la sua rivoluzione che non si è più fatto né vedere né sentire.”

“Pensavo fosse finita da un pezzo.”

“Infatti.” Inghilterra arricciò le labbra. L’ombra dei capelli sul viso coprì la smorfia. “È quello che ne è uscito che non mi piace.”

“Potresti farti aiutare da lui,” disse Francia.

Ricomparve di fianco a Cina continuando a strofinarsi il naso. La punta era diventata rossa come la buccia di una ciliegia. Una lacrimuccia gli teneva umide le palpebre.

Cina strinse il pugno, resistendo all’impulso di rifilargliene un altro.

“No. Così darei il colpo di grazia al mio orgoglio. E poi...” Cina levò gli occhi al soffitto. I capelli legati scivolarono lungo la schiena. “Ultimamente si è fatto ancora più invadente e possessivo di quanto non lo fosse prima. Non è d’aiuto, è solo snervante e fastidioso.”

Due dita di Francia tornarono a posarsi sopra la spalla di Cina, le punte avanzarono verso il suo collo come le gambe di una ballerina. Francia riacquistò il sorriso ammaliante.

“Vuoi dire che ti sta invadendo anche lui?”

Una vampata rovente travolse il viso di Cina. La pelle s’incendiò fino a fargli quasi uscire il fumo dalle orecchie. Cina strinse i pugni davanti al petto e spremette le palpebre.

“Nessuno mi sta invadendo – aru!”

Francia soffocò una risata e ritirò le dita.

“Già, se anche Russia si mettesse ad architettare qualche stupida idea, le cose potrebbero davvero mettersi male,” disse Inghilterra.

Sia Francia che Cina tornarono seri. Cina inarcò un sopracciglio e abbassò il tono. “Cosa vuoi dire?”

Inghilterra non rispose. Sguardo basso, viso nascosto. Un piccolo sospiro, e le dita tamburellarono sul tavolo.

Cina prese un respiro tenendo i denti serrati. “È quella cosa ‘importante’ di prima, Oppio?”

Altro sospiro. Le dita di Inghilterra si fermarono sul legno. Piombò il silenzio, e Inghilterra si inumidì le labbra.

“Germania si sta riarmando.”

Cina e Francia sbiancarono. Le labbra di Francia si separarono lievemente, lasciando uscire un’esclamazione. La voce rimase incastrata in gola e poi uscì. “Cosa?”

“Ho avuto la soffiata perché ha fatto costruire porti di scafi e sommergibili all’estero, ma a quanto pare è tutto vero.”

“Ma come può...” Francia inarcò le sopracciglia. I capelli volarono davanti alle orecchie e gli coprirono le guance. “Questa è una violazione dei trattati a tutti gli effetti. Gli avevamo dato una quantità massima di tonnellate e...”

“Mi ha assicurato lui stesso che la sua percentuale rimarrà sotto il trentacinque percento della mia.”

Francia sbuffò e sollevò la punta del naso. “E tu gli credi?”

“Devo.” Inghilterra accavallò le gambe e piegò leggermente il ginocchio. Le spalle si chinarono di più, un cinico sorriso gli deformò la bocca. “Oppure lo spero e basta. In ogni caso non può fare troppi danni, il suo esercito è comunque troppo impoverito, l’aviazione è ancora in fase sperimentale e le nostre difese sono più alte.”

Inghilterra spostò gli occhi sulla superficie liscia del tavolo. La punta dell’indice disegnò piccoli riccioli dentro il riflesso cristallino del bicchiere vuoto. “Prima Giappone, poi Italia, e adesso di nuovo Germania.”

Francia sputò una risata. La voce gorgogliò direttamente dallo stomaco. Guardò Inghilterra tenendo un occhio socchiuso.

“Ti stai seriamente preoccupando per Italia?”

Inghilterra si prese il mento tra le dita e sollevò gli occhi. La nebbia dell’alcol si era dissolta. “Ultimamente sta facendo troppe idiozie. Sembra un buffone che sta cercando disperatamente di catturare l’attenzione di qualcuno.”

