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Autore: Colli58    14/09/2014    6 recensioni
Ryan sorrise e si voltò verso Esposito mormorando.
“Siamo patetici. Quasi mendichiamo per del cibo.”
Esposito non si fece abbindolare. “Ehi, siamo al lavoro da ore. Un amico se è tale porta cibo per tutti… non solo per…”
“Bada a come parli Espo.” Lo richiamò Kate sorridendo. Gli fece l’occhiolino divertita e finalmente sazia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Javier Esposito, Kate Beckett, Kevin Ryan, Richard Castle, Victoria Gates | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Achab Story'
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La squadra osservò attentamente Castle uscire alla chetichella dall’ufficio della Gates, ma non arrivò a metà del corridoio che il suo sorriso furbo venne accompagnato da un gesto di vittoria tutt’altro che moderato.
Del resto, tipico di lui, le vittorie andavano in qualche modo festeggiate e lui raggiunse la scrivania della moglie prendendosi il bacio del vincitore. I ragazzi risero e Kate si rilassò pensando a quanto potesse essere accaduto nell’ufficio del capitano per renderlo così allegro.
Castle sedette con un sorriso compiaciuto sulla sua sedia sotto il suo sguardo curioso e disse candidamente: “Sono tornato!” Kate gli sorrise e lui scambiò un cinque con i due amici.
“Racconta…” Lo invitò Kate.
“Beh, sono stato reintegrato in quanto facente parte del personale del dodicesimo. Personale non pagato, ma personale in servizio!” Sottolineò con enfasi.
Ryan scosse il capo ed Esposito gli fece il verso. “La Gates deve essere davvero disperata per arrivare a tenervi entrambi…” Rise rumorosamente e Castle gli fece una smorfia. “Ehi!” si lamentò sbuffando. Poi rivolse lo sguardo fiero verso Kate che se ne stava silenziosa ad ascoltare le scaramucce tra lui e gli amici. La normalità poteva anche essere rilassante.
“Abbiamo un caso da chiudere o sbaglio? La sera non è lontana dobbiamo darci da fare” Chiese quindi Castle con la sua solita faccia da schiaffi.
Kate roteò gli occhi verso il soffitto. “Chi ti dice che riusciremo a farlo entro sera?” Aspettò con un sorriso quella perla di saggezza che sapeva sarebbe uscita dalla bocca del suo uomo.
Lui si sistemò la giacca con cura e gonfiando il petto per darsi un tono più formale disse: “Perché ora c’è la mia mente geniale con voi!” Kate si mise una mano sul viso scuotendo il capo. Anche il suo ego straripante era tornato con lui, ma fu felice nel sentirlo entusiasta.
“Sai la Gates ha detto che sono un valido collaboratore…” Aggiunse con un sorriso smagliante.
“Mi domando come tu possa ancora stare in quella camicia… Sta quasi per esplodere!”
“Ahhh…” disse guardando con attenzione la lavagna. “Non sembra poi così difficile.” Commentò focalizzando dati e visi.
Kate si sporse verso di lui. “Allora fai sul serio.” Ammiccò incuriosita.
“Sì, soprattutto perché desidero passare una serata tranquilla con te, stasera.” La mano di Rick si era posata sulla sua puntualizzando l’idea di portarla a casa il prima possibile.
Lei alzò le dita e le incrociò con quelle di lui.
“Allora genio della lampada facci sapere cosa ne pensi…”
“E’ stato il padre.” Commentò Castle con un sorriso sornione. “Ha un alibi?”
“Dormiva con la moglie a casa propria.” Rispose Kate.
Castle si alzò e arrivò davanti alla bacheca. “Non è un alibi.”
Esposito si sedette sulla sedia lasciata libera da lui e Ryan li raggiunse nuovamente scivolando con la sedia.
Beckett lo guardò incuriosita.
“Spara…” disse indicandogli di continuare.
“Jefferson Keeler…? Non vi dice nulla?” Disse con un sorriso divertito.
“Il ragazzo fa una certa vita mondana, si?” I tre davanti a lui annuirono con il capo.
“Ragazzo geloso? Quindi gay?” Di nuovo un assenso.
“Figlio di papà che va in giro per locali a luci rosse e paga con carte di credito senza problemi. E poi dicono che non ha perversioni?” Castle sorrise e fece un’espressione per sottolineare ciò che è più ovvio.
