Giochi di Ruolo > Dolce Flirt
Segui la storia  |       
Autore: RandomWriter    15/09/2014    8 recensioni
Si era trasferita con il corpo, ma la sua mente tornava sempre là. Cambiare aria le avrebbe fatto bene, era quello che sentiva ripetere da mesi. E forse avevano ragione. Perchè anche se il dolore a volte tornava, Erin poteva far finta che fosse tutto un sogno, dove lei non esisteva più. Le bastava essere qualcun altro.
"In her shoes" è la storia dai toni rosa e vivaci, che però cela una vena di mistero dietro il passato dei suoi personaggi. Ognuno di essi ha una caratterizzazione compiuta, un suo ruolo ben definito all'interno dell storia che si svilupperà nel corso di numerosi capitoli. Lascio a voi la l'incarico di trovare la pazienza per leggerli. Nel caso decidiate di inoltrarvi in questa attività, non mi rimane che augurarvi: BUONA LETTURA
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'In her shoes'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Non vi allarmate (in effetti l’immagine che ho messo non è d’aiuto -.-‘’) comunque voglio solo avvertirvi che questo capitolo mi è letteralmente sfuggito di mano… si è allungato sempre più, inesorabilmente, senza che potessi fermarlo: attualmente è in assoluto il capitolo più lungo che ho scritto finora (anche se si vedrà sottrarre l’oro dal prossimo, il 30)… colpa vostra che mi avete sempre detto che vi piacciono lunghi :P… quindi vi chiedo di armarvi di tempo e pazienza per arrivare fino alla fine ^^). Buona lettura!


 
RIASSUNTO DELLA PUNTATA PRECEDENTE:
Erin racconta ad Ambra che dietro la separazione dalla sorella c’è stato un incidente da cui Sophia è uscita illesa, mentre lei ha perso momentaneamente la memoria. Quando torna in sé, scopre che, dilaniata dal senso di colpa, la ragazza se n’è andata tagliando i ponti con lei.
Ambra la consola e tra le due c’è un riavvicinamento, in nome di Sophia, che rappresenta così tanto per entrambe. La bionda racconta poi ad Erin che dietro il fallimento della carriera musicale di Nathaniel, c’è il padre Gustave.
Amareggiata per quelle rivelazioni, la ragazza accetta l’invito del biondo di lasciare la casa e concludere la serata al parco. Rosalya riflette sui suoi sentimenti che si rivelano piuttosto complessi.
Castiel, mentre sta controllando gli spartiti che ha scritto, ripensa al giorno successivo al suo sedicesimo compleanno, quando Nathaniel gli regalò la sua attuale chitarra, battezzata “Sophia” proprio dal biondo. Il capitolo si conclude con i gemelli, Alexy ed Armin in cui il primo accenna al rientro al liceo di Ambra dopo il mese di punizione.

 
 




 
CAPITOLO 29: NOTTI INSONNI
 
Lysandre contemplò la propria immagine riflessa allo specchio e si portò la mano sulla gola, avvolgendola attorno a quella delicata morsa. Deglutì a fatica e una smorfia di dolore gli stravolse i delicati lineamenti facciali.
“che hai?” chiese la sorella, entrando in bagno.
“temo di avere la gola infiammata” rivelò il ragazzo, con un certo sforzo.
Rosalya sbarrò gli occhi e picchiò con veemenza il palmo contro la superficie marmorea del lavabo.
“non esiste Lys! Domani sera c’è il concerto! Che cazzo di band siete se il vocalist non ha voce?” sbraitò, quasi colpevolizzandolo per quell’increscioso inconveniente.
Il fratello la scrutò con severità, alzando il sopracciglio destro, segno caratteristico associato ad una leggera irritazione:
“modera il linguaggio Rosalya, non si addice ad una ragazza… e poi non è colpa mia” dichiarò.
“devi avvertire subito Castiel!”
“perché subito?” domandò perplesso.
“boh, mi è venuta così” ammise la ragazza scrollando le spalle e sentendosi stupida.
Recuperò la spazzola in legno e cominciò a passarla sui lunghi capelli, mentre il vocalist annunciava:
“comunque sia, hai ragione, gli scrivo ora… meglio che lo sappia finchè è a casa, piuttosto che a scuola”
“giusto” lo appoggiò Rosalya “meglio che gli venga l’infarto a casa sua, piuttosto che in classe, così almeno nessuno chiama i soccorsi”
Lysandre le lanciò un’occhiata carica di biasimo alla quale la sorella rispose con una linguaccia dispettosa.
 
Ci sono alcuni odori che si possono associare ad un’aula scolastica: qualcuno può pensare alla polvere bianca del gesso, altri al detersivo usato per pulire il pavimento, altri all’olezzo che si respira quando venticinque persone si concentrano in una stanza. Quel giorno gli alunni della quarta C avrebbero preferito uno qualsiasi di questi aromi, pur di non sentire il fetore che continuava a insultare le loro narici.
Appena Erin ed Iris misero piede nella stanza, storsero il naso disgustate, omologandosi alla reazione del resto dei loro compagni.
“cos’è questa puzza?” si lamentò la rossa.
Il suo sguardo cadde involontariamente su Charlotte, seduta su un banco poco distante:
“chiedetelo al vostro amico” replicò acidamente l’altra, spruzzando profumo ovunque. Teneva in mano una boccetta campione di Kenzo e ne vaporizzava il contenuto nell’aria.
“smettila con quella merda Charlotte!” la redarguì Trevor “preferisco la puzza dell’intruglio di Castiel a questa roba”
“finirò per puzzare da fiori” piagnucolò un altro ragazzo, annusandosi la felpa con un’espressione schifata. Nonostante le proteste dei maschi, Charlotte continuava la sua attività di disinfestazione odorifera ma i suoi tentativi servirono solo a peggiorare la situazione. Nella classe, si creò un miscuglio dolciastro di odori che nel complesso risultava a dir poco nauseante.
Nonostante fosse il 18 dicembre, gli studenti si erano visti costretti a spalancare le finestre e permettere al gelido clima invernale di invadere la loro classe.
Erin camminò verso il suo posto e si accomodò accanto al suo compagno di banco. L’occhio le cadde immediatamente su una bottiglietta da mezzo litro dal colore imprecisato ed esclamò:
“che diavolo c’è lì dentro per fare tanta puzza?”
“ricetta segreta contro il mal di gola” rispose sibillino il rosso, dondolandosi sulla sedia.
“perché hai mal di gola?”
“non io, Lys”
“Lysandre?!” sbottò Erin montando nel panico. Il concerto era il giorno successivo e il caso voleva che fosse proprio il vocalist ad essere rimasto a corto di voce.
“vedo che hai afferrato il punto Cip. Comunque no problem: con questo intruglio vedrai che guarirà” la tranquillizzò fiducioso l’amico, tamburellando le dita contro la bottiglietta di plastica.
“è chiusa e fa tutta questa puzza?” osservò la ragazza, sconvolta.
“no, l’odore non viene da questa” precisò Castiel “è perché ho finito di prepararla in classe” e da sotto il banco estrasse una sorta di radice voluminosa.
Si frugò nella tasca della giacca e tirò fuori un coltellino svizzero, vietato dal regolamento scolastico, e cominciò ad incidere quella specie di tubero. Ad ogni scaglia che si depositava sul banco, l’odore diventava sempre più acre, tanto che Erin fu costretta a tapparsi il naso:
“cos’è quella cosa?” si informò, con le lacrime agli occhi. Le sembrava che nemmeno l’amico fosse indifferente a quel tanfo.
“kren” rispose, inserendo alcune scaglie all’interno della bottiglia “si usa per estrarre una salsa color nocciola. Noi in America non la usiamo infatti me ne ha parlato Mauro” aggiunse, riferendosi al vicino italiano “mi ha spiegato che si usa soprattutto nel Nord Italia”
“senti un po’ Gordon Ramsay, le lezioni di cucina rimandiamole ad un’altra occasione. Per ora getta via quella cosa puzzolente” gli ordinò la ragazza.
L’odore era sempre più pungente e insopportabile e le solleticava il naso al punto da farle lacrimare gli occhi.
“davvero ti dà così fastidio l’odore?”
“fino alle lacrime”
“non è che la nostra Erin qui è in dolce attesa?” scherzò Trevor, voltandosi verso i due ragazzi seduti dietro di lui. Castiel cambiò espressione e cominciò a incidere più in profondità la dura radice mentre la mora replicava:
“non mi pare di essere l’unica a lamentarsi” obiettò, muovendo l’aria davanti al suo naso nel tentativo di allontanare quel tanfo “comunque sia Castiel” continuò, cercando di richiamare l’attenzione dell’amico “non penserai mica che Lysandre beva una simile porcheria”
“no no, berla no. Deve solo fare i gargarismi” semplificò l’altro mentre Erin lo guardava poco convinta. Si chiedeva come l’amico potesse essere così fiducioso sul fatto che il loro cantante si sarebbe sottoposto ad un simile trattamento.
Quando il professor Condor varcò la soglia dell’aula, inevitabilmente, brontolò:
“e questa puzza cos’è?”
“viene da fuori prof” rispose prontamente Castiel strappando un sorriso a tutti per la sua faccia tosta.
“allora chiudete le finestre” ordinò il professore, posando la valigetta sulla cattedra.
A quel punto ventiquattro teste dapprima sorridenti si voltarono con un’espressione carica di astio verso il rosso che li aveva appena condannati ad un’ora di soffocamento.
 
