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Autore: Briciole_di_Biscotto    14/09/2014    3 recensioni
Alaska è una semidea romana figlia di Marte.
La sua giornata quotidiana è formata da allenamenti, risse con i suoi fratelli che non l'accettano in quanto ragazza e viaggi in infermeria consequenziali.
In uno dei suoi tanti ricoveri, incontrerà un bel ragazzo. Che non sarà proprio appare all'esterno, anzi.
Nonostante le sue gesta crudeli, grazie a lui Alaska riuscirà finalmente a riallacciare il suo rapporto con fratelli e a trovare, finalmente, quella che per lei diventerà "casa".
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Questa storia partecipa al contest "OC semidèi in cerca di penna e d'autore (Percy Jackson contest)" indetto da MaryScrivistorie
http://freeforumzone.leonardo.it/d/10905934/OC-semidèi-in-cerca-di-penna-e-d-autore-Percy-Jackson-contest-/discussione.aspx
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nick sul forum e su EFP: Dark_Wolf / Darck_Angel

 

Titolo: Comunque fratelli

 

Rating: Giallo

 

Genere: Azione (?)

 

Avvertimenti: //

 

Note: //

 

Pacchetto: Lancia

 

Nome OC: Alaska

 

NdA (facoltativo): Ed ecco a voi la mia seconda storia per il mio secondo contest, rigorosamente su Percy Jackson!

Non mi convince molto, però non so, volevo comunque consegnare questa. Quindi ecco a voi quest'obbrobrio.

Dovevo inventare un OC seguendo le indicazioni del pacchetto, ma non sono proprio sicura di esserci riuscita, ma... va be'!

Spero lo stesso che vi piaccia.

Buona lettura!
 

Comunque fratelli

-...ska!

Affondo.

-Alaska!

Schiva.

-Alaska!

Fendente.

-ALASKA!

La figlia di Marte si voltò di scatto, rischiando di infilzare con la lancia di oro imperiale Santana, una figlia di Venere.

-Santana! Sei pazza? Lo sai che quando mi alleno non mi devi distrarre! Che avresti fatto se ti avessi infilzata?

Santana fece un gesto impaziente con la mano, come a dire che era una cosa di poco conto.

Poi spalancò gli occhi:-Ma... Alaska! Miei dei, ti è colato tutto il rimmel! Vai subito a rimetterlo!

Alaska roteò gli occhi.

-Tana, non penso che tu sia venuta qui per dirmi questo. Cosa c'é?- chiese, mentre si passava la mano sotto gli occhi per levare il rimmel, con l'unico risultato di diventare qualcosa di molto somigliante ad un panda emo.

La figlia di Venere si sbatté una mano sulla fronte:-E' vero! Ero venuta a dirti di correre via come il vento! Michael sta arrivando qui con tutti gli altri. Vuole fartela pagare per lo scherzo dell'altra volta. Sono una decina, questa volta non te la caverai.

-Non ho certo paura di loro.- rispose Alaska gonfiando il petto.

-Bhe, allora buona fortuna. Io devo andare.

-Ci si vede.

La figlia di Marte seguì con lo sguardo la ragazza che si allontanava, finché non svoltò dietro un angolo e sparì. Fece per girarsi e andarsene via, come consigliato dall'amica, ma...

-Guarda un po' chi abbiamo qui! Alaska, la mia sorellina preferita!

La ragazza strinse i pugni, scavandosi il palmo con le unghie, fino a che non sentì qualcosa di caldo colarle giù dalle mani. Sangue.

Alzò il viso per sostenere lo sguardo della persona che aveva davanti, e i suoi occhi limpidi e ambrati si scontrarono contro quelli neri e ostili del fratello maggiore.

-Michael...

Il ragazzo ghignò. Con lui c'erano altri ragazzi, più o meno grandi, ma nessuno ragazza. I suoi fratelli.

Già, lei era l'unica femmina figlia da Marte, e ciò la rendeva spesso vittima di bullismo da parte dei suoi fratelli. Il fatto di essere la più piccola, poi, non aiutava affatto.