“Se fosse stato suo padre lo avrei ucciso io.” La sua sentenza fece ridere i colleghi, ma qualcosa attrasse l’attenzione di Beckett, con sorpresa.
“Continua…” lo incitò per capire dove volesse arrivare.
“Ehi, bro, sei così omofobo?” Chiese Ryan incuriosito.
Esposito alzò le spalle. “Io lo sono… Un po’…” Valutò serio.
Castle si voltò sorpreso. “Io? No, no… non è per questo, ho studiato a lungo le perversioni, sono curiose abitudini che io stesso…” Si trovò addosso gli occhi di Kate e tossicchiò imbarazzato.
“Ehm… Non centra nemmeno il suo orientamento sessuale… Ma voi non sapete chi è Keeler?” Chiese con stupore.
Kate non riusciva a capire dove Castle volesse arrivare. “E’ un politico dell’opposizione nella città di New York.” Disse lentamente. Caste annuì.
“Circa 10 anni fa, Jeff Keeler era candidato alla poltrona di vicesindaco nella lista del candidato Brown. Ha fatto tutta la campagna elettorale basandosi sui valori della famiglia e della legittimità, tutte cose molto vecchio stile… un perbenista insomma. Per fortuna gli è andata male. Ci ho pure discusso ad un party di beneficienza, mi ha dato del… beh lasciamo stare. Del resto io parteggiavo per Bob Weldon…” disse gesticolando.
Castle si mise a camminare. “So che voleva ricandidarsi alle prossime elezioni, ha anche fatto una raccolta fondi prima dell’estate. Se lo stile di vita che teneva suo figlio fosse divenuto di dominio pubblico avrebbe creato nel suo schieramento un forte imbarazzo, forse un movente per l’omicidio ce l’ha!” Castle fece il suo sorriso divertito alzando le sopracciglia.
Si beccò una pallina di carta da Kate ed i ragazzi risero di gusto. Beckett sembrava essere tornata quella di sempre. Ryan scosse il capo pensando che forse aveva speculato troppo e che la ragione della sua stranezza era solo la mancanza del suo uomo.
“Oh, dai! Non ditemi che non è la migliore idea che avete!” Aggiunse sottolineando le sue parole con un gesto verso la lavagna.
Kate roteò gli occhi. “Non sono dell’idea che il padre abbia commissionato l’omicidio del figlio per ragioni politiche.  C’è una forte probabilità che sia stato ucciso per gelosia. Il suo boyfriend sembra piuttosto insicuro sulla sua versione dei fatti, stiamo controllando il suo alibi.” Spiegò.
Castle guardò le foto sulla lavagna. “Uccidere strangolando implica una reazione sanguigna, qualcosa di passionale, quindi i sentimenti c’entrano comunque.”
“Altrimenti gli sparavano e basta. C’è stata colluttazione…” Aggiunse Ryan guardando le foto dei lividi sul corpo della vittima. “Percosse come se fosse una rissa finita male.”
Castle mimò una stretta al collo di Ryan poi allargò le mani. “Quanto sono grandi le mani?”
Kate appoggio un gomito alla scrivania e si dondolò sulla sedia. “Lo sapremo presto, stiamo aspettando i risultati dell’autopsia da Lanie, ma non speriamo di essere così fortunati da avere impronte digitali nitide sul corpo della vittima.”
Castle fece un po’ il broncio. “Ma così non sarebbe divertente.”
“Se si è difeso forse ci sono tracce di DNA sotto le unghie…” Disse Esposito guardando verso l’amico e indicando la foto della scena del crimine. “L’acqua non aiuta.” Finì col dire.
Castle sorrise. “E poi non ha le unghie lunghe per graffiare il suo aggressore.”
In quel momento la porta dell’ufficio della Gates si aprì e Denver ne uscì torvo e si diresse a passo svelto verso il suo ufficio Ignorando il gruppo di colleghi.
“Per la cronaca La Gates lo ha deferito agli ordini di Johnson.” Sibilò Castle portandosi una mano alla bocca.
La Gates si guardò in giro in modo feroce. “Vi voglio vedere tutti al lavoro. Abbiamo due casi da risolvere datevi da fare. Tutti!” Esplose infine. Poi richiuse la porta e tornò ai propri compiti.
Esposito fischiò. Povero Johnson, non se la merita una rogna del genere.”
“Concordo.” Replicò Kate pensierosa. Si alzò e passeggiò a lungo davanti alla lavagna.