Quando raggiunsero il loro ritrovo per il pranzo, Erin e Iris non riuscivano a strapparsi un sorrisetto divertito per la scena che si preannunciava ai loro occhi.
“mi chiedo come tu faccia ad essere così convinto che Lysandre berrà quella roba” commentò la rossa.
“ancoraaa! Non la deve bere, deve solo fare dei gargarismi” ripetè Castiel spazientito.
“fa’ schifo comunque Castiel” lo liquidò Erin.
Svoltarono l’angolo dell’edificio e trovarono tutti i loro amici: chi come Rosalya, Armin e Alexy aveva trovato l’appoggio del muretto, gli altri degli scalini.
“perché diavolo ti ostini a farci pranzare qui fuori che si gela?” protestò Armin in direzione del chitarrista.
“non ti lamentare vecchio, è solo per oggi” lo tranquillizzò Castiel volgendo un sorriso sornione a Lysandre.
Intercettando quello sguardo, l’amico sgranò gli occhi come un cerbiatto abbagliato dai fari di una macchina.
“che cos’è quella roba?” chiese tenendo lo sguardo fisso e timoroso verso la bottiglia di plastica che il chitarrista teneva in mano. La sua voce era uscita piuttosto roca e affaticata, sorprendendo Erin ed Iris per quanto fosse presa male.
“ricetta segreta di casa Black contro il mal di gola” annunciò sicuro di sé il rosso.
“ma ci sono delle cose che galleggiano dentro” osservò Violet preoccupata, riferendosi alle scaglie di kren.
“ha il colore del vomito” aggiunse Alexy schifato.
E dopo che Castiel aprì la bottiglia:
“ed emana una puzza allucinante” completò Armin, voltandosi dall’altra parte dopo essersi avvicinato per annusarla.
“si può sapere che dovrei farci con que-?” sussurrò infine Lysandre, sempre più in ansia.
 La voce gli mancò sulle ultime parole ma tutti colsero la domanda.
“tre o quattro gargarismi dovrebbero bastare” pronosticò il medico improvvisato.
“non esiste che bev-” il ragazzo a quel punto non riuscì ad aggiungere altro perché la voce gli venne meno. Nell’arco di cinque ore era peggiorato in modo fin troppo evidente e preoccupante.
“non fare la femminuccia” lo smontò Castiel, allungandogli l’intruglio sotto il naso, mentre il resto dei loro amici assisteva a quella discussione con un certo sadico divertimento.  
“non mi metto a fare i gargarismi qua dav”
Niente da fare, la voce non gli usciva.
“davanti a tutti?” completò Castiel “mettiti dove ti pare. Basta che li fai”
Lysandre scosse la testa con decisione. Era risoluto sul fatto che le sue labbra non avrebbero sfiorato quella disgustosa pozione. Era convinto che se l’avesse fatto, l’indomani avrebbe dovuto esibirsi seduto su un water. In passato aveva avuto modo di testare la cucina di Castiel e l’esperienza gli era costata, per i due giorni successivi, una dieta a base di patate lesse e riso in bianco.
“Armin braccalo!” ordinò Castiel mentre il moro rideva, incapace di prendere seriamente dell’esortazione.
Lysandre si alzò di scatto allarmato, allontanandosi di qualche passo dal suo aggressore.
“non ci provate” sussurrò il cantante afono, cercando di risultare minaccioso ma la voce da nonnino che regala le caramelle non gli fu d’aiuto.
“fallo per il gruppo Lys” lo schernì la sorella, ricevendo un’occhiata truce dal vocalist.
“non possiamo fare un’esibizione muta” convenne Armin, più divertito che preoccupato per le sorti del concerto.
“ma non potete neanche obbligarlo a prendere quella porcheria” lo difese Erin a cui Lysandre sorrise con gratitudine e sollievo. Il suo handicap vocale lo svantaggiava nell’esecuzione della sua arringa difensiva, così l’aver trovato un’alleata gli era più che mai vitale.
“allora non c’è altra scelta Erin, canterai tu” dichiarò risoluto il rosso.
“LYS, BEVI QUELLA ROBA!” ordinò prontamente la ragazza, terrorizzata da quell’eventualità. Immediate furono le risate degli amici a cui solo Lysandre rimase estraneo, realizzando di essere ormai da solo a combattere quella battaglia. Si schiarì la gola meglio che potè e fissando i membri della band uno a uno, proclamò:
“costringetemi a bere quella roba e vi assicuro che domani non mi vedrete sul palco” e al termine di quella frase che gli era costata uno sforzo immane, cominciò a tossicchiare.
Castiel gli allungò la bottiglietta di Coca-Cola che aveva rimediato alle macchinette e lo soccorse:
“fa i gargarismi con questa, dicono che aiuti”
L’amico però si limitò a trangugiarne parecchie sorsate e ignorare le indicazioni fornitegli. Quello che Castiel si ostinava a non capire è che mai lui, Lysandre White, personificazione dell’eleganza e della teatralità, si sarebbe esibito in volgari gargarismi davanti a tutto quel pubblico.
Il rosso si rassegnò a riprendere la bottiglia che l’amico gli stava restituendo, per appoggiarla accanto alla pozione che aveva preparato quella mattina.
“vedrete che per domani gli passerà” li tranquillizzò Violet, guardando Lysandre con un sorriso dolce.
“speriamo” sospirò Alexy, tradendo un certo nervosismo “però male che vada, l’idea che si esibisca Erin non mi dispiace affatto!”
“a me sì!” protestò la ragazza.
“in ogni caso domani ti toccherà farlo per il karaoke” la tormentò Armin, ricordandole un impegno a cui la ragazza cercava di non pensare da settimane.
“non me lo ricordare” mormorò afflitta.
COF! COF! COF!
Colpi di tosse convulsi, seguiti il rumore di un liquido che veniva sputato, spaventarono i ragazzi. Tutti si voltarono verso Castiel che, tra una smorfia di disgusto e l’altra tentava di espellere l’intruglio che, evidentemente, aveva ingerito per errore. La bottiglietta di Coca-Cola, suo reale obiettivo, giaceva accanto a lui mentre il liquido che lui stesso aveva creato si era riversato sull’erba stepposa.
Tutti scoppiarono a ridere fragorosamente, mentre lui cercava di riprendersi. Il suo viso si contorceva in buffe smorfie di disgusto, muovendo la lingua in ogni direzione e trangugiando tutta la Coca-Cola che era rimasta nella bottiglia.
Quando finalmente, il malcapitato sommelier, riuscì a fornire una sua valutazione circa le proprietà organolettiche della bevanda, dichiarò con l’estrema finezza che lo contraddistingueva:
“Dio, che merda!”
 
Anche quella giornata era conclusa. I ragazzi della band quel pomeriggio si sarebbero trovati per l’ultima prova prima del grande concerto.
Ad Erin dispiacque terribilmente non potervi assistere perché non aveva ancora assistito alla loro esecuzione della canzone country voluta dalla preside. Infatti quella sera, lei e sua zia avrebbero avuto Jason come ospite, per festeggiare l’imminente inaugurazione della boutique.
Inoltre era da un po’ che lei e le ragazze non prendevano parte alle prove e questo perché, a parte Alexy, gli altri membri erano unanimi nell’asserire che costituivano una fonte di distrazione. Per quella volta in via eccezionale, la band aveva consentito loro l’accesso, ma erano state le ragazze a declinare: Erin per via della cena, Iris era a casa da sola con il fratellino e Rosalya doveva andare da Leigh. Quanto a Violet, che mai prima aveva preso parte alle prove, di certo non si sarebbe avventurata da sola in quella compagnia esclusivamente maschile.  
 
Varcando la soglia dell’appartamento, Erin si era già figurata la scena che avrebbe trovato ad accoglierla e le sue aspettative non vennero deluse: la cucina era piena di padelle, mestoli e ciotole fumanti, mentre Pam incarnava lo stereotipo della casalinga alle prese con mille faccende. Aveva i capelli raccolti in una coda disordinata e scomposta, il grembiule da cucina macchiato di ogni sorta di salsa e un’espressione indaffarata e concentrata. C’era una tale confusione e frenesia, che ad Erin venne in mente una scena di uno dei suoi film d’animazione preferiti: la città incantata di Hayao Miyazaki.
Quella cena per sua zia significava così tanto; a causa delle sue ristrettezze economiche, non aveva potuto permettersi di invitare Jason a cenare fuori, in un ristorante di lusso, come avrebbe meritato per tutto ciò che aveva fatto per lei.
“oh tesoro, finalmente sei qui!” la accolse con enfasi, appena vide il viso della nipote far capolino in cucina.
“ti posso aiutare?”
“certo! Lì ci sono le verdure da lavare” la guidò la cuoca, indicando il lavello. Erin, dopo essersi cambiata, si mise prontamente all’opera e le due cominciarono a chiacchierare dell’imminente concerto.
“questa volta mi assicuri che mamma e papà non verranno? Un’altra sorpresa come l’ultima volta non riuscirei proprio a digerirla” chiarì la nipote, passando una carota sotto l’acqua corrente.
“tranquilla no, del resto nel weekend torni da loro, non ha senso che vengano anche domani” la rassicurò Pam. Le vacanze natalizie erano alle porte e il venerdì del concerto era venuto a coincidere con l’ultimo giorno di scuola. Alla notizia che i genitori non avrebbero partecipato, la ragazza sospirò sollevata. Quell’evento era troppo importante per lei e voleva goderselo fino in fondo, senza preoccuparsi di dover tenere a cuccia suo padre.
“comunque Jason mi ha confermato che verrà domani” annunciò Pam, regolando la fiamma.
“mi fa piacere. A proposito zia, quando ti deciderai a dichiararti?”
Il cucchiaio che Pam teneva in mano le scivolò a terra, sporcando il pavimento piastrellato.
“m-ma cosa dici Erin?”
“oh andiamo zia! Non fare finta di niente. Sono settimane che gli muori dietro. Dovresti darti una mossa finchè è ancora single” la esortò.
Pam recuperò l’oggetto metallico dal pavimento, pulendolo con l’orlo del grembiule.
“ma se lui non ricambiasse?” sussurrò insicura.
“è un rischio che devi correre” asserì la nipote “nelle ultime settimane è un po’ cambiato rispetto a quando l’ho conosciuto… ed in meglio. Ha acquisito più sicurezza in se stesso e sinceramente, non credo troverai un altro uomo come lui. Dovresti darti una mossa”
“lo so” riconobbe la zia, caricando di intensità quell’ammissione. Lo sapeva fin troppo bene e infatti continuava a rimpiangere il fatto di non esserne accorta quando ancora era evidente dell’interesse da parte dell’uomo “ma che dovrei fare Erin scusa? Poi proprio stasera? Ci sei anche tu!” quasi la accusò, adottandola come scudo difensivo.
“potete andare nell’appartamento di Jason” suggerì maliziosa la ragazza facendo avvampare la donna.
“Erin!”
 
L’orologio segnava con precisione la fatidica ora x: le otto di sera. La lancetta dei secondi aveva da poco superato il numero 12 ed era pronta a ripetere il sempre eterno giro, quando il campanello di casa Travis suonò. In soggiorno era presente solo Erin, mentre la zia era impegnata con gli ultimi preparativi, così toccò alla ragazza andare ad accogliere l’atteso ospite:
“spero tu non abbia trovato traffico venendo qui” scherzò la ragazza.
“solo un semaforo rosso” replicò divertito il vicino d’appartamento. In effetti era una bella comodità essere letteralmente a due passi da casa.
“te lo dico ora finchè non c’è mia zia” sussurrò Erin guidando Jason verso il salotto “il secondo è un tacchino, anche se, non ho idea di come abbia fatto, ma l’ha cucinato che sembra un pollo”
Jason trattenne un risolino e dichiarò, facendole l’occhiolino:
“non preoccuparti. Mi limiterò a fare commenti generali sulla cena, per non incappare in qualche gaffe”
“mi sembra una buona strategia. Comunque continua a portarla ai corsi di cucina… devo ammettere che, anche se piano piano, ma sta migliorando”
“che confabulate voi due?” li interruppe la donna, facendo il suo ingresso in salotto. Per l’occasione, aveva indossato un raffinato vestito corto con manica a tre quarti e una fantasia a righe dai colori autunnali. Il vitino sottile della donna veniva messo in risalto dal taglio fasciato dell’abito e le gambe lunghe e affusolate da un paio di decolté. I capelli erano raccolti in una coda che le slanciava ulteriormente un collo già di per sé sottile.
Jason rimase incantato mentre Pam arrossiva timidamente. Erano quasi due mesi che non si metteva così in tiro e scoprì che quel breve lasso temporale era stato sufficiente a farle perdere la sua sicurezza. Erin invece era l’unica ad essere teneramente divertita da quel quadretto. A quel punto, non aveva più dubbi sui sentimenti del vicino per la zia, la quale, per spezzare l’imbarazzante silenzio propose:
“allora? Mangiamo?”
 
Nonostante la qualità discutibile dei piatti, quella sera i tre si gustarono una serata piacevole e in armonia. Jason si rivelò un ottimo intrattenitore, sempre con la battuta pronta ed Erin scoprì in un paio di occasioni che la zia lo guardava estasiata. Teneva il mento appoggiato sul palmo della mano e sorrideva ogni volta che lo sguardo del ragazzo si posa su di lei.
Anche se la reazione dell’uomo appena aveva visto Pam vestita di tutto punto era stata assolutamente impagabile, era evidente che per la donna quella sera Jason fosse affasciante come mai l’aveva visto: una volta tanto, aveva rinunciato alle sue amate felpe e aveva optato per un completo dal taglio classico e dalla stoffa scura, con una camicia bianca e una cravatta abbinata alla giacca. Con il passare della serata, tra risate e battute, il ragazzo si era tolto la giacca, aveva allentato il nodo della cravatta e arrotolato le maniche all’altezza dei gomiti, mise che gli conferiva un aspetto più casual e in cui si sentiva decisamente più a suo agio.
Pam aveva così potuto notate la presenza di un fisico vigoroso e tonico dietro quell’aria da eterno ragazzino, osservando le braccia forti che, dopo la disastrosa serata alle Twin Towers, l’avevano sollevata da terra.
“non mi sembra possibile che sabato inaugureremo il negozio” commentava Pam su di giri.
“a proposito zia, sei sicura di voler venire al concerto? Il giorno dopo hai l’inaugurazione” obiettò Erin, masticando con difficoltà un pezzo di tacchino un po’ bruciacchiato.
“non preoccuparti. Resterò lì finché non si sarà esibita anche la band del tuo amico e poi me ne torno dritta a casa. Tu vai con Nathaniel giusto?”
Erin annuì, deglutendo a fatica il pennuto che era stato cucinato. Le sembrava di avere in bocca una chewing-gum ma per non urtare la buona volontà della cuoca, aveva preferito astenersi da ogni critica. Jason dal canto suo, sembrava scarsamente interessato al cibo e, dalla compostezza con cui mangiava, scegliendo porzioni misurate, Erin sospettò che avesse optato per una cena preventiva prima di sottoporsi alla cucina di Pam.
“Castiel da quanto tempo suona in una band?” chiese il veterinario.
“mah, almeno da quattro anni mi pare. Ma quella di domani sarà solo la loro seconda esibizione in pubblico” precisò la ragazza.
“è venuto nel mio studio qualche giorno fa con il suo cane” raccontò Jason, versandosi del vino.
“Demon? Sta poco bene?” esclamò Erin. Odiava quel cane ma non era così insensibile da non interessarsi a quella notizia.
“no anzi, è in ottima salute. È un cane molto affettuoso” la tranquillizzò il veterinario.
“più che un cane, per me quello è un vitello” malignò la ragazza ora che la sua preoccupazione era evaporata all’istante. Non aveva mai fatto mistero del suo astio verso l’amico peloso di Castiel.
Jason ridacchiò e commentò:
“è un bellissimo esemplare. È una razza che abbaia poco e solo in caso di necessità”
Erin si lasciò sfuggire un verso stizzito che il veterinario non colse e continuò: “è un cane molto intelligente ma dal temperamento molto forte, infatti non poteva avere un padrone migliore di Castiel”
“perché?” domandò Pam con curiosità.
“per questi cani ci vuole una persona di carattere che loro possano identificare come guida, che abbia un polso fermo e sappia inquadrare i ruoli gerarchici” spiegò l’uomo.
Pam annuì ammirata e rivolgendosi alla nipote, squittì:
“Castiel mi sembra proprio un ragazzo interessante”
“sarà, ma il più delle volte si comporta da idiota” brontolò la ragazza.
Sentir parlare di Demon l’aveva messa di cattivo umore, soprattutto dopo che era venuta a sapere che la bestia si era rivelata affettuosa alle cure del veterinario. Anche con Nathaniel, Demon non aveva esitato a fargli festa in passato. Dunque era proprio una questione personale: quel mastino odiava solo lei.
 
