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Autore: Soffio94    14/09/2014    3 recensioni
Cosa importava se non era reale? Lo era per lei. Molly poteva ricordarne il pelo morbido, gli occhi scuri e la fierezza nei modi: cos’era allora a renderlo meno reale di qualsiasi altro Pokèmon? Di qualsiasi altro essere? Entei l’aveva amata come nessuno aveva mai fatto, né prima, né dopo. Si era sacrificato per lei, alla fine, per farla tornare ad un mondo al quale sapeva di non appartenere: lei sarebbe rimasta, lui sarebbe svanito, lei avrebbe continuato ad esistere, mentre lui sarebbe vissuto solo nei ricordi di una bambina. Il fatto che per altri non fosse altro che la mera rappresentazione di un sogno non lo rendeva meno importante: lui era reale, lo era stato per lei, e lo era. Per Molly Hale suo padre Entei era reale.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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“Papà…”
Niente era andato come aveva sperato.
“Papà…”
Alla fine era comunque rimasta sola.
“Papà!”
 
Molly Hale si rese conto di essere caduta in ginocchio solo quando urtò il pavimento gelido, producendo un rumore come di ossa rotte. Ma nulla avrebbe potuto farle male, non più: dopo l’episodio con gli Unown, suo padre aveva deciso di approfondire le ricerche, logorandosi, consumando poco a poco tutto ciò che aveva, incluso il rapporto con Molly. E lei che aveva pensato che la brutta esperienza lo avrebbe spinto ad allontanarsi un poco dai suoi studi. Nient’altro che sogni, desideri di bimba, ora lo sapeva.
 

“Papà, vieni! Teddiursa ha imparato una nuova mossa!”
“Smettila Molly, tuo padre sta lavorando, non devi disturbarlo.”
“Papà, dai!”

Dopo qualche tempo aveva smesso di invocarlo, di cercare la sua approvazione o anche solo un briciolo d’attenzione, perché, lo aveva imparato, tentare di distrarlo era inutile. E quando, alla sera, la ragazzina si arrampicava fin su nello studio del padre, lo trovava già addormentato, riverso sulla scrivania, il pc costantemente acceso costellato di appunti sugli Unown; sulle prime Molly camminava in punta di piedi, scalza per non far rumore, spostava una sedia e si accoccolava vicino al padre, stringendogli il braccio con attenzione perché non si svegliasse. Con i mesi l’attenzione era mutata in riverenza, quella che si confà ad un ospite o ad un lontano parente in visita, poi in distacco, quindi la bambina aveva semplicemente deciso di smettere; l’ultima volta che era stata nello studio del padre, però, aveva portato via quel grosso libro pieno di disegni e racconti sui Pokèmon leggendari. O, almeno, allora le era sembrato veramente grande; lo teneva in un cassetto, gelosamente nascosto e sottochiave, lontano dagli occhi di…già, di chi? Non certo di suo padre o dei suoi domestici, visto che da entrambe le parti riceveva ben poche attenzioni. C’era una pagina, però, che Molly non apriva mai: quella con la doppia illustrazione di Entei, quella bella stilizzazione contornata in cui il cane leggendario sembrava provenire dal cielo stesso portando sul dorso una creatura bellissima. Semplicemente non ce la faceva. E pensare che era stata tanto amata prima di quel giorno. Prima degli Unown, prima della cristallizzazione, prima di Entei. Eppure non riusciva a ricordare momenti più belli di quelli passati con quel padre immaginario, con quella creatura nata dalla sua stessa immaginazione.

Sono felice che tu sia felice.

Cosa importava se non era reale? Lo era per lei. Molly poteva ricordarne il pelo morbido, gli occhi scuri e la fierezza nei modi: cos’era allora a renderlo meno reale di qualsiasi altro Pokèmon? Di qualsiasi altro essere? Entei l’aveva amata come nessuno aveva mai fatto, né prima, né dopo. Si era sacrificato per lei, alla fine, per farla tornare ad un mondo al quale sapeva di non appartenere: lei sarebbe rimasta, lui sarebbe svanito, lei avrebbe continuato ad esistere, mentre lui sarebbe vissuto solo nei ricordi di una bambina. Il fatto che per altri non fosse altro che la mera rappresentazione di un sogno non lo rendeva meno importante: lui era reale, lo era stato per lei, e lo era. Per Molly Hale suo padre Entei era reale.
Reale…reale…ma certo!
La ragazzina aveva già compiuto quindici anni quando si rese conto che, per lei, Entei era sempre stato reale; presa una scala si era arrampicata sulla libreria più alta della casa - quella enorme casa nuova di cui Molly odiava ogni cosa, a partire dall’intenso odore di vernice e stucco – ed era riscesa a fatica portando con sé una buffa scatolina decorata da lei: sopra c’era incisa una M, scavata con la punta della penna nelle crepe del cartoncino, e a giudicare dalla polvere, nessuno ne aveva mai scoperto l’esistenza. Lì dentro Molly aveva conservato per anni una tesserina, unica testimonianza del suo incontro con gli Unown - e con Entei – provvedendo a nasconderla con cura quando suo padre aveva deciso di traslocare; M, anche lì c’era una M, una bella M stilizzata a formare un Unown. La bambina aveva voluto conservarla dopo che i Pokèmon le avevano restituito suo padre, come una sorta di ringraziamento; e se in quella tegolina fosse rimasta un po’ di quell’energia che aveva saputo avvolgere il suo mondo nel cristallo? Molly non capiva perché gli abitanti di Greenfield ricordassero con orrore quell’esperienza, alludendo a casa sua come al “bozzolo di cristallo”; nome tutto sommato piacevole, a sentirlo nominare, se gli ignoranti paesani non lo avessero relegato a maniero stregato della città. Forse per questo nessuno lo aveva voluto acquistare, si disse Molly. Meglio così.