Fino a quel momento avevano preso in considerazione un delitto passionale, ma Castle poteva aver aperto un vaso di pandora. Pochi minuti e avrebbero avuto i risultati dell’autopsia così potevano indirizzarsi ognuno ai propri sospetti.
Castle prese tempo per leggersi velocemente i fascicoli con le informazioni sul caso, doveva mettersi in pari. “Frequentava Alphabet City… un posto molto perbene.” Commentò ad alta voce.
“Più tardi tu ed io ci andiamo per fare domande.” Replicò Kate.
Castle sorrise. “Sicura che mi ci vuoi portare?”
“Tranquillo Castle, se toccano il fondoschiena a te stavolta sarò io a fargli gli zigomi neri.”
“Passo da casa a prendere l’arpione se preferisci.” Rispose allegro e Kate sorrise.
“Non credo ci sia bisogno. Ho la pistola. Basterà per salvaguardare la tua virtù…”
Si diresse verso la saletta ristoro. “Mi ci vuole un caffè. Esposito a che punto siamo con l’alibi del fidanzato? Abbiamo ricevuto qualcosa dalle telecamere del dormitorio?”
Esposito scosse il capo.
“Puoi sollecitare? Del resto nessuno dei suoi amici può confermare il suo alibi ed il movente della gelosia è ancora il numero uno tra i sospetti...”
Castle seguì Kate ed entrò nella saletta con lei.
“Quanti ne hai già bevuti?” Chiese entrando con calma. “Solo due.” Rispose la donna appoggiandosi al muro e guardando in viso suo marito.
“Latte macchiato?” Chiese lui con un sorriso dolce. “Se lo agiti fin da subito con la caffeina non riuscirai a dormire.” Lei rise e annuì. Il suo pensiero costante al loro bambino in arrivo era disarmante in certi casi.
Come faceva ad essere sempre così attento con lei? 
“Ok, specialista. Latte molto macchiato.” Specificò. Poi indicò oltre la finestra con un cenno del mento. “E’ andata bene.”
Castle sorrise compiaciuto. “La Gates lo ha ucciso. Letteralmente. E’ stato uno spasso.” Kate annuì.
“Però Kate…” Eccolo il suo uomo apprensivo. Lo aspettava al varco. Lei sospirò attendendo le novità.
“Esposito mi ha detto che hai picchiato Denver…” Lei annuì.
“Perché non me ne hai parlato? Quella sera sei tornata al distretto di proposito…”
“Non avresti approvato.” Rispose lei.
Castle scosse il capo facendo scaldare il latte con il vapore. “No, no ti sbagli io approvo… Ma avrei preferito fosse stato in altro momento e con me…” Chiarì voltandosi verso di lei.
“E’ una questione di rispetto, soprattutto tra poliziotti. Non potevo rimandare. Tu dovevi restarne fuori…”
“Ma se ti avesse colpito?”
“C’erano i ragazzi con me.”
“Ma lo hai affrontato tu. Lo so che sei in gamba, ma ti prego cerca di…” Agitò le mani e versò un po’ di latte sul piano della macchina del caffè.
“Starò attenta, te l’ho promesso.” Disse addolcendo la voce. Non c’era ragione di prendere di petto quella discussione. Un fondo di verità Rick ce l’aveva. Un colpo be assestato al ventre e lei poteva…” scosse il capo cercando di non farsi influenzare dall’ansia di lui.
“Voglio che sia chiara una cosa.” Iniziò a dire Kate,
“Io non ti presterò mai ad altre donne Rick…” Disse alludendo apertamente a quell’incontro avuto negli Hempton’s durante l’estate e da cui era nato il suo soprannome Achab.
“Così come non permetterò che altri uomini mi tocchino…” disse con voce dura. “Mi difenderò.” Specificò. “Sia ora che in futuro. E la gravidanza non cambierà questo mio modo di pensare.”
Kate si morse un labbro. “E poi ha cercato di picchiarti e la cosa non mi piace affatto.”
Castle sorrise. “Adoro quando sei possessiva!”
Kate si avvicinò a lui. Il latte macchiato era pronto nella tazza tra le sue mani e lei avvolse le sue intorno a quelle grandi di Rick.
“Non mi metterò nei guai, te lo prometto, fidati.” Lui annuì docilmente.
“In natura le madri sono le creature più feroci. Sarai spietata!” Disse lui con una smorfia.
“Sì. Anche contro Gina.”