Finita la cena, Erin si congedò, chiedendo a Jason di avvertirla prima di andarsene e lasciò i due adulti da soli, rifugiandosi nella propria camera.
“è stata una bella serata. Se continui a migliorare così potrei anche venire a cena più spesso” scherzò Jason.
“a me farebbe solo piacere” replicò Pam con un sorriso dolce che lasciò per un attimo confuso il ragazzo.
Lei arrossì e abbassò gli occhi.
Da quando la nipote aveva abbandonato la stanza, l’atmosfera era cambiata. I due facevano fatica a sostenere lo sguardo reciproco e si percepiva una sorta di elettricità nell’aria.
Cadde così un imbarazzante silenzio, finché Jason riuscì a spezzarlo:
“senti Pam io…”
Dalla stanza di Erin si sentì un tonfo violento che rovinò la scena, facendoli sobbalzare dalle sedie. Pam si voltò allarmata e la chiamò:
“Erin? tutto bene?”
“sì sì” rispose distrattamente la nipote “tutto ok, tranquilla”
Jason sorrise rassegnato, consapevole che, con Erin nei paraggi, la situazione risultava ancora più disagevole di quanto già non fosse. Si alzò dal suo posto e Pam, delusa e dispiaciuta, lo seguì verso la soglia della porta.
“allora ci vediamo domani…” cominciò a dire Jason portandosi sul pianerottolo.
“non stavi per dirmi qualcosa poco fa?” insistette Pam, tenendo gli occhi bassi. Anche se in quel momento non lo stava guardando, percepì il disagio dell’uomo, sentendolo grattarsi il collo.
Forse Erin aveva ragione.
Doveva almeno provarci, anche perché, se non aveva mal interpretato i gesti dell’uomo quella sera, lei non gli era indifferente.
“in effetti…” tentennò Jason cercando di raccogliere un po’ di coraggio.
“zia!” la importunò Erin. I due adulti trasalirono, vedendo sfrecciare la ragazza sotto i loro nasi. Teneva sotto braccio un borsone capiente che stava cercando di chiudere.
“devo correre da Iris!” annunciò trafelata, precipitandosi verso le scale.
“a quest’ora?” indagò Pam preoccupata, sporgendosi verso la rampa. La nipote sembrava davvero di fretta dal momento che non aveva voluto aspettare l’ascensore.
“non preoccuparti. Posso prendere la tua macchina?”
“certo…” confermò la zia che avrebbe voluto puntualizzare quanto retorica fosse quella domanda visto che Erin aveva già le chiavi in mano.
“sua madre e suo fratello sono corsi all’ospedale e lei non vuole rimanere a casa da sola” spiegò sbrigativamente Erin fermandosi un attimo.
“ah” replicò Pam un po’ perplessa.
“dormo da lei se non ti dispiace. Ci vediamo domani dopo scuola!” la salutò la ragazza sparendo definitivamente. Dopo qualche secondo la sentirono urlare un “buonanotte Jason” che si diffuse nella tromba delle scale e null’altro.
Pam era rimasta stordita e confusa da tutta quella frenesia.
“ti giuro che quando fa così mi pare di vedere sua sorella” commentò ancora basita “stessa carica, stessa energia”
“è molto cambiata da quando è arrivata qui il mese scorso” osservò il vicino.
“già” sorrise Pam “sembra molto più serena. Mi chiedo di chi sia il merito”
 
Dopo aver guidato con la musica di Norah Jones in sottofondo, Erin parcheggiò la macchina della zia accanto ad una Volvo grigia e recuperò la borsa. Diversamente dalla sua zona, quel quartiere era davvero carino e ben illuminato. Forse era uno dei suoi preferiti, dopo l’angolo di paradiso in cui sorgeva la casa dei gemelli Evans. Passò di fronte alla fermata dell’autobus della linea urbana e svoltò l’angolo.
Costeggiò una siepe alta tenendosi a debita distanza da essa, come se qualcosa la preoccupasse. Con la coda dell’occhio infatti, scrutava quel fogliame scuro, come se ne avesse terrore.
Arrivò davanti ad un cancello in ferro battuto e cercò il nome sull’etichetta illuminata del campanello.
Dei quattro pulsanti, scelse quello con la scritta Castiel Black.
 
“mi dispiace parlare di cose serie a quest’ora, però abbiamo continuato a rimandare la questione del prestito ed io non ti ho ancora detto della banca…” cominciò a dire Pam, nella speranza di trattenere ancora un po’ il ragazzo “mi sono accordata su come riuscire a ripagarti”
Avrebbe parlato anche della salvaguardia del grizzly della California pur di restare ancora con lui, specie ora che Erin si era volatilizzata.
“shh” la silenziò Jason, posandole un dito sulle labbra. Si pentì all’istante per l’audacia di quel gesto e ritrasse la mano, in evidente imbarazzo.
“non ne parliamo adesso” borbottò a disagio.
La donna, dapprima piacevolmente sorpresa, sorrise:
“e di cosa dovremo parlare?” indagò con un sorriso mellifluo.
“in effetti c’è una cosa che sto cercando di dirti”
“ah sì?” chiese Pam avvicinandosi ancora di più.
Da quando Erin era uscita, si sentiva sempre più intraprendente e temeraria.
Anche l’uomo davanti a lei sembrava essersi rilassato e sorridendo, accorciò la distanza tra i loro visi. Ormai non c’erano più dubbi riguardo ai pensieri di Pam e non poteva che esserne lusingato. Fino ad un paio di mesi prima, poteva solo sognare una simile scena.
“oh insomma! Vi sembra questa l’ora di mettersi a parlare!” sbottò Miss Plum irrompendo sul pianerottolo. Aveva una vestaglia color verde acido e una cuffia sotto la quale i suoi capelli erano stati intrappolati nella morsa di antiestetici bigodini.
Sobbalzando violentemente per quella sgradita interruzione, i due si allontanarono all’istante.
“chi è lei?” chiese brutalmente la donna che, senza occhiali, faceva fatica a mettere a fuoco il ragazzo. In passato era abituata a rimproverare Pam per la sua tendenza a chiacchierare sul pianerottolo, specie quando si trattava degli uomini che si portava a casa.
La vecchietta però, complice la grave miopia e il look inusuale di Jason, non potè riconoscere il suo vicino che tanto adorava. Quest’ultimo aveva ormai raggiunto il limite di sopportazione e, forse anche a causa del vino che aveva assaporato durante la cena, sbottò esasperato:
“SENTA, SONO APPENA LE DIECI! CHE CAZZO ROMPE LE PALLE LEI A QUEST’ORA? Sono venti i minuti che sto cercando di dire a questa ragazza che mi piace ma tutto il mondo cospira per prolungare la mia agonia!”
Miss Plum, spaventata da quella reazione, sparì furtivamente dentro casa, serrandosi la porta alle spalle, come un topolino che dopo essere uscito dalla tana, si trova di fronte la fauci di un gatto famelico.
Jason sospirò seccato mentre Pam lo fissava incredula.
La reazione del ragazzo l’aveva lasciata senza parole, lui sempre così educato e controllato, ma quella passava comunque in secondo piano se confrontata con il contenuto della frase.
Jason si massaggiò il collo in imbarazzo, guardandosi la punta delle scarpe:
“che confessione di merda”
Pam sorrise intenerita e gli portò una mano sul suo braccio, vincolandolo a spostare lo sguardo su di lei:
“a volte le parole non sono necessarie… basterebbe un semplice gesto” e si mise in punta di piedi, perché, nonostante i tacchi, ancora non riusciva a raggiungere il volto dell’uomo.
Sfiorò le sue labbra, quasi avesse paura di sciuparle e le premette con eccessiva delicatezza contro le proprie.
Si staccò da lui per un secondo, aspettando una sua reazione, che arrivò istantanea: insoddisfatto per quel contatto così poco appagante, l’uomo riavvicinò con foga il viso di Pam al suo, sorreggendole la testa e trascinandola con sé in un bacio che con il precedente condivideva solo i soggetti che se lo scambiavano.
 
