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Autore: AsanoLight    15/09/2014    1 recensioni
«Hirato ed io aspettiamo un figlio»
Intercorse un silenzio di tomba. I presenti si scrutarono uno ad uno, cercavano risposte nei vicini di tavolo, e si davano vicendevolmente pizzicotti. Era un sogno; tutti ora se lo auguravano.
Ma quel pancione non poteva essere un cocomero.
Genere: Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Mpreg
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La nave sfrecciava a velocità smodata, spedita come una stella cometa, lasciando dietro di sé una scia di polvere magica, fulgida come lucciole in una serata d'agosto (a meno che quell'agosto non sia lo stesso cantato da Gigi D'Alessio).

Chiunque avesse alzato gli occhi al cielo, in quell'istante non avrebbe visto tuttavia altro che una minuscola figura dalla forma indefinita, forse un pipistrello, forse un moscerino, troppo distante dalla terra per poter essere identificato. Sulla vetrata esterna si stava ora formando il ghiaccio e Tsukumo, autoproclamatasi pilota ufficiale, non pareva preoccupata all'idea che quella condizione potesse costituire una minaccia per il volo anzi, era piuttosto tranquilla, per essere una che era solita badare alle responsabilità –forse doveva essere stato a causa dell'effetto dei funghi allucinogeni del giardino interno o di qualche varietà 'speciale' di erba.

Gareki riuscì a liberarsi della presa di Yogi e sgattaiolò fuori dalla catasta di gente pestando la testa di zucca di Tokitatsu. Nai lo aiutò prontamente a rimettersi in piedi e il corvino non esitò a raggiungere la docile ragazza, senza perdere di vista l'indicatore della benzina e metterlo a confronto costante con la velocità a cui stavano procedendo.

«Tsukumo...», cercò di approcciarla con delicatezza, donne e motori non vanno d'accordo, questo lo sapevano perfino i sassi e gli stambecchi della montagna dove ci avevano quasi lasciato la fiancata, ma non poteva dirglielo così apertamente. Le 'donne' erano creature suscettibili agli occhi di Gareki, perfezioniste e forse perfino un po' montate. A nessuna di loro sarebbe piaciuto sentirsi dire da un uomo che sbagliava, e non era neppure sua intenzione incassare bastonate da una che, a differenza sua, aveva dei superpoteri pari a quelli di un qualsiasi eroe MARVEL.

«Se stiamo procedendo come dici tu a 1200 km/h...», era come avvicinarsi ad una bestia selvatica... bisognava approcciarla con cautela... «Voglio dire... potremmo rischiare di finire quel poco che c'è rimasto di benzina da un momento all'altro... E nelle peggiori delle ipotesi... schiantarci»

Tsukumo non si voltò.

La spia del serbatoio lampeggiava da più di dieci minuti e la magica scia di polvere stellata al seguito dello zubat sembrava ora più che mai nera di tizzo.

«Non c'è pericolo di morte, se è questo quello che pensi», convenne dopo un eterno silenzio, osservò il radar e quando lo ritenne opportuno, si rimboccò le maniche dell'attillata maglietta a fiori e, con muscoli d'acciaio capaci di tenere testa in un braccio di ferro a Mastro Lindo, lasciò andare il volante per mettere mano ad una leva con su scritto “atterraggio d'emergenza”.

«O-Oi, Tsukumo! Starai scherzando!», gridò Gareki, pallido dallo spavento.

Indietreggiò con le vertigini quando sentì la nave perdere l'altitudine, la velocità incrementare ancora una volta e le nuvole scansarsi per lasciare spazio alla loro caduta libera. Avrebbe voluto guardare altrove, l'orgoglio lo stava tradendo e se solo avesse avuto la voce per farlo, avrebbe gridato dalla paura –eppure, ciò nonostante, non riusciva a trovare il fiato nei polmoni, né tantomeno staccare le pupille dalla loro caduta, come se l'idea di baciare la morte lo intrigasse in maniera masochista.

Un altro passo indietro e gli parve di sbattere contro qualcosa di solido.

Al suo voltarsi, un uomo dai capelli castani e le lenti degli occhiali in frantumi se ne stava in piedi, più morto che vivo.

«E’ la fine», sibilò Gareki aberrato, aspettandosi un repentino cambio di personalità nel ministro, ma prima che potesse dire altro, se lo vide piombare addosso, e stavolta non a causa di forze esterne. Tokitatsu lo stava abbracciando in lacrime –se di gioia o di paura poi, non avrebbe saputo dire, e lamentava qualcosa di incomprensibile, biascicando delle parole che il ragazzo non aveva alcuna intenzione di sforzarsi di capire.