Castle sentì una fitta al petto. Doveva dirle una cosa e non sapeva da dove iniziare.
“A proposito di Gina…” Disse espirando. Kate assaggiò il suo latte macchiato ma si fermò puntando gli occhi in quelli di lui.
“Vuole che settimana prossima vada alla fiera del libro di Montreal. Dice che è un evento importante, una vetrina a cui non posso mancare…” Kate deglutì.
Si passò una mano sul viso. Non amava il tempo che passavano separati. Dal matrimonio era sempre stato così e sapeva che Castle condivideva il suo sentimento in proposito, ma quello era il suo lavoro.
“Viene anche lei?” Chiese osservando la schiuma del latte sul bordo della tazza.
“Credo di no.” Rispose Rick a bassa voce.
Kate sorrise tesa. La sera prima Rick aveva discusso a lungo con Gina chiuso nel suo studio. Forse era di quello che discutevano.
“Il pranzo era per addolcire la pillola? Perché non me l’ha detto ieri sera?” Non c’era astio nella voce di Kate, solo una velata tristezza. Si morse la lingua. Era stata troppo acida comunque. “Scusa…” Mormorò a bassa voce piegando la testa di lato e stringendo gli occhi. Appoggiò la tazza sul ripiano della macchina del caffè.
Castle scosse il capo. Non se l’era presa, lei era prevenuta nei confronti di Gina ed era stato lui a darle la ragione di esserlo raccontandogli la verità sul modo in cui lei aveva cercato di riprovarci. Ma la menzogna poteva essere ben più deleteria della verità ed era ancora più che sicuro della scelta fatta di farla partecipe di quell’evento.
“Me lo ha detto soltanto stamattina. E comunque non te lo avrei detto ieri sera in ogni caso, avevi bisogno di riposare, non certo discutere di questa possibilità. Perché è ancora una possibilità, non le ho dato risposta. Aspettavo di parlarne con te. Magari stasera.” Replicò con un sorriso triste.
“Il pranzo poi è per voi due… Mangiare sano fa bene ad entrambi.” Deglutì abbassando gli occhi. Kate si sentì di nuovo in colpa per quella sua assurda gelosia. Ma più di ogni altra cosa c’era quella maledetta paura che era rimasta radicata nel suo animo. Quella di cui aveva discusso a lungo con il dottor Burke, a seguito del rapimento di Rick. La paura di non poter vegliare su di lui e proteggerlo quando era lontano.
La porta si aprì ed entrambi osservarono Ryan entrare trafelato.
“Lanie ha i risultati.” Disse e Kate annuì.
L’Irlandese osservò lo sguardo serio di entrambi e uscì grattandosi il capo. Quei due a volte erano un enigma.
“Kate, se preferisci che io non ci vada…” Disse fermandola prima che si muovesse verso la porta. Kate sospirò stringendo le labbra.
Rick era il suo meraviglioso scrittore, la sua paura non doveva fermare in alcun modo il suo lavoro. La sua fama era ben meritata e lei per prima era rimasta la sua più assidua fan. Non poteva negare al mondo le sue creazioni, i suoi romanzi erano davvero molto belli, appassionati, divertenti e interessanti. Lui era e rimaneva Richard Castle, un romanziere di fama mondiale e nessuna gelosia stupida o paura dell’ignoto doveva interferire. Lo abbracciò con forza cercando di farsi perdonare le sue uscite poco felici.
“No… no, devi andarci, è per il tuo lavoro e te lo meriti. E poi a me basta che lei non ci sia. Solo questo.”
Da quando era diventata insicura? Non era da lei. Sbuffò di nuovo tuffando la testa nel collo di Castle e si rilassò. “Oh dio, la gravidanza mi sta rendendo paranoica…”
Castle ricambiò la stretta decisa del suo abbracciò. “Non voglio stare via molto… Se solo potessi venire con me…” Lei sorrise. Non poteva, lo sapevano entrambi che le sue ferie erano finite.
“Tornerai presto da noi.” Rispose con sicurezza e lo baciò con dolcezza sul naso. Si prese un minuto per accarezzare il suo viso. “Tre, quattro giorni al massimo.” Promise Castle.
“Dobbiamo andare ora.” Disse infine sciogliendo l’abbraccio e avvicinandosi alla porta. L’aprì e prima di uscire fece al suo uomo un cenno con la testa.
Castle la seguì sorridendo: Kate era un meraviglioso intricato groviglio di passione e dovere.