Dopo aver suonato due volte, e con una certa insistenza, Erin non aveva ottenuto ancora risposta.
Cercò di sporgersi, scrutando oltre le inferriate del cancello ma un’ombra nera si avventò su di lei, strappandole un urlo lancinante: il temutissimo Demon, il suo arci nemico, si era accorto della sua presenza e aveva adottato un modo tutto suo per accoglierla.  
Erin era indietreggiata di tre passi, finendo quasi in strada tanto era il terrore suscitato dalla vista di quelle zanne lucide. Il cuore le martellava freneticamente in petto e l’adrenalina era schizzata a mille.
Ripresasi dallo shock, cominciò ad inveire contro il cane.
“MA SI PUÒ SAPERE PERCHÉ CE L’HAI CON ME?” lo apostrofò, furente.
Tutto quel chiasso aveva destato l’interno della casa, in cui Erin vide accendersi una luce.
Dopo qualche secondo uscì Castiel, visibilmente sorpreso. Nonostante il rigido clima invernale, indossava solamente una t-shirt dei Pokèmon e un paio di pantaloni della tuta.
Quando il rosso realizzò la presenza di Erin, il suo volto fu ancora più deformato dallo stupore:
“e tu che ci fai qui a quest’ora?” e lesse dallo schermo del cellulare che erano le 22.08.
Alla vista del padrone, Demon si acquetò e cominciò a trotterellargli attorno.
“sono venuta a chiederti ospitalità” rispose Erin congiungendo i palmi delle mani e mo’ di supplica “visto che vivi da solo, sei l’unico che potevo disturbare a quest’ora”
“e come mai hai bisogno di ospitalità?”
“ti ricordi Jason? Il vicino di casa di mia zia? Beh, ho la sensazione che stasera sarei stata di troppo così ho inventato una scusa per andarmene. Ufficialmente adesso dovrei essere da Iris”
“e perché sei venuta proprio qui?” formulò il ragazzo, incapace di seguire il ragionamento dell’amica.
“te l’ho detto. Vivi da solo, mica posso presentarmi a quest’ora dalla famiglia di Iris! Non ci avrei fatto una bella figura” spiegò Erin convinta della sua logica inattaccabile.
Castiel trattene a stento una risata beffarda e commentò:
“beh non è che presentarti qua all’improvviso e pretendere che ti dia un posto letto sia il comportamento da persona educata. Il fatto che tu non ci abbia pensato ti rende piuttosto infantile”
“detto da uno che indossa la maglia dei Pokèmon non ha molto valore come offesa” lo derise prontamente Erin, indicando la stampa di Charmender. Il draghetto arancione, con i suoi occhioni tanto enormi quanto adorabili, erano in ridicolo contrasto con l’espressione arcigna del ragazzo.
“offendere il padrone di casa non ti aiuterà a perorare la tua causa” osservò sagacemente quest’ultimo.
Erin si zittì, convenendo con sé stessa che in fondo l’amico non aveva tutti i torti.
Il rosso, cercando di accantonare la sua perplessità per quell’improvvisata, si fece venire un’idea per stuzzicarla un po’:
“lascerò scegliere a Demon” annunciò risoluto, godendosi l’espressione conseguente di Erin.
“COSA?” sbraitò lei per l’appunto “no Castiel ti prego! Quel gramo mi odia!” protestò terrorizzata.
“come l’hai chiamato?” ribattè offeso, spegnendo all’istante il sorrisetto furbo che gli aveva illuminato il viso.
“non hai mai visto Harry Potter? Che infanzia triste la tua”
“ti rendi conto vero che da quando sei arrivata non hai fatto altro che insultarmi?” puntualizzò il rosso.
Erin alzò gli occhi al cielo e dopo aver osservato con un certo disappunto l’abbigliamento scarno del ragazzo, si giustificò:
“è il freddo che mi sta facendo sragionare. Mi chiedo come fai a resistere qua fuori in quelle condizioni!” Mettersi una maglia a maniche corte quanto fuori il termometro segnava i due gradi non sembrava una cosa sensata, o per lo meno poteva esserlo se la persona in questione era un idiota.
“hai freddo?” indagò il ragazzo, sorpreso. Erin a sua volta avrebbe voluto ribadire che semmai era lei quella che doveva sorprendersi dell’assoluta insensibilità termica del ragazzo, ma optò per una strategia che più volte aveva visto adottare da Rosalya.
“shi” mugulò Erin cercando di fare gli occhi dolci, sbattendo le lunghe ciglia.
“quell’espressione da piccola fiammiferaia risparmiamela. Non ti viene bene come a Rosalya” la smontò istantaneamente Castiel, ferendo la sua misera dignità come donna.
“cosa devo fare per evitare di morire assiderata qua fuori quindi?”
“devi riuscire ad accarezzare Demon” replicò prontamente il ragazzo, con un ghigno sadico in volto.
“parli sul serio?” scandì Erin sconvolta.
“non ti morde mica”
“certo che no… mi stacca direttamente la mano” ribattè lei con un tranquillo sarcasmo.
A quella battuta, Castiel rise di gusto, in modo talmente spontaneo che per un attimo la ragazza dimenticò la paura che era scaturita da quella rischiosa proposta.
Castiel tendeva ad essere monotematico nel suo modo di ridere, generalmente associato ad una vena di sarcasmo e derisione ma quella era la prima volta che lo vedeva semplicemente allegro.
“no sul serio” affermò lui, tornando serio “questa è anche casa di Demon, deve essere d’accordo anche lui”
Il cane abbaiò, quasi a voler affermare la propria presenza.
Spostò poi gli occhi neri sull’intrusa, percependo tutta la sua aurea negativa.
Erin aveva dapprima lanciato un’occhiata truce al padrone per poi indirizzarla al mastino. Il suo orgoglio le impediva di darla vinta a quei due maschi sbruffoni:
“d’accordo Snoppy. Non mi fai paura” sfidò la belva, fissandola negli occhi.
Deglutì vistosamente e, dopo aver inspirato a fondo, allungò la mano oltre il cancello, che, a dispetto delle sue parole, tradiva della paura. Le dita non fecero nemmeno in tempo a trovarsi nella proprietà di casa Black che il peloso guardiano cominciò ad abbaiare paurosamente, come in preda ad un raptus di rabbia.
Terrorizzata a morte, Erin la ritrasse urlando mentre Castiel scoppiava a ridere:
“IDIOTA! D’ACCORDO, SE NON VOLEVI OSPITARMI POTEVI DIRLO SUBITO” gli ringhiò contro, ferita per essere stata oggetto del suo sadico divertimento.
Girò i tacchi e cominciò a frugare nella borsa alla ricerca delle chiavi della macchina. Le toccava davvero andare a Iris a quel punto. In effetti, ora che ci pensava, la ragazza era in casa da sola con il fratellino. Maledì se stessa per aver pensato subito a Castiel, senza considerare altre opzioni prima.
“eddai scema!” la richiamò l’amico “ovvio che ti ospito, volevo solo divertirmi un po’”
Sorpresa per quell’inversione di rotta, Erin accantonò i proprio pensieri:
“hai uno strano senso dell’umorismo” lo criticò, tornando a guardare il ragazzo che in quel momento aveva preso ad accarezzare l’animale.
“come la tua idea di educazione del resto, cara la mia -ospitami e non fare tante storie-
Erin increspò le labbra, poi non riuscì più a trattenere una risata e scuotendo il capo, tornò ad approssimarsi al cancello. Il padrone di casa si frugò nelle tasche e tirò fuori un mazzo di chiavi tintinnanti dalla quale ne scelse una dalla forma bizzarra:
“aspetta! Che fai?” lo interruppe Erin terrorizzata. Castiel alzò lo sguardo verso di lei e la fissò perplesso:
“pensi di entrare scavalcando?”
“prima lega quella belva! O vuoi usarmi come pasto?”
“non avrebbe molto da mangiare. Sei tutta pelle ossa” contemplò il rosso, volgendo un sorrisetto complice al cane. Sembrava quasi che i due si capissero poiché quest’ultimo cominciò a scodinzolare allegro, indisponendo ancora di più la ragazza.
“sul serio Castiel, legalo” lo supplicò Erin tradendo un po’ di preoccupazione.
L’amico però sembrò non curarsi di quella nota di panico, e, fissandola negli occhi replicò:
“non ti farà del male, fidati”
Quella frase la inchiodò.
Non era la prima volta che il ragazzo le rivolgeva quelle parole con una tale intensità. L’ultima volta che era successo, Erin si era ritrovata seduta su una panchina mentre lui le medicava le ginocchia sbucciate. Come in quell’occasione, anche quella notte ogni sua protesta si esaurì all’istante.
L’avrebbe preso a calci per la facilità con cui riusciva a manipolare il suo umore e a far sì che lei si piegasse alla sua volontà.
Cogliendo l’arrendevolezza della futura ospite, Castiel sbloccò la serratura, aprendo lentamente il cancello. Erin esitò un paio di secondi prima di farsi strada. Era molto titubante e teneva d’occhio Demon, senza staccare la sua vigile attenzione dal cane.
Fece un passo lento e cauto, riuscendo finalmente a toccare il suolo erboso del giardino e, notò con evidente sollievo, che l’animale non aveva reagito minimamente. Rilassò le spalle e ragionò sul fatto che comunque, per precauzione, Castiel stava trattenendo Demon per il collare.
Rincuorata, avanzò con il secondo passo ma non fece neanche a tempo ad esultare per quel guadagno di posizione,  che Demon si eresse sulle zampe posteriori, abbaiandole contro furiosamente.
Erin fu colta da un attacco di panico trovandosi a distanza così ravvicinata con quelle zanne e sfrecciò terrorizzata all’interno della casa, stabilendo un record di velocità che nemmeno Usain Bolt avrebbe mai potuto superare. Si lasciò alle spalle i versi minacciosi e iracondi dell’animale e la risata fragorosa del suo sadico padrone.
Se quella sera, la ragazza aveva pensato a quanto fosse bello vedere Castiel ridere di gusto, dopo quella scenetta, si era decisamente ricreduta.
 
Nessuno dei due ricordava come si fossero spostati dal pianerottolo alla camera di Pam. In ogni caso, né alla giovane donna, né tanto meno a Jason importava di ricostruire quel percorso.
Lei si era ritrovata distesa sul letto, supina, con le gambe piegate mentre lasciava che l’uomo la spogliasse. Con estrema calma, lui le fece scivolare via le calze, beandosi del contatto di quella pelle perfettamente depilata e liscia e tornò a baciarla intensamente, mentre lei gli passava le mani tra i capelli.
Pam staccò la schiena dal letto, permettendo al ragazzo di far scivolare via la cerniera dell’abito che, con estrema facilità arrivò a destinazione. Sentì il vestito farsi più morbido e, con gesti rapidi e decisi, se ne liberò. La vista di quel corpo che man mano si scopriva sotto i suoi occhi, mandò alle stelle il livello di testosterone dell’uomo, che prese ad esplorare con il tatto ogni lembo di pelle lasciato scoperto.
Una volta rimasta in intimo, fu Pam a prendere le redini della situazione, per recuperare lo svantaggio a cui l’avevano costretta i modi impazienti del suo compagno.  Tirò a sé Jason, costringendolo a stare sotto di lei, sovvertendo quindi le posizioni. Lo liberò dalla camicia, desiderosa di toccare quell’addome piatto e così diverso dal proprio. Si piegò su di lui cosicché i loro busti aderirono perfettamente l’uno all’altra e lo riempì di inebrianti baci.
“perché ci hai messo tanto?” gli sussurrò, mordicchiandogli leggermente l’orecchio.
“sono un idiota” si giustificò l’altro sentendo il sorriso della donna contro la sua pelle.
“risposta sbagliata. Sono io l’idiota” si colpevolizzò, passandogli la mano sul torace nudo e mettendosi a cavalcioni.
“allora siamo una coppia perfetta” concluse l’uomo, ribaltando la situazione e tornando sopra di lei. Avrebbe voluto dare un’accelerata a quel ritmo cadenzato che aveva impartito la ragazza, ma dal momento che non era più un ragazzino inesperto, aveva imparato a rispettare i tempi della sua partner, che accrescevano in lui la voglia.
Pam si eccitò ancora di più per la veemenza dell’uomo e cercò le sue labbra. Mentre era distratta dal bacio, lui le sganciò abilmente il reggiseno che scivolò via lungo le sue braccia affusolate.
La luce fioca della stanza era sufficiente per distinguere i loro corpi e quello che Jason riusciva a vedere lo eccitava sempre di più. Pam lo vide liberarsi frettolosamente dei pantaloni, muovendo con agilità la cintura e rimase in boxer, indumento che fu lei a togliere. Continuarono a baciarsi con passione, finché, quasi leggendo l’uno le intenzioni dell’altra, si fermarono per guardarsi negli occhi con intensità e trasporto.
Pam chiuse gli occhi per un attimo, mentre finalmente Jason entrava in lei ed inarcò la schiena. Per un attimo, prima di proseguire con l’atto, lei tornò a cercare il suo sguardo complice e ciò che vide, quasi la commosse: era la prima volta in vita sua che, dagli occhi di un uomo, poteva leggere quell’amore romantico a cui aveva sempre aspirato.
 