Una volta tornata a casa, la sua vera casa, Molly aveva girato tutte le stanze vecchie e maleodoranti, sperando di trovarvi qualcosa, qualsiasi cosa che la facesse sentire semplicemente…a casa; le ragnatele avevano rivestito l’interno quasi come il cristallo aveva fatto a suo tempo con l’esterno, e l’ormai diciottenne ex padrona di casa iniziava a sentirsi a disagio.
“Entei…”
La ragazza teneva il libro stretto al petto e la tegolina nella mano destra, aggirandosi per il maniero come un Gengar silenzioso, sobbalzando ad ogni rumore ed aumentando la stretta sulla copertina del libro che andava a comprimerle i seni; aveva iniziato ad invocare il nome di Entei, gli occhi cerulei spenti, da quando aveva perso ogni contatto col padre, ma attenti ad ogni più piccolo movimento. Solo alla fine, forzando l’enorme portone di legno vecchio e marcio, aveva rimesso piede nel salone dove tutto era iniziato, e passando le dita sulle venature del marmo le sembrò di poter tornare al giorno in cui Entei era entrato nella sua vita. Ed, effettivamente, era quello che sperava di ottenere.
“Entei…”
La sua voce, ridotta ad un sospiro spezzato, non riecheggiò nemmeno nella grande sala vuota, ed allora Molly, senza nemmeno più il conforto della sua stessa voce a farle compagnia, aveva ceduto, iniziando a chiamare a gran voce suo padre.
Entei, però, non arrivò.
Forse chi lo relegava a sogno di una bimba sperduta aveva ragione, forse Molly non avrebbe dovuto credere di amarlo così tanto.
Le ginocchia pulsanti e doloranti, ancora a contatto col pavimento, riportarono la ragazza ad una realtà che aveva smesso di appartenerle anni prima, lasciandola sola nella stanza vuota, costellata di ragnatele. Stava stringendo ancora il libro? Ed il tassello con l’Unown? Forse no, perché Molly non riusciva più a sentire le dita; così, come per sincerarsi di averle ancora attaccate al palmo, provò ad aprirle, e i due oggetti che aveva conservato con tanta cura caddero di fronte alle sue ginocchia. Non era più nemmeno sicura di cosa avesse davanti, perché gli occhi si erano inumiditi per via delle lacrime: la tegolina era caduta su una pagina aperta, e le mostrava la faccia con su inciso l’Unown, coprendo però il volto del Pokèmon illustrato; guardando meglio, Molly riconobbe, per la prima volta dopo anni, suo padre. Scostò la tessera, e, non riuscendo più a frenare le lacrime, lasciò che queste cadessero sul libro e sull’Unown, imbrattandoli entrambi. Perché? Entei l’aveva amata, ne era sicura…allora perché non poteva tornare da lei?

“Papà…ti prego…torna da me…”

A quelle parole il corpo di Molly cedette, e lei si ritrovò rannicchiata a terra, i capelli scomposti e gli occhi offuscati, le ginocchia strette al petto; come ci fosse arrivata, in quella posizione, nemmeno lei avrebbe saputo dirlo. Rimase immobile per dei minuti, forse ore, lo sguardo fisso sulle pagine sbiadite del vecchio libro; gli occhi le dolevano per il pianto, e solo quando per necessità o per inerzia sbatteva le palpebre, sembrava trovare sollievo. Se quello era l’unico modo non restava che assecondarlo, e tentare di calmarsi chiudendo gli occhi. Se solo li avesse riaperti, anche solo per un istante, si sarebbe accorta della luminescenza nel solco dell’Unown…

“Molly.”

Molly credette di essere stata raggiunta da suo padre, o di essere impazzita…o forse entrambe le cose. Perché quello che vedeva nel buio che le palpebre serrate avrebbero dovuto crearle non poteva essere reale: Entei, il suo Entei, se ne stava fiero e pacifico di fronte a lei, sorridendo come se l’avesse aspettata a lungo.
Perché quello che Molly non aveva mai capito era che Entei era sempre esistito, pur non esistendo: nei suoi ricordi, nei suoi disegni, nei suoi racconti.
Era vissuto in lei.
Molly non riusciva nemmeno a trovare le parole, e non sprecò ulteriore tempo a cercarne: corse da suo padre, ne tastò il pelo morbido, vide i suoi occhi scuri e la fierezza nei modi, e niente le era mai parso tanto reale.
 
Non si accorse nemmeno del piccolo Unown scaturito dalla tesserina, né del velo di cristallo che il Pokèmon, troppo debole da solo per restituirle il mondo che un giorno aveva creato, le stava dipingendo attorno al corpo.

Finalmente la bimba di cristallo sorrideva.
Finalmente poteva essere di nuovo bambina, e stare con suo padre.
Finalmente Molly Hale era tornata a casa.


  
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