Lanie giocherellava con la penna e riguardava le carte davanti a sé. Un occhio verso la porta e un occhio sulle carte. Kate sarebbe arrivata a momenti e moriva alla voglia di trovare il modo di chiederle della gravidanza.
In fondo era passato molto tempo e un risultato doveva averlo, solo che non voleva essere la prima a fare domande. Se fosse stato un falso allarme magari Kate lo aveva vissuto male, e la lontananza di Castle dal distretto non l’aveva certo resta più loquace. Non voleva fare passi falsi, ma la curiosità era quasi arrivata al limite della sua sopportazione.  Si decise che la cosa migliore fosse buttarla sullo spirito e provarci, ma come iniziare?
Sperava ardentemente in un esito positivo perché per l’amica si apriva una nuova e stupenda fase della vita. Si poteva fare molta ironia su un uomo come lo scrittore ma, scherzi a parte, Kate non poteva desiderare padre migliore per suo figlio. Come marito si stava dimostrando clamorosamente adorabile e la sua fedeltà a Kate era indiscussa. Come padre di Alexis era stato in gamba. Il futuro riservava loro un quadro finalmente roseo dopo le difficoltà del passato. Era giusto così.
Una piccola parte di lei era anche invidiosa dell’amica, ma un’invidia buona, niente di aggressivo o malevolo.
Il tempo passava inesorabile e lei non aveva ancora trovato l’uomo giusto per mettere su famiglia, al contrario di Kate che era felicemente sposata da quasi due anni.
Quando in passato lei e Kate erano entrate in argomento famiglia e matrimonio, quella con più chances per arrivare prima a tale evento sembrava essere stata lei. Kate, dal lato della sua anima ferita, sempre sulla difensiva, poteva sembrare quella meno propensa alla vita matrimoniale. “Ed invece...” Lanie mormorò sorridendo.
“Ecco che ti spunta un affascinante milionario con una valanga di pazienza a salvare la bella.” Aggiunse con un sospiro. Una cosa che aveva di primo acchito il sapore di una fiaba. Ma non c’era nulla di sbagliato a vedere le cose in quel modo. Il suo animo romantico tendeva a vedere la loro storia come qualcosa di molto simile a - La bella addormentata nel bosco -, dove lei non era addormentata, ma il suo cuore era in letargo. Il principe aveva sconfitto la fitta barriera di rovi tutta intorno e nella vita di lei, disseminata di problemi, ferite e pericoli, sconfiggendo il male con la sua forza d’animo e ridestando il suo cuore sopito.
Un figlio poi era una naturale conseguenza della creazione di una famiglia e di quella fiaba romantica, almeno così lei pensava. Un principino nato dall’unione di due anime in piena sintonia.
Lanie adorava i bambini. Molte sue amiche le avevano suggerito di averne uno tutto suo. Ma non dare alla creatura un padre era una cosa che la urtava, le sembrava sbagliato. Come lo era accontentarsi di un uomo non all’altezza del compito. Sbuffò. Stava diventando troppo difficile trovare un uomo su cui contare.
“Ahhhhh!” Sospirò guardando verso il cadavere dell’uomo adagiato sulla slitta della cella frigorifera. “Lo sai? Sono una vera romantica, ma nessuno lo nota.” Commentò ad alta voce e agitando la mano con un gesto secco. “Questa città sta diventando troppo crudele per l’amore, non trovi? Anche tu hai perso la vita per amore?” Chiese quindi senza ovviamente ottenere risposta.
Certo il povero Keeler non poteva essere di molto aiuto nel dare risposte sulla vita, visto che l’aveva giusto persa nelle ultime ventiquattro ore, nemmeno per rispondere a domande sulla propria morte perché in realtà ne sollevava molte altre. Domande del tipo perché nei suoi polmoni e sui suoi abiti ci fosse dell’acqua salata se era stato trovato morto in un canale di una centrale per il trattamento delle acque cittadine. Non era vicino alle zone portuali. Nessuna impronta nitida sul corpo per poter fare riscontri. C’era del dna sui vestiti, ma la provenienza poteva essere di varia natura e risalire al proprietario di quella traccia genetica poteva essere una vana ricerca visto che nel canale dove era stato ritrovato si immetteva anche un condotto di scolo di un depuratore. Le tracce organiche potevano essere depistanti. Le analisi sull’acqua trovata nei polmoni potevano dare delle informazioni più utili.