Quando anche Castiel era rientrato in casa, stava ancora ridendo per lo sketch tra il suo cane e la sua ospite. Trovò Erin seduta sul divano, con le braccia conserte e un’espressione imbronciata:
“questa me la paghi” lo avvertì, ferita nell’orgoglio.
“è stato un piacere ospitarti Erin, o no, ti prego non ringraziarmi” recitò Castiel con teatrale sarcasmo “non hai invaso la mia privacy, la mia porta è sempre aperta alle dieci di sera” .
Nonostante l’irreprensibilità di quell’appunto, Erin era ancora troppo offesa per manifestare la sua gratitudine e riconoscere che il padrone di casa non aveva affatto torto.
Ignorò l’amico che era rimasto in piedi accanto al divano e cominciò a studiare l’ambiente.
“davvero carino qui. È sicuramente più grande dell’appartamento di mia zia”
“beh, non ci vuole molto”
Lei gli lanciò un’occhiataccia fulminatrice e si ammutolì.
Castiel allora sparì in qualche angolo dell’appartamento, lasciandola da sola in soggiorno. La ragazza, patologicamente curiosa di natura, allungò il collo per accertarsi di poter agire indisturbata e cominciò a ispezionare l’ambiente.
Con rammarico, constatò che in quella stanza non c’erano foto. Aveva sempre desiderato rivedere quel visetto paffuto e dall’aria teneramente imbronciata del bambino che le aveva ritrovato il braccialetto.
Sopra la TV al plasma c’erano due mensole di legno. Su una alloggiava un imponente impianto stereo e su quella sotto, erano ordinatamente allineati dei CDs.
Quando Castiel tornò nel salotto, trovò Erin sulle punte, intenta a leggere i titoli degli album:
“non pensavo che ci fosse gente che tiene ancora le raccolte di CD. Ormai è tutto in formato digitale” si espresse, voltandosi verso il padrone di casa.
Il rosso si accomodò sul divano, posando sgraziatamente i piedi nudi sul tavolino basso di fronte a lui. Erin rimase in piedi, accanto alla TV, aspettando la risposta alla sua osservazione, che arrivò poco dopo.
“che vuoi che ti dica? È come quelli che dicono che preferiscono leggere dai libri piuttosto che dagli ebook. Ovvio che è più comodo quando sono in giro usare il lettore mp3, ma almeno quando sono a casa, adoro il contatto con la superficie liscia del CD, il rumore che fa quando lo si inserisce sulla piattaforma. Mi ha sempre affascinato come da un oggetto apparentemente così insignificante, liscio, possa scaturire della musica”
Erin annuì ammirata, un po’ sorpresa dal fatto che anche Castiel potesse avere delle opinioni interessanti, ma del resto la musica era il suo mondo e, con il senno di poi, la cosa non avrebbe dovuto sorprenderla più di tanto.
Era un’altra persona quando a parlare e muoversi era il musicista e non il ragazzo sbruffone.
Tornò quindi a sedersi sul divano, dopo aver spostato il borsone che si era portata dietro per la notte.
“che stavi facendo prima che ti disturbassi?”
“TV”
Erin spostò lo sguardo sul monitor dove fino a quel momento, c’era la pubblicità. Si chiese allora perché il ragazzo ci avesse messo tanto ad andare ad accoglierla, ma preferì non indagare ulteriormente.
In alto, a destra dello schermo, si intravedeva il logo di MTV.
Quando spuntò la faccia di JD, la ragazza esclamò:
SCRUBS! Lo guardi anche tu?”
“no lo guarda Demon” replicò sarcastico il rosso.
“che risposta idiota” sbottò Erin offesa.
“potrei dire lo stesso della domanda” la punzecchiò Castiel apatico.
Rimasero allora in silenzio, concentrando la loro attenzione sull’episodio mentre J.D. diceva:
 
“Forse bisogna decidere cosa siamo disposti a rischiare, alcuni mettono in gioco i propri sentimenti, altri il proprio futuro, quanto a me dovevo imparare a rischiare, punto. Anche se questo significava fare il primissimo passo”
 
Per i primi minuti, Erin concentrò tutta la sua attenzione sulla serie televisiva ma più durava il silenzio tra lei e il rosso, e più si sentiva strana. Anche se Castiel era il suo migliore amico, aveva trascurato di considerare che si trattasse pur sempre di un ragazzo.
“Cas”
“che c’è?” borbottò lui.
“forse ho reagito un po’ d’impulso venendo qui” ammise, arrossendo leggermente “credo sia meglio che questa cosa rimanga tra me e te. Non vorrei che Nathaniel pensasse male”
Castiel non si scompose e mantenne lo sguardo fisso sullo schermo:
“come vuoi. Per quanto mi riguarda ci sono più probabilità che salti addosso all’inquilina del piano di sopra”
“è carina?”
“ha ottantasette anni”
“idiota!” lo insultò Erin, scagliandogli contro il cuscino del divano mentre lui si sbellicava per la serietà con cui l’amica gli aveva rivolto la domanda.
La mora osservò che mai prima d’allora, l’aveva visto così allegro e si compiacque per questo, non potendo fare a meno di pensare che la causa di quella sospetta felicità fosse l’imminente concerto.
Dopo aver sbuffato per la provocazione che era sottesa dalla frase del rosso, Erin aveva incrociato le braccia al petto ed era tornata a seguire il telefilm. Lui invece si alzò pigramente dal divano, portandosi alle spalle della ragazza:
“dove vai?”
“a farmi la doccia” spiegò e, non riuscendo a trattenere un’espressione da sbruffone la provocò “vuoi venire con me?”
Per replicare a quell’ennesima beffa, l’amica si limitò ad innalzare il dito più lungo della mano.
 
Erano passati meno di dieci minuti da quando il rosso si era chiuso in bagno.
Scrubs era passato al secondo episodio ed Erin non aveva più cambiato la sua posizione, comodamente seduta sul divano verde con le gambe accavallante.
All’improvviso sentì degli strani guaiti provenire dall’esterno.
Turbata, si alzò e si sporse a guardare dalla finestra. Non osava uscire in giardino, sapendo che la belva era in libertà, ma non poteva resistere alla curiosità e alla preoccupazione di capire cosa stesse accadendo. L’esterno dell’abitazione non era illuminato e la luce di lampioni era troppo lontana per raggiungerlo. La ragazza quindi non riusciva a vedere nulla di diverso da un manto nero.
I versi diventavano sempre più acuti e lamentosi e a quel punto, Erin decise di agire: si precipitò verso la porta del bagno e cominciò a picchiarla con foga:
“CASTIEL! CREDO CHE DEMON STIA MALE!” gli urlò sentendo crescere l’ansia.
Non dovette attendere neanche cinque secondi dopo aver pronunciato quella frase, che la porta del bagno si spalancò, sfiorandole pericolosamente il naso.
Si trovò di fronte Castiel, ancora gocciolante a torso nudo, con un asciugamano avvolto attorno alla vita. Il ragazzo non calcolò minimante la presenza della ragazza e si diresse verso l’esterno, incurante della temperatura invernale. Scossa dalla sua reazione, Erin lo seguì con il cuore che accelerava sempre di più il ritmo. Il padrone di casa accese la luce della veranda e raggiunse il suo cane.
La scena che si parò di fronte lo immobilizzò.
Appena la ragazza si sporse a guardare, realizzò all’istante la causa di quella reazione.
Il caro Demon poteva dirsi tutto tranne che sofferente. In qualche modo, una graziosa cagnetta era riuscita ad intrufolarsi nel giardino e ora i due erano nel pieno di un atto di copulazione canina.
Erin avvampò mentre Castiel, ripresosi dal terrore che l’aveva pervaso, sentiva pulsargli una tempia per l’irritazione scaturita dal falso allarme lanciato dall’amica.
Lei lo vide trattenere una smorfia che era un misto tra la rabbia e la beffa e si preparò ad incassare il colpo:
“d’accordo che non sei molto sveglia, ma devo anche spiegarti cosa stanno facendo?” borbottò tornando sulla veranda. Non sapeva neanche lui se scoppiare a ridere o insultarla per lo spavento che gli aveva provocato. Ora che l’adrenalina si stava esaurendo, cominciò ad avvertire sulla pelle ancora bagnata, il freddo pungente di metà dicembre.
“era buio, non riuscivo a vedere!” si giustificò Erin ancora imbarazzata per la tremenda figuraccia.
Castiel si arrestò prima di aprire la porta e la guardò stizzito.
Tuttavia, per quanta collera trasparisse dal viso del ragazzo, l’amica era distratta da tutt’altro per prestargli attenzione: davanti agli occhi, assolutamente ignaro dell’effetto che sortiva sulla ragazza, Castiel era a petto nudo, rivelando un fisico scolpito e asciutto, degno di un cestista in piena forma.
 
 
La ragazza arrossì di colpo mentre lui la accusò:
“mi hai fatto venire un infarto!”
“rientra sennò ti verrà una broncopolmonite! Altro che infarto” lo rimbeccò Erin, ancora a disagio e chiedendosi come facesse a resistere in quelle condizioni. Tra l’altro il suo corpo era ancora gocciolante dopo la doccia che era stato costretto ad interrompere in fretta e furia.
“ehi non pensare di darmi ordini a casa mia!” si inalberò il rosso “io vado in giro come mi pare e se mi andasse, potrei anche mettermi nudo qui in giardino!” affermò, portandosi le braccia sui fianchi.
Che Castiel non fosse un ragazzo particolarmente fortunato lo sapevano tutti i suoi amici: era come se un’entità superiore (quella che il personaggio di Hachiko del manga NANA avrebbe chiamato il grande demone celeste), trovasse un gusto sadico nel tormentarlo; quella particolare circostanza, unita alla frase che aveva pronunciato il rosso, rappresentava un’occasione troppo irresistibile per non approfittarne.
Così, prima che il ragazzo potesse accorgersene, il nodo al lato dell’asciugamano, già allentato dalla corsa verso il giardino, si sciolse definitivamente, catturando inevitabilmente l’attenzione di Erin su un punto cruciale del corpo del ragazzo.
La ragazza distolse troppo tardi lo sguardo, diventando paonazza dopo aver ammirando Castiel, come mamma l’aveva fatto, davanti a lei.
Come se non bastasse, il tempo di risposta dell’inconsapevole nudista non fu immediato e solo quando constatò l’espressione dell’amica, in aggiunta alla gelida brezza invernale che gli accarezzò il suo timido amico, si precipitò a nasconderlo con le mani, mentre il viso gli prendeva fuoco.
A peggiorare una situazione già di per sé fin troppo imbarazzante, entrò in scena il vicino: Mauro infatti, destato da tutta quella confusione, si era sporto oltre la recinzione che divideva la sua proprietà da quella del ragazzo. Fortunatamente, (e, almeno questo, il grande demone celeste lo risparmiò a Castiel), dalla sua prospettiva l’uomo poteva vedere solo Erin.
 “Castiel. Tutto bene?” si premurò il vicino che aveva riconosciuto la voce del ragazzo.
Il vecchietto si stupì per la reazione della ragazza che era impalata sulla veranda e non si era nemmeno degnata di salutarlo. Si ricordava di lei, l’aveva già vista settimane prima e ci rimase un po’ male per quella scarsa considerazione. Quello che il gentile vecchietto non poteva sapere, era quanto Erin fosse turbata in quel momento.
“tutto a posto” borbottò Castiel, stringendo talmente forte l’asciugamano da bloccargli la circolazione del sangue alle gambe, e fuggì dentro casa.
 
