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Autore: chuxie    14/09/2014    1 recensioni
Ho scritto questa storia molti anni fa e vi ho messo tutta me stessa. E' un testamento scritto, lasciatomi da una me stessa ormai sepolta.
Dal primo capitolo:
Credo che sia iniziato tutto per caso. Ero sola. Nessuno aveva tempo per me. Io non mi piacevo e… è successo. Come per magia. Non c’è un vero perché, o un colpevole. E comunque, se dovesse esserci per forza, sarei io. Io, perché non ho avuto la forza di reagire, di combattere.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO UNO: YUKO

In realtà non ho ancora capito come sia successo. Sino a tre anni fa non sapevo nemmeno bene cosa fosse. O forse, per quanto brutto e ipocrita da dire sia, lo disprezzavo. Ed ora ne faccio parte.
Credo che sia iniziato tutto per caso. Ero sola. Nessuno aveva tempo per me. Io non mi piacevo e… è successo. Come per magia. Non c’è un vero perché, o un colpevole. E comunque se dovesse esserci per forza, sarei io. Io, perché non ho avuto la forza di reagire, di combattere.
Penso che se dovessi spiegare questo fatto comincerei dicendo che è successo circa tre anni fa, quando ero in terza media. Lo stress degli esami d’ammissione al liceo in effetti ha pesato molto. Comunque allora non lo facevo consapevolmente. Ora ho quasi 17 anni e la mia vita, la mia esistenza intera, dipende da questo e dal fatto che nessuno lo scopra. O meglio: queste erano le mie priorità una settimana fa. Poi una persona che non avrebbe dovuto scoprire nulla, mi ha trovata proprio con il magico oggetto in mano e il sangue che gocciolava. E non è stata una di quelle persone delle quali non ti importa nulla perché con qualche lacrima e qualche supplica credi di riuscire a convincerla a tenere la bocca chiusa. E non era nemmeno una di quelle persone alle quali tieni moltissimo perché sono da sempre con te e nascondere loro una simile situazione corrisponde ad un tradimento in piena regola. Non era neanche una di quelle persone che temi moltissimo perché sai che andrà senza alcuna remora a spifferarlo a tutta la scuola, umiliandoti e lasciandoti completamente sola, di nuovo.
In realtà quella persona non può essere inserita in nessun gruppo. Perché quella persona è unica per ognuno di noi. Quella persona è quella che noi definiamo grande amore. Quella persona è un lui. Si chiama Toshiro. Sono due anni che non penso a nient'altro che a lui. Nei mie sogni, in quei pochi sogni felici che riesco a fare, lui è sempre presente. Mi sorride e mi bacia con dolcezza. Mi dice che mi ama e che penserà lui a proteggermi. Naturalmente questa è una mia semplice fantasticheria. Come potrebbe essere reale? A quelle come me certe cose non capitano. Capitano solo brutte situazioni.
Non so nemmeno io bene come sia capitato. Ero là in bagno, piangevo. Ero di nuovo la terzultima della graduatoria e il professore mi aveva di nuovo pubblicamente umiliata. Ed ero corsa in bagno. E poi quel magico oggetto era come uscito dalla tasca della mia divisa. E aveva risanato tutto il dolore del mio cuore. Piano, piano. Non c’era nessuno. Io e le mie lacrime. Le mie lacrime e il sangue. Io e il sangue.
E poi Toshiro.
In un battito di ciglia. Mi aveva fissato inorridito. Prima il magico oggetto, dopo il mio polso e poi i miei occhi. Non ero riuscita a reggere il suo sguardo, come sempre.
Da più di tre anni non riesco più a guardare le persone negli occhi. Magari di sfuggita, mentre quell’altro non guarda. Anche con Toshiro era sempre stato così. Lui, sorrideva alle sue numerose ammiratrici, ai suoi compagni del club di basket. Strizzava un poco i suoi occhi formando come delle piccole rughe. L'ho guardato da lontano così spesso e l'ho incontrato nei miei sogni con così tanta frequenza, che quando me lo sono ritrovata davanti, ho pensato che fosse un’allucinazione. Un dono del magico oggetto. Ma lui era reale. Era reale il suo orrore. Credo che nessuno mi avesse mai guardato con tanto disprezzo. Nessuno.
O forse la mia immagine riflessa, sì. Yuka sì che è cattiva. I suoi occhi neri e quei capelli corvini così dritti, con tutti gli abiti pieni di forfora. E poi quelle gambe grasse. Però di recente è dimagrita, forse troppo. Ho la sensazione che le sue guance siano diventate incavate e i suoi capelli ancor più smorti. I suoi occhi sono infossati, ormai. Però non sono riuscita a farla smettere. Yuka continua il suo esistere, distruggendomi con i suoi occhi di ghiaccio che piangono con me, come per deridermi. La odio.
Quel giorno gocciolava del sangue dal mio polso, cadendo sul bianco pavimento. Fissavo la macchia inorridita, realizzando finalmente che ero stata scoperta da Toshiro in persona. Lui aveva chinato con me lo sguardo verso la macchia. Avevamo alzato il viso contemporaneamente e per qualche istante avevo incontrato i suoi occhi. Il magico oggetto mi era scivolato di mano. Qualcosa dentro di me, di molto più importante si rompeva. Mi ero chinata in fretta a raccogliere il magico oggetto. Toshiro mi aveva guardata dall’alto del suo metro e ottanta. Sembrava quasi spaventato. No, no, no, no!!!! Io non sono cattiva! Io non faccio del male a nessuno! Piuttosto io salvo tutti quanti dalla vera me stessa. Li salvo da quella bastarda di Yuka. Senza il magico oggetto non potrei tenerla imprigionata nello specchio. Quel giorno ero uscita dalla stanza, stringendo il polso con una mano.
Solo dopo ho capito di essere entrata per sbaglio nel bagno dei ragazzi.
Solo Ririko ha visto Yuka. Anche lei ne ha avuto paura. Ma ero ubriaca. E le mie inibizioni erano abbassate. Yuka era uscita e aveva quasi distrutto la mia amicizia più importante con poche frasi. Ma Ririko come sempre mi aveva perdonata. Vorrei dire almeno a lei del magico oggetto, ma non posso. Quando aveva visto Yuka urlarle dietro tutte quelle brutte cose, la sua tristezza era così grande da farmi piangere anche ora. Non posso ferire proprio lei che è l’unica ad essere in grado di rimarginare le ferite del mio cuore. Quasi quanto il magico oggetto.
Da quando Toshiro ha scoperto tutto, è passata una settimana e io come al solito ho finto che nulla fosse accaduto.
Sono un'ottima attrice. Faccio anche parte del club di teatro. Tutti mi fanno interpretare il ruolo della cattiva. Tutti sanno che non sono capace di interpretare ruoli felici. Eppure nella realtà sono sempre così sorridente.
 