Tsukumo controllò con maggiore precisione il radar e con un pennarello prontamente sfilato dalla borsetta, segnò una gigante ‘x’ sul monitor.

«Dobbiamo arrivare qui», disse calcolatrice, spiegandosi ad un Gareki che, tra l'abbraccio e i lamenti di Tokitatsu e i tentativi di aggressione al ministro da parte di Nai, tutto riusciva a trovare meno che il tempo da dedicarle, «Faremo un atterraggio di emergenza. Con un po' di fortuna, ve la caverete con alcune ossa rotte»

«T-Tsukumo!?», Gareki si liberò con un calcio di Tokitatsu, sgranando gli occhi quando vide la ragazza uscirsene dalla cabina di pilotaggio con la stessa naturalezza con la quale era entrata, dopo aver afferrato uno zainetto a pois con sopra disegnata la faccia di Nyanperowna: «C-Che cosa vorresti dire con 've la caverete'?!»

Aveva un cattivo presentimento.

Non sarebbe andata a finire bene, se lo sentiva.

La porta si richiuse e per quando Yogi cercò di inseguire la compagna, quella si era già dileguata e Gareki ne seguiva il leggiadro volteggiare sul paesaggio dalla vetrata della nave, mentre un paracadute con la faccia di un gatto dai dubbi orientamenti sessuali spadroneggiava sul verde delle colline di chissà quale regione.

«Ha preso l'unico paracadute...», parlò per primo Tokitatsu, amareggiato, che anche senza occhiali riusciva eppure a distinguere moderatamente bene i contorni del mondo che lo circondava, quando si trattava dei suoi affari, «Lei... che può volare e ha il braccialetto di CIRCUS... ha preso l'unico paracadute disponibile»

«Siamo fottuti»

Si guardarono l'un l'altro.

Nai aveva smesso di azzannare la gamba del ministro come un chihuhuaua forsennato, Yogi era rientrato nella cabina dopo aver fallito l'inseguimento di Tsukumo e Tokitatsu non riusciva ancora a staccare gli occhi dal monitor e la gigante ‘x’ segnata in rosso, come la croce che gli analfabeti mettono al posto della firma. Il tachimetro segnava cifre sempre più alte, pareva impazzito –o forse erano tutti loro ad esserlo.

Continuavano a precipitare.

Era finita.

Sarebbero morti tutti per un uomo incinto.

Gareki si appoggiò al cruscotto con le mani tra i capelli, senza riuscire a pensare ad una soluzione decente per poter salvare la pelle a lui e ai presenti. «Ha tirato una leva», rimarcò scettico, «Non è possibile che una leva possa permettere un atterraggio di emergenza! Non siamo in un treno! Non ci sono meccanismi! Com'è–»

«Vuoi salvarci la pelle o vuoi sfidare le leggi della fisica ancora una volta?!»

Sentì una ferrea presa sulla spalla e riconducendola per errore a Tokitatsu e alla remota possibilità che in lui avesse operato un cambio di personalità a scoppio ritardato, cacciò un urlo da ragazzina esagitata e gli rispose in falsetto sperando di riuscire, tra un balbettio e l'altro, a concludere qualcosa –e invece, non era riuscito a mettere insieme neppure mezza frase. Con suo enorme stupore –ed imbarazzo, scoprì che la figura dietro di sé non era il ministro generale della difesa.

«Akari-sensei!», Yogi schiacciò la schiena contro il muro e si servì di Nai come scudo, temendo che dallo stupore della sua voce trasparisse la palese eccitazione simulata, «E'-E' tornato tra di noi?! Non è stato via molto...»

«A differenza di voi altri», commentò bruscamente Akari, che sembrava non curarsi della caduta libera della nave e del fatto che il ghiaccio che c'era sulle ali e la brina sulla parte anteriore avessero cominciato a sciogliersi e tutto attorno l'atmosfera si scaldava, «Io sono un genio nato, e non permetterò che delle frivolezze quali il diventare padre possano diventare ostacoli alla mia vita»

«Prima di occuparci di quelle che tu chiami 'frivolezze'», mormorò Tokitatsu, pallido quanto il resto dei presenti, «Dato che sei un genio, che ne dici di tirarci fuori da questa situazione e frenare la caduta della nave?»

«Sono un genio, ma non faccio miracoli»

«Quindi vuole dire che finirà così?!», ringhiò Gareki, che era tornato a premere uno ad uno i pulsanti sul pannello dei comandi sperando che uno di loro li potesse salvare.