I due ragazzi rientrarono nell’appartamento senza dire una parola e senza guardarsi in faccia.
Erin aveva ancora le guance in fiamme e non sapeva come fare per sopire quel fuoco. Si sedette sul divano e provò a portarsi le mani sul viso, sperando che quel contatto freddo fosse sufficiente ad attenuare l’imbarazzo che le si leggeva in faccia. Probabilmente neanche l’azoto liquido, che scende sotto i 190 °C, sarebbe stato sufficiente allo scopo.
Era la prima volta che vedeva un uomo completamente nudo e la sua innocenza ne era uscita piuttosto scossa.
Senza contare poi, che la vista ravvicinata del busto dell’amico non l’aveva di certo lasciata indifferente. Gli addominali definiti e piatti, il torace largo e ben proporzionato, erano impressi a fuoco nella sua mente.
Le gocce d’acqua che gli scivolavano via lungo la pelle, seguendone la forma dei muscoli.
Non poteva negare che fisicamente Castiel fosse molto, forse troppo, attraente.
Scosse violentemente la testa, quasi a voler far uscire quei pensieri. Si sentiva confusa e stordita, come se non sapesse cosa pensare.
Sentì uno starnuto provenire da una delle stanze in fondo al corridoio e, recuperando un po’ di coraggio, cercò di stemperare il disagio esclamando:
“ben ti sta. Chissà che ti becchi un raffreddore!”
“riesci a dirmi qualcosa di gentile stasera o devo sbatterti fuori?” fu la risposta acida che attraversò l’appartamento.
Dopo qualche minuto, Castiel riemerse, questa volta completamente vestito e impegnato a strofinarsi i capelli con un asciugamano.
Erin lo osservò in silenzio. Cercava di non pensare a quanto era accaduto pochi minuti prima ma, per quanto ci provasse, si trattava di quel genere di immagini che rimangono indelebili nella mente di una persona, a maggior ragione in quella di Erin che era dotata di una buona memoria fotografica.
Forse il suo viso, o meglio, la direzione in cui era puntato il suo sguardo, tradì quali fossero i suoi pensieri in quel momento, perché Castiel era diventato viola e seccato, sbottò:
“la smetti di fissarmi il pacco?”
Erin sussultò, vanificando così i precedenti tentativi di smorzare il suo rossore.
“MA CHE DICI PERVERTITO!”
“LA PERVERTITA SARAI TU!”
La ragazza sbuffò e fu costretta a trovare un improvviso interesse per la raccolta di CDs sopra la mensola.
Sentiva la figura di Castiel in piedi accanto a lei, e dopo un minuto buono in silenzio, scoprì che non riusciva a non guardarlo. Questa volta però la sua attenzione si era spostata sul viso, chino sotto l’azione dell’asciugamano.
“hai mai pensato ad accorciarti i capelli?” gli suggerì “staresti meglio”
L’ultimo commento risuonò più come un sussurro, tanto che sembrava più una riflessione che avrebbe voluto tenere per sé.
Il ragazzo però non rispose al commento e continuò l’operazione reclinando leggermente il capo verso il basso così che Erin non ne potesse indagare la sua espressione. Lei sorrise per la poca grazia con cui si asciugava la chioma rossiccia. Forse era troppo abituato ai gesti vigorosi con cui faceva il bagno a Demon, vista l’energia che adottava per asciugare i propri capelli.
Ora che avevano rotto il ghiaccio, l’imbarazzo per la scena svoltasi qualche minuto prima si stava affievolendo ed Erin potè godersi quell’atmosfera così familiare che si respirava.
Demon a parte, sin da quando era entrata in quella proprietà, aveva provato una sensazione di calore e accoglienza. Tale percezione era piuttosto strana, considerando le iniziali resistenze del padrone di casa che si era divertito a tormentala, eppure lei si sentiva bene.
Mentre dai Daniels era stata trattata come un’ospite e per giunta, sgradita, lì con Castiel si sentiva a casa. Vedere poi l’amico nel suo regno, così di buon umore, l’aveva colpita e al contempo affascinata.
“niente più Pokèmon?” considerò la ragazza, osservando la t-shirt blu della Nike che il ragazzo aveva indossato.
“qualcosa contro i Pokèmon?” reagì, finendo finalmente di massacrare il proprio cuoio capelluto “guarda che quella maglietta ha un tessuto morbidissimo, me la metto sempre per casa” la difese il rosso, mentre Erin ridacchiava per l’ardore con cui difendeva quel capo d’abbigliamento.
“è che mi fa ridere vederti girare con Charmender. Quel draghetto ha un’espressione troppo dolce per uno come te… piuttosto potevi prendere la versione con Charizard”
“in effetti volevo quella, ma non l’ho trovata” riconobbe il ragazzo, pensando a quel lontano acquisto.
“a me invece piaceva Eevee … hai presente quello che sembrava una piccola volpe?”
“classico Pokèmon da femmina” mormorò Castiel cinico.
Erin gonfiò le mascelle e quella buffa espressione fece sorridere il ragazzo.
“comunque se vuoi farti una doccia, il bagno è la seconda porta sulla destra” la informò indicando il corridoio alle tue spalle e mettendosi finalmente seduto sul divano.
“non osavo chiedertelo per non sembrare approfittatrice ma visto che me l’hai proposto tu…” confessò l’ospite mostrando la borsa capiente che si era portata con sé e che fino a quel momento, aveva riposato silenziosa ai piedi del divano.
 
Una volta in bagno, Erin chiuse la porta a chiave e si guardò attorno. La sua vena curiosa e decisamente ficcanaso, le fece aprire l’armadietto dove trovò una schiuma da barba, dei rasoi usa e getta e un dopobarba. Era talmente abituata agli articoli femminili che sovrabbondavano nel bagno di sua zia che le fece uno strano effetto osservare quegli articoli personali da uomo.
Notando la schiuma da barba, le affiorò il ricordò di quando suo padre, dopo essersi rotto il braccio, era stato costretto a farsi radere da sua madre. Quella scena l’aveva talmente affascinata da bambina che si era promessa di fare lo stesso con il suo futuro marito. A costo di rompergli a sua volta il braccio. Inconsciamente, senza che fosse la sua volontà a guidarla, si presentò alla sua mente l’immagine di Castiel e di lei che cercava di fargli la barba, mentre lui borbottava frasi incomprensibili e stizzite.
Alzò lo sguardo verso lo specchio e vide il riflesso della sua espressione. Era allibita.
Non capiva cosa le stava succedendo quella sera.
Perché diavolo le era venuto in mente Castiel? Semmai avrebbe dovuto essere l’immagine di Nathaniel quella che doveva comparire nella sua mente. Forse era solo l’atmosfera generale, il fatto di essere entrata per la prima volta in un ambiente così intimo come la casa del suo migliore amico. Senza contare poi quanto l’avessero scombussolata gli eventi accaduti poco prima.
Si convinse che non c’era altra spiegazione se non quella. Era stato solo un caso.
Aprì la doccia e dopo essersi spogliata frettolosamente, lasciò che il getto d’acqua la investisse. La manopola era rimasta settata sulla temperatura che aveva scelto il ragazzo che si rivelò troppo fredda per lei. Per l’ennesima volta, si trovò a interrogarsi sulla percezione del calore dell’amico ma preferì poi evitare di focalizzare ancora i suoi pensieri su di lui.
Spostò così la maniglia sul segno rosso e attese che l’acqua si portasse ad una temperatura più compatibile con l’epidermide umana. Più rilassata, si lasciò colpire dal getto, confidando nella sua azione depuratrice da ogni strano pensiero che quella sera albergava nella sua mente.
 
Una volta uscita dalla doccia, Erin aveva tamponato la pelle con l’asciugamano portato da casa e l’aveva appeso accanto a quello di Castiel. Recuperò dalla borsa la sua crema all’aloe vera e se la spalmò su tutto il corpo. Si sciolse i capelli che aveva raccolto verso l’alto per non bagnarli e si vestì in bagno, indossando il suo pigiama con i procioni che Rosalya avrebbe sicuramente bocciato.
Tornò in salotto e trovò che il divano era esattamente come l’aveva lasciato, fatta eccezione per una coperta in pile.
Non poté celare che la cosa la lasciò piuttosto perplessa, aspettandosi come minimo un cuscino diverso da quello del divano, su cui dormire. Poi considerò che forse Castiel non ne aveva altri così si rassegnò a farsi andare bene quello. Del resto quella sera era stata fin troppo invadente e non poteva avanzare ulteriori obiezioni.  
Tuttavia, si tranquillizzò quando vide l’amico emergere dal corridoio, tenendo in mano un guanciale, che lanciò con poca grazia sul divano.
Erano le undici e mezza passate e Scrubs aveva terminato anche l’ultimo episodio. Castiel spense la TV e, con un cenno del capo, la esortò:
“ok, seguimi”
Senza capire, la ragazza si limitò ad assecondare quell’ordine e il ragazzo aprì la porta davanti al bagno che, per forza di cose, doveva essere la sua stanza.
Le pareti erano color grigio polvere, una tonalità che Erin adorava tranne una parete che era rigorosamente nera e corrispondeva a quella a contatto con la testata del letto. La ragazza pensò subito alla sorella e alle mille battaglie fatte con i suoi genitori in passato per ottenere il permesso di colorarsi la camera di nero. Probabilmente se la gemella avesse visto la stanza del ragazzo, gliel’avrebbe invidiata a morte. Nel complesso anche ad Erin quella camera piacque molto, pur avendo gusti più femminili. Le pareti scure infatti mettevano in risalto la cassettiera in legno chiaro, dall’aspetto un po’ grezzo e che sprigionava un leggero profumo, in ricordo degli alberi che ne costituivano la materia prima. Sul pavimento era steso un enorme tappeto dalle righe bianche, nere e rosse. Sul muro erano appesi svariati poster che andavano dalle band preferite del ragazzo, le moto fino a qualche foto di partite dell’NBA. Se Erin era rimasta sorpresa dalla nutrita raccolta di CDs del salotto, quella che troneggiava in quella stanza era a dir poco smisurata. Le risultava difficile persino farne una stima.
C’erano pochi libri ma questo non la sorprese. Ciò che invece la lasciò piacevolmente colpita, era l’ordine relativo che regnava nella stanza. Sospettò che il ragazzo avesse approfittato della sua assenza mentre era sotto la doccia, per conferire un aspetto più presentabile alla camera.
Il letto era ad una piazza e mezza e sembrava particolarmente comodo, tanto che Erin si dispiacque di dover passare la notte sul divano, che non poteva assolutamente reggere il confronto quanto a comfort.
 “ti ho cambiato le lenzuola e, se eviti di frugare in giro, non dovresti trovare boxer o calzini” la informò Castiel.
Erin, che fino a quel momento aveva trascurato di chiedersi perché il ragazzo le avesse mostrato la stanza, esclamò sorpresa:
“aspetta! Io dormo qui?” 
“pensavi di dormire in cuccia con Demon?” chiese beffardo il ragazzo.
Lei lo guardò sarcastica poi tornò ad insistere, anche se a malincuore:
“no sul serio, il divano andrà benissimo. Ho già approfittato anche troppo della tua ospitalità”
Castiel alzò le spalle, insensibile ad ogni scrupolo o protesta da parte della ragazza:
“tu dormi qui, discorso chiuso” la liquidò.
L’amica stava per replicare quando l’occhio le cadde sulla scrivania, sulla quale erano impilati degli spartiti. Si avvicinò e leggendo il titolo di quello in cima al plico, mormorò:
“under the stars”
Castiel la osservava impassibile, appoggiato contro lo stipite della porta, mentre lei, incuriosita chiese:
“è la canzone che non ti convinceva giusto?”
Il compositore scrollò le spalle, gesto che valse alla mora come una conferma.
“non capisco il perché. Non te l’ho mai detto ma è la canzone che preferisco tra tutte quelle che hai composto finora” ammise Erin, guardandolo negli occhi.
Tra di loro c’era la distanza di cinque passi, lei accanto alla scrivania, lui appoggiato contro copriprofilo della porta, eppure gli sembrò di sentirla vicina a sé.
Ogni tanto lei se ne usciva con frasi che lo disarmavano, in cui non poteva neanche usare il sarcasmo per celare le reazioni che suscitavano in lui.
“l’avevo composta per Debrah” mormorò.
Erin rimase in silenzio, mantenendo lo sguardo fisso sulle note. Castiel nel frattempo, resosi conto della propria vulnerabilità, abbandonò la stanza prima che lei potesse accorgersi della patina di tristezza che gli aveva velato gli occhi.
Lui amava ancora Debrah e di questo Erin ne era convinta. Eppure quella ragazza non meritava l’amore del suo amico, era per questo che ogni volta che ci pensava, lei se ne rammaricava.
“è davvero per questo?” le chiese una vocina subdola nella sua testa.
La ragazza rimase per un attimo interdetta, poi la ignorò.
Uscì anche lei dalla stanza, spostandosi in corridoio da cui poteva intravedere il divano su cui si era spaparanzato l’amico.
Il rosso si era sistemato il guanciale sotto la testa e la coperta in pile, troppo corta, gli copriva solo le gambe.
“Castiel…”
“che vuoi?” borbottò lui, ergendosi sui gomiti per poter guardare la sua interlocutrice. Quest’ultima sorrise dolcemente e sussurrò:
“grazie per stasera”
Il padrone di casa arrossì e tornò immediatamente supino, rispondendo con un gesto sbrigativo della mano a simboleggiare che non era necessario che si formalizzasse a ringraziarlo.
Divertita, Erin rientrò nella stanza del ragazzo mentre un sorriso sereno illuminava il viso del padrone di casa.
 
La ragazza si stese sul cuscino e le sue narici vennero immediatamente solleticate da un profumo familiare. L’odore di Castiel. Di solito non le piaceva dormire su un cuscino che non fossero il proprio, ma quell’aroma era inebriante.
Il materasso poi era così comodo e confortevole. Il suo corpo sprofondava, facendola quasi sentire avvolta da un abbraccio.
Per la felicità, sgambettò un po’ emettendo una risatina allegra, poi sentendosi stupida, si ricompose e cercò di non pensare al povero padrone di casa che era stato costretto a rinunciare a quel giaciglio paradisiaco.
 
