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Autore: finnicksahero    15/09/2014    2 recensioni
Chi era la madre di Katniss? Come ha conosciuto il signor Everdeen?
Io ho provato a rispondere a queste domande.
Dal testo:
'Le strade del giacimento erano deserte, si sentivano i canti dei bambini e qualche rumore di stoviglia, ma per il resto il silenzio era assordante, neanche gli uccellini cantavano, il cielo da azzurro era diventato nuvoloso. Rendendo l'ambiente ancora più grigio, i miei stivali alzavano la cenere argentea per aria, creando delle piccole nuvole che stancamente si riposava a terra. Era così folle alzarla, dargli della speranza, facendogli credere di poter volare, quando in realtà si sarebbe schiantata al suo suolo da li a poco. Mi ritrovai a pensare che prima o poi tutti diventavamo polvere.
Polvere alla polvere.
Cenere alla cenere.'
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maysilee Donner, Mr. Everdeen, Mr. Mellark, Mrs. Everdeen, Mrs. Undersee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I'm in love with you ...'
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Capitolo nove.

Maysilee.


 

Mi guardai allo specchio.

Con addosso solo la camicia da notte mi guardai attentamente allo specchio. Avevo un normalissimo corpo. Un normalissimo viso, con i soliti occhi azzurri, i capelli biondi come spaghetti lungo le spalle, e sulla faccia come una tendina scompigliata.

Mi tolsi dal viso la frangia e guardi dentro i miei occhi. Ci trovai la paura. La rabbia. E un altro sentimento, mi morsi il labbro mentre gli occhi mi si inumidivano.

Portai la mano tremante e ancora smaltata di nero sul ventre e lo accarezzai, lentamente.

Il mio bambino.

Cercai di tirare fuori un sorriso, perché ero felice, mi sentivo felice. Avevo mille emozioni contrastanti nel petto, che esplodevano. Che combattevano. Tutto per quell'esserino, così piccolo e fragile.

Mi inginocchiai lentamente e appoggiai la fronte allo specchio. Il mio naso era vicino al vetro infatti sulla superficie si formavano gli aloni del mio respiro. Una mano era ancora sul ventre, mentre l'altra era appoggiata allo specchio, cercava di aggrapparsi, come facevo io. Ma come me, la superficie dove voleva aggrapparsi era liscia, e molto ripida, la caduta veloce.

Troppo veloce.

Mi sfuggii un singhiozzo, ricacciai indietro tutte quelle lacrime, ma stavano fuoriuscendo troppo velocemente, non volevo piangere. Ma fra nove ore potrei essere morta, al diavolo l'essere forti. Avevo paura. Ma una paura fottuta. Mi bloccava le gambe, la testa si confondeva e il respiro si mozzava.

Mi asciugai una lacrima velocemente, con la mano che tremava sempre di più, la chiusi a pugno e colpii lo specchio. Quello non si ruppe ma io mi feci male -Fanculo- sussurrai a me stessa, sentii un sospiro, ma non tirai su la testa, che pensino quello che vogliano quei maledetti senzavoce.

Purtroppo sollevai un poco la testa e pensai a quanto ridicola dovessi essere, con la camicia da notte lunga fino alle cosce, con i capelli in disordine come un rido di rondine, con le lacrime agli occhi e una mano sulla pancia. Doveva essere esilarante, per loro, vedere la mia disperazione. In quel momento li odiai tutti quanti. Senzavoce, capitolini, perfino gli altri tributi. Odiavo tutti.

-Non è bene che una ragazza tanto graziosa usi quel linguaggio- sussurrò una voce fin troppo famigliare, malgrado tutto sorrisi, girai la testa e sulla porta, con la luce che baciava la sua figura muscolosa c'era il mio ragazzo, il padre di mio figlio -Haymitch- dissi a bassa voce, lui venne verso di me, camminando in maniera delicata per quanto possibile, si inginocchiò accanto a me e guardò la nostra immagine nello specchio. Entrambi con le occhiaie, entrambi distrutti. Entrambi a conoscenza di un segreto che ci aveva reso inseparabile, durante gli allenamenti.

Posò la sua mano sulla mia, e guardò il mio ventre, gli occhi grigi gli si riempirono di lacrime, ma sorrise. Stava realmente sorridendo? Lo guardai incuriosita, vederlo così felice, in quella situazione ai miei occhi lo faceva diventare ancor più tenero -Perché sorridi?- chiesi, lui scosse la testa, guardando ancora il mio grembo, ricco di vita -Non lo so. È questo affarino che mi rende felice- disse, alzò lo sguardo e mi guardò -Anche tu lo fai- aggiunse, sorrisi abbassando lo sguardo -Hay, io ho paura- dissi, il sorriso sparii dal suo volto, tornò a fissare davanti a se, con uno sguardo vuoto e triste.

-Pensi che io non abbia paura?- sussurrò, posai una mano sulla sua spalla si voltò verso di me. Entrambi avevamo le lacrime. Sentivo crescermi dentro altre emozioni, alla fine esplosi, diedi un pugno allo specchio, che si ruppe, mi feci del male e gridai, lui mi tappò la bocca allarmato. Io mi dimenai fra le sue braccia mentre piangevo, avevo perso il controllo di me stessa -TI ODIO HAYMITCH. MI HAI FATTO TU QUESTO- urlai, non era vero, ma non sapevo a che fare.

Ero spacciata.

Lui mi abbracciò forte e mi fece piangere. Gli inzuppai la camicia di lacrime, amare e argentee. La sua camicia viola scuro era umida. La mia testa ricoperta dai suoi baci. In quel momento non potevo non amarlo. Ma non potevo nemmeno non odiarlo. -Haymitch- sussurrai, quando mi fui calmata, lui si staccò da me e mi guardò dritto negli occhi, sapevamo entrambi cosa stavo per dire.

Sapevamo che uno dei due sarebbe uscito di li.

Sapevo anche che lui voleva far uscire me e il piccolo.

Ma sapevo che non avrei retto il ritmo dei giochi.

-Non possiamo essere fidanzati nei giochi- mormorai, lui mi baciò il capo e scosse la testa -Io ti proteggerò okay? Se voi due cessate di esistere... la mia vita sarà inutile- mi baciò le labbra bagnate di lacrime salate -quindi io ti farò uscire da li. A costo della vita-

Lo disse convinto. Ma io sapevo che non era vero. Sentivo dentro qualcosa di strano.

Sentivo la consapevolezza che la mia morte sarebbe arrivata il prima possibile.

  
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