Le mani non portavano segni di lesioni. Era stato picchiato in viso, in corpo. Malmenato piuttosto seriamente tanto da rompergli un paio di costole e compromettere il ginocchio sinistro: se fosse sopravvissuto avrebbe dovuto ricostruirlo per intero e sarebbe rimasto comunque claudicante. C’era stata una forte aggressività nei confronti del ragazzo, chiunque fosse stato ce l’aveva con lui tanto da infierire anche sul suo cadavere? Alcune ecchimosi non era chiare e potevano essere gli effetti di un trasporto post mortem.
Certamente il cadavere era stato spostato.
Il ragazzo non si era difeso, forse perché la quantità d’alcol in circolo nel suo sangue era troppa, o forse l’aggressore si era accanito su di lui in stato di incoscienza. Non c’era traccia di droghe nel sangue, sembrava uno pulito in quel senso. L’aggressore doveva essere un bel pezzo d’uomo, la dimensione delle mani era ragguardevole. Dall’inclinazione dei segni sul collo l’omicida era più alto di lui.
La morte per annegamento non era stata rapida, ma lenta ed indiscutibilmente in acqua salata. Essendo stato privo di sensi non doveva essersene reso conto. Nemmeno una magra consolazione per la famiglia.
Si alzò e andò verso le celle frigorifere.
“Ma tu che mi dici così poco, perché non mi suggerisci come fare a rompere il ghiaccio con Kate?” Chiese al cadavere prima di coprirgli il viso con il sacco e richiuderlo nella cella frigorifera.
“Per cosa?” La voce di Kate alle sue palle la fece trasalire. Forse il povero tapino messo in congelatore le aveva offerto l’occasione che cercava.
“Per dirmi di te e del tuo… ritardo.” Si voltò e si trovò di fronte a entrambi i coniugi Castle. Evidentemente lo scrittore aveva avuto il nulla osta al suo rientro.
Lui sorrideva a lei che ricambiava con un lieve imbarazzo. Kate alzò le spalle.
Si scambiarono un paio di sguardi e di gesti che Lanie non capì.
“Al nostro fagiolino già piace il cioccolato.” Rivelò quindi Castle con un sorriso furbo. Kate scosse il capo mentre Lanie emetteva un gridolino di gioia e andava ad abbracciare l’amica. “Uh ragazza!”
“Allora è tutto vero!” Lanie sembrava su di giri.
Kate annuì e Castle assunse un’espressione buffa. “Bean…” Disse a bassa voce.
“Scordatelo!” Replicò Kate, “Non chiamerò così nostro figlio.” Aggiunse decisa.
Lanie lasciò l’amica per abbracciare Castle.
“Questa notizia illumina la giornata!” Disse con un sorriso entusiasta. Castle era rimasto sorpreso della reazione della donna, ma fu contagiato dal suo stesso entusiasmo.
“Light Castle…” Valutò quindi guardando Kate.
“Se è una bambina perché no…” Rispose lei prima di voltarsi verso Lanie che ancora sorrideva.
“Sarà un maschietto.” La redarguì lui.
“Andate avanti così tutto il giorno?” Chiese Lanie incrociando le braccia.
Kate negò. “No, ha… solo dei momenti… devianti.”
Castle sorrise. “Ogni occasione è buona per trovare il nome giusto.”
Lanie prese Kate per una mano e la trascinò verso la propria scrivania. “Ma dimmi, come stai? Ha già fatto un’ecografia?”
“Da dove pensi sia venuta l’idea del fagiolino?”
Lanie indicò Castle che si aggirava curioso per la sala autopsie. L’uomo lasciò a Kate e all’amica un momento di privacy, ma restò a portata di orecchio, in fondo a lui piaceva ascoltare il pettegolio tra donne, soprattutto se lui aveva un ruolo nel tema del discorso.
“Come stai, le nausee sono già iniziate?” Chiese incuriosita.
Kate negò. “Non ancora, ma gli ormoni cominciano a dare di matto.” Risero entrambe. “Sono entrata nell’ ottava settimana ormai.” Aggiunse con un sospiro.
“Magari venire a dirmelo prima non sarebbe stato male…” Lanie fece la finta offesa per qualche minuto, ma in realtà era felice per l’amica. “Mi hai fatto aspettare una vita.”
“Oh, dai…” Kate sbuffò.