Castiel non riusciva ad addormentarsi, ma non per i motivi che poteva immaginare Erin.
Certo, il fatto di non essere abituato a passare la notte sul quel divano non giocava a vantaggio del suo sonno, ma non di rado riusciva ad “appennicarsi” davanti alla TV.
Accantonata quindi la giustificazione della relativa comodità di quel giaciglio, c’era un altro motivo che poteva giustificare la sua insonnia: il concerto. L’indomani si sarebbe esibito davanti a tutta la scuola e se avesse fatto una figura di merda, la prospettiva di dover trascorrere un altro anno e mezzo in quel liceo, avrebbe reso ancora più penosa la sua situazione. Eppure, ora che il concerto era così imminente, si riscoprì molto meno teso rispetto alle settimane precedenti. Forse era subentrata la rassegnazione per l’ineluttabilità del suo destino, oppure, anche se gli costava non poco ammetterlo, si stava facendo strada l’ottimistica speranza che sarebbe andato tutto bene. Nel pomeriggio Lysandre gli aveva telefonato, dimostrandogli che, miracolosamente, la sua gola era guarita. Quello era un ottimo segno tanto che, più ci pensava e più il rosso si sentiva fiducioso: l’indomani sarebbe filato tutto liscio.
Concluse quindi che nemmeno il concerto fosse la causa della sua insonnia.
Alzò lo sguardo verso il corridoio, trovandosi costretto a valutare quell’ipotesi che aveva continuato ad ignorare, scartandola fintanto che gli era stato possibile: il fatto che in quella casa ci fosse Erin, lo faceva sentire strano.
Nonostante avesse fatto di tutto per non darlo a vedere, quella sera era rimasto piacevolmente sorpreso nel trovarsi di fronte l’amica.
 
“amica” ripeté nella sua mente con un certo disprezzo.
 
Almeno quando era perso nei suoi pensieri poteva abbondare l’ipocrisia di chiamarla così.
Che Erin gli piacesse era una cosa che aveva sempre cercato di negare con tutte le sue forze. Probabilmente gli era sempre piaciuta ma era talmente impegnato a convincersi che non fosse così, da finire per ingannare se stesso.
Finalmente però era uscito dalla fase della negazione. Lysandre sarebbe stato molto orgoglioso di lui in quel momento, se solo avesse posseduto la capacità di leggergli nel pensiero.
Era buffo che proprio quando l’amico aveva rinunciato a fargli pressioni perché fosse sincero con se stesso, Castiel aveva capito.
Ripercorse nella sua testa, come un film visto a velocità aumentata, i ricordi che lo legavano ad Erin: la prima volta che si erano conosciuti, lei era appena arrivata al liceo e aveva occupato il suo posto. Nonostante le sue proteste, la ragazza non aveva abbandonato la posizione e questo in fondo l’aveva divertito. Quando poi aveva scoperto l’interesse della ragazza per il club di basket, non aveva potuto non cedere alla tentazione di punzecchiarla, proponendole quella prova assurda di trovare il pallone dalla quale però lei era uscita vittoriosa. Si spostò poi a pensare alla sfida in cui l’aveva umiliata davanti a tutti e se ne rammaricò. Con il senno di poi, il suo comportamento non era stato encomiabile e la mortificazione della ragazza in quell’occasione acuirono il suo senso di colpa. Tuttavia Erin non si era fatta abbattere e alla fine, era riuscita ad inserirsi nella squadra, guadagnandosi l’affetto e il rispetto degli altri cestisti.
Quando poi la sua rivalità con Ambra aveva raggiunto livelli comici, Castiel non aveva potuto fare a meno di ammettere che in fondo, quella ragazza era davvero tosta.
La vera svolta però, era stato il primo venerdì sera da quando era arrivata al liceo.
Si sorprese per la nitidezza di quel ricordo: nella sua mente vedeva Erin, con gli occhi socchiusi mentre, dimenticandosi di non essere sola, cantava Don’t wake me.
Ora ne era convinto. Era stato da lì che aveva cominciato a guardarla con occhi diversi.
Quella sera in cui l’aveva accompagnata a casa, in cui aveva cercato goffamente, di strapparle un sorriso. Quanto adorava vederla sorridere teneramente.
Con la scusa dell’allenamento personale, si era ritagliato un appuntamento fisso con lei il sabato mattina, impegno che non aveva voluto cedere a Trevor quando questo si era offerto come insegnante.
C’era stata poi la lezione d’arte, in cui la Robinson l’aveva costretto a studiare attentamente i tratti del volto della ragazza e lui non aveva potuto non notare quanto li trovasse belli.
Mentre la raffigurava, quella volta nell’appartamento della zia della ragazza, non disegnava quello che vedevano i suoi occhi, ma il suo cuore e, dopo aver contemplato il risultato finale, il suo inconscio l’aveva capito… e per questo aveva provato quel senso di inquetudine.
Si complimentò con sé stesso per aver finalmente, a distanza di tante settimane, realizzato il perché quel ritratto l’avesse tanto sconvolto. In effetti Lysandre aveva proprio ragione a definirlo un idiota: Castiel si lanciava i suggerimenti lui da solo eppure manco li coglieva.
Quando Erin e Nathaniel poi avevano litigato, gli era stato impossibile nascondere la soddisfazione per quell’evento, tanto che Rosalya l’aveva puntualizzato. Come il fratello, era un’attenta osservatrice e probabilmente aveva capito cosa lui provasse per la sua amica. Nel buio di quella stanza, quella sera, Castiel la maledì in silenzio, realizzando per la prima volta che in fondo, era anche per colpa di Rosalya se Erin non era più single. Quanto ad Iris, sembrava abbastanza ingenua quanto la sua amica mora, quindi non potè colpevolizzare anche lei.
Aveva lasciato che Erin partecipasse a quella gita senza di lui, nonostante quel senso di inquietudine che l’aveva accompagnato per tutto il tempo, tanto da spingerlo una volta a chiederle sue notizie mentre era via.
Quando finalmente era tornata, aveva portato con sé la peggiore delle novità, ma anche il più prevedibile degli epiloghi: si era messa con Nathaniel. Su un primo momento ci era rimasto di merda poi si era arrabbiato con lei, giustificando la sua reazione come irritazione verso l’incoerenza della ragazza che in pochi giorni si era tolta ogni dubbio circa i suoi sentimenti per il biondo.
Ora che stava riflettendo a mente fredda, si sorprese lui stesso del fatto che, all’epoca dei fatti, era davvero convinto che fosse questa la motivazione dietro la collera.
In realtà la spiegazione era molto più banale e scontata ma ammetterlo a se stesso, anche il quel momento, gli costava un certo sforzo: era pura e semplice gelosia.
In qualche maniera poi avevano fatto pace, del resto lui non avrebbe resistito a lungo senza rivolgerle la parola. Era subentrata la recita in cui, ancora non se ne capacitava, era riuscita a convincerlo a prendervi parte. Se non avesse partecipato anche lei, probabilmente a nulla sarebbero valse le suppliche di Lysandre, Castiel non sarebbe mai salito su quel palco.
Tuttavia nel suo cuore si era rassegnato alla scomoda etichetta di migliore amico e, anche se la consapevolezza di essere l’unico a sapere di Sophia lo lusingava, di fatto sentiva che quello status gli andava sempre più stretto, come una  maglietta della dimensione sbagliata.
Non aveva fatto nulla per recuperare qualche punto agli occhi di Erin, aveva addirittura bisticciato con suo padre. Del resto il modo minaccioso e indisponente con cui Peter lo aveva squadrato, anziché intimorirlo, l’aveva solleticato. Sicuramente Nathaniel gli aveva dato tutt’altra impressione, ma questo era talmente ovvio che non valeva neanche la pena chiedersi cosa si fossero detti lui e i genitori della ragazza.
Il biondo l’aveva sempre battuto in tutto, ragazze comprese.
Questa considerazione, lo portò quindi ad un’amara conclusione: l’unica cosa che poteva fare era cercare di rassegnarsi il prima possibile; c’era un che di tragicomico nel fatto che, quei sentimenti che aveva appena compreso di aver maturato verso Erin, già dovevano essere soffocati per non prolungare la sua agonia.
Sospirò, infastidito per la piega che avevano preso le sue riflessioni e la consolazione di aver dato un volto alla causa della sua insonnia, non fu sufficiente a farlo sentire meno inquieto.
 
Erin, nonostante i suoi apprezzamenti per il letto e la grande stanchezza che sentiva addosso, non aveva ancora preso sonno. Del resto valutò che fossero trascorsi approssimativamente solo venti minuti da quando si era distesa sul letto, così lo abbandonò e si diresse in salotto:
Fece capolino sulla soglia della porta e sussurrò:
“Castiel sei sveglio?”
Stupido per quell’intromissione da parte della ragazza, prima nella sua testa e ora nella realtà, borbottò sarcastico:
“no, sto dormendo”
“scemo” ridacchiò Erin “non ti ho detto buona notte”
Castiel a quel punto si mise seduto, fissandola con curiosità che la fece sorridere.
Con un misto di ironia e perplessità, domandò:
“e tu svegli le persone per un buonanotte?”
“sei a letto da poco, come potevi esserti già addormentato?” obiettò lei divertita.
“è passata più di un’ora” puntualizzò il rosso, guardando l’orologio.
Erin fu costretta a spostare lo sguardo sull’oggetto e realizzare che la sua personale percezione del tempo non corrispondeva a quella misurata dal dispositivo.
“scusa” sussurrò “beh, allora notte”
“’notte” mugolò il ragazzo, ancora interdetto.
Tornò a stendersi, sorridendo tra sé per i modi bizzarri della sua ospite. Se non altro l’aveva messo di buon umore. A quel punto doveva solo cercare di rilassarsi e attendere che il sonno arrivasse.
Dopo cinque minuti, ci pensò Erin a vanificare nuovamente i suoi buoni propositi.
La ragazza infatti tornò sulla soglia del salotto, allungando il collo per farsi notare dal rosso, che, frustrato per la propria crescente incapacità di addormentarsi, si spazientì:
“che vuoi adesso?”
“ti giuro che questa è l’ultima” promise la ragazza congiungendo le mani davanti al viso “ma non è che potresti aiutarmi ad abbassare la tapparella? Non ci sono riuscita e mi fa paura dormire con quella tirata su”
Castiel si destò pigramente, rimanendo seduto.
“vuoi che ti abbassi la tapparella?” ripeté sconcertato.
“sì” ribadì Erin, annuendo con convinzione.
“guarda che la finestra è chiusa, di che hai paura?”
che un eventuale aggressore possa rompere il vetro” ipotizzò Erin “e invece con la tapparella abbassata non corro rischi”
“non corri rischi in ogni caso” la liquidò Castiel, incapace di condividere i timori della ragazza “e comunque non posso, è bloccata. Dovrei star lì a smontare il cassone sopra”
Quella giustificazione venne accolta da Erin con impassibilità poi sussurrò supplichevole:
“non puoi proprio farlo ora?”
“mi stai davvero chiedendo di mettermi a fare riparazioni nel cuore della notte?”
Erin annuì sorridendo stupidamente ma ciò non le bastò a guadagnarsi il favore di Castiel.
“scordatelo. Cerca di dormire. Notte” la zittì, tornando supino e mettendosi su un fianco.
Non sapeva più cosa pensare.
Vedendo il corpo del ragazzo rimanere rigido e immobile, Erin tornò sconsolata nella sua stanza.
Fissò titubante la finestra dalla quale proveniva la debole luce della strada. Erano al piano terra dell’edificio per cui non trovava poi così assurda la sua paura.
Si accese la luce sul comodino e si guardò attorno, alla ricerca di qualcosa che potesse conciliarle il sonno.  Aveva notato che il repertorio di libri di Castiel era piuttosto scarso ma in mancanza di meglio, dedicò il suo interesse a quello.
Un titolo attirò la sua attenzione e sgranò gli occhi trattenendosi dal ridere: sulla mensola, in mezzo a qualche opera di Stephen King, autore che non le era mai piaciuto, seminascosto, c’era il dvd di Biancaneve e i sette nani.
Cercando di non scoppiare a ridere, stava per prenderlo quando notò che nel titolo mancava una lettera fondamentale e che cambiava completamente il contenuto della pellicola: la prima N di nani.
Arrossendo vistosamente, una volta tanto non assecondò la sua curiosità e preferì non cercare conferma di quella scoperta guardando la copertina sul fronte. Per quella sera, la sua pudica innocenza era già stata sufficientemente intaccata. E pensare che Castiel aveva dato a lei della pervertita.
Sospirò, rassegnata al fatto che per un ragazzo fosse normale trovare interesse per quel genere di film e si chiese se fosse lo stesso anche per Nathaniel. Ciò che avrebbe scoperto anni più tardi, era che era stato proprio il biondo a prestare quel capolavoro del cinema a luci rosse al suo amico, che però non gliel’aveva più reso.
Nel timore di fare qualche altra imbarazzante scoperta, Erin si allontanò dalle mensole e passò in rassegna la scrivania. L’occhio le cadde nuovamente sullo spartito che l’aveva colpita un’ora prima.
Dopo che Castiel le aveva confidato di aver composto quella canzone per Debrah, Erin aveva intuito perché non lo convincesse la versione di Lysandre. Non era una canzone dedicata ad una donna, era una canzone cantata da una donna. Il testo parlava di un amore vissuto con intensità e struggimento dai due amanti, in una notte buia, sotto le stelle.
 