Cina assottigliò lo sguardo. “Hai paura che ci riesca?”

Inghilterra scrollò le spalle. La voce divenne un ghigno. “Nah, ma un altro passo falso e butto fuori anche lui. C’è troppa puzza di bruciato in questa faccenda.”

Francia annuì e abbassò le palpebre. “E tu non hai nemmeno messo mano ai fornelli.”

 

♦♦♦

 

Le dita di Austria si fermarono sopra i tasti del pianoforte, i polpastrelli si staccarono dalla superficie bianca e rimasero sospesi. Le corde tese finirono di suonare, e l’eco dell’ultima nota morente si propagò nella piccola stanzina chiusa. Austria sollevò il mento, e guardò in alto.

“Non fraintendere.”

Le braccia ancora piegate in avanti si incrociarono sul suo petto. Austria si mise di profilo e accavallò le gambe sullo sgabello imbottito. Un debole riflesso di luce attraversò le lenti rettangolari. Gli occhi violacei ruotarono verso Germania.

“Solo perché decido di siglare l’accordo, non significa che io sia d’accordo con le tue idee.”

Germania inarcò un sopracciglio. Era in piedi, davanti alla porta chiusa. La sua grande ombra ferma e rigida si proiettava sull’altro lato della parete. La giacca verde della divisa militare era piegata sotto la stretta del suo braccio.

“Da come la prendi tu, non sembrerebbe nemmeno un’alleanza,” disse Germania. Fece un passo in avanti. I tacchi che battevano risuonavano nel silenzio. “La tua sembra più una rassegnazione.”

Austria sollevò le sopracciglia. Un petalo cadde dal vaso di fiori posto sopra il pianoforte. Un petalo bianco che macchiò la superficie nera.

“Chiamala accettazione passiva.” Austria si voltò completamente verso Germania e lo sgabello cigolò. Le braccia sempre incrociate al petto, il mento alto e gli occhi severi che scrutavano Germania da dietro le lenti. “Non intendo combattere, fornirti sussidi di nessun tipo, o altri aiuti materiali.”

Entrambi rimasero impassibili. La penombra nascondeva il viso di Germania e gli scuriva lo sguardo. Austria girò il collo, ma gli occhi non si scollarono da quelli dell’altro.

“Sono dalla tua parte solo di fatto.”

“Non ci sarà bisogno di combattere per riprendere i territori.”

Il tono profondo di Germania parve un macigno, rispetto alla voce vellutata di Austria. Germania non si scompose. Rimase nella medesima posizione, senza muovere un muscolo. Lo sguardo restò calmo, ma allo stesso tempo rigido come il marmo.

Austria abbassò le palpebre e soffocò una leggera risata. Sollevò la punta del naso, il sorrisetto rimase stampato tra le labbra sottili.

“Non ti facevo così illuso,” disse. “Una risposta così arrogante e pretenziosa me la sarei aspettata da tuo fratello.”

Germania sollevò un sopracciglio e piegò un angolo delle labbra. La risata di Austria svanì come la nota del pianoforte. L’ombra calò sul suo viso, donandogli una piega di ribrezzo.

“A proposito, non intendo fargli da balia,” disse Austria.

Germania prese un sospiro. Chiuse gli occhi e chinò di poco il capo. La giacca stretta sotto il braccio scivolò lentamente.

“Non accadrà con lui, ma...” Tirò un respiro tremante e raddrizzò la schiena. Le spalle si gonfiarono, ma lo sguardo rimase piantato a terra. “Ma forse con qualcun altro sarà necessario.”

Austria sollevò una palpebra. Il sopracciglio s’inarcò, facendogli passare una scintilla attorno all’iride. Germania strinse le mani dietro la schiena e la stoffa della giacca piegata sul gomito si stropicciò su un fianco. Il petto fasciato dalla camicia si allargò sotto il suo profondo respiro. Germania riaprì gli occhi, ma non guardò Austria.