Il vivido e nitido colore di un led alla sua destra attirò particolarmente la sua attenzione, un tasto che era sicuro di non aver premuto precedentemente.

Vi si fiondò come fosse stata la sua ultima speranza.

D'altronde, era solamente un bottone.

Un bottone fucsia e deliziosamente rosa.

Rosa come il dottor Akari.

Niente poteva andare storto.

 

Comando di autodistruzione attivato –

 

Se non fosse stato che lui era Gareki Fletcher.

Il ragazzo in giallo.

La iella fattasi persona.

 

La voce robotica di una pecora parlò da un altoparlante, ripetendo l'ordine e dando inizio ad un countdown.

Gareki sudò freddo e guardò con aria sentenziosa il ministro, bianco dalla paura.

«Che diavolo hai combinato?!», urlò Akari, perdendo tutta la compostezza che aveva prontamente acquisito per poter fare un vanto dell'essere un genio calcolatore.

«Non lo chieda a me!», rispose del fatto suo il corvino, «Che diavolo ve ne fate di un pulsante per l'autodistruzione! Non è un film di fantascienza questo! Siete scemi?!»

«B-Beh... s-sinceramente non credevo che avessero accolto la mia proposta...»

«L'hai proposto tu?!», gridarono Akari e Gareki all'unisono, ammazzando con una sola occhiata il ministro, «Hai chiesto che fosse messo un comando per l'autodistruzione nella nave e non ci hai fatto scrivere neppure niente?!»

«E-Ecco... non volevo, eheheh...»

«’eheh’ un corno!», berciò Akari prendendolo per la camicia, «Ci sarà un modo per annullarlo!»

 

– Autodistruzione prevista in 4:12 minuti –

 

Lo zubat precipitava in picchiata e nessuno sembrò curarsi di Nai, che da un po' tirava la giacca di Tokitatsu indicandogli le scintille che spillavano dal fronte della nave. La rabbia che accendeva i cuori dei litiganti permetteva ai corpi di ciascuno di non risentire della temperatura in aumento nella cabina e nessuno ora sembrava curarsi del fatto che la terra fosse più vicina di quanto avessero immaginato.

«Qualcuno fermi la nave!», gridò esasperato Yogi, beccandosi il rimprovero sonoro di Gareki, che urlò con la violenza e l'impetuosità di uno scaricatore di porto.

«Sei tu quello con la licenza, cretino!»

Nai scoppiò in lacrime e per quando Akari aveva smesso di percuotere Tokitatsu e Gareki di rimproverare Yogi, poche centinaia di metri separavano la pancia dello zubat/seconda nave dal terreno e solo tre minuti mancavano alla sua autodistruzione.

«Non può finire così», il dottore seguì aberrato l'atterraggio, il monitor segnalava l'avvicinamento all'enorme 'x' segnata da Tsukumo, «Non posso morire così. Non tra questi idioti, non ora che sono padre. Cazzo, non prima di aver preso a ceffoni Tsukitachi!»

"Sono questi i problemi della vita...", avrebbe gradito aggiungere Gareki se la situazione fosse stata leggermente diversa e non avesse implicato che tutti loro corressero in cerchi nella speranza che piombasse dal cielo (o, in quel caso, che provenisse dalla terra o fosse già in quella nave) una soluzione per salvarsi la pelle. Non c'erano paracaduti e l'unico in grado di volare tra i membri dell'attuale equipaggiamento era Yogi.

Nessuno li avrebbe potuti salvare.

Presto avrebbero impattato la terra e se non fossero morti così, il tempo non sarebbe certo bastato loro per uscire vivi dallo zubat prima che il meccanismo di autodistruzione si attivasse.

 

«Non può finire così»

 

 

Fine –

 

 

«Dannazione, che recitazione di pessimo gusto!»

Kiichi spense il televisore e porse un bicchiere mezzo vuoto di succo di mango a Jiki, vestito per l'occasione in tenuta da cameriera, con tanto di fiocchi e controfiocchi sulla blusa femminile, in una posa così virile da far accapponare la pelle e tremare le unghie dei piedi. Posò il vetro sul vassoio e gli fece cenno di sbrigarsi con la mano: «Riempimelo tutto. E torna entro dieci secondi, mi raccomando. Non vorrei che la mia bocca si disidrati»

«Con la linguaccia che ti ritrovi... faresti un piacere a tutti, se tacessi per un po'»

«Che cosa hai detto?»