Castiel non ne poteva più. L’indomani avrebbe dovuto esibirsi e passare la notte a fissare il soffitto non gli sarebbe stato d’aiuto.
Mentre se la prendeva con se stesso per aver realizzato giusto la sera prima di quell’importante evento i suoi sentimenti per Erin, sentì una voce sommessa provenire dalla sua stanza.
 
Only in the dark you can see the light
Every step makes me feel so blind
 
Rimase in ascolto di quella voce, disteso sul divano.
Erin cantava sottovoce, sottovalutando l’udito finissimo del musicista. Lui, dapprima sbigottito, sorrise, alzandosi meccanicamente dal divano e avvicinandosi alla fonte di quella melodia.
Non volle che la ragazza si accorgesse della sua presenza, così appoggiò la schiena contro la parete del corridoio, accanto alla porta della sua stanza, lasciata socchiusa:
 
And why are you waiting under the stars?
There wasn’t a better place for us?
 
Ecco. Era quella la sua canzone. Esattamente come l’aveva ascoltata nella sua testa prima di comporla.
Dalla sua prospettiva, non poteva vedere la ragazza, ma riusciva a immaginarsela con le palpebre abbassate e un po’ curva, verso quel foglio che per lui aveva rappresentato così tanto.
 
La canzone finì e Castiel sentì il click dell’interruttore della lampada da tavolo che veniva spento e la debole luce proveniente dallo spiraglio della porta, sparì.
Ciò che non poteva intuire, era che la ragazza, ancora preoccupata per la finestra senza tapparella, si era ficcata sotto le coperte, quasi usandole come scudo dalle sue fobie.
Colpa di sua sorella e delle storie dell’orrore che le raccontava quando erano bambine. Il ragazzo si staccò dal muro e tornò in salotto, con quella dolce ninna nanna che gli echeggiava in testa.
 
Alle 3.52 Castiel realizzò con frustrazione di aver cambiato posizione almeno settantacinque volte.
Esasperato, si mise seduto sul divano e sospirò sconfitto.
Nonostante la temperatura nella stanza non superasse i 21 °C e il suo pigiama fosse rappresentato unicamente da una t-shirt a maniche corte e un paio di pantaloni della tuta, stava morendo di caldo.
Andò in cucina e si versò un bicchiere d’acqua, trangugiandola d’un fiato.
Ci mancava anche la storia della tapparella. Come le venissero in mente certe trovate, proprio non lo sapeva. Tuttavia, trovava che quella piccola fobia la rendesse ancora più adorabile.
Ora che non aveva problemi ad ammettere a se stesso ciò che provava per lei, si stupiva della facilità con cui certe considerazioni si formulassero nella sua mente.
Si chiese se lei fosse riuscita ad addormentarsi e, intravedendo la porta socchiusa della sua stanza, si decise a sbirciare.
Allungò il collo, sperando che la ragazza fosse davvero nel mondo di Morfeo. Se fosse stata sveglia, insospettita dai movimenti furtivi del ragazzo, in aggiunta alla sua fissa per i serial killer notturni, sarebbe morta di paura, svegliando i vicini.
La testolina del rosso fece furtivamente capolino nella camera e, non ottenendo alcuna reazione, fu seguita dal resto del corpo. Castiel entrò di soppiatto in quella stanza che conosceva fin troppo bene, riuscendo quindi a muoversi agevolmente nonostante la scarsa luminosità. Il chiarore della luna si rifletteva su oggetti metallici e lucidi, facilitandogli l’incursione. Che Erin stesse dormendo ormai era più che lampante ma, anche se accertarsene era stato il suo iniziale intento, scoprì che non gli bastava più.
Da quel momento in poi, si mosse involontariamente, senza chiedersi il perché di quello che stava succedendo in lui.
Si portò davanti alla ragazza, accucciandosi alla sua altezza.
Lei era lì, distesa su un fianco e se avesse sollevato le palpebre, si sarebbero trovata davanti quegli occhi così magnetici che la osservavano. Erin teneva una mano sotto il cuscino e l’altra davanti alla bocca, leggermente socchiusa.
Castiel sentiva il profumo della sua pelle, deliziandosi per quanto fosse buono. L’addormentata aveva le spalle leggermente incurvate in avanti e qualche ciocca le era scivolata scomposta davanti al viso.
Con una delicatezza esagerata, il ragazzo gliela scostò e ammirò quei tratti così belli e dolci. Anche se si era addormentata con la coperta tirata fin sopra la testa, i movimenti notturni l’avevano fatta scivolare fino a metà schiena. Castiel ne afferrò un lembo e coprì amorevolmente il corpo della ragazza fino alle spalle.
Aveva un respiro regolare e lui si era talmente avvicinato al suo viso, da poterlo sentire contro la sua pelle.
Era troppo vicino.
Si allontanò di scatto, realizzando solo in quel momento i movimenti inconsci che l’avevano spinto a così pochi centimetri dalle labbra della ragazza.
Pochi centimetri e avrebbe sentito il loro sapore.
Si rimise in piedi, massaggiandosi la fronte, confuso, e uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle cercando di non far rumore.
Tornò sul divano, cadendo quasi a peso morto, gesto che la sua povera schiena non gli perdonò.  
Ormai era ufficiale.
Avrebbe passato la notte in bianco.
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE
Eccolo qui…. Beh, intanto complimenti per essere arrivati fino in fondo :) Dopo un capitolo pieno di colpi di scena, ecco che ve ne ho proposto uno di una prevedibilità pazzesca: che Jason e Pam si sarebbero messi insieme era chiaro come il sole e ancora di più che Castiel è innamorato di Erin.
Credetemi se dico che mentre scrivo queste note mi sto maledicendo per avervi creato tante aspettative su ciò che avreste trovato -.-‘’… adesso non mi tocca far altro che sperare di non averle deluse e aspettare i vostri giudizi.
L’unica cosa che posso dirvi è che ho cercato di metterci il cuore perché lo ritengo uno dei più importanti della storia: l’ho riletto talmente tante volte per perfezionarlo che ad un certo punto ne ho avuto la nausea  e mi sono trovata al punto di dirmi: pubblicalo e che sia finita!
Anche se questo capitolo segna l’inizio della relazione Jason-Pam (alleluia) è fin troppo ovvio che questo evento passa in secondo piano rispetto al vero protagonista: Castiel… non ho mai scritto un capitolo più Castielcentrico di questo e capirete bene il perché: gli ci sono voluti 29 capitoli per ammettere che è gli piace Erin quindi non potevo liquidare la cosa con un “oh merda, mi piace Cip!”… (in effetti però ci stava, conoscendo il tipo -.-‘’).
Insomma fatemi sapere la vostra sincera opinione, così almeno posso capire cosa migliorare in futuro.
Finchè non avrò un feedback da parte vostra non so cosa pensare :S
 
Ah, visto che mi piace raccontarvi i “retroscena” di quando scrivo la storia (oddio, in realtà non so se a voi interessi saperli, nel caso saltate in tronco la sezione che segue) per quanto riguarda la scena iniziale di Castiel che si cimenta nel tagliuzzare la radice di kren, ho sperimentato in prima persona l’odoraccio nauseabondo di quella cosa: ho sempre detestato la puzza di quella salsa, ma la radice da cui deriva è dieci volte peggio o.o.
Quanto alle supposte proprietà lenitive per il mal di gola… tutto frutto della fantasia di Castiel -.-‘’.
Poi… uno dei film preferiti di Erin è “la città incantata”, nonché uno di quelli che l’autrice adora… lo conoscete? Mi piace molto anche “il castello errante di Howl” per via della vena romantica, ma “la città incantata” ha un’atmosfera ancor più surreale.
Quando Jason spiega le caratteristiche che deve avere il padrone di un cane della razza di Demon, ho fatto copia incolla da Wikipedia, scoprendo che calzavano a pennello con il rosso^^) in effetti nemmeno io avrei mai messo un carlino ad un personaggio come Castiel.
A proposito, adoro quel cucciolone (parlo di Demon, non di Castiel) anche se sono un’amante dei gatti come Nathaniel *.*… mi diverto a descriverlo assieme al padrone ma mi diverto ancora di più ad aizzarli contro Erin (qualcuno mi definirebbe sadica)…
Questo è uno dei capitoli per cui settimane fa ho aumentato il rating della mia storia da giallo ad arancione: adesso vi chiedo, in merito alla scena tra Jason-Pam:
A)Potevo spingermi più nel dettaglio ed essere più esplicita (tenendo conto il rating arancione)?
B)Dovevo allungarla di più quella parte?
Diciamo che questa scena, combinata alle vostre opinioni a riguardo, mi servono come cartina tornasole per le future scene di questo genere.
Altra cosa: se qualcuno aveva ancora dubbi sull’ingenuità di Erin, direi che questo capitolo è stato pieno di “frasi da facepalm”… eccone un paio di esempi:
 
La mora osservò che mai prima d’allora, l’aveva visto così allegro e si compiacque per questo, non potendo fare a meno di pensare che la causa di quella sospetta felicità fosse l’imminente concerto (certo Erin, il fatto che tu sia a casa sua lo lascia perfettamente indifferente -.-’’).
 
Lui amava ancora Debrah e di questo Erin ne era convinta (e il premio per la sagacia dell’anno va a…)
 
Con una protagonista del genere, potete ben capire perché gli eventi della mia storia scorrono con la calma di un ruscello in un giardino giapponese (?).
Poi, quanto alla scena di Demon e della cagnetta, mi è successa una cosa analoga l’estate scorsa, sentendo dei rumori strani dalla strada e quando mi sono sporta mi sono trovata ad assistere ad una sorta di orgia canina -.-‘’… almeno capite da dove mi vengono certe idee…
Ah, quanto alla scoperta di Erin del dvd porno, sappiate che in passato mi è capitato una scena analoga con la differenza che io pensavo di aver trovato il dvd della fiaba della principessa sul pisello-.-‘’… in confronto ad Erin è andata bene.
Altra cosa: sappiate che se per villa Daniels mi sono ispirata a foto di abitazioni lussuose tratte da internet, per la descrizione della stanza di Castiel ho consultato il catalogo dell’Ikea che ho trovato nel bagno di casa mia:)… non sto scherzando, sul serio:)!
Ed infine, sempre per la sezione retroscena, la fobia di Erin per la tapparella l’ho copiata da una mia amica che, in vacanza, ci ha fatto dormire nonostante il caldo soffocante con tutto chiuso. Al che, visto che sono una persona che cerca sempre di trarre massimo beneficio da ogni disgrazia, mentre annegavo in un bagno di sudore, mi è venuto in mente che sarebbe stato carino riciclare l’idea e da lì è nato questo capitolo :3.
 
Per il prossimo aggiornamento, per un capitolo intitolato “Il concerto”, non posso farvi alcuna previsione (anche perché quando le faccio non le rispetto mai -.-‘’) … intanto aspetto di sentire come è andata con questo! Grazie a tutte per le meravigliose recensioni della scorsa volta ^^) e anche alle lettrici silenziose che è da un bel po’ che non ringrazio (che pessima padrona di casa che sono -.-‘’).
Alla prossima!
 
P.S. in questi ultimi giorni c’è stato un’intensa opera di collaborazione artistica da parte mia e di
_Nuvola Rossa 95_ il cui disegno di Castiel vi ha accolte all’inizio del capitolo, mentre in quello precedente la mia personale vignettista si è dedicata ai due gemelli^^) un grazie di  <3 da parte mia :*…
(L’immagine di Jason e Pam invece è pigramente tratta da internet).
 
Vi lascio qua sotto una piccola animazione su quella che è stata una delle scene clou del capitolo ^^).

 
 
  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Dolce Flirt / Vai alla pagina dell'autore: RandomWriter