Era qualcosa che non riusciva a spiegarsi. Un dubbio che lo costringeva alla veglia di notte, immobile nel letto improvvisato di una bettola con quel pensiero fisso ad arrovellargli il cervello, stringendolo tra i tentacoli velenosi della follia.

Andava al di là di Sichel e prescindeva dall'aspetto di Teito.

La notte Frau si ritrovava a fissarlo e con un lampo di sgomento si rendeva conto che quella annidata in fondo allo stomaco era proprio fame. Una fame violenta che spazzava via tutta la sua umanità rimanente come un maremoto, il bisogno più ancestrale che si decuplicava all'ennesima potenza alla sola vista della schiena elastica e segnata dalle torture del principe di Raggs che, del tutto ignaro, continuava il suo allenamento.

Frau non poteva definirsi un filosofo dal momento che la quantità di azioni scorrette nella sua vita superava di gran lunga quelle virtuose, ma era sicuro – nel modo in cui una persona che non crede in nulla possa essere 'sicura'- che il suo bisogno fisico fosse in qualche modo condiviso.

Lo percepiva da come Teito lo guardava certe volte – i suoi occhi trasparenti fissi sulla sua nuca, quasi inconsapevoli del messaggio chiaro che lanciavano -, dalle frasi con cui se ne usciva di solito e dal modo in cui nel combattimento i loro corpi erano perfettamente compatibili, sincronizzati come due orologi gemelli, capaci di uccidere e non provare rimorso ma solo quella strana euforia del combattimento.

Non era Mikael che alimentava quel languore nei suoi occhi di vetro, e Frau lo sapeva.

Era affascinato dalla maestria e dalla dualità che quel ragazzo possedeva, un Dr. Jekyll e un Mr. Hyde versione ragazzino che lo mandava fuori di testa. Lo aveva visto fare l'amico con Mikage e Hakuren, l'assassino contro i Kor, il fratello con Capella, il principe con Ouka e l'allievo rispettoso con Labrador e Castor, ma non capiva cosa volesse fare con lui. Anche se Frau sapeva benissimo cosa avrebbe fatto al suo posto.

Ma quella notte, dopo avergli sentito urlare il suo nome nel sonno per poi svegliarsi di soprassalto – le guance rosse e la fronte sudata, gli stessi occhi verdi delle sue elucubrazioni che saettavano come impazziti dal letto di fianco al suo al proprio inguine -, Frau decise che dopotutto Sichel non aveva tutti i torti.

E mentre si dirigeva verso di lui e si abbassava sulla sua bocca ancora ansimante si disse che forse, di torto, Sichel non ne aveva proprio nessuno.