CAPITOLO UNO: TOSHIRO

Non posso crederci: Yuko è un'autolesionista. Yuko, la sfavillante Yuko. La Yuko che ride sempre e che ha quella vocetta stridula quando si diverte con le sue amiche. Quella che da sempre tiene gli occhi su di me e mai esagera. Quella che non ha mai trovato il coraggio di darmi apertamente i cioccolatini a San Valentino, infilandomeli sotto il banco e firmando con semplice profumo di sapone. Quella che l’anno scorso ha fatto vincere il club di teatro con la sua interpretazione della strega nella versione rivista di Biancaneve.
In effetti di recente era un po’ dimagrita. Eppure… non avrei mai pensato che potesse essere un'autolesionista. E questa non è una voce di corridoio e finché non avrò parlato con lei non lo diventerà. La scorsa settimana l’ho trovata nel bagno dei ragazzi, con un taglierino in mano. Il sangue gocciolava sul pavimento e i suoi occhi erano pieni di lacrime. Sembrava quasi un‘altra persona. Io ero sconvolto e terribilmente addolorato. Da un po’ di tempo Yuko balzava tra i miei pensieri, improvvisa come un fulmine. E di recente la cercavo sempre tra gli spalti dello stadio durante le partite. Lei e solo lei, come un portafortuna. Qualcuno potrebbe dire che è una banale cotta. Forse un po’ insolita visto la reputazione di vecchio scorfano che ha Yuko tra i ragazzi, ma pur sempre una cotta. E io forse avrei negato, fino a qualche giorno fa. Avrei rifiutato persino l'idea. Ma dopo che l’ho vista in quello stato, io… Ieri ho pure pensato di provare a tagliarmi per provare a capire i suoi sentimenti.
Ma non era la cosa giusta da fare. Devo solo cercare di aiutarla ad uscirne. Non sapevo come, visto il modo in cui era fuggita. Le ho lasciato una lettera anonima nell’armadietto. Le ho chiesto di trovarci sul terrazzo della scuola. In una situazione diversa, sarebbe stato il posto ideale per una bella scena romantica. Che tristezza…
Eppure ieri lei si è presentata con un enorme sorriso in viso, fingendo che tutto andasse bene. Non mi ero mai accorto della tristezza del suo sguardo. Probabilmente non avevo mai capito nulla di lei. Quando ha visto che ero stato io a spedirle la lettera, ha avuto un leggero sussulto, ma il suo sorriso non ha perso d’intensità.
Avrei voluto abbracciarla e dirle che era tutto ok, che non avrei permesso che le facessero del male. Ma me ne sono stato lì impalato, senza capire bene cosa dire.
E poi ho notato il rossore sulla manica della sua camicetta. Aveva il braccio leggermente scostato all’indietro, forse nel tentativo di impedirmi di vedere la macchia. Con la mia lettera l'aveva sicuramente agitata. Era in effetti molto vaga. Chissà cosa aveva pensato.
- Takahashi…- non so nemmeno io perché l'ho chiamata per cognome, forse il nervosismo di parlarle la prima volta- Ti sei tagliata di nuovo? - era una domanda con un po’ di dispiacere nella voce eppure la sua espressione é cambiata improvvisamente. Molta, moltissima paura. Di me. Ho usato le parole più sbagliate che potessero esistere.
- Ti prego…- i suoi occhi erano ormai pieni di lacrime. La voce tremava, sconvolta- ti prego, Mitsushiro. Io ne morirei se tu lo dicessi…io… per favore… Ti supplico, io...Oddio!- si é asciugata le lacrime che le gocciolavano sul viso con la manica pulita. Ha tentato un sorriso. Ha fallito.
- Non, non…
- Per favore! Lo so che non devo… ma, io… non dirlo! Merda! - si é pulita gli occhi di nuovo nella manica. Ha posto due dita sugli occhi e rimase ferma. Ha bisbigliato qualcosa pianissimo, credo rivolta a se stessa- Piantala… no… zitta… non…posso farcela…
- Takahashi?- ha alzato lo sguardo, decisa.
- Ti prego, di non dire niente di ciò che hai visto a nessuno. Si è trattato di un caso isolato. Quella che vedi sulla mia manica è tempera, con la quale mi sono sporcata ieri durante la pittura delle scenografie del nuovo spettacolo. Ora devo andare…- mi ha scostato e se ne è andata.
Non ho la più pallida idea di cosa sia successo. Un attimo mi stava supplicando con fragilità, e il secondo dopo sembrava un’altra persona, alla quale di me non importava nulla.
Solo di una cosa sono certo ora. Io la aiuterò a smettere.
   
 
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