Un ragazzo castano e con dei particolari occhi rossi si fece avanti:-Ehi, sorellina, ci siamo anche noi, sai?

-Trevor... Alex, Damian, Damon, Fredrick, Fabian, Sennar, Walt, Carter, Paul. C'è qualcun altro? Devo fare l'appello completo? Poi però dovete alzare il braccio e dire “presente!”

Walt le si avvicinò e le diede uno schiaffo così forte da farle voltare la testa di lato:-Porta rispetto, ragazzina. Siamo i tuoi fratelli maggiori.

Alaska si portò una mano alla guancia colpita, che pulsava dal dolore, ma non si perse d'animo:-Chiudi quella fogna, Walt!

-Come ti permetti?

Il ragazzo le saltò addosso, buttandola per terra, e le afferrò la gola. Il volto di Alaska divenne paonazzo.

Iniziò a vedere il mondo sfocato, mentre le voci si facevano lontane e le palpebre pesanti. Non aveva più neanche la forza di reagire e cercare di liberarsi dalla morsa del fratello.

Poi la pressione sulla sua gola scomparve, e con le ultime forze si trascinò un po' più in là, dove si afferrò la gola e ansimò forte.

-Walt, ma sei coglione? Non la devi uccidere, non c'è divertimento! E poi, dopo chi lo va a dire a Reyna?

Il ragazzo fece un gesto scocciato della mano:-Almeno possiamo pestarla?

A quella domanda, Alaska vide Michael ghignare:-Ovvio, ma inizio io. Ho un conto in sospeso con questa puttanella.

Estrasse il pugnale dalla fodera e si avvicinò alla sorella. Sapeva già da dove iniziare.

Le si accovacciò accanto e le afferro i lunghi capelli castani con una mano, strattonandoli.

Alaska, ancora stordita, non poté far altro che subire, e guardare il fratello avvicinare pericolosamente la lama alla sua folta chioma.

Poi, con un colpo secco del braccio, il ragazzo mosse il coltello, che con un unico colpo tagliò i capelli della ragazza.

Ora la figlia di Marte guardava inorridita quella massa di fili castani che la circondavano, e che una volta erano stati i suoi capelli. Il suo unico vanto. L'unica cosa che la faceva sentire un po' più ragazza.

Furente si buttò addosso al fratello e, recuperata la lancia che era rotolata un po' più in là, cerco di colpirlo.

Ma la lancia non è un'arma da usare a distanza ravvicinata e, grazie al coltello, Michael era in netto vantaggio. Schivava con facilità i colpi imprecisi della sorella, mentre con il pugnale le graffiava la carne. Colpi lievi, poco più di graffi, ma tanti.

Intorno a loro, intanto, i fratelli si erano radunati per guardare ed incitare Michael.

Vedendo che gli latri lo icoraggiavano, il ragazzo ghignò e spinse via la sorella, che ne approfittò un'attimo per rannicchiarsi e riprendere fiato. Si passò una mano sulla bocca per ripulirla dal sangue, e intanto studiava il fratello.

Quei movimenti, quel ghigno... si stava preparando ad un corpo a corpo.

Alaska valutò le sue possibilità di vincita o, perlomeno, di riuscire ad andarsene con ancora tutte le ossa integre.

Certo, lei era molto più veloce del ragazzo, ma lui era il doppio di lei e, anche se le costava ammetterlo, molto più forte. Digrignò i denti. A questo punto, poteva solo contare sulla velocità e sull'astuzia, che a Michael mancavano del tutto.

“E speriamo che gli dei me la mandino buona!”

Vide il fratello mettersi in posizione d'attacco, i muscoli tesi e un sorrisino strafottente in volto.

Mentre si metteva in piedi e imitava la sua posizione, non fece altro che pensare a quanto le sarebbe piaciuto levargli quell'espressione dal viso a suon di pugni.

Poi, senza alcun preavviso, si buttò addosso al ragazzo.

Si diresse verso lo stomaco di Michael, cercando di dargli un pugno. Lui si preparò a riceverla, ma all'ultimo momento la ragazza si buttò per terra e rotolò fra le sue gambe, ritrovandosi dietro di lui. Poi, velocemente, alzò una gamba ed assestò un fortissimo calcio sul retro delle ginocchia del fratello, che cedettero, facendolo cadere.

Lei gli fu subito addosso, e iniziò a tempestarlo di pugni. Alcuni andavano a segno, ma la maggior parte veniva bloccata dalle mani grandi e forti del ragazzo, che non accennava a voler abbandonare il suo sorrisino.

Poi, stanco di quella farsa, prese Alaska per la vita e la sollevò, lanciandola contro Sennar, che la bloccò e la spinse di nuovo al centro del cerchio.

La ragazza non fece in tempo a barcollare verso il fratello, che subito si ritrovò carponi a terra, stesa da un pugno ben assestato in viso.

Senza aspettare oltre, Michael le si avvicinò e le assestò un violento calcio al petto.

La ragazza sentì un dolore sordo all'altezza del cuore, e immaginò che il fratello le avesse rotto almeno una costola.

Ormai il mondo le appariva sfocato, non aveva la forza di reagire, e le voci dei suoi fratelli erano solo un mormorio indistinto.

La testa le pulsava dal dolore, il petto non ne parliamo, e in bocca aveva il sapore amaro del sangue.

Fu scossa da un attacco di tosse, ed altro liquido rosso si riversò fuori dalle sue labbra.

Alzò lo sguardo su Michael, in cerca di pietà. Era un colpo basso per il suo orgoglio, ma non era così stupida da preferire morire.

Il ragazzo intercettò il suo sguardo e ghignò. Come colpo di grazia, le assestò un potente calcio nella stomaco, che lasciò senza fiato Alaska facendola piegare in due.

La risata del fratello le arrivò alle orecchie dolorosa, aumentando il suo mal di testa.

Poi il ragazzo le si accovacciò accanto e le tirò su la testa prendendola per i capelli, che ora arrivavano a malapena alle spalle:-Per oggi sei salva, puttanella. Ma prova un'altra volta a farmi ritrovare il letto pieno di terra e scorpioni, e non te la caverai con così poco.

Lasciò la presa, e la testa di Alaska sbatté per terra. Ormai non sentiva neanche più dolore, per quanto faceva male.

Era un po' come con l'acqua bollente: quando è troppo calda, i nervi vanno in tilt, facendola sembrare gelida.

I suoi fratelli se ne andarono, lasciandola per terra stremata e tremante, sporca di fango e sangue.

La testa iniziò a svuotarsi, i muscoli ad intorpidirsi e le palpebre si fecero pesanti.

“Ho sonno... Tanto sonno...”

L'ultima cosa che sentì fu la voce di qualcuno che gridava di chiamare dei figli d'Apollo.

Poi il buio.

 

Si risvegliò in infermeria, stesa su di un lettino e tutta dolorante.

Fece per tirarsi su e sedersi, ma un forte dolore al petto la costrinse a tornare giù.

Si annoiava. Non sapendo che fare, dopo un po' iniziò ad analizzare lo spazio circostante.

Attorno a lei vi era una struttura di ferro che teneva le tende, ora chiuse a formare una piccola stanza privata, al centro della quale c'era il suo letto.

Alla sua sinistra, vicino alla testa, c'era un comodino, dove vi erano appoggiati un vaso di vetro finemente decorato con dentro un mazzo di lavanda, un libro e la sua collana-lancia.

Curiosa, si sporse ad aprire il primo cassetto, dove trovò i suoi vecchi indumenti, stracciati e sporchi, mentre nel secondo vi trovò un cambio: la maglietta viola del campo romano, dei pantaloncini corti col bordo sfilacciato, una giacca di jeans senza maniche, una fascia per i capelli mimetica e dei calzini. Accanto al comodino si trovavano i suoi anfibi neri.

Nel terzo e ultimo cassetto, invece, vi erano varie cianfrusaglie: una spazzola, dei fazzoletti, una scatola con degli elastici per capelli, uno specchietto.

La ragazza prese in mano quest'ultimo e vi si specchiò. Pensava di trovare un mostro col viso tumefatto, mentre invece aveva solo un livido sullo zigomo sinistro.

-Com'è possibile...

In quel momento si aprirono le tende ed entrò un figlio di Apollo.

Dei se era bello! Capelli biondo oro, occhi azzurri come il cielo, naso dritto ed un bellissimo sorriso.

Insomma, la perfezione.

Alaska scosse la testa. No, lei non era quel tipo di ragazza, quindi ora doveva recuperare il suo contegno da brava figlia di Marte.

Il ragazzo parlò:-Ti piace il risultato?

-Come, prego?- chiese la ragazza un po' confusa.

-Il tuo viso. Ieri era veramente inguardabile ma, dopo averci messo un po' di crema d'ambrosia, credo proprio che sia migliorato visibilmente.- rise il ragazzo. Dei, che bella risata!

La figlia di Marte si prese mentalmente a schiaffi. Non poteva continuare così! Si sentiva una dodicenne in piena crisi ormonale.

-Comunque, mi chiamo Lucas.- sorrise il ragazzo. Aveva dei denti perfetti e bianchissimi.

-Piacere, Alaska.

Il ragazzo la aiutò a mettersi seduta, le sistemò i cuscini in modo che ci si potesse appoggiare comodamente e si sedette su uno sgabello vicino al letto che la ragazza non aveva notato, iniziando a parlare del più e del meno.

Sotto consiglio di Lucas, Alaska decise anche di farsi delle treccine ai lati del viso, e scoprì che, effettivamente, le stavano molto bene.

Divennero grandi amici. Lui la andava a trovare ogni giorno, un po' per curarla, un po' per passare del tempo con lei. E anche quando fu dimessa, continuarono ad allenarsi insieme e a mangiare allo stesso tavolo.

Alaska non sarebbe potuta essere più felice. Ma non sapeva che, il giorno del suo quindicesimo compleanno, la sua vita sarebbe stata stravolta completamente.

 

Era sera, ed avevano già finito di cenare.

-Ehi Al. Buon compleanno!

Alaska sorrise:-Grazie mille, Lucas.

Il ragazzo la prese per mano e, sorridendo malandrino, iniziò a trascinarla verso il bosco.

-Ehi, Luc. Dove mi stai portando?- rise la ragazza.

Il volto del ragazzo era palesemente divertito:-Ora vedrai. Ho una sorpresa per te.

Entrarono nella foresta buia, mentre le luci delle abitazioni e dei fuochi del Campo si facevano via via più lontano e fioche.

Camminarono parecchio, fino a che Lucas non si fermò di botto, facendo sbattere l'amica contro la sua schiena:-Cavoli, Luc! Avverti quando ti fermi! Non si vede niente!

-Chiudi gli occhi.

Alaska lo fissò confusa:-A che serve, scusa? Tanto non ci vedo già niente.

Non riusciva a vedere dove fosse l'amico, per quanto era buio.

-Adesso ti bendo, okay?- sussurrò Lucas.

La ragazza sospirò:-Se ci tieni tanto...

Avvertì qualcosa di morbido coprirle gli occhi, mentre il figlio di Apollo le stringeva per bene la benda.

-Okay, ora dammi le mani.

-Lucas, si può sapere cosa...

-Tranquilla, è una sorpresa.

La ragazza annuì ed allungo le mani titubante. All'inizio non successe nulla, quindi fece per farle ricadere lungo i fianchi. Poi, all'ultimo secondo, sentì il “clac” di una serratura che si chiudeva.

Qualcosa di freddo le imprigionava i polsi.

-Lucas, ma cosa...

Non fece in tempo a finire la frase che delle grandi mani la afferrarono per le spalle e la sbatterono contro un albero.

Poi Lucas le sussurrò nell'orecchio con voce roca:-Ora sei mia.

D'un tratto, nella mente di Alaska si riaffacciarono dei vecchi ricordi che sperava di aver cancellato per sempre.

 

Una bambina. Sola, nascosta in un armadio. In casa, tre uomini mai visti stanno frugando fra le loro cose. Tre ladri.

-Mamma...- sussurra, sull'orlo delle lacrime.

Ad un tratto, la luce inonda il nascondiglio della piccola. L'hanno trovata.

Il più grosso la afferra per un polso senza troppi complimenti e la strattona, facendola uscire dall'armadio.

La bambina vine presa, sbattuta al muro. I tre uomini iniziano a strapparle di dosso i vestiti.

La sua maglietta preferita, quella nera con i teschietti argentati, è a terra, stracciata, insieme agli altri indumenti che indossava.

I tre ghignano maligni, poi le si avvicinano. Troppo.

-Ora sei mia.

 

-No...- al ricordo, le lacrime iniziarono a rigarle il volto, ma non aveva più la forza di ribellarsi. Si sentì paralizzata, proprio come quella volta.

L'unica cosa che riuscì a fare fu sussurrare a Lucas, con voce spezzata, di smetterla, di lasciarla andare.

Lo pregò, pianse, cercò anche di sottrarsi al tocco del ragazzo, ma fu inutile.

Aveva i muscoli intorpiditi, la testa era vuota, e le mani ammanettate non erano certo d'aiuto.

Lo sentì abbassarle i jeans. Capì che voleva fare lo stesso con gli slip.

Ormai era paralizzata dal terrore. Il cervello non funzionava più.

Si rassegnò. Avrebbe dovuto subire di nuovo.

Ad un tratto, per la foresta riecheggiò il rumore di un pugno ben assestato alla mascella di qualcuno. Dopo molti anni di risse, questi rumori li riconosceva..

La pressione del corpo di Lucas sul suo svanì, e Alaska si accasciò per terra singhiozzando.

Qualcuno le si avvicinò e le levò le manette e la benda, mentre una voce che fin troppe volte aveva sentito parlò.

-Che cazzo pensavi di fare, stronzo? Non provare più a toccare mia sorella!

Non era possibile. Era... Michael?

Sentì Lucas gemere. Probabilmente il ragazzo doveva averlo colpito.

Una voce alle sue spalle parlò:-Michael, lo uccidi un'altra volta. Ora non è il momento.

Sennar?

-Ha ragione, dobbiamo portare via Alaska.

Walt?

Che stava succedendo? I suoi fratelli non si erano mai preoccupati per lei! Anzi, erano loro i primi a farle del male.

Eppure Michael annuì:-D'accordo. Ma la prossima volta che rivedo il suo brutto muso giuro che lo scanno.

Poi due forti braccia la avvolsero e la sollevarono.

Probabilmente era Michael, ma non ne era sicura. Anche se non era più bendata, aveva ancora paura ad aprire gli occhi.

-Michael...?

-Sì, sono io.

Alaska non capì perché, ma quelle tre parole la rassicurarono più di qualunque altra cosa.

E pensare che fino ad un giorno fa lo avrebbe evitato come la peste!

Si aggrappò alla maglia dl fratello, iniziando a singhiozzare come una bambina.

Solo ora che finalmente era tutto finito riusciva a metabolizzare quanta paura avesse avuto.

Il ragazzo sembrò un po' sorpreso dal gesto della sorella, ma non disse niente, limitandosi a stringerla ancora di più.

Si sentiva protetta in quell'abbraccio, si sentiva... sì, a casa.

 

Probabilmente doveva essersi addormentata in braccio a Michael, perché quando riaprì gli occhi, si trovava nel suo letto, alla terza coorte, nella quale divideva la camera con...

Già, Michael e compagnia bella. Eppure in quel momento quel pensiero non le diede fastidio, anzi.

Si alzò dal letto sorridente, e notò che la camera era vuota.

-Ma cosa...

Lo sguardo le cadde sul grande orologio da parete che si trovava nella camera. Le 10:30.

-Le dieci e mezza?!

Alaska si buttò sul suo armadio in cerca di una cosa qualunque da mettersi, e si precipitò fuori dalla coorte saltellando su un piede solo nel disperato tentativo di mettersi gli anfibi dirigendosi verso la mensa.

Arrivata al padiglione, si fiondò sul tavolo del buffet, raccattando le poche cose rimaste.

Poi, quando fu certa di essersi procurata la colazione, cercò con lo sguardo un tavolo a cui sedersi.

Istintivamente, lo sguardo le cadde su quello che per mesi aveva condiviso con Lucas, che ora era vuoto.

Fece per dirigersi lì con una smorfia sul viso, quando la sua attenzione fu attirata da un tavolo particolarmente chiassoso.

Il tavolo dei figli di Marte.

Alaska tentennò un po', poi titubante si avviò verso di loro.

Vedendola avvicinarsi, i suoi fratelli la guardarono divertiti.

Arrivata davanti al tavolo, rossa in viso, chiese:-Posso sedermi con voi?

I ragazzi si guardarono meravigliati, poi sorrisero sarcastici:-Secondo te?

Alaska fece spallucce:-Io ci ho provato.

Fece dietro front per andarsene, quando una risata la fece voltare di nuovo.

-Certo che si proprio stupida.- la prese in giro Trevor.

Alaska si sentì avvampare dalla rabbia:-Senti, signor pallone gonfiato...

-Se vuoi puoi.- la interruppe Damon.

-Come, scusa?

I ragazzi risero:-Vedi che sei stupida?

-Alex, non so dove voi vogliate arrivare, ma...

Qualcuno la afferrò per un polso e la strattonò, facendola cadere seduta su uno dei divanetti, rischiando di farle cadere di mano il vassoio con la sua colazione.

-Allora, sorellina, sei intenzionata ad aggradarci della tua presenza o siamo di troppo infimo livello per te?

Alaska guardò sorpresa il ragazzo che l'aveva fatta cadere: Michael.

Sbatté un paio di volte le ciglia confusa, poi metabolizzò ciò che il fratello aveva detto.

L'avevano accettata!

Poggiò il vassoio sul tavolo cercando di non far spuntare l'enorme sorriso che premeva sulle sue labbra, poi tutta impettita alzò il mento con fare superbo.

-Mh... Non so, mi fate troppa pena. Penso che per questa volta potei esaudire il vostro grande desiderio e mangiare con voi.- sorrise.

-Ma sentitela!- rise Fabian.

-Ma- continuò Alaska -ad una condizione.

-Sentiamo.- la incitò Carter.

-Voglio vendetta. E voi mi aiuterete.

Paul ghignò:-E cosa vorresti fare?

-Voglio far provare il terrore più puro a quello stro...

Fredrick le mise una mano sulla bocca:-Ehi, le ragazze per bene non dicono certe cose.

La ragazza lo fulminò con lo sguardo, poi continuò:-Dicevo, deve morire dalla paura. Voglio che rimanga traumatizzato per il resto della sua vita.

Damian annuì:-Lascia fare a noi. Del resto, è la nostra specialità, no?

Alaska sorrise:-Perfetto.

Mise in bocca un waffer, quando Michael le passò un braccio sulle spalle e le scompigliò i capelli:-Questa e mia sorella!

Alaska iniziò a tossire:-Mi hai... fatto andare di traverso... il... il waffer...!

Fredrick le porse un bicchiere d'acqua.

La ragazza fece per bere, quando qualcuno diede una botta al bicchiere bagnandola tutta.

-Chi è stato?!

Notò che Paul cercava, inutilmente, di non mettersi a ridere.

Con un sorriso sadico, la ragazza prese un cornetto ripieno e lo lanciò in faccia al fratello, dove esplose, inondandolo di crema.

-Tu!

Il ragazzo prese il bicchiere dell'aranciata e lo buttò addosso alla sorella. Peccato però che finì, invece, su Sennar.

Il ragazzo lo guardò malissimo, poi gli lanciò un uovo, che prese in pieno il naso di Walt, che lanciò il burro in faccia a Damon.

Damon lanciò la marmellata sulla maglietta nuova di Alex.

Continuarono così per tutto il tempo.

Alaska sorrise. Non avrebbe potuto fare colazione, ma va be'.

Il cibo era molto più buono usato così.

In quel momento, c'erano solamente lei e i suoi fratelli, nient'altro.

Presto avrebbe impugnato di nuovo la sua arma, questa volta per una vendetta. Ma al momento non importava. Schivò una fetta biscottata.

La sua lancia, tramutata in collana, brillò.

  
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