Cercò di giustificarsi, ma sapeva che quella di Lanie era solo una postura. “Volevo che ci fosse anche lui. Ci tengo… e poi lo vedi no? E’ anche più su di giri di me.” Rispose abbassando la voce.
“Capisco.” Mormorò. Kate sospirò.
“Ricordi quando, anni fa, ti dicevo che eri pazza di lui?” Lanie la guardò con gli occhi strizzati. Kate annuì.
“Oh, sì, non perdevi occasione di punzecchiarmi.” Risero entrambe.
Lanie inclinò la testa. Poi alzò il dito e disse. “Ti sei guardata ora tesoro?”
Kate sbottò divertita. “Non ti dirò che avevi ragione.”
“Ma avevo ragione, non ti pare?” Sottolineò con enfasi. “Aspetti un figlio da lui. E non sai stargli lontano.”
Kate rise. Lanie aveva un sesto senso per certe cose, come se sapesse del discorso che lei e Castle avevano appena avuto. Stare lontana da Rick la rendeva triste, non lo poteva negare e forse la sua espressione riusciva a palesare tutti i sentimenti che provava per il suo uomo agli occhi di un’amica come lei. La conosceva bene, le voleva sinceramente bene.
“Hai ancora paura?” Chiese quindi Lanie addolcendo il tono della voce e accarezzandole un braccio.
Kate guardò Rick giocherellare con alcuni ferri e poi annuì.
“Un po’ sì. E’ una cosa nuova… Ma l’ho voluto io e Rick mi sta molto vicino. Mi ha preso in contropiede la velocità con cui è successo. Mi ha spiazzato.” Sorrise al suo uomo che gli fece l’occhiolino tornando ad avvicinarsi.
“Credo che un invito a cena per sabato sera sia il minimo.” Disse Castle con un sorriso abbassandosi per dare un bacio sulla testa a Kate. “Ti faremo anche sentire il suono di quel cuoricino piccolo piccolo che batte dentro di lei.” Aggiunse con enfasi mettendole le braccia intorno ai fianchi.
“In quella occasione lo diremo anche ai ragazzi.” Aggiunse Kate. Lanie annuì compiaciuta.
“Mi sembra un’ottima idea Castle, mi tengo libera. Loro non sanno nulla?”
“Non ancora.” Kate sorrise mordendosi le labbra. In qualche modo si rendeva conto che dire alle persone del suo stato le rendeva più attente nei suoi confronti e molto più protettive. Lo aveva sperimentato con Martha ed Alexis, quasi non la lasciavano nemmeno lavare le stoviglie a casa.
“Ragazza, terrò il segreto fino a sabato.” Rispose risoluta.
“Ora mi dici cosa hai scoperto sul cadavere di Keeler?” Chiese Kate facendosi seria.
“Tante cose interessanti che generano tante domande…”

Quando lasciarono la dottoressa ai propri compiti, Kate entrò dall’ascensore sentendo volentieri la temperatura più mite sulla propria pelle. Si strinse nelle spalle, la morgue era decisamente molto più fredda e anche gli odori erano stranamente più pungenti del solito.
“Hai freddo?” Le chiese Castle vedendola rabbrividire. Le passò le mani sulle spalle e le braccia per riscaldarla. Lei negò con il capo. “Starò meglio di sopra.”
Quando uscì dall’ascensore non tolse il braccio che aveva stretto davanti al proprio ventre, ma continuò a camminare parlando con calma con Castle delle informazioni avute da Lanie.
Ryan la osservò mentre attendeva che lo raggiungesse per consegnargli i dati che aveva ricevuto. Scrutò il suo viso pallido e la mano accarezzare dolcemente il proprio ventre. Sorrise e scosse il capo. Lo faceva anche Jenny quando era ai primi mesi di gravidanza. Un gesto istintivo, non se ne rendeva nemmeno conto.
“Wow…” Disse a sé stesso annuendo. Forse i suoi dubbi erano fondati, c’era qualcosa in Kate Beckett, qualcosa che avrebbe stravolto la sua vita per sempre.  Sorrise emozionato mentre lei e Castle entravano nell’ufficio.
“Novità?” Chiese Kate sorpresa della sua espressione.
“Oh, sì, credo di sì.” Poi fece una strana espressione e consegnò a Beckett i risultati della ricerca.
“L’alibi del fidanzato è confermato.” Disse infine riprendendosi.
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Rieccomi dopo l'ultima settimana di ferie. Mi sento triste...

  
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