Jiki ingoiò un boccone amaro e tentò qualche passo sui tacchi che aveva indossato per l'occasione, cercando di ignorare le risate di un coniglio robotico. L'apprensione che provava per i ragazzi della seconda nave e l'impossibilità di contattarli lo stavano aiutando a non pensare alla sua misera condizione di schiavitù. Non aveva un fetish per l'essere dominato da una donna, non era uno di quei pervertiti a cui piace farsi frustare e maltrattare.

O, per lo meno, credeva di non esserlo.

«Sono preoccupato per Gareki e Nai-kun, a dire il vero»

«Tch! Staranno bene», grugnì Kiichi arricciandosi un boccolo tra l'indice e il medio, «Tsukumo-senpai è quella con più cervello. Sono in buone mani»

Il viso di Jiki si rasserenò a quella parole.

La sua angelica Tsukumo...

La donna dalle ferree e rigide morali.

«Hai ragione», convenne in un sorriso, alzando le minute spalle, in una posa che risultava estremamente moe e gayish, data la blusa da cameriera che indossava, «Non dubiterei mai di Tsukumo. Sono in ottime mani»

 

 

«Yogi!», Akari si voltò verso il biondino ma per quando aveva chiamato il suo nome, quello era già sgattaiolato nel corridoio, pronto a darsela a gambe temendo che il dottore avesse deciso di infierire su di lui in punto di morte. Arrancò passi per l'enorme antro urtando ogni pecora trovasse sul suo cammino. Il dottor Dezart riuscì a tenergli con rapidità il passo, al suo seguito c'erano Gareki, Tokitatsu e Nai, che, dato il calore e il surriscaldamento della cabina e le scintille che continuavano a spillare dal cofano della nave a causa dell'altissima velocità, avevano ritenuto cosa saggia spostarsi quanto prima.

Il biondino era incapace di intendere e di volere e affidandosi al suo istinto animalesco –cosa che per natura sarebbe dovuta venire spontanea prima d'ogni altra cosa a Nai, si fiondò verso il condotto dell'aria e ci si intrufolò.

I presenti si scrutarono attoniti.

L'esperienza aveva insegnato a ciascuno di loro –Nai in particolare, dove si finisse attraversando uno di quelli, ma altra soluzione non avevano.

«Ho un'idea», mormorò Akari con una certa fretta, e cercò di farsi strada per primo nel condotto mentre si spiegava, raggelato dall'idea che i secondi di vita rimasti alla nave/zubat ammontassero ad appena poco più di sessanta, «Aspetteremo che la nave sia ad una distanza decente da terra. Quando si avvicinerà abbastanza... sei o sette metri.. saltiamo»

«SALTIAMO?!», gridò Gareki atterrito, «Sono sei metri! Anche riuscissimo a sopravvivere, potremmo spaccarci tutte le vertebre!»

Nai sorrise innocentemente e con una spinta fece scivolare Tokitatsu e Gareki nel condotto, intrufolandosi e facendo da serra fila: «Gareki, non temere. E' un anime. Non ci può succedere niente»

«Vorrei ricordarti che anche negli anime i personaggi scompaiono o nella peggiore delle ipotesi muoiono», borbottò Gareki, avanzando riluttante nello stretto e caldo condotto, l'odore di fumo che proveniva dal muso della nave impregnava e intossicava l'aria rendendo difficile perfino respirare. Il countdown rimbombava in ciascuno dei loro cervelli, i secondi rimanenti erano sempre di meno e oramai bastavano le dita delle mani della combriccola per numerarli.

Akari si morse il labbro e, approfittando dell'improvvisa inclinazione della nave, oramai quasi verticale, si mise supino e scivolò giù per il condotto come un pinguino, carino e coccoloso, di Madagascar.

La luce era vicina, l'uscita era finalmente davanti a loro e una brezza raggelante gli stava per accarezzare il viso.

 

«Dieci»

«Nove»

«Otto»

Il termine del countdown era vicino e Gareki sentiva il cuore esplodergli nel petto.

«Più veloci, svelti!»

Akari urlò con esasperazione e tese le mani verso lo sbocco; la grata non c'era più, doveva averla sfondata Yogi fuggendo.

Allungò le braccia come un bambino piccolo le tende verso la mamma chiedendo di venire preso in braccio, come avrebbe presto fatto suo figlio una volta cresciuto. Il pensiero gli scosse il corpo in un tremito, mancavano tre secondi e poi tutto sarebbe finito.