“Ho deciso di tentare una nuova alleanza con Italia.”

Austria spalancò gli occhi. Due riflessi viola scintillarono dietro il vetro degli occhiali. Il volto sconcertato sbiancò per un secondo, come se gli avessero tirato una secchiata d’acqua gelida alle spalle. Austria separò le labbra, ma ne uscì solo una sillaba soffocata. Le braccia annodate al petto cominciarono a scendere verso il ventre e a tremare.

Germania portò una mano dietro la nuca e la strofinò tra i capelli. Placò la valanga di rimproveri di Austria ancora prima che potessero sgorgare dalla sua bocca.

“Non c’è niente di certo per ora, ma...”

“Ecco.” Austria sollevò un braccio e spinse gli occhiali sulla fronte. Il mento tornò ad alzarsi, il tono di voce altezzoso frenò le parole di Germania. “Ora sono preoccupato.”

“Negli ultimi anni si è rafforzato.”

Germania riprese a guardarlo negli occhi. Aggrottò la fronte e la mano tornò dietro la schiena, intrecciandosi con le dita dell’altra. Gli occhi di Germania brillarono, nonostante lo sguardo austero.

“Voglio avere fiducia nelle sue potenzialità.”

“Come l’ultima volta?”

Un dardo rovente trapassò il petto di Germania. La bocca e la gola divennero secche. “Quella...”

 

La schiena di Italia si allontanava, i piedi correvano calpestando i lacci sciolti degli scarponi. La mano di Germania si allungava, gli prendeva il gomito e lo tratteneva. Italia si voltava, si aggrappava alla manica di Germania e stringeva le dita sulla stoffa. Il viso rosso, gonfio e umido di pianto, gli occhi stravolti coperti dalle ciocche di capelli scompigliati che si erano appiccicate sulle palpebre.

È stata colpa mia?

Le labbra di Italia tremavano. Piccoli singhiozzi uscivano a scatti, assieme ai fiotti di lacrime che sgorgavano sulle guance. Italia scuoteva la testa e strizzava le palpebre. Parole offuscate, trascinate dalla paura e dalla confusione, rimasero mute nel ricordo.

È stata colpa sua?

Germania allungava anche l’altra mano e gli prendeva la spalla. Italia era rigido, e continuava a tremare come una foglia. Abbassava lentamente le palpebre lasciando uscire anche le ultime gocce di pianto amaro. Le sue mani si incollarono al braccio di Germania. Italia si chinava in avanti e appoggiava la fronte sulla sua mano.

Le labbra si mossero ancora. “Scusa.”

È stata colpa di entrambi?

 

Germania scosse il capo. La nube del ricordo svanì, ma la testa continuò a girare.

“Quello è ormai passato.”

Il collo si era bagnato di sudore. Un brivido gelido gli morse la nuca.

Austria emise un piccolo sospiro. Sollevò la mano con un gesto delicato e si scostò un ciuffo di capelli dalla fronte.

“Non accetterà mai di buttarsi dentro a un’impresa così rischiosa,” disse Austria. I suoi occhi tornarono bassi su Germania. “Lo conosco meglio di te e ti dico che, anche se acconsentisse, manterrebbe l’entusiasmo solo per poco. Non appena qualcosa dovesse andare storto, scapperebbe a gambe levate.”

Altri due petali volarono sulla superficie del piano. Uno dei fiori stretti nell’ampolla cristallina si stava chinando, lo stelo appassito si era raggrinzito e aveva perso colore. La corolla spelacchiata era quasi nuda.

Lo sguardo di Germania tornò ad annerirsi. Tirò un respiro refrigerante e aggrottò la fronte.

“Non accadrà.” Le mani dietro la schiena si strinsero. I gomiti aperti verso l’esterno si irrigidirono. “Questa volta lo impedirò.”

Le labbra di Austria s’inarcarono. Germania non riuscì a capire se fosse un sorrisetto di sfida, o un ghigno di sconsolatezza.

 

 

   
 
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