Strinse i denti, sentiva che doveva farcela, qualunque cosa fosse successa,, lui doveva andare da Hirato, doveva essere lì per lui, doveva fare ammenda a tutte quelle volte che in campo di combattimento era stato costretto a causa del suo lavoro a stargli lontano –aspetta, ma non era l'inverso?

Non l'avrebbe abbandonato nella battaglia della loro vita, non di nuovo.

La spinta giunse inaspettata da dietro.

L'inclinazione spaventosa della nave fece spiaccicare la faccia di Nai, serrafila, sul fondoschiena di Gareki. L'effetto domino fece sì che i due cadessero addosso a Tokitatsu che, più grande di tutti, carico del peso di due persone, finì sulla schiena di Akari.

«Due»

 

«Uno»

 

Tsukitachi si voltò verso l'origine del rumore ma il ceffone di Hirato catturò interamente la sua attenzione.

Al secondo piano della torre di ricerca, delle infermiere incollarono i teneri visini imbrattati di lucidalabbra e ombretti alla finestra, indicando con le minuziose dita imperlate di gioielli un oggetto non meglio identificato in avvicinamento.

 

«Guardate! Una stella cadente!», gridò una di loro, con un acuto da operetta, «Esprimete un desiderio!»

Le sue compagne chiusero gli occhi sognanti, la più intelligente li tenne tuttavia aperti e urlò dallo spavento quando vide la 'stella' procedere nella loro direzione.

«Non è una stella!», esclamò atterrita, «E' una meteora! Si salvi chi può!»

La nave/zubat era propinqua alla torre di ricerca.

Hirato stava per infierire ancora una volta sul collega quando la potente esplosione gli tolse ogni possibilità di azione.

«Cos'è stato?», domandò frastornato, e per un attimo ringraziò quel rumore per averlo aiutato a dimenticarsi dei dolori delle contrazioni. Tsukitachi non gli aveva tuttavia risposto –il corvino non gli aveva dato la possibilità di verificare con i suoi stessi occhi, dato che quando si era voltato gli aveva prontamente mollato un ceffone; forse era meglio fare come diceva e tacere.

Hirato gli lasciò andare la camicia e cercò di raggiungere l'uscita, ma i dolori non parevano intenzionati a dargli pace.

«Ryoushi–», sibilò guardando con pietà Tsukitachi, «Chiama il mentore di Akari. L-Lui–»

«Ho capito, ho capito», annuì spiccio il rosso e fece per indirizzarsi all'ufficio dettatogli.

Salì a falcate le scale, due e tre gradini per volta e riuscì, finalmente, dopo una vita di danni e misfatti, a fare decentemente il suo lavoro ed avvertire il famigerato mentore della condizione del comandante della seconda nave. Ryoushi indossò all'istante il camice, non prima di aver cacciato le classiche lamentele sul perché non se ne potessero occupare i tirocinanti di certe faccende 'frivole' e 'sciocche' –da qualcuno Akari doveva pure aver preso...

Tsukitachi decise tuttavia di non prestargli orecchio.

Fuori dalla finestra, c'era qualcosa di decisamente più interessante da guardare.

Qualcosa come un cratere meteoritico grande quanto il Meteor Crater nell'Arizona e cinque disgraziati, piccoli quanto granelli di sabbia se ad esso paragonato, intenti a bisticciare, malconci e marroni dalla polvere.

Forse perfino un po' barcollanti.

Da quella distanza, gli sembrava di aver visto Tokitatsu piangere.

 

Doveva smettere di bere.


 




Tsukitachi, troppo alcool ti fa male. Smetto di domandarmi da dove provenga questa sua deficienza di neuroni x''D
Ma veniamo alle faccende serie...
Lo so... Hirato dovrebbe partorire e qui qualcuno potrebbe veramente tirarmi una pokéball, un pomodoro o non so cos'altro dicendo: "Cippa, ma quando lo fa 'sto figlio?!".
Ehm... ragazzi, avete ragione @__@
Ma le stime rivelano che Hirato partorirà solo quando Tokitatsu ammetterà di avere un serio complesso fraterno nei suoi confronti simile a quello di un Yukio Okomura nei confronti di Rin e quando Gareki smetterà di portare sfiga all'intera combriccola.
Troppo impossibile, vero?
Allora, diciamo in linea di massima entro due capitoli dovrebbe risolversi tutto ;D
Ringrazio veramente molto chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/da ricordare, etc!

Grazie mille per il vostro supporto!
Un bacio!

A presto!
AsanoLight


